Estate anni '50


La Val Vissada è raggiungibile da Forcella Zovo
in circa un'oretta (a passo sostenuto!).
Oggi è famosa per... le marmotte, in passato per... i "cadon".

Nella seguente foto, risalente a oltre 50 anni fa,
si intravedono, infatti, in basso,
i numerosi "cadon", le caratteristiche costruzioni in legno.

Vissada


Ecco una testimonianza
di Maria Stella Casanova Fuga Dalla Benetta,
allora ragazzina,
che rievoca, con la sua solita verve,
un'epoca indimenticabile
del recente passato di Costalta.
Lei stessa ha suggerito il titolo emblematico di questa pagina...


I preparativi e il viaggio

Verso i primi giorni d'agosto, ultimato, nei prati di Costalta, il primo taglio del fieno, che non era sufficiente per il bestiame, si partiva per Vissada, dove molte famiglie effettuavano un taglio d'erba supplementare.
Ogni famiglia, che aveva il suo "cadon", passava là da una a due settimane, tagliando il fieno, nel terreno che era di proprietà del Comune, e costruendo la propria "möda" (grosso covone).
D'inverno, con le "lióde" (slitte) il fieno veniva trasportato nei "tabié" (fienili) situati attorno al paese.
La sera precedente la partenza, si preparava lo zaino per ciascun componente del "gruppo": viveri, indumenti, coperte...
La mattina presto, armati di falce e rastrelli, con gli zaini in spalla, si partiva.
Dopo circa due-tre ore di cammino, passando per la Segheria e Forcella Zovo, si arrivava all'agognata meta: il proprio "cadon".

Il soggiorno nella "valle dei sogni"

Quanta nostalgia nel ricordare quell'esperienza!
Non c'erano esigenze particolari per nessuno, non c'erano differenze sociali, ci si aiutava tanto. Era molto sentita la "comunione" tra le famiglie!
Nel "cadon" si trovavano qualche sgabello e i "cianà" (mangiatoie), una specie di letti a castello. Si dormiva anche nella nuda terra.
Il taglio del fieno si concludeva con la costruzione della "möda", che, ricoperta con rami di pino, costituiva la "riserva" invernale.
Il cibo dei "lavoratori" e dei bambini era costituito soprattutto da polenta (e formaggio), pasta e riso cotti nel paiolo, appeso alla catena, in un angolo del "cadon". Una volta alla settimana, di solito, c'era la "discesa" in paese per fare rifornimento di viveri.
Proverbiale è rimasto il detto "Sospend i risi" (naturalmente, chi l'ha pronunciato era stanco di mangiare sempre il solito riso!).
Al calar della sera si andava a dormire. Buio assoluto! Era, però, frequente sentire i canti, che si diffondevano nella valle.

Una notte...

"Dormivo tranquillamente nel cianà, sola.
Mi sveglio repentinamente, perché sento sopra la coperta un fruscio, un qualcosa... che si muove: una "soriza" (topolino)!
Un salto veloce, un urlo.. E scappo nel cadon di barba Itole!"

La conclusione della stagione

Finita la stagione, riordinate le poche cose da lasciare nel "cadon", raccolti gli oggetti da riportare a Costalta, si organizzava il ritorno. Che tristezza!
Il "souvenir" più comune era la nigritella, ovvero un mazzetto di garofani di montagna legati con fili d'erba. Conservato in un vasetto, con un profumo che "stordiva", il fiore veniva poi usato in caso di epistassi (emorragie nasali).
L'arrivo in paese degli uomini, con la barba incolta, segnava la fine di un periodo che non c'è più, ma la "möda" faceva ancora sognare!

Un cadon...

Un "cadon" in una foto...
ingiallita dal tempo!


Nel clima, che caratterizzava la vita... in Vissada,
è ambientato il racconto di Lucio Eicher Clere
"Il cadon di Dvane"

In altra pagina riportiamo
l'itinerario della
passeggiata Costalta-Val Vissada

"ACCADEVA A COSTALTA..."

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