Lineamenti di storia vicino-orientale fra le due eruzioni del Thera del
1533 e 1330
MGCorsini, 30 Marzo 2008. Tutti i diritti riservati.
La storia
del Vecchio Continente nel -II millennio, dalle steppe dell’Asia centrale fino
all’Atlantico, è scritta per lo più dagli indeuropei. Da questo momento
resteranno gli indiscussi leaders della storia mondiale. Eppure
non appaiono ovunque palesemente come indeuropei, bisogna scoprirli dietro alle
apparenze camitiche e semitiche, semitiche soprattutto, perché sono le
scritture e lingue semitiche a dominare la scena dal millennio precedente, e
gli indeuropei le adottano, adottano tutte le culture e lingue e scritture dove
si trovano a dominare. Sono duttili e adattabili a qualsiasi cultura, specie quelle superiori alla loro, e nessuno può mettere in dubbio
la superiorità culturale dell’Egitto, della Siria e della Mesopotamia. Gli
indeuropei hanno la loro forza nella capacità organizzativa e militare. Hanno
una grande capacità di apprendere dalle altre culture
e poi razionalizzare e perfezionare. Sono dei perfezionisti. La loro prima grande civiltà è probabilissimamente quella della Valle
dell’Indo di cui sapremmo di più se potessi disporre del corpus della relativa
scrittura e decifrarla. E’ una civiltà estremamente
razionale. Purtroppo come accade in ogni famiglia che si rispetti c’è anche la
pecora nera e in questo caso la pecora nera sono gli
indeuropei yahweisti, che sono il perfetto opposto, esclusivamente votati alla
distruzione e alla rapina dovunque vadano. Sono rimasti sempre ai margini della
civiltà e non hanno mai avuto il tempo né l’occasione né il piacere di provare
cosa sia vivere in pace e lavorare, figuriamoci col cervello. Per loro l’eroe
tutto muscoli e furbizia è il massimo e non chiedono
altro. Per loro la cultura non è un bene prezioso ma un nemico pericoloso da
distruggere ad ogni costo, un inutile fardello. Quando
questi indeuropei yahweisti scendono dai valichi del Pamir per distruggere i
fiorenti centri della Valle dell’Indo che dopo il loro passaggio non si
riprenderà più, gli altri indeuropei, quelli del ramo principale, più antico e
sano della famiglia, portano in salvo la popolazione vallinda in occidente e
compaiono come Hyksos signori dei secondi palazzi a Creta, nel Peloponneso,
nelle Cicladi, un po’ dappertutto nel Mediterraneo orientale, e in Siria, dove
sono apparsi dapprima. Costoro linguisticamente appaiono come pelasgi-filistei,
portatori di una forma più antica di greco e come religione sono
elohisti, veneratori di Tifone, Seth, Dagon, Allah. Con la prima eruzione del
Thera l’anno 11 del regno di Ahmose (1533 ca.) affonda
come Atlantide la civiltà dei Giganti
Hyksos di cui la tradizione dei yahweisti superstiti e che si ritrovano
soli a dominare dirà peste e corna. La nostra civiltà occidentale, bene o male, si
fonda su due tradizioni fondamentali, quella greca e quella giudaica, entrambe
yahweiste. Sono tradizioni nate come ho detto da popoli anch’essi di lingua
greca, danai e achei, che non avevano interesse a fare storia ma solo bottino. Semmai la storia fu già per loro la longa manus della politica e
della guerra. La storia non serve a nulla, per loro, ma se proprio si
deve farla che serva a qualcosa, a far propaganda, a
mostrare la superiorità degli indeuropei che hanno sempre vinto su tutti, sono
antichissimi, ci sono solo loro e gli altri non valgono un fico secco. Non
avendo serie motivazioni culturali come invece il ramo principale e ormai
disperso, le tradizioni
dei yahweisti sono favolette da bambini oltretutto pervenuteci
attraverso il gap culturale della fine del mondo antico da essi causato e
dunque la perdita da parte loro per lungo tempo della scrittura cui come ogni cosa culturale davano poca o nulla
importanza delegando alla tradizione orale la trasmissione dei pochi
sufficienti per loro brandelli di tradizione, oltretutto manipolata a fini
politici, come longa manus della guerra, l’unica vera loro ragione di vita. E
tuttavia basta considerare che l’Apoteosi (tardo prodotto della civiltà
hyksos-filistea) conferma la concretezza storica di una Megara o di un
Radamanto per comprendere che la realtà e non la fantasia è davanti a noi che
la vediamo attraverso le lenti deformanti di una tradizione che non possiamo valutare bene fin dove ugualmente attendibile in
mancanza di ulteriori prove documentali,
che certo prima o poi salteranno fuori da qualche parte, ma che comunque il
raffronto con la storia egizia prima di tutto ci consente di illuminare
grandemente. Con la fine di Atlantide, dell’impero
Hyksos, i centri del potere stanno in
Egitto e Mitanni (
Grazie alla
rianalisi di documenti noti e all’acquisizione di altri (per i quali ringrazio tutti coloro che su internet pubblicano i
documenti in loro possesso, come del resto faccio io stesso, perché i documenti
sono tutto e la cultura è patrimonio inalienabile di tutti) ho fatto un grande
balzo in avanti nella conoscenza del quadro storico che va dalla dominazione
degli Hyksos all’invasione dei popoli del mare.
Il primo
gruppo di scoperte si incentra sul periodo finale della dominazione hyksos,
intorno al 1550. Qui si colloca l’eruzione del Thera nell’anno 11 del regno di Ahmose (ca. 1533) in coincidenza con l’assalto di questo
faraone alle città hyksos che porterà poi alla presa di Avaris e
nell’anno 16 alla definitiva cacciata degli Hyksos con la presa di Sharuhen. La
distruzione dell’impero Hyksos è anche la distruzione di Atlantide,
governata dalla “tracotante” stirpe dei Giganti di cui ci parlano l’Antico
Testamento yahweista e l’Odissea del laziale Omero di cultura greca e pertanto
yahweista, oltre che Platone. Quanto all’Esodo degli Hyksos (proto-ebrei
secondo Flavio Giuseppe sacerdote del II Tempio) ho scoperto che la tradizione
di Esodo, appunto, è inventata di sana pianta, ma prende spunto alla vera tradizione
greca dell’Esodo di Danao in Argolide (come si evince anche da un passo di
Odissea che palesemente sembra riecheggiare la “separazione delle acque del Mar
Rosso”). Parallelamente all’arrivo di Danao in Argolide alcuni seguaci
dell’ultimo faraone hyksos, Apopis, evidentemente morto in Egitto, giungono a
Creta e instaurano nell’antro dell’Ida/Labirinto il culto di Epafo/Apopis dio Figlio-Toro-Sole e di sua
madre Madre-Vacca-Luna celeste. Altri seguaci di Apopis
si diffonderanno in Edom e Nord-Arabia
(come ho già stabilito su Taifeng), l’unico Esodo di cui si possa parlare
seriamente (nel senso che segue lo schema di quello biblico), ma riguarda i
futuri islamici. Anche la tradizione di Eracle e della sua servitù per dodici
anni sotto Euristeo si inquadra in questa cornice.
Passiamo dunque ad esaminare i
documenti di questa parte del lavoro e ciò che se ne può ricavare di storico.
L’ordine in cui li presento e li esamino non è lo stesso che il mio
ragionamento mi ha portato ad esaminare, bensì solo quello cronologico.
Una versione in inglese del Testo
della Stele della Tempesta (di C. Vandersleyen)
(7) ...
the gods expressed
(8)
their discontent ... The gods (made?) the sky come with a tempest of
(rain?); it caused darkness in the Western region; the sky was
(9)
unleashed, without ... ... more than the roar of the crowd; ... was powerful...
on the mountains more than the turbulence of the
(10)
cataract which is at
(11)
... were floating in the water like the barks of papyrus (on the outside?) of
the royal residence for ... day(s),
(12)
with no one able to light the torch anywhere.
Then His Majesty said 'How these (events) surpass the power of the great god
and the wills of the divinities!' And His Majesty descended
(13)
in his boat, his council following him. The
(people were?) at the east and the west, silent, for they had no more clothes
(?) on them
(14)
after the power of the god was manifested. Then His Majesty arrived in
(15)
His Majesty set about to strengthen the two lands, to cause the water to
evacuate without (the aid of) his (men?), to provide them with silver,
(16)
with gold, with copper, with oil, with clothing, with all the products they
desired; after which His Majesty rested in the palace - life, health, strength.
(17)
It was then that His Majesty was informed that the funerary concessions had
been invaded (by the water), that the sepulchral chambers had been damaged,
that the structures of funerary enclosures had been undermined, that the
pyramids had collapsed?
(18)
all that existed had been annihilated. His Majesty then ordered the repair of
the chapels which had fallen in ruins in all the country, restoration of the
(19)
monuments of the gods, the re-erection of their precincts, the replacement of
the sacred objects in the room of appearances, the re-closing of the secret
place, the re-introduction
(20) into their naoi of the
statues which were lying on the ground, the re-erection of the fire altars, the
replacement of the offering tables back on their feet, to assure them the
provision of offerings,
(21)
the augmentation of the revenues of the
personnel, the restoration of the country to its former state. They carried out
everything, as the king had ordered it.
Il testo inizia coi titoli
faraonici di Ahmose e le cerimonie religiose a ricordo delle quali è stata
eretta la stele. Poi dalla linea 7 fino alla linea 14 abbiamo la
descrizione della Tempesta sia nel suo svolgersi (attraverso il ricordo
di Ahmose e di coloro che vi hanno assistito e che glie ne hanno riferito) che
nei suoi effetti perduranti che cadono
sotto gli occhi di Ahmose recatosi sollecitamente in battello a visitare l’area devastata, e verisimilmente in parte
(non bisogna mai credere del tutto ai potenti) perdurano anche al momento
dell’erezione della stele qualche anno dopo.
Strettamente connesso con
“L’anno di regno 11, il secondo mese di shomu: fu penetrata
Eliopoli. Il primo mese di akhet, giorno 23: il Toro del Sud si è aperto la
strada fino a Tjaru. Giorno 25: s’è udito dire che Tjaru era stata penetrata.
Anno di regno 11, primo mese di akhet, il compleanno di Seth: un ruggito è
stato emesso dalla Maestà di questo dio. Il compleanno di Iside: il cielo ha
versato pioggia.”
A giudicare dall’accenno
alla Maestà di Seth, e dal ruggito emesso da questo dio, nonché dalle
lacrime versate da Iside dopo la presa delle città Hyksos direi che questo
annotatore sembrerebbe anche lui un hyksos, e tuttavia è difficile
che operasse nel delta. Prima di tutto se fosse stato nel delta, a corte del
faraone hyksos, che deve essere ancora Apopis I, avrebbe avuto notizie dirette e non per
sentito dire. E che senso avrebbe una datazione all’anno 11 se ancora regna
Apopis I? L’unica datazione all’anno 11 può essere
quella di Ahmose che infatti a questa data combatte ad Avaris. E il nostro risiede a Tebe, e dunque utilizza la datazione vigente a Tebe,
quella che fa riferimento agli anni di regno di Ahmose. Inoltre l’accenno al
ruggito (terremoto/eruzione del Thera) e alla pioggia (quella supposta nella
Stele della Tempesta) conferma quanto si è potuto verificare e osservare nella
zona di Tebe. Infine Rhind trovò il papiro proprio a Tebe, dove dunque è sempre rimasto.
