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L’Apoteosi di Radamanto

ad un secolo dalla scoperta del Disco di Festo

Marco Guido Corsini, 3 Luglio 2008. Tutti i diritti riservati

 

 

(Versione stampabile ad uso strettamente privato. Sono disponibile a tenere lezioni,  conferenze e simili sui miei lavori e in specie sul Disco di Festo. Nessuno dei sedicenti “addetti ai lavori” è autorizzato a  parlare o scrivere dei  miei lavori e in particolare quelli sulla decifrazione del Disco di Festo sostituendosi a me stesso. Se vorrà che sia divulgata la mia opera dovrà invitarmi a farlo personalmente dalla sua cattedra o dalla sua rivista accademica. Sarò grato a chiunque mi dia notizia di eventuali violazioni di questo divieto categorico consentendomi così di adire le vie legali.)

 

Questo lavoro era pronto per la pubblicazione il 1 Giugno, ma nel frattempo il mio computer s’era irrimediabilmente guastato. Devo al sollecito interessamento della Prof.ssa Carmen Marciano e alla  famiglia Di Felice l’aver potuto disporre in tempi brevi del  computer attuale. Un grazie per la consulenza tecnica va anche a Daniele e Ivan Calogero. Nella ragionevole previsione di non riuscire a pubblicare questo lavoro in tempo, avevo pensato di celebrare  il 3 Luglio con   una conferenza  presso un’università romana (La Sapienza,  Tor Vergata) o l’ambasciata greca a Roma o altri,  perfino a Civitavecchia (assessorato alla cultura) dove vivo, ma nessuno degli interpellati ha dato in questo caso (come del resto in  precedenti occasioni) segni di vita. A quanto mi risulta, nemmeno  per il corso di quest’anno, i sedicenti “addetti ai lavori” culturali hanno organizzato una celebrazione per il centenario del ritrovamento del Disco.

 

La sera del 3 Luglio 1908 negli scavi del palazzo di Festo condotti dagli italiani veniva scoperto il celebre Disco. Nel dicembre 1984  trovavo la chiave per entrare  nel documento identificando il nome di quello che era a tutti noto come il re di Festo Radamanto e la collocazione del nome (che appare tre volte) Minosse, ritenuto fino ad allora il re di Cnosso, fratello maggiore di Radamanto.

 

 

Ad un secolo  dal ritrovamento di questo documento eccezionale e dopo ventitre anni e mezzo che lo indago  dall’interno, credo non abbia più  misteri da svelare. Nel lavoro pubblicato immediatamente prima sullo stesso sito internet  (corsinistoria), cui rimando per approfondimenti, ho dato la lettura  estesa (evidentemente sfuggita agli “addetti ai lavori” egittologi) del nome del visir (che da tempo identifico con Minosse) di Tuthmosis IV ed Amenophis III,  comunemente  noto come Yuya, ma in almeno un caso –  su uno “scarabeo del matrimonio” dell’undicesimo anno di Amenophis III che celebra la costruzione di un grande lago artificiale per lo svago della regina Tiye – trascritto come Yuduya (vedi sopra a destra nel particolare ingrandito, da leggersi da destra a sinistra). Lavorando alla revisione della decifrazione della scrittura festia al fine di celebrare il centenario del Disco ho finalmente scoperto il nome esatto di Minosse laddove lo avevo collocato fin dall’inizio, nel dicembre 1984, e cioè  Ehûd-Min (dall’inverso Min-Ehûd sarebbe derivato Minosse),   “Benvoluto da Min”. Anche Yuduya non si legge in effetti così, bensì Ehûduya, perché la “piuma d’uccello” in prima posizione è trascritta come  3“ cioè “a”, analogamente all’ebraico Ahûd, che però, ancor oggi, si legge Ehûd. Quanto al diverso nome teoforico Ehûd-Min o Ehûd-Ya, si spiega col fatto che Yahweh è  raffigurato in Samaria e nel Negev (a Kuntillat Ajrud) come dio-toro guerriero, così come  Min è un dio toro. Come yahwehista, dunque come  proto-greco di stampo acheo-danao cioè ancora come “proto-ebreo” antenato dei  “proto-ebrei” invasori della Palestina nelle vesti di popoli del mare, Minosse non poteva in Egitto, in quanto visir, cioè in veste ufficiale, manifestare apertamente la sua religione straniera (e destabilizzante) se non attraverso il culto del dio solare Aton e del dio toro Min di cui lui e sua moglie Tjuya (Pasiphae, proveniente dalla Colchide e  figlia del Sole) furono sacerdoti. Viceversa in piena libertà  poté manifestare il suo credo nella sua tomba della Valle dei Re a partire dalla sua stessa mummia composta cristianamente ante litteram. Il culto di Aton (derivato dal mitannico disco solare alato) fu introdotto alla  corte tebana proprio per l’influenza dei visir e delle loro figlie  grandi spose reali di origine  mitannica a partire da Mutemuya-Europa la “Fenicia” (della Naharina) figlia di Artatama I-Agenore, moglie di Tuthmosis IV e madre di Amenophis III, che si faceva chiamare  “Disco splendente del Sole” (l’aspetto di disco dorato del supporto dell’Apoteosi come incarnazione di Aton di Amenophis III figlio della vergine  Mutemuya ingravidata da Aton così come Alcmena ingravidata da Zeus sotto l’aspetto di Amphitrione generò Eracle, che pure ebbe la sua apoteosi, conferma la mia interpretazione).  In questo periodo storico che si chiude con l’avvento al potere in Egitto di Amenophis IV figlio di Amenophis III e della regina Tiye, i dinasti di Egitto e Mitanni sono stati militarmente alleati contro i comuni nemici Achei-Danai ed Ittiti