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La famiglia Moskat
(Isaac B.Singer)

Da piccoli, ci raccontavano le storie della guerra: delle sirene, dei lampi sulla laguna quando bombardavano in terraferma. La fame, i vestiti con gli orli scompagnati, gli inverni rigidi senza fuoco. E i conoscenti ebrei, insegnanti e compagni di scuola, che sparivano uno alla volta, portati via, sacrificati anch'essi. Ancora oggi, quando - raramente - torno nella mia città e mi capita di attraversare il Ghetto, mi accompagna una sensazione di sospensione, di lugubre minaccia. Anche perché, come ovunque ma a Venezia in modo peculiare, il Ghetto è una città a parte entro la città, differente dal resto del mondo per dimensioni, odori, atmosfera. Varcare quel sottoportico, adesso come allora, assomiglia a una sfida con la storia: al di là, i muri dei casamenti si alzano tetri e ravvicinati più di ogni altra costruzione, i colori e i suoni si fanno più radi e rispettosi, i passi stessi e le voci sembrano acquistare un timbro sacrale.
Sono luoghi che detengono una memoria.
Nel grande campo dove si affacciano tre delle cinque sinagoghe, giocano i bimbi, ma a tratti qualche figura austera, in scuri abiti antiquati, attraversa quel largo spazio soleggiato con volto concentrato e passo severo, portando con sé un brivido di soggezione e una scia di echi oscuri e dolenti.

Nel libro di Singer, ho seguito la contrapposizione di due ere all'interno dell'antica civiltà ebraica: è la saga di una famiglia ebreo-polacca benestante, una micro-società ramificata e complicata che riassume in sé gli aspetti esemplari del più vasto mondo israelita. Una parte di essa si identifica nel passato, con la sua ossessionata difesa della tradizione; e sono personaggi dalla fede rocciosa e dai comportamenti rigorosi, saldi nell'avversare con scandalo le trasgressioni alle leggi e ai costumi. La presenza del divino e il suo timore indicano ogni scelta e ogni giudizio, e nella religiosità che informa ogni aspetto delle loro vite essi ripongono un'energia sanguigna, dello stesso vigoroso spessore di una passione terrena. Ma accanto a questi appassionati custodi della memoria comune si fanno strada verso la luce altri personaggi non meno intensi, che al loro apparire sembrano portare le stimmate della sconfitta ma che poi assumono risalto nella storia come pionieri di un nuovo messaggio. Essi, con le loro vicende tormentate e spesso fallimentari, con la loro inquietudine esistenziale che insidia le grandi certezze dei padri, con la disperazione e il coraggio di trasgredire consapevolmente in nome di un umanissimo arbitrio, rovesciano i tabernacoli dell'antica fede per affiancargliene una nuova: quella nell'uomo, e nella libertà della sua mente.
Una grande e appassionante narrazione, che affianca figure e fatti in un quadro quasi epico: la rappresentazione del loro mondo, agitato dalla potenza dei sentimenti e dalla tragedia di una guerra, si affida a uno stile pulito, scattoso, molto moderno eppure magistralmente evocativo, che crea con tratti scarni e apparentemente avari una serie inesauribile di fotogrammi per riprendere e fissare con sorprendente acutezza i volti, i gesti, gli ambienti e infiniti straordinari particolari di uno scenario grandioso.
Lo studio sapiente di una umanità, una ammirevole lezione di scrittura; un libro indimenticabile.


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