Mi domando poi che
caspita avrebbe a che fare questa annotazione meteorologica con la matematica? E’ evidente che sia una
scritta successiva e con nessun legame col testo del papiro. Dunque la
catastrofe intervenne durante l’accerchiamento di Avaris e verisimilmente, spazzando e allagando il
Delta, diede un duro colpo agli Hyksos agevolando grandemente l’opera di
Ahmose. L’eruzione del Thera può essere apparsa agli egizi come segno della
divina ira di Seth contro il suo stesso popolo eletto. E dunque che il dio li
abbandonava prima della caduta di Avaris, che avvenne, come apprendiamo dalle
iscrizioni della tomba di Ahmose figlio di Ebana, al quarto attacco. Ahmose cacciò gli Hyksos
completamente assediando Sharuhen i per tre anni e conquistandola il 16 anno del suo regno (1528 ca.).
La mia opinione è
che la tradizione delle dieci piaghe
d’Egitto sia stata costruita su questo avvenimento eccezionale. Non ha
importanza che qui non si parli di ranocchie o di acqua tramutata in sangue o
della morte dei primogeniti. La storia delle dieci piaghe potrebbe
realisticamente essere stata gonfiata col tempo allontanandosi dal suo
prototipo. Quello che conta è che un fatto del genere, in concomitanza con le
manovre per prendere Avaris, può essere
stato interperetato dai proto-ebrei come
punizione da parte di Yahweh di
coloro che li avevano cacciati dall’Egitto e conseguentemente, poi,
aver suggerito la storiella di un dio che a forza di piaghe induce finalmente
Faraone a lasciar partire gli Ebrei. Ai sacerdoti del II Tempio serviva dare a
Israele una storia edificante, una nascita eroica, una spiegazione del perché
gli Ebrei vivevano in Israele, e l’Esodo non è che l’applicazione antica della
legge di Kossinna. Sfido chiunque a trovare una testimonianza simile in
qualsiasi altro periodo storico in cui calzerebbe altrettanto bene dell’Esodo
degli Hyksos, fra cui i proto-ebrei. Non bisogna essere certo delle aquile per
capire che questi due documenti sono di importanza eccezionale e che dunque
meritano uno studio approfondito. Che io al momento non posso fare non avendo
il testo originale e adeguatamente leggibile.
L’immigrazione di Danao in Argolide (pseudo Esodo di Mosè) al tempo di
Ahmose. Le dodici fatiche di Eracle oppresso per dodici anni da Euristeo e il
Ritorno degli Eraclidi.
In Taifeng ero giunto alla
conclusione che Manetone e Flavio Giuseppe fossero nel giusto a considerare un
solo Esodo (dei proto-ebrei), quello degli Hyksos. Questo modello
interpretativo tiene. Perché adesso, mettendo ancora più a fuoco la materia,
aggiungendo l’analisi della tradizione greca, posso dimostrare che anche Danao
appartiene alla tradizione dell’Esodo degli Hyksos, e finalmente anche Mosè, a lui strettamente collegato, non dico
assume un nome e un volto, perché Mosè è l’ombra di un altro, ma appunto è
ricondotto alla fonte da cui è stato inventato. Anche Danao, fratello di Egitto, Faraone biblico,
viene costretto in pratica all’esilio (i due sarebbero venuti a
conflitto per ragioni di potere e Danao, il più debole avrebbe avuto paura
dell’altro andandosene in esilio) prendendo il mare e così essendo il primo a
costruire una nave e, diretto a Occidente, Sekhet Yaru, i “Campi di Giunchi”, i
Campi Elisi, sbarcando in Argolide, nel Peloponneso, dove la tradizione greca
(ovviamente originata da immigrati levantini danai yahweisti) diceva regnasse
Inaco, alias Iannas/Khayan/Abraham (Apollodoro, Biblioteca II, 1). Egitto poi
ci ripensò e inviò i suoi 50 figli all’inseguimento di Danao, le cui 50 figlie
li uccisero tranne uno, Linceo. Analogamente Faraone ci ripensò e inviò dietro
a Mosè le navi(?), certamente, nella
tradizione originaria. In quella rimaneggiata ad uso e consumo della casta del
Secondo Tempio le navi si trasformano in
carri affondati nei pantani dei Laghi Amari (poi ribattezzati Mar Rosso dalla
bibbia cristiana) da Yahweh che prima avrebbe fatto ritirare le acque e poi le
avrebbe fatte richiudere sugli sventurati. In realtà Mosè attraversò il “Mare
di Giunchi” Yam Suph. C’è un passo in Odissea che ho già messo in relazione al
prodigio del Mar Rosso e che adesso getta luce sulla tradizione originaria.
Come ho già tante volte evidenziato Omero conosce la stessa identica tradizione
giudaica e proto-ebrea come i Giudei conoscono esattamente la stessa tradizione
omerica e preomerica, solo che poi entrambi la rielaborano a loro modo per i
loro fini. Durante il ritorno in Grecia
dopo la guerra di Troia, narra Nestore di Pilo, « il lungo viaggio meditavamo,
se navigare sopra Chio rocciosa, verso l’isola Psirìa, avendola a sinistra, o
sotto Chio, doppiando il Mìmante ventoso. Chiedevamo che il dio ci mostrasse un
prodigio: e ce lo mostrò, ci spinse a fendere il mare nel mezzo, verso l’Eubèa,
perché più presto sfuggissimo ai mali. » (3, 169ss) Questa è tradizione che
deriva dai Danai giunti in Grecia e,
come Omero ne ha fatto una rielaborazione poetica, più (certo più) o meno
aderente all’originale, così Mosè o
meglio chi per lui l’ha rielaborata ai fini della fuga (mai avvenuta come ho sempre detto, se
eccettuiamo quella degli Hyksos) dei proro-ebrei dall’Egitto verso
La mia indagine mi ha portato anche a focalizzare la figura
di Eracle oppresso per dodici anni da Euristeo, l’Esodo degli Eraclidi per
sfuggire ad Euristeo dopo la morte di Eracle, e il loro Ritorno che già mi era parso collegato col movimento
dei popoli del mare yahweisti che ritornavano in Palestina dopo esservi stati
cacciati. In effetti Eracle, come ci dice Erodoto, nasconde dietro di se differenti
personaggi e divinità. Io credo che l’Eracle connesso col ritorno degli
Eraclidi sia rappresentativo degli Hyksos (quelli di Seth, elohisti, anche
qualora dietro Eracle si veda Amenofi IV che era elohista pure lui) cacciati
dal delta orientale ed immigrati in Yahwan/Grecia. Il ritorno degli Eraclidi va
inteso in senso ampio come discendenti di Eracle che dalla Grecia (dalla
Tracia, dall’Anatolia settentrionale) giungono in Egitto e pongono fine alla
XVIII dinastia (un impero che andava dalla Grecia alla Palestina e dunque le
dominava come un Euristeo), e tornano nella stessa Grecia come Dori. Se ci facciamo caso infatti, a
partire da Sethi I (secondo faraone della XIX dinastia) torna in auge il
teoforico del dio degli Hyksos Seth/Suthek, cosa inspiegabile come nome portato
da faraoni egizi discendenti idealmente da quelli che gli Hyksos li avevano
cacciati e che detestavano ovviamente il dio Seth. Spiegabile invece se questi stessi
faraoni col teoforico Seth erano discendenti degli Hyksos (e veneravano davvero
Seth), cioè Eraclidi che tornavano a
regnare e a regnare adesso non più come fratelli minori degli Egizi dal Delta orientale a Mitanni, bensì come faraoni
egizi e sull’Egitto. Lo stesso Ramesses I, fondatore
della dinastia, era figlio di un Sety “capitano di truppe”, proveniva dalla zona nord-orientale del
Delta, apparteneva alla casta militare ed era stato visir di Horemhab, il quale
a sua volta aveva scelto il clero traendolo dall’esercito. Quest’ultima
informazione c’entra con quanto dirò poi sul problema che Amenofi IV si trovò
ad affrontare a causa della rivoluzione di Aton di suo
padre Amenofi III.
Amo aprire le strade per primo, dove mai nessuno è passato
prima. Sono nato dopo tanti altri ma di strade ne ho percorse già tante per
primo e ce ne sono ancora tante altre da
percorrere. L’ignoranza degli accademici (tanto più ignoranti quanto più
osannati dal regime, che ha distrutto questo Paese, e perché non avrebbe dovuto
distruggerne la cultura, che è alla base
di un popolo consapevole della sua sovranità e che potrebbe, dotato dell’arma
più potente di tutte, la cultura, costringerlo a sloggiare?) mi consente di
fare tutto ciò, con calma, tanto non mi corre dietro nessuno. Hanno istituti e scaffali pieni di libri che
accumulano la polvere, ma la testa vuota, e per questo sono pagati, per leggere
il giornale dello sport. Ora,
nonnetti, scusateci ma abbiamo da fare.
L’Origine del culto
dell’Ida/Labirinto intorno al 1550, incentrato su Apopis/dio oro-Sole e sua
madre (Io) Madre Vacca Celeste, figlia di Khayan.
Pochi mesi
al centenario della scoperta del Disco di Festo il 3 Luglio 2008 ho rivisitato
la mia decifrazione, che
tiene alla grande, e raggiunto un’interpretazione più accurata.
La decifrazione del Disco di Festo sarà
ricordata come una delle più importanti pietre miliari se non la più
importante, della storia del recupero della civiltà cosiddetta Minoico-Micenea.
E l’interpretazione laziale-centrica dei poemi dell’italico Omero
un’altra. Sull’Apoteosi di Radamanto ho
scritto tanto e tutto reperibile sui miei siti internet, per cui mi limito qui
a darne solo la traduzione e per di più sintetica, evitando il più possibile i
ritorni e le ripetizioni sovrabbondanti del testo:
« Beata signora del Labirinto, beata Iasonia, che sei
signora dei beati e protettrice del
Labirinto,
A livello interpretativo ci sono novità rilevanti. Dal testo si evince
innanzitutto che il culto all’Antro
Ideo/Labirinto nasce tra la cacciata degli Hyksos e l’inizio della XVIII dinastia, intorno al
1550, essendo chiaramente incentrato
sulla divinizzazione di Io/Agar e Epafo/Ismaele/Apopis ultimo faraone hyksos,
cacciati dal delta da Ahmose fondatore della XVIII dinastia. Infatti
Ora, se una grande morìa di persone (per annegamento,
epidemie, mancanza di viveri, ecc.) ci fu, anche ovviamente fra i proto-Ebrei,
la cosa potrebbe aver suscitato l’idea di un dio (Crono) che divorava i suoi
figli o anche aver indotto qualche yahweista (qui siamo dopo Abraham il primo
yahweista) a praticare sacrifici umani (a Crono/Saturno si praticavano
sacrifici umani) per scongiurare la fine della tempesta (Yahweh era dio della
tempesta cattiva e anche Yam, dio del mare, succeduto a Tifone/Allah/Dagon che
la mandava come mezzo di fecondazione della terra).
Abraham (come faranno poi Agenore/Artatama I con
Europa/Mutemuya, e Minosse/Yuya con Ariadne/Tiye) diede Io/Agar
sua figlia in moglie a Malkizedek, penultimo faraone eliopolitano, cioè
hyksos, di El 'Elyôn, “dio Altissimo”, Allah/Eloah, successivamente venerato
come Oro Ta'ala, “l’Altissimo” (come ho
scoperto ora: era un mio cruccio che Eloah/Allah potesse anche solo per
sbaglio confondersi con Dioniso/Yahweh)
dagli arabi eredi degli edomiti eredi degli hyksos/filistei elohisti cacciati
dal Delta e guidati dai discendenti di Apopis, di cui avevo già scritto su
Taifeng. Erodoto lo chiama Orotalt e lo confonde erroneamente con
Dioniso/Yahweh il dio indo ario dei maryannu carristi di Mitanni, di Tebe beota
e degli Achei scesi dalla Tracia con Cadmo al tempo di Tuthmosis IV, dei Danai
hyksos mitannici yahweisti
giunti in Grecia dall’Egitto
fin dal tempo di Ahmose, e ancora di quelli rimasti nel Delta e in
Siria-Palestina e particolarmente di Sehir/Edom/Madian cui fra l’altro fa
riferimento verisimilmente il nome completo del maryannu carrista Yuya/Minosse/Giosuè.
La tradizione di Dioniso/Yahweh venerato sulla montagna di Nysa, fra Egitto,
nei pressi del Nilo, e Fenicia, dunque nel Sinai, appartiene a nomadi o operai al servizio dei faraoni analoghi e ha avuto la sua
importanza per poter avallare un Esodo via Sinai. Ma è più probabilmente che qui
la tradizione greca non faccia altro che riferirsi alla già esistente tradizione proto-ebrea
dell’Esodo. Gli Ebrei, infatti, entrarono a Gerusalemme solo portatici dagli
eserciti achemenidi nell’età di Pericle.
Agar e
Malkizedek generarono Ismaele/Apopis, l’ultimo faraone hyksos. Abraham,
proto-yahweista e proto-mitannico, è un maryannu indo-ario i cui
antenati (rielaborando criticamente quanto attesta Genesi), dagli altopiani del Pamir, sono penetrati nella Valle dell’Indo dove hanno distrutto col
fuoco (apparentemente, e sto solo alla descrizione testuale, con armi terribili
considerate provenire dagli angeli del loro dio stragista) Mohenjo-Daro (nel
Sind) e poi proseguendo costa costa o
via mare sono entrati in Sumer dove evidentemente da essi sorge la civiltà
kassita, affine a quella mitannica, per
poi risalire fino ad Harran/Mitanni (sono veneratori della Luna, oltre che del
Sole alato da cui verrà fuori Aton) dove Abraham risiede forse già nella
capitale Washukanni con sua moglie e sposa reale Sarah e suo figlio Isacco. La
sua influenza si estende da Creta a Baghdad, al tempo sotto controllo kassita. Dunque il racconto di Genesi qui tiene sostanzialmente.
Abramo o meglio i già suoi antenati proto-mitanni prima di lui sono in relazione con Labano/Labarna ittito e sono subordinati
a lui (o tutt’uno con lui) e ai suoi discendenti andando a sposare le loro
figlie.
Saranno
contenti gli Ebrei e potranno verificare così che io cerco solo la verità e
sono pronto a correggermi quando la scopro. La via per la verità è lastricata
di errori e solo chi lavora può fare errori, non certo chi se ne sta seduto in
poltrona a leggersi il giornale dello sport. Dunque, semmai, Abraham, su
istigazione di Sarah, avrà voluto uccidere/cacciare Ismaele e non
Isacco; ma questa, ripeto, è una tradizione che risale ai sacrifici umani tesi a
scongiurare le calamità successive alla prima eruzione del Thera e semmai
indica piena sottomissione di Abraham a Yahweh e inferiorità di Ismaele rispetto a Isacco dal
punto di vista della dinastia mitannica. Rimane dunque che Ismaele (e
addirittura lo stesso Malkizedek, e perfino i precedenti faraoni Hyksos prima
di lui) è il capostipite degli islamici (Eloah/Allah risiede in
Occidente ben prima dell’arrivo di Yahweh), mentre adesso mi appare
logico che Abraham sia via Isacco il capostipite dei yahweisti. La culla più recente degli indo-ari élite dei
Mitanni era individuata nel Caucaso,
dove troviamo inchiodato Prometeo figlio di Giapeto/Japhet e Isacco/Frisso
collegato al culto di Ares/Yahweh zebaoth del giardino della Colchide secondo
Apollodoro.
La dea
madre è venerata all’Ida/Labirinto come
Vacca Celeste Nut/Rhea, il figlio come
Vitello/Toro d’Oro (il Vitello d’Oro degli pseudo israeliti al seguito dello
pseudo Mosè), il Sole/Faraone divinizzato che ogni mattina nasce come vitello
da oriente, entra dalla bocca della madre, cresce durante il giorno divenendo
toro, ingravida sua madre, esce dalla
vagina e cala nell’Oceano (Toro marino) morendo per rinascere il giorno seguente come vitello
partorito dalla Vacca Celeste.
1) Nut la
dea del cielo stellato (composto
d’acqua; il Nilo del cielo distinto da quello in terra) e perciò rappresentata
col corpo coperto di stelle voleva congiungersi (e alla fine ci riuscì) con il dio della terra Geb, tenuti separati
da Shu, l’aria, padre di Nut.
2) Nut
era soprattutto chiamata
La
concezione di base è dunque egizia e risale al culto eliopolitano dell’Antico
Regno.
3) Adorazione del Sole/Vitello (d’Oro) nascente fra
due sicomori, secondo la tradizione di Eliopoli. Deir el-Medina, tomba di
Irynfer, n° 250, età ramesside.
4) Il
defunto Tuthmosis III viene allattato dal sicomoro di Iside, anch’essa una dea
del sicomoro.
5) Poiché il Sole veniva trasportato dalla barca
solare veniva anche raffigurato su questa, e alla guida della barca solare era
raffigurato, come vitello e stella polare (che non tramonta mai) il faraone
defunto e resuscitato da sua madre, che così poteva sempre accompagnare il Sole
nel suo viaggio eterno (ma il faraone finì coll’identificarsi col Sole). Nel
disegno sottostante è rappresentata la barca solare con Horo seduto (e poiché
il faraone era l’incarnazione di Horo il faraone vi si identifica rappresentato
sotto forma di vitello-sole nascente). Hathor era chiamata la dea d’Oro e così
Horo era chiamato il dio d’Oro e Horo d’Oro (Horo d’Oro era uno dei cinque nomi
del faraone, probabilmente dunque quello da dio-Sole resuscitato). La barca
solare passa attraverso i due sicomori
manifestazione della dea vacca Hathor, alla porta orientale del cielo da cui il
Sole sorge ogni giorno. Nei Testi delle Piramidi la dea vacca è identificata
con Nekhbet venerata a el-Kab e dai Greci identificata con Selene Eilithyia (De
Rachewiltz), che non a caso era la dea nave che conduceva ai Campi Elisi. Si immaginava che la barca solare entrasse
dalla bocca della dea al mattino (vedi disegno 1) e ne uscisse dalla vagina al
tramonto per iniziare un nuovo viaggio al mattino seguente.
Le immagini
egizie di questa parte del mio lavoro tranne la prima sono tratte
dall’ottimo sito di Walter Reinhold Warttig Mattfeld y de la Torre, M.A.
Ed. cui mi sono ispirato anche per elaborare la concezione egizia
della Madre Vacca Celeste e del Vitello suo figlio e sposo fino allo Yahweh e
alla sua Ashera di Kuntillet Ajrud (con relative immagini).
Nei Testi
delle Piramidi la dea vacca è identificata con Nekhbet venerata a el-Kab e dai
Greci identificata con Selene Eilithyia (De Rachewiltz), che non a caso era la
dea nave che conduceva ai Campi Elisi. Ma ciò perché nella visione egizia Madre
e Nutrice coincidono, mentre nella
visione filisteo-pelasgica (cioè
greco-minoica) dell’Apoteosi la nave
Selene Eilityia o Tarania (nome indo-ario) è
La
“mammella” ha una complessità di lettura notevole e la sua trascrizione
fonetica varia fra dheil e theil e volta a volta non è usata pari pari (perché
come ho scoperto da tempo i segni
terminano normalmente in r o l
(altro indizio indo-ario) – ciò che serve ad identificarne
immediatamente il significato corrispondente al disegno – ma queste si leggono solo raramente),
prevalendo ora dhei ora thei. Se il testo complessivamente è rimasto invariato
nella traslitterazione,
ci sono notevoli variazioni circa la presenza dei nomi legati a
questo segno. Delia è una dea lunare che
“risiede nella Luna” e le viene associata, in quanto nutrice, Eἰdeménē (madre come so da
tempo di Melampode/Minosse, nell’Apoteosi detto figlio di Eἰdeménē, Eἰdemenējo. Il nome della
tradizione greca è Eἰdoménē) così come le viene associata Europa
madre di Radamanto.
6) Affresco del Toro-Sole-Faraone Figlio e Sposo e
del sicomoro della dea Madre-Sposa Celeste, da un loggione sul lato nord del
Palazzo di Cnosso.
Nel Palazzo
di Cnosso il Faraone-Toro-Sole-Faraone, Figlio e Sposo della Madre-Sposa
Celeste rappresentata dal sicomoro è raffigurato frequentemente.
La conferma che Apopis fu divinizzato
come dio toro solare ci viene dal fatto che da Foroneo figlio di Inaco e dalla ninfa Teledice (altro nome con cui è
certo indicata, in altra tradizione, Io) nacquero Apis e Niobe. Apis fu ucciso
da Telesione e Telchino e venerato da morto come dio, col nome di Serapide (Apollodoro, Biblioteca, 2,1).
Io/Agar è
così la madre divinizzata di Apopis/Ismaele venerato
come dio sotto forma di toro Mnevis di
Eliopoli (venerato anche ad Amarna di Amenofi IV che avrebbe dovuto sostituire Eliopoli come
centro di culto) Min di Copto e Akhmîm,
detto “toro di sua madre” e “protettore della luna”.
7) Ramsete II fa
offerte al sacro toro Mnevis.
Yuya era profeta di Min a Akhmîm e
sovrintendente al bestiame del dio (Gardiner). Dunque uno stretto legame fra
Yuya/Minosse e il Minotauro, il Toro celeste veicolo del Sole. Sotto il suo
nome (Toro Apis da Apopis)
prende inizio tra la fine della XVII e l’inizio della XVIII dinastia il
culto del dio Toro-Sole (poi chiamato
dai Danai/Achei Zeus/Dioniso) partorito da Rhea nell’Antro dell’Ida/Labirinto
dopo essere fuggita da suo marito Crono che si divorava tutti i figli avuti da
lei.
Probabilmente,
in quanto moglie
del visir Yuya, Tuya si sarà recata una
o due volte a Creta e vi avrà mimato uno hieros gamos (in sostanza legato al
ciclo solare) vestita di una pelle di
vacca per essere fecondata (solo simulatamente) dal sacerdote del Labirinto
vestito da Toro marino (il Sole nella
sua fase morente) generando (sempre per finzione) il Minotauro (il Sole nella
sua fase nascente sul Toro sua cavalcatura), propiziatorio della prosperità agricolo-pastorale dell’isola. Non
credo che sotto dominazione hyksos/filistea o egizia anteriore alla venuta al
potere di un visir yahweista come Yuya si sia mai sacrificato
un uomo al posto di un toro, e dubito perfino che sia stato sacrificato il toro
o qualsiasi animale. Cercando conferme su un sito ho trovato che i libri
di Enoch, il manoscritto di Malchizedek
e molti scritti biblici profetici parlano del "ribrezzo" che
Eloah/Allah prova per i sacrifici cruenti di animali a lui offerti sugli
altari. Avrò modo di verificare col tempo. Comunque il sacrificio cruento con
l’escamotage di togliergli prima il sangue è pratica yahweista (e anche degli
islamici che dunque non hanno una perfetta tradizione del culto originario di
Eloah/Allah; Maometto, come me e con acume più grande del mio, non vivendo in
un’età capace di critica testuale, ha fatto lavoro di storico). Nei riti funerari di deificazione invece il
Minotauro dell’età di Minosse è un uomo in carne ed ossa rivestito di pelle
taurina (com’è visibile sul Sarcofago di Radamanto/Haghia Triada), sacrificato
per fare da cavalcatura al deificato assimilato al Sole. In assenza del faraone
in situ, sia da vivo che da morto (perché viene sepolto ovviamente a Tebe
d’Egitto), il Minotauro finirà per essere identificato col Sole stesso e col
faraone. Minotauro non è l’uomo-toro e nemmeno il toro di Minosse. E’ il toro
Min di cui ho detto. Finalmente il Minotauro è
saltato fuori chiaramente dove lo attendevo: il sacerdote (Phaniaϝris) del
santuario dell’Ida vi (presso l’altare
all’aperto) uccide 20 a Te dunque il toro Min
Anche Ariadne/Tiye (moglie di Amenofi III), figlia
di Pasifae/Tuya avrà mimato in veste di dea
madre Signora del Labirinto, ma il suo ricordo è rimasto legato a cerimonie più recenti, quando a
Creta dominavano ormai i Danai/Achei yahweisti e il Sole era divenuto
Zeus/Dioniso.
A questo
punto dopo aver parlato della fase finale dell’età hyksos e sempre continuando
l’analisi dell’Apoteosi di Radamanto, documento principe, devo parlare delle
origini del yahweismo e della penetrazione in Grecia degli indo-ari. Questa
penetrazione avviene prima da sud con Danao (al tempo di Ahmose
distruttore di Avaris; e ne ho già detto) e poi da nord con gli Achei al
seguito di Cadmo fondatore di Tebe beota.
Il secondo gruppo di scoperte è
incentrato sui proto-yahweisti Mitanni di Naharina e cioè la “Fenicia” di
Agenore padre di Europa e Cadmo. Il yahweismo parte dall’élite indeuropea mitannica
e attraverso Cadmo giunge a Tebe beota mitannica, mentre tramite
Europa/Mutemuya arriva alla corte di Tuthmosis IV di Tebe egizia. Questo gruppo
di scoperte è incentrato anche sulla risposta ad una domanda. Datosi che
l’Apoteosi nega che Minosse e Radamanto fossero fratelli e figli della stessa
madre Europa, visto che Eidomenejo (Melampode/Minosse/Yuya) è appunto figlio di Eidomene, e tuttavia la tradizione e la stessa Apoteosi
li unisce strettamente sia da vivi che da morti (e l’Apoteosi è ancor più
significativa perché essendo di fonte regale denuncia una esplicita volontà di
unirli pure da morti, volontà che non può risiedere solo nel fatto che l’uno
era capace visir dell’altro o che entrambi fossero celebri come persone giuste
tanto da divenire giudici dell’aldilà) quale legame parentelare li univa? C’era
fra gli altri l’indizio che
a celebrare all’antro dell’Ida viene inviata Nefertiti/Megara
figlia di Creonte di Tebe beota e contemporaneamente moglie del faraone da poco
in carica Amenofi IV figlio di Amenofi III/Radamanto, figlio di Mutemuya
mitannica. Poiché Tebe era stata fondata da Cadmo
mitannico fratello di Mutemuya era intuibile che Minosse, yahweista maryannu
carrista, discendesse dal ramo di Cadmo, fosse figlio di Cadmo, come Radamanto lo era di Europa,
erano dunque probabilmente cugini. Dunque il secondo gruppo di scoperte è
incentrato molto su Minosse/Yuya di cui sono riuscito forse a scoprire il nome
esteso da cui deriva quello ordinario, Yuduya,
comunemente semplificato (e c’è un perché) in Yuya. In questo gruppo di
scoperte ho esaminato anche l’iscrizione su una base di statua di Amenofi II nel tempio funerario di Amenofi III a Kom
el-Hetan (quello dei Colossi di Memnone), che ci mostra lo stato
dell’espansione dei Danai prima della guerra dei Sette contro Tebe e della fine
del potere egizio-mitannico su Creta,
L’immigrazione di Cadmo con gli
Achei in Beozia al tempo di Tuthmosis IV e il suo discendente Yuduya/Minosse.
Il yahweismo mitannico raggiunse
Secondo la
tradizione Cadmo giunge coi Fenici, ma anche Europa doveva essere fenicia ed
invece è indeuropea mitannica. E le lettere “fenicie”
introdotte da Cadmo presso i Pelasgi non sono fenicie e non sono alfabeto, sono
il cuneiforme mitannico (e poi, per facile trasposizione via aramaico lingua e
scrittura internazionale, il fenicio). L’ipotesi più ragionevole è dunque che
Cadmo, pur essendo indo-ario/greco si esprime amministrativamente col
cuneiforme e le lingue orientali perché domina su costoro e perché queste sono
le lingue dominanti, tant’è vero che Amenofi III e IV si esprimono in aramaico
come lingua internazionale di tutti. Cadmo giunse a Tebe beota (dove uccise da
buon yahweista il solito, ormai lo sappiamo bene, drago Tifone-Allah; ne
abbatté le statue e i luoghi di culto, ammazzandone certamente il clero e dando
al rogo i sacri scritti; è la comune prassi dei yahweisti da che sono al
mondo) passando per
Se Cadmo (Yey?) fu padre di Yuya/Minosse (la cui madre secondo
Apoteosi e la tradizione rivisitata criticamente fu Eidomene) allora questo fu
cugino di Amenofi III/Radamanto figlio di Mutemuya/Europa.
Mentre nel labirinto dell’Ida si celebra la divinizzazione di Amenofi III figlio
di Mutemuya si ricorda il premorto Minosse/Yuya, a conferma che i due, pur essendo figli di
madri diverse, furono strettamente
legati da vivi come da morti, tanto da essere considerati fratelli. Qui Minosse
è chiamato Eidemenijo
cioè alla fine Idomeneo (che identifico
con Melampode, che corrisponde all’ebraico Giuseppe – entrambi possiedono doti
profetiche – ed è colui che ha introdotto Dioniso/Yahweh in Grecia).
Naturalmente suppongo che questo nome si sia trasformato nel greco più tardo Eidomene
da cui Idomeneo, nome col quale, secondo Apoteosi, colui che
io identifico con Minosse è noto a Thera nelle Cicladi. Restiamo a Idomeneo. Si
tratta di Idomeneo I, perché c’è poi un Idomeneo II re
di Creta che partecipa alla guerra di Troia. La tradizione lo fa figlio di
Deucalione (che io identifico con Ay) figlio di Minosse (che io identifico con
Yuya). Non è vero che Idomeneo II sia figlio di Deucalione per il semplice
motivo che si tratta di un yahweista Danao/Acheo che
regna quando ormai l’Egitto ha perso il dominio su Creta e il Peloponneso (e
infatti lo identifico con Iefte pseudo-giudice biblico e invece capo militare
della marmaglia yahweista dei popoli del mare acheo/danai che… vanno alla
guerra di “Troia”) e tuttavia il collegamento con Minosse è significativo per
farci sostenere che come visir Minosse è stato conosciuto a Thera col nome di
Idomeneo I. Dunque i conti tornano. L’Apoteosi cita
Minosse come “figlio di Eidomene”. Ora, stando
all’Apoteosi, Minosse e Radamanto non furono fratelli, e tuttavia sono venerati insieme nella
stessa cerimonia. Dunque ci deve essere qualcosa di vero nella tradizione che
li unisce strettamente da vivi (come fratelli figli di Europa)
e da morti (entrambi giudici nell’Aldilà). Anche Yuya e Amenofi III sono strettamente
legati fra loro, il visir e il faraone, e infatti
sono imparentati fra loro in quanto il
Amenofi III sposò la figlia di Yuya, la grande sposa reale Tiye. Inoltre Yuya
fu ammesso con sua moglie Tuya a riposare in eterno nella stessa Valle dei Re
in cui riposa Amenofi III.
Sarcofago di Minosse
Biban el Muluk.
Localizzazione della tomba di Yuya e di sua moglie Tuya, KV 46
Ancora,
nella tomba di Yuya e Tuya furono rinvenuti giocattoli appartenenti ad Amenofi
III dal che si è dedotto che costui era stato allevato
da loro. Cosa unisce Yuya/Minosse ad Amenofi
III/Radamanto? E’ semplice. Torniamo ad Europa/Mutemuya mitannica figlia di
Artatama I re di Mitanni. E’ mitannica, appunto. E Yuya è un maryannu carrista
dai tratti somatici caucasici.
Mummia di Minosse, il maryannu comandante dei carristi, nella cui
tomba è stato rinvenuto un modellino di carro.
Un
mitannico? Certamente. Cadmo era fratello di Europa, dunque mitannico anche
lui, e fondò
Nella Valle dell’Indo e nelle pianure caucasiche fu allevato per la prima volta il cavallo e
addestrato alla guerra trainando il carro montato da auriga e arciere. L’indiano Kikkuli al servizio di
Suppiluliumas ittito intorno al 1350 scrive un trattato in quattro tavolette e
un migliaio di righe in scrittura cuneiforme sull’addestramento dei cavalli da
guerra che darà al re ittita la supremazia sui popoli confinanti. Questo
trattato è scritto come cosa assodata da tempo così dimostrando che gli
antefatti stanno nella Valle dell’Indo, dove i maryannu, la nobiltà carrista,
hanno distrutto la relativa civiltà per poi arrivare fino nel Levante con Labano/Labarna e Abramo/Khayan signore della guerra e la sua
discendenza mitannica. Costoro conoscevano il carro da guerra e Kamose e
Ahmose, probabilmente proprio perché anch’essi di origine
indo-aria (Ah-mose,
Da frammenti delle mura del tempio funerario di Ahmose
ad Abydos abbiamo scene di guerra contro gli Hyksos assediati ad Avaris e
infine sconfitti e cacciati dall’Egitto. Nella battaglia di Megiddo Tuthmosis
III impiegò più di mille carri trasportanti arcieri, mentre in quella di Kadesh
Ramesses II dovette affrontare più di 2500 carri ittiti.
A Tebe beota
di carristi c’era bisogno più che mai ora che i Danai e Achei yahweisti (da cui
Yahwan,
Un alone di superiorità (rispetto
a Radamanto) circondò Minosse a Creta e nel Peloponneso, ed è logico, perché in
quanto visir fu lui quello più presente in quest’area che non il lontano
faraone visto dai Greci/Indo-ari come una controfigura dello stesso Zeus.
Secondo
l’Apoteosi, alla deificazione di Amenofi III intervengono solo Megara/Nefertiti
figlia di Creonte/Ay ovviamente in rappresentanza sia della casa mitannica che
domina su Tebe beota che di quella d’Egitto nella cui sfera d’influenza
rientrano Creta e il Peloponneso. Nessun altro celebra, all’infuori del sommo
sacerdote dell’Ida/Labirinto Phaniawris che inizia ad agire quando uccide il
toro Min. Sul sarcofago di Amenofi III rinvenuto ad Aghia Triada una hierodula
viene sostituita a Nefertiti nell’azione di innaffiare la quercia siria (la
versione locale del sicomoro della dea madre egizia) ma ciò si spiega col fatto
che Nefertiti non poteva essere rappresentata ovunque, manco fosse una dea. Una
sola volta sul lato frontale e una sola volta sul retro del sarcofago, non di
più.
La celebrante Megara/Nefertiti è la grande sposa reale del
faraone Amenofi IV che magari l’ha
accompagnata a Creta. Costui è il figlio e successore, da pochissimo,
del faraone divinizzato come Sole, Amenofi III, che si fa chiamare “l’Aton
splendente” (“Nebmaetra l’Aton splendente”), che appunto si identificò in vita,
come vedremo, col Sole Aton figlio della vergine Mutemuya prima che appunto suo
figlio Akhenaton lo venerasse come tale. E appunto il Disco di Festo, di argilla cotta in modo da assumere una doratura, riporta
le cerimonie della sua deificazione come Disco Solare. I Greci identficarono
Amenofi III con Memnone figlio di Eos
l’Aurora i cui Colossi stanno ancora in piedi nel suo tempio funerario di Kom
el-Hetan, e infatti ai lati dei piedi dei Colossi stanno raffigurate, in piedi,
la madre Mutemuya e la moglie Tiye. Poiché qui si tratta della sua
divinizzazione come Sole, era appunto associato alla madre nutrice che
all’Aurora in quanto Aurora/Eos, lo allattava dai due sicomori prima che lui
sorgesse. Però è facile che anche Tiye
sia stata identificata con Thia – che si dovrebbe identificare con Aurora figlia di Eos – così divenendo madre
del Sole Akhenaton. Sorge spontanea la
domanda perché non sia
Amenofi IV a celebrare la divinizzazione di suo padre. La
risposta è che egli non si trova nelle condizioni ideali per farlo. Prima di tutto
qualcuno (forse lo stesso Amenofi III per testamento, forse la casa rele
dominata dalle donne mitanniche) ha deciso di commemorare nella stessa
cerimonia anche il defunto cugino visir scomparso nel 31° anno di regno di
Amenofi III e cioè circa nel 1356. E Amenofi IV non ha alcun titolo per
rappresentare il ramo mitannico della famiglia, mentre Nefertiti è figlia di Ay (fratello di Tiye, moglie di Amenofi III) e nipote di
Yuya/Minosse e contemporaneamente moglie di Amenofi IV e nuora di Amenofi III
nonché nipote di Tiye. Da Tuthmosi IV che sposò Mutemuya figlia (con Cadmo) di Artatama I re di Mitanni, fino alla fine della XVIII
dinastia sono le donne indo-arie di origine mitannica a dominare incontrastate
sulla casa faraonica. Su queste case regnanti domina un’aristocrazia indo-aria.
Radamanto re di Festo è nipote di Cadmo re di Tebe mitannica, e nell’Apoteosi
di Radamanto realizzata nello scriptorium del palazzo di Festo emergono nomi di origine indo-aria: ϝídris (veda) e Tarágna, la dea Nave
dei Campi Elisi. Inoltre entra in gioco il cerimoniale matriarcale che richiede
l’ufficio di una somma
sacerdotessa impersonante
Vari titoli di Minosse/Yuya ricavati da documenti ignorati dai più.
Ho detto che alla periferia dell’impero Yuya viene ricordato
come più potente di Amenofi III suo “fratello” e aggiungo che la quantità e
qualità dei titoli di Yuya (e, non dimentichiamolo, di sua moglie Tuya) gli
danno un peso quasi superiore a quello nominale di Amenofi III perfino in
Egitto. Tuttavia non è ammissibile che celebrando l’apoteosi del faraone, e pur
mettendo in conto l’affetto che lo legava al suo cugino visir, ci si sia potuti
riferire a Minosse come a colui che a suo tempo è stato “re di un vasto
impero”, sia pure come visir (e usando
bagós anziché wάnax).
Dunque devo abbandonare questa interpretazione e ritornare su un’altra già
sostenuta un tempo. Minosse figlio di Eidomene è ricordato dunque come Thērάkros bagòs “re su Thera” o “grande re di Thera”. La casa faraonica ha dominato sull’isola attraverso un
governatore alle dipendenze di Yuya prima e ora di Ay suo figlio che ne ha
ereditato la carica di visir e alcuni dei titoli. Naturalmente, se ho ragione,
come avevo già compreso, Akrotiri sta ancora bella piazzata al centro del suo
impero mercantile delle Cicladi. La distruzione verrà tra breve entro il regno
di Akhenaton ex Amenofi IV (il faraone considerato col senno di poi uno
jettatore) che per ora (se non s’è gia messo di lena a trovare una soluzione al
guaio che gli ha creato suo padre col culto yahweista di Aton) si trova a Creta
con la sua bellissima moglie
Nefertiti, Megara dell’Apoteosi e del
Sarcofago.
In area palestinese ai confini col
Delta si diffonde al tempo degli Hyksos elohisti una civiltà che ha
caratteristiche minoico-siriane omogenee. Gli Hyksos non vennero
mai cacciati del tutto e il filone
hurrito-mitannico che si cela sotto di loro finì col prevalere con
Dal tempio funerario di Amenofi III
a Soleb in Nubia sappiamo che «la terra dei nomadi di Yahwa», dalla parte di
Edom, era considerata come sottomessa all’impero egizio fin dall’inizio del XIV
secolo (Faure, La vita quotidiana a Creta ai tempi di Minosse (
Da tempo desideravo esaminare
qualche iscrizione che riportasse il nome di Yuya e finalmente cercando per
l’ennesima volta su internet ci sono riuscito. Esaminiamo prima di tutto
l’iscrizione (normalizzata da sinistra a
destra in geroglifici tipografici
moderni) che appare su una piccola ceramica, all’interno dei raggi triangolari
di un sole [il sole mitannico, evidentemente].
H.R. Hall la legge “La moglie del
re Tuyu, il principe del re Yuia, principe di Zahi” (H.R. Hall, `Yuia, the Syrian' su PSBA,
Jan/Dec 1913, p. 63-65). Stando alla mia
fonte su internet, da cui ho tratto l’iscrizione e le informazioni relative,
questo titolo di Yuya non compare da nessun’altra parte.
Non so dove
sia stata reperita questa iscrizione (se in ambito egizio o di un territorio di
confine orientale, cosa che ritengo più probabile) e soprattutto se sia stata
trascritta correttamente. Certamente non è di fonte faraonica perché equivoca
(come vedremo) fra Tiye, che è la moglie
del faraone Amenofi III, e Tuya, che invece è la moglie di Yuya, e dunque fa
passare per moglie del faraone Tuya. Hall ha tradotto correttamente
un’iscrizione scorretta che avrebbe potuto scrivere un non parlante egizio che
però sapeva grosso modo solo individuare (ovviamente sugli scarabei del
“matrimonio”) il testo che si riferiva a Yuya e sua moglie. Non condivido
invece la traduzione dell’ultima parte dell’iscrizione: “principe di Zahi”, che
traduce gli ultimi quattro segni. Non la condivido, e ho le mie ragioni, ma non
avendo i dizionari in più volumi che gli accademici lasciano ad impolverarsi
sugli scaffali non sono in grado di spendere la mia autorevolezza come invece
faccio sempre. Poiché non ho trovato nessun riscontro (tra grammatica di
Gardiner e dizionario di Faulkner) non ritengo di aggiungere altro. Ma è
evidente che sia la figurina del principe siriano col bastone pastorale sia
quel che viene dopo, che mi indurrebbe perfino a vedervi una trascrizione
estremamente minimalista di Naharina/Mitanni (se non fosse per il segno Aa 21 della lista dei segni di Gardiner,
usato nel Medio Regno da solo o
accompagnato dalla figurina del dio per indicare Seth/Suthek; che però non
appare nelle attestazioni di Naharina), e
il segno che indica paese collinare straniero, gridano anche solo
genericamente: `Yuia, the Syrian'!
Magari
qualcuno che possiede vocabolari
adeguati saprà ritrovare attestata questa località e farci sapere.
E’
lecito ignorare una simile iscrizione
senza darne conto? No! Il che vuol dire
che se non se ne stanno in poltrona a leggere il giornale dello sport sono però
attenti ad insabbiare lavori (questo di H.R. Hall è del 1913!) che evochino un
legame anche solo teorico fra Yuduya e l’Antico Testamento. Saranno mica
antisemiti? O antisemiti o ignoranti.
Opto per ignoranti. Oppure hanno cose ben più importanti da fare come studiare
il classico stuzzicadenti trovato nella mascella di un cranio di Cro-Magnon.
Leggo da
un sito autorevole su internet che Tuya aveva vaste proprietà nel Delta.
Il vero nome, esteso, di Minosse, Yuduya
cn n۱ (?), quello usuale Yuduya e quello censurato: Yuya.
Analizziamo
ora gli altri documenti di cui (ricercando su internet) sono venuto
in possesso e che riportano il nome del cosiddetto da tutti Yuya. Si tratta
degli scarabei cosiddetti del “matrimonio” che presentano i nomi dei genitori
di Tiye sposa di Amenofi III.
A fianco di questa riproduzione del testo di uno
scarabeo “del matrimonio” (ne sono stati
trovati diversi esemplari a quanto risulta non graficamente uniformi ma
comunque con lo stesso testo) c’è la trascrizione fonetica egizia, che aiuta a
bene identificare i segni e la loro lettura. Lasciando da parte il solito
titolario del faraone, dal 5° registro a partire dall’alto fino alla fine
leggiamo: “(5°) La grande sposa reale Tiye… Il nome di suo padre è (6°) Yuya
(seguito da una figurina che lo riproduce come nobile con nella destra un
flagello, A52 della lista dei segni di Gardiner), il nome di sua madre è
Tju(7°)ya. Essa è la moglie di un re vittorioso (8°) il cui confine meridionale
è a Karoy (9°) [due segni che non si devono leggere e che appartengono a Karoy]
e il settentrionale a Naharina (cioè Mitanni).
Citare Naharina come confine settentrionale dell’Egitto di Amenofi III potrebbe significare appunto il suo legame
con Yuya mitannico di stirpe regale mitannica attraverso cui (fra l’altro) può
vantare l’amicizia di questo stato. Altrimenti si tratterebbe di un vanto privo
di consistenza.
Si noti che
“Essa è la moglie di un re vittorioso… ” si riferisce ovviamente a Tiye. Se non
che uno che legga distrattamente (o che sia straniero e copiasse l’iscrizione
così com’è senza capirci che molto vagamente) potrebbe intendere che è Tjuya,
cioè Tuya, la moglie del faraone. Ciò che è capitato all’autore dell’iscrizione
riportata sopra e che sarà verisimilmente un proto-ebreo, un siriano, che ha
interesse a presentare Yuya come un grande personaggio legato ai principi che
stazionano fra Delta orientale e bassa Siria.
Scarabeo con lo stesso testo e
stessa figurina di dignitario alla fine del nome Yuya (6° registro).
Scarabeo con lo stesso testo e
stessa figurina di dignitario alla fine del nome Yuya. Si può osservare che la
figurina è più stilizzata (6° registro).
Scarabeo con lo stesso testo e stessa figurina di
dignitario alla fine del nome Yuya. Si può osservare che la figurina è
estremamente stilizzata, tanto da non apparire quasi più come l’originale bensì
quasi trasformata in un gruppo di quattro segni distinti (6° registro).
Questo
scarabeo ha un contenuto in più perché è stato emesso per commemorare la
realizzazione di un grande lago artificiale per lo svago della regina Tiye.
Dalla fine del 6° registro si legge: “Sua maestà ordinò la realizzazione di un
lago per la grande sposa reale Tiye… nella sua città Djarukha (*). La sua
lunghezza è 3700 (cubiti) e la sua larghezza è 700 (cubiti). (Sua maestà)
celebrò la manifestazione dell’inaugurazione del lago nel terzo mese
dell’inondazione, giorno 16. Sua maestà fu trasportato nella barca reale
Aten-nefru su di esso. ” (*) Presso
Akhmim.
Per quel
che ci interessa qui noteremo che la figurina di dignitario dopo il nome Yuduya
è veramente divenuta un gruppo di 4 segni distinti (ognuno dei quali è
riconducibile ad un distinto segno della lista dei segni di Gardiner ed
esattamente: gambette che camminano all’indietro, due n sovrapposte e bastone pastorale ad angolo, che indica popolo
straniero). E inoltre la resa fonetica del nome non è più Yuya, ma Yuduya.
Quella
che dovrebbe essere una seconda y è in realtà, stando a quel che vedo, il segno
wḏ (V 24 della lista dei segni di Gardiner; all’epoca di cui ci occupiamo
si legge wd e così lo trascriverò d’ora in poi). Questo scarabeo io l’ho visto
per la prima volta pochi giorni fa. E’ stato il primo oggetto col nome di
“Yuya” in cui mi sono imbattuto e dunque vi potete immaginare il mio imbarazzo
quando ho cercato e non sono riuscito a trovare il nome “Yuya”. Quando mi ci
sono raccapezzato ho letto (ipoteticamente, perché io i dizionari ricchi di
attestazioni non li ho): Y-wd-w-y-a cn
n۱ dove l’ultimo segno vuole rappresentare il
bastone piegato ad angolo che indica in genere i popoli stranieri. Sulla base
di questa trascrizione egizia (non mia) del nome di Yuya ho fatto le mie
ricerche giungendo all’ipotesi, e sottolineo ipotesi, che si tratti di un nome
completo del tipo: “Ya(hweh) è la guida delle tribù beduine”, nome poi
abbreviato in: “Yahweh è la guida”, Yuduya, e infine reso irriconoscibile in
Yuya (dove però si deve intendere Yu-Ya). Solo successivamente, cercando di
approfondire, ho acquisito gli altri scarabei che mi hanno fatto riconoscere la
“possibilità” di una successiva corruzione del nome. Però, datosi che qui per
la prima volta troviamo non solo una resa del dignitario totalmente diversa,
con quattro segni distinguibili come segni autonomi della lista di
Gardiner, ma anche Yuya reso chiaramente
con cinque segni di cui il secondo non è y bensì ud, mi chiedo come sia possibile che una classe scribale nell’arco del regno di Amenofi III
potesse stilizzare a piacere fino a dar luogo a qualcosa di completamente
diverso, tanto da apparire Y-wd-w-y-a cn n۱
o sim.
invece di Yuya seguito dall’ideogramma del dignitario (che non si
legge). E poiché evidentemente la risposta è no, non è possibile, faccio
l’ipotesi inversa e suppongo che un nome
straniero, teoforico di una divinità come Yahweh, poco accetta in quanto
appartenente a popoli nomadi e creatori
di disordini e disturbo per l’Egitto, non era l’ideale per fare pubblicità al
matrimonio del secolo. Dunque per ordine
del faraone gli scribi avrebbero ritoccato il nome beduino proto-ebraico e yahweista dell’indo-ario
mitannico Minosse riducendolo ai minimi termini vocalici ormai non più
riconducibili all’etimologia originaria (sostituendo ud con una y) e
trasformando/eliminando il gruppo finale di 4 segni, mascherandolo dietro alla figurina di
dignitario col flagello (che abbiamo visto è perfettamente compatibile). La mia
ipotesi (che faccio in base alla mia documentazione attuale) è che a matrimonio
fatto e Yuduya (nonostante il suo credo
yahweista e soprattutto nonostante il
suo nome fra terrorista ed anarchico) essendo noto e più che bene accetto per
il suo operato dalla popolazione, qua e là ci si sia lasciati andare a
restituire il suo nome completo ed originario (magari in aree di confine
abitate da nomadi proto-ebrei), che sarebbe appunto Y-wd-w-y-a
cn n۱ o
qualcosa del genere, perché non avendo a disposizione i dizionari voluminosi di
cui dispongono università e istituti di ricerca
non posso essere più preciso. Diciamo che la mia è un’ipotesi che faccio
più a naso che altro. Non potendo esprimere un giudizio autorevole per mancanza
di strumenti a disposizione lascio dunque la cosa nel vago e non mi dilungo
nella dimostrazione del come e perché giungo alle mie conclusioni, proprio
perché potrebbero essere fallaci. Di una cosa comunque sono abbastanza certo,
che il nome abbreviato sia Yudu-Ya (“Yahweh è (la) guida”, più letteralmente il
giudice, con implicazione non tanto di giudice che regola la conflittualità fra
privati – il che potrebbe comunque essere stato all’origine della collocazione
di Minosse nell’ldilà come giudice dei morti –
quanto di magistrato civile-militare insito nell’originario vocabolo
ebraico shophêt, il suffeta fenicio-punico, il pretore romano),
Yuduya.
Yuduya, se davvero di “Yahweh è la
guida (delle tribù del deserto o sim.)” si tratta, mi suggerisce la
corrispondenza anche con
Yehoshuah/Giosuè. Yeho starebbe a Ya come shuah starebbe a yudu.
Si noti che shuah significa, in ebraico biblico: grido, invocazione (e non ci
azzecca, perché Yahweh non invoca nessuno), mentre shoah (che varia solo per il
puntino diacritico sopra invece che a fianco della w) significa gentiluomo (Is
32,5; associato a nadib, nobile, su cui vedi anche Gb 12,21), ricco (Gb 34,19;
associato a sarim: capi, notabili, funzionari, ministri, potenti). Suggerisco
dunque che Yeho-shoah
sia calco semantico ebraico dell’egizio Yudu-Ya
“Yahweh suffeta (su/i… )” Come Yuduya, per gli egizi Yuya (per i greci
Minosse), anche Yehoshuah/Giosuè fu un signore della guerra maryannu e
possibile visir sotto Amenofi III. Ma se appena appena tentiamo di utilizzare
l’Antico Testamento come appoggio alla ricostruzione storica rimaniamo come al
solito delusi. Yuduya non morì infatti in Palestina (almeno non ci risulta che
la sua mummia riporti ferite mortali che avrebbe potuto ricevere in
combattimento), e comunque fu sepolto nella Valle dei Re. Del resto sappiamo
bene che sotto Amenofi III (Yuduya suo visir gli premorì) non si registrano
guerre, salvo un intervento in Nubia per sedare una rivolta (Gardiner).
L’Antico Testamento attribuisce a
Yehoshuah guerre in Siria certo avvenute sotto i Tuthmosi e gli Amenofi. Ma furono guerre di conquista
egiziane (si badi bene, logicamente avvenute per via interna, mentre è evidente
che il movimento del popoli del mare, il vero… Esodo di “Mosé” venuto da Grecia
e Tracia, colpisce la costa a nord, dalla piana di Israel nel XIII-XII secolo,
come ho detto su Taifeng) e non un’immigrazione dall’Egitto dei proto-ebrei.
Mosè non è mai esistito e non guidò mai
l’Esodo dall’Egitto dei proto-ebrei, e nemmeno Giosuè (personaggio storico) lo
sostituì nell’impresa di conquistare
Il culto monoteistico di Yahweh è
solo un fatto gerosolimitano del Secondo Tempio creazione manu militari degli
Achemenidi. Come hanno fatto propri Saul e David signori della guerra che però
ad un certo punto, sconfitti i popoli del mare, cercarono di e riuscirono a
crearsi dei propri feudi combattendo contro i Filistei, ma non adottando mai il
culto di Yahweh, nemmeno come divinità minore, così i sacerdoti del Secondo Tempio videro in Abraham/Kahyan, in Giosuè/Yuduya, e
in tanti altri, con un pizzico di verosimiglianza ora più ora meno, degli
anticipatori sia dello stato ebraico,
sia del culto di Yahweh. Non è che siano stati necessariamente degli
imbroglioni, e se lo sono stati lo sono stati come tutti gli storici
nazionalisti di ogni tempo e paese. Anche la storiografia italiana ha degli
esempi analoghi. Pertanto è chiaro che non si può pretendere seriamente di
ricostruire
Se Yuduya fu Minosse, come credo,
ebbe invece le sue gatte da pelare nell’Egeo, dove una coalizione di
Danai/Achei aveva certo già occupato gran parte della Grecia e Creta
settentrionale e minacciava la rocca di Tebe beota in mano mitannica. Dunque i
matrimoni mitannico-egizi servivano a saldare l’alleanza militare per
fronteggiare i Greci a ovest e gli Ittiti a est.
Il fronte danao-acheo e quello egizio-mitannico
alla vigilia dei Sette contro Tebe (1320 ca.).*
Dalle iscrizioni del tempio funerario
tebano di Kom el-Hetan (quello dei
Colossi di Memnone) di questo faraone risulta
che, ancora sotto il suo regno, Kissamos, Cnosso, il suo porto di Amniso, e Lyktos erano tributari dell’Egitto. Poiché
questi centri palatini sono tutti sul versante nord dell’isola ne deduco che i
Danai/Achei dominavano il nord
dell’isola. Se dunque Amenofi II (sic!) non menziona le località centrali e
meridionali di Creta è perché queste ovviamente erano sotto il suo diretto controllo,
tramite i Filistei, e non c’era bisogno di sottolinearlo. E’ evidente che al
tempo dei funerali di Amenofi III/Radamanto Phaistos (Radamanto secondo la
tradizione greca è re di Phaistos) è sotto il diretto controllo degli Egizi,
come anche il Labirinto/Antro dell’Ida al centro dell’isola, dove avviene
l’Apoteosi del defunto re. E anche Tebe beota a questa data era sotto controllo
mitannico (regnandovi il successore mitannico di Cadmo zio di Radamanto, e cioè
un Creonte che sarà stato prima il visir Minosse e ora suo figlio Deucalione/Ay),
motivo per cui mi sento di escludere che Tebe beota sia menzionata nella detta
lista contrariamente a quanto qualcuno suggerisce così leggendo il nome e) Tegai/Tegea (vedi
sotto nella didascalia alla foto dell’iscrizione risalente ad Amenofi II), che
si trova fra Micene e Messene, e
risulterebbe invece fuori strada se si trattasse di Tebe. Amenofi II aveva come tributari esterni al suo impero i
Danai/Achei del nord di Creta (Kissamos, Cnossos, Amnissos e Lyktos) e della
Grecia (Micene, Tegai, Messene, Nauplio e Cithera) e ancora delle località
siriane di cui la prima potrebbe incorporare il nome Ammon, seguita da Bet
Shea’n e infine Kitium di Cipro. L’itinerario partirebbe dunque dalla Siria per
passare al Peloponneso e infine alla costa settentrionale di Creta.
Mappa di Tebe. Da Luxor, in basso a destra (a Tebe est, la città dei
vivi), attraversando il Nilo, si arriva
al tempio funerario di Amenofi III a Kom el Hetan (Tebe ovest, la città dei
morti), e non ci si può sbagliare ad identificarlo perché è preannunciato dai
due Colossi di Memnone (vedi foto aerea).
A sinistra la pianta
parziale del tempio di Amenofi III a Kom el-Hetan. La croce rossa indica la
corte solare intorno alla quale fra le colonne e le basi di statua di Amenofi
III in forma di Osiride va ricercata una delle cinque basi di statua,
Sospetto che Dedalo vada
identificato con l’omonimo di Amenofi III, Amenhotep figlio di Hapu, nato nel Delta nel
1430 ca., il più riverito dei funzionari di Amenofi III, deificato dopo
la sua morte e onorato dal faraone con un grandioso tempio funerario
immediatamente a occidente del suo. Il più grande architetto del faraone più
grande costruttore.
Dedalo/Amenofi figlio di Hapu, architetto del
Labirinto/tempio funerario a Kom el-Hetan di Radamanto/Amenofi III il cui visir
era Minosse/Yuduya. Come ho potuto ricostruire grazie
alla decifrazione del Disco di Festo il vero Labirinto cretese è l’Antro dell’Ida. Successivamente, durante
il dominio dei Danai/Achei su Cnosso la tradizione diede questo nome al tempio funerario di Amenofi III e creò la
figura di Dedalo sulla base di Amenofi figlio di Hapu. Successivamente
ancora diede il nome di Labirinto al palazzo di Cnosso attribuendone la
costruzione a Dedalo (facendone un ateniese), ed è in questo Labirinto che la
tradizione successiva collocò generalmente l’uccisione del Minotauro da parte
di Teseo.
Fu lui, il capo degli architetti reali, a progettare ed
erigere il tempio funerario di Amenofi III a Kom el-Hetan a Tebe Ovest. Si tratta
del più grande tempio in tutto l’Egitto
(700 x
La rivoluzione atoniana/yahweista l’ha iniziata Amenofi III,
il dio Sole divinizzato da vivo e da morto come Disco solare (anche a Creta
come Disco dorato di Festo su cui si riporta la sua divinizzazione). Amenofi
IV/Akhenaton l’ha ereditata e, volendo
rispettare il legato paterno, ha tuttavia cercato di ammorbidirla ricorrendo al
monoteismo islamico di Eloah/Allah eliopolitano.
Megara la conosciamo come moglie di Eracle.
Solo Amenofi III fu Eracle (ma
poiché Amenofi IV è lo stesso nome del primo, avrebbe potuto essere
confuso con Eracle anche lui). Solo ad
Eracle e ad Amenofi III la
tradizione e il Disco di Festo attribuiscono l’apoteosi. Megara/Nefertiti fu
moglie della variante meno erculea possibile di Eracle. Nel grande tempio «
costruito da Amenophis a Luxor… sono rappresentate in rilievo le scene che
attribuiscono una nascita divina al monarca… la madre di Amenophis, Matemuia,
vi è raffigurata quale consorte del dio Amun che, si dice, « assunse l’aspetto
del marito di lei, il re Menkheprure », prenome, questo, di Tuthmosis IV. »
(Gardiner, p. 187) e noi sappiamo che analogamente Zeus, assunto l’aspetto di Amfitrione, ingravidò Alcmena tebana che generò Eracle.
L’apoteosi di Amenofi III è affermata lui vivo. E’ Amenofi III il
rivoluzionario creatore dell’Atonismo. Akhenaton non fu che l’eroico esecutore
testamentario del legato paterno. Allora devo qui rispondere a diversi
interrogativi che mi hanno affollato la mente e che mi sono costati un bel po’
di ragionamento. Il ragionamento è tutto. Innanzitutto era evidente che dietro
l’Atonismo che si affaccia appunto sotto Amenofi III ci dovesse essere in
qualche modo Yuduya il potente visir. E tuttavia nulla potrebbe contrapporsi di
pù che il yahweismo guerriero di Yuduya e l’elohismo pacifista di Amenofi
IV/Akhenaton. Dunque non era possibile che l’introduzione del culto di Dioniso
in Grecia da parte di Melampode, pur essendo palesemente contemporanea
all’introduzione in Egitto del culto di Aton, fossero la medesima rivoluzione.
Eppure tutto sembrava portare in questa direzione. Prima di tutto il Sole dei
Mitanni (che sono anche yahweisti fin da Abraham/Khayan) che campeggia sul
sigillo
reale di Shaushtatar di Mitanni (1440-1410)
e riecheggia sulla ceramica (di cui abbiamo
detto) riportante il nome del mitannico Yuduya e sua moglie Tuya/Pasifae, la
figlia del Sole di Colchide. Questi ultimi avevano allevato Amenofi III e
dunque era facile che costui, tramite sua moglie mitannica Mutemuya e i suoceri
mitannici fosse stato indottrinato al culto di Aton poi ereditato dal figlio. Tutto
portava a dover ammettere l’inammissibile, la coincidenza fra Atonismo di
Akhenaton e Dioniso/Yahweh. Che del resto è la buca in cui sono caduti tutti,
inesorabilmente. La verità è celata altrove. Qui non si tratta prima di tutto
necessariamente di fede assoluta in un dio che viene messo sopra a tutti e con
esclusione di tutti gli altri. Occorre
capire che un grande impero come quello creato da Tuthmosis III o da Ciro II il
Grande o su cui siede Augusto, ha bisogno di un sovrano che per mandare avanti
il carrozzone deve avere il controllo assoluto di tutto, perfino e soprattutto
di quella sfera religiosa che ieri come oggi è un potere nel potere e si rivela
sempre come un antipotere, un serpente in seno, un pugnale che ti trafigge alle
spalle. Un caso chiaro per tutti? Oggi siamo in democrazia e chiunque voglia
dettare legge deve prima candidarsi e, se viene democraticamente eletto, poi fa
ciò che vuole nei limiti della legge. Cosa capita invece? Che ora il Papa, ora
i Vescovi riuniti (riportato ciò che dicono – è questa la cosa più schifosa – dai media che dovrebbero essere democratici e dunque fa
ancora più schifo che a farlo sia prima di tutto la televisione di Stato) ci
dicono cosa si deve fare o non fare, e lo dicono anche ai parlamentari. Volete,
Papa e Vescovi, fare politica? Benssimo, liberissimi, ma prima candidatevi, poi
siate eletti, e solo allora fate ciò che volete, nei limiti della legge! No.
Loro non hanno bisogno di essere democraticamente eletti per fare ciò che
fanno. Sarebbe perdere il potere che hanno o credono di avere o che fanno di
tutto per avere con questa tattica omertosa e che per loro si basa sul fatto
che dio sta sopra a tutti, e poiché loro sono il
partito di dio stanno sopra a tutti, perfino al popolo sovrano. Da sempre ci marciano
su questa strada (faccio i nomi di
Samuele, Agostino, Innocenzo III, ma questo virus si annida proprio
nella stessa religione assolutistica yahweista, cioè risale ad Abraham) con la speranza prima o poi di
riuscire come in effetti sono riusciti nel tempo a farcela (con quali bei
risultati la storia ce lo dice). Loro ritengono che esista un solo dio e un
solo popolo e un solo governo, quello dei sacerdoti di dio. Punto e basta! E’
l’antistato dichiarato nella stessa religione, e noi facciamo finta di nulla. E
facciamo bene, perché con la repressione non si farebbe altro che aprirgli le
porte del successo. I martiri col loro sangue fanno crescere l’impero della
Chiesa, e questo ormai lo sappiamo per esperienza e nel tranello non ci
caschiamo più. Però, per via democratica, occorrerebbe essere tutti uniti e
farglielo capire chiaramente che loro questo potere non ce l’hanno di
immischiarsi nella politica senza essere legittimati dal popolo sovrano. Ci
sono i furbi partiti confessionali e opportunisti che invece mandano avanti
questo ricatto, questa spada di Damocle che impedisce ad una nazione che si
dice moderna di lavorare con le mani libere e invece lavora con le mani legate.
Quale progresso si può fare dietro continuo ricatto di un antistato illegittimo
come la mafia, come le lobbies di vario genere, ma molto più potente e
pericoloso? Tanto più pericoloso in quanto dietro la faccia da Agnello si
nasconde il Lupo?
Amenofi III s’è reso conto dello strapotere del clero di Amon, uno Stato
dentro lo Stato, tanto che alla fine il clero di Amon darà vita ad un regno
indipendente del Sud. E s’è reso conto dei nemici
esterni all’impero, gli Ittiti, e ha sognato di farsi dio lui stesso (questo è
il punto centrale) eliminando (non subito, ma più avanti, con graduali
interventi nel tempo) il clero (il suo potere e i suoi introiti) per dare alla
doppia casa fraonica una forza sicura contro i nemici interni ed esterni.
Ora, con tutto il rispetto che ho per Gardiner, non la racconta giusta.
Egli non evidenzia che Amenofi III si presenta nel tempio costruito a Luxor come figlio della vergine Mutemuya e
di Aton (o Khneph/Khnufis e Hathor come si legge in Massey; non certo di Amon),
ciò che è necessariamente obbligatorio dal fatto che il piccolo Amenofi III vi
è rappresentato come Aton. Io, lo ripeto fino alla nausea, ma è necessario, non
ho un istituto e dunque non possiedo i documenti, le foto o i disegni delle
iscrizioni, che sono tutto per chi voglia fare storia. Girando su internet mi
sono imbattuto in un sito che mi ha indirizzato a questo lavoro da cui riporto ciò che qui interessa e che pur
con qualche evidente (Amenofi III non è ovviamente della XVII dinastia, bensì
della XVIII; questo è uno studioso antico e i suoi lavori da quanto capisco
risalgono alla fine degli anni 1880) imprecisione mi pare fededegno:
The mythical Messiah was always born of a Virgin
Mother—a factor unknown in natural phenomena, and one that cannot be
historical, one that can only be explained by means of the Mythos, and those
conditions of primitive sociology which are mirrored in mythology and preserved
in theology. The virgin mother has been represented in
Amenofi III si presenta nel detto tempio di Luxor come dio,
come Sole Aton, figlio della vergine Mutemuya, la yahweista mitannica moglie di
Tuthmosi IV. Il Gesù Cristo dei cristiani è esattamente costruito su questo
modello, sedici secoli dopo. Sulle mura più interne del Santo dei Santi nel
tempio di Luxor sono raffigurate le scene dell’Annunciazione (di Thot/Hermes
che saluta
Amenhotep III's
birth is splendidly depicted in a series of reliefs inside a room on the east
side of the
Insomma, tre versioni differenti (a naso Khnufis mi pare
diventato qui Khnum, che forma il piccolo Amenofi e il suo ka sulla ruota da
vasaio sotto la supervisione di Iside)
per parlare della medesima serie di rilievi, oppure c’è forse un interesse a
nascondere all’attenzione del pubblico una realtà di cui a parlarne si
rischierebbe di infastidire
Le scene di cui parla Gerald Massey dicono tutt’altro (e
quel che dice lo accompagna da foto delle scene stesse; purtroppo non allegate
al file dal curatore della riedizione).
Gerald Massey si presenta ed è presentato come qualcuno che
sa leggere l’egizio, e come egittologo. Ma perfino un imbecille digiuno di
geroglifici sa descrivere grosso modo delle scene a rilievo, e mi pare che se
Gardiner e il sito autorevole su interned sorvolano sul reale significato dei
rilievi è perché nel grattempo s’è fatta sentire la censura della Chiesa
Cattolica in un modo o nell’altro. Forse è per lo stesso motivo che il
rieditore dei lavori di Massey non pubblica anche le foto dei rilievi?
Se il tempio di Luxor è dedicato ad Amon, qui però Amon non
c’entra nulla. Se crea, ed è impossibile,
Aton, crea un’altra divinità incompatibile ed avversaria sua e del clero
di Amon. Dunque, il vero rivoluzionario è Amenofi III che adotta il yahweismo
mitannico perché ci crede davvero,
perché comunque il monoteismo è nell’aria nel vasto impero o, questo preferisco
pensare, perché una religione monoteistica e assoluta, ma di Stato, serve alla
doppia casa reale ora, contro lo strapotere del clero di Amon che paralizza gli
ingranaggi dell’impero. Ma Amenofi III ha solo gettato furbamente, ingannando
lo stesso clero di Amon, le basi della sua rivoluzione. E Yuduya il suo visir
questa rivoluzione l’ha già esportata in Grecia, dove invece è possibile
operare. E’ infatti Melampode. Ma l’atonismo di Akhenaton (che è quello passato
alla storia) non può assolutamente essere confuso col
dionisismo/yahweismo/atonismo di Amenofi III. Amenofi III ha commesso un
colossale errore affidandosi al monoteismo yahweista ferocemente aggressivo e
guerrafondaio che in pratica mette tutto nelle mani della casta sacerdotale e guerriera
facendone davvero un composto esplosivo. Il figlio s’è trovato sulle spalle
questo fardello e ha dovuto cercare di porre rimedio all’errore paterno.
Esaminiamo i nodi centrali. Primo, Akhenaton, come figlio del deificato fin
dalla nascita Sole Aton/Amenofi III doveva portarne avanti il culto (e fin qui
tutto va bene perché di religione di Stato si tratta), cosa relativamente
facile datosi che questo era stato “accettato” dal clero di Amon preso per il
naso. Secondo, però, lo svantaggio di avere un monoteismo guerrafondaio era
superiore al vantaggio di avere un monoteismo prono (e che oltretutto non
sarebbe mai stato prono) alla doppia corona faraonica. Certamente il pacifista
Akhenaton non poteva tollerare che l’impero si reggesse sul dio massacratore di
popoli soggetti e non dei maryannu carristi mitannici, della casta militare,
che comunque avrebbe preso il posto del clero di Amon come Stato nello Stato
(non a caso fu il generale Horemhab a riprendere in mano la situazione dopo lo
sfascio). Inoltre tutti i sovrani illuminati, come certo fu Akhenaton,
rifuggono dalla violenza posta a principio di vita, politica o religiosa che
sia. Akhenaton s’è messo subito a riflettere su come risolvere il problema
mentre Nefertiti sbrigava tutte le incombenze pubbliche. E ha scoperto che
c’era stato un altro monoteismo prima di quello yahweista, il monoteismo
eliopolitano di Eloah/Allah, però pacifista, e dunque illuminato. Akhenaton
dunque rimase nominalmente legato al culto di Aton del padre aderendo all’esigenza
di creare una religione di Stato in cui il dio fosse lo stesso faraone, ma
trasformò questo culto da originariamente ispirato al yahweismo in
elohista/islamico ante litteram, il dio
pacifista che prova ribrezzo ai sacrifici animali, figuriamoci quelli umani dei
yahweisti, che pur di raggiungere i propri scopi terreni terreni non ci pensano
due volte a far scorrere il sangue dei loro “martiri”, volgare carne da macello
per far salire il Papa sul trono. Akhenaton reagì al culto ariano nazifascista ante litteram
adottando il dio più antico ed opposto, pacifico e non della guerra, ideando un Aton privo di caratteristiche
concrete, astratto come lo è Allah degli islamici. Niente associazioni a dèi
figurati umanamente o in forma animale, niente iscrizioni che lo
caratterizzassero in qualche modo se non come pura astrazione. Ed è evidente
che Akhenaton s’è ispirato a Eliopoli per la sua religione. Scrive Gardiner: «
Quanto la nuova dottrina dipendesse, agli inizi, dall’antico culto di Eliopoli
è chiaro… anche dalla citazione del suo «grande obelisco di Karnak»; infatti,
l’imponente monolito noto sotto il nome di benben
(obelisco)… era una caratteristica di Eliopoli analoga a quella che più tardi
fu la pietra nera, detta Ka’ba, alla Mecca. » (p. 200) Il suo errore forse è
stato quello di
isolarsi in una nuova città santa a mezza via fra tutte, illudendosi così di
poter come pacifista non nuocere a nessuno e di non essere danneggiato da
nessuno. Magari, se guerra di religione doveva comunque esserci, valeva la pena
di appoggiare il clero di Eliopoli e spostare qui la residenza reale. Lontano
dai centri di potere, inviso a tutti, finì per trovarsi solo col suo culto
paterno da continuare come gli era stato lasciato in legato testamentario. Ci
si mise di mezzo anche l’eruzione del Thera, perse la testa e finì come finì. La rivoluzione atoniana/yahweista è di Amenofi III,
Amenofi IV ne è solo la illustre vittima, il capro espiatorio. Immagino che
Akhenaton sia stato verisimilmente assassinato, la sua mummia acconciata come
fosse una donna in segno di spregio, con un braccio di fianco, la sua tomba violata il suo corpo ormai
insensibile fatto oggetto di tutti gli oltraggi immaginabili e non,
massacrato a colpi di randello. L’aldilà
non si nega a nessuno, specie se si crede che andrà all’Inferno, meglio se
sfigurato.
Qualcuno ha
pensato che Amenofi IV fosse una donna (e/o affetto da sindrome di Marfan,
addirittura per via di Mutemuya, le figlie per via di Nefertiti, quale
sciocchezza; anch’io l’ho scritto un tempo) mentre io ora credo che
l’iconografia che così lo rappresenta, in modo evidente, coi seni e i fianchi e
cosce larghi, cosa tanto più significativa in quanto l’arte amarniana è
verista, arrivando a farsi riprodurre perfino nudo e asessuato,
derivi
consequenzialmente dal suo dio pacifista di cui è figlio ed unico
interlocutore, che è madre dell’umanità al contrario di Yahweh che è l’unico a
possedere il fallo mentre il suo popolo è reso femmina (attraverso la
circoncisione) e sua sposa. La battaglia di Akhenaton è stata contro le società
costruite sul fallo, maschiliste e stragiste, contro l’Aton yahweista di suo
padre pur continuandone il culto ma sotto altra specie. L’Aton di Akhenaton
voleva essere il dio madre a tutto campo.
Ma è proprio
vero che Amenofi IV era brutto e con la faccia bovina o cavallina? Anche questa
sua raffigurazione (nel verismo amarniano) fa il paio con quella femminile. E’
una convenzione religiosa. Partiamo dal culto di Yahweh come attestato in
Samaria.
A Kuntillet Ajrud (Samaria), VIII sec., sui frammenti di un
pithos evidentemente funerario, Yahweh è abbracciato alla sua Ashera con fallo,
guerriera. L’iscrizione sopra le figure lo conferma. Le teste dei due sono
vagamente quelle di bovini e non a caso
di fianco la dea Ashera è rappresentata in forma di Vacca cornuta (dunque
ancora sottolineando la sua natura androgina) mentre allatta Yahweh. E’ dunque
lo stesso concetto di origine egizia del Sole figlio e sposo della Signora del
Cielo, ma con le caratteristiche prevalenti di dio della guerra, della morte e
della pestilenza.
a)
Per comprendere il significato dell’iscrizione e
raffigurazione del Yahweh di Samaria e della sua Ashera occorre considerare
anche le altre raffigurazioni sullo stesso pithos. Balza agli occhi l’albero
della Signora degli Animali con i due capri affrontati sopra il Leone di
Qadash.
b)
Qadash, qui raffigurata su una stele d’età tarda al Museo
Egizio di Torino, è una delle manifestazioni della Signora del Cielo
Astarte-Ashera associata a Reshef (alla sua sinistra), dio della morte, della
guerra e della pestilenza, cioè Yahweh, e a Min (alla sua destra), “toro di sua
madre” e “protettore della luna” di
cui Yuduya era profeta e sovrintendente
al bestiame ad Akhmîm. L’iscrizione dice: “Qadash, signora del cielo,
contiene tutto l’universo; il suo occhio e ureo non hanno paura di Set/Resheph,
il dio buono [pure le Furie erano chiamate per scaramanzia Eumenidi, commento
mio] del cielo, signore della necropoli per l’eternità.”
E’ una stele funeraria che equipara Resheph a Min. Resheph è il Sole dei morti
e la sua madre e sposa è raffigurata come Luna, divinità dei morti. Più in alto
nella figura a) è raffigurato un cinghiale fra due animali affrontati che
rappresenta Resheph/Yahweh. Agli
islamici è fatto divieto di mangiare carne di porco forse non perché poco igienico ai climi arabici,
bensì perché rappresenta Yahweh, il nemico giurato di Allah/Eloah. Nell’Odissea
Odisseo (che muore nel ritorno a Itaca e
resuscita a Scheria da cui miracolosamente approda a Itaca reincarnandosi
momentaneamente solo per liberare i suoi cari dai pretendenti che li tengono
sequestrati in casa; Odisseo subito dopo la strage dei pretendenti se ne
partirà per l’al di là da cui mai nessun
essere umano è tornato) rappresenta Apollo (l’altra faccia di Dioniso) arciere
(e infatti vince la prova dell’arco nel giorno della festa del dio), dio della guerra, della
pestilenza e della morte. Da piccolo sul Parnaso è stato ferito da un cinghiale
poi ucciso, e ciò manifesta l’identità di Odisseo/Apollo/Yahweh/porco,
l’animale impuro degli islamici.
Dunque ad Akhenaton non sfuggiva
l’iconografia del Minotauro Yahweh e della dea-Toro sua paredra. Elaborò di
conseguenza un eterno dio-Vacca e dio Vitello in cui fosse abolito il fallo
come strumento creativo di società violente, che si reggono sul terrore e sui
delitti più infami (di cui l’Antico Testamento è l’apologia) per creare una
società illuminata dalla ragione che generasse un popolo migliore e non invece
lo umiliasse e distruggesse materialmente e soprattutto spiritualmente. Come si
fece riprodurre in aspetto femminile Akhenaton si fece rioprodurre in aspetto
di dio-Vacca o dio-Vitello. Il Sole Aton pacifista.
Egli, Waenra, unico intermediario
del dio Aton-Ra, incarnazione asessuata dello stesso dio, intendeva incarnare
l’eterno dio Vitello-Sole, androgino e cioè al contempo maschio e femmina, ma
fondalmente più femmina in quanto senza fallo aggressivo e dunque pacifista.
La rivoluzione dei due Amenofi di
creare un dio ecumenico incarnato nel faraone fallì come fallì quella di
Augusto. Fallirono entrambe perché già circolava la religione yahweista con cui
in un modo o nell’altro dovettero fare i conti. Amenofi III forse non ci pensò,
forse lo ritenne il male minore. Amenofi IV non ci stette. Quanto all’impero
romano sappiamo come andò a finire. L’idea dell’imperatore deificato non
funzionò. Inoltre a ciò si aggiunse l’errore di Nerone. Se
Nerone, l’imperatore illuminato (educato da Seneca), non si fosse curato di
politica religiosa e avesse lasciato fare continuando ad occuparsi di poesia,
l’ebraismo sarebbe stato quel che è ora, religione del solo popolo ebreo.
Disgraziatamente tentò il male che allora appariva minore di trasformare l’ebraismo in una
religione più tollerante e filoimperiale, ed è qui che, scippato il progetto
già in avanzato stato di esecuzione al
suo 007 Saul/Paolo, i futuri cristiani
se ne servirono come fondamento del loro successo. Nerone non va biasimato come
persecutore dei cristiani (cosa che mai assolutamente fece, perché i cristiani
ancora non c’erano, e tantomeno incendiò Roma), bensì come colui che gettò le basi della loro nascita, che li creò
(volendo ammorbidire gli ebrei) e li mise sulla buona strada per trionfare. La
vigliaccheria dei cristiani, che non mi stupirà mai dato che li conosco meglio
di quanto loro conoscano se stessi, è che non hanno mai smesso di sputare su colui che li ha messi al mondo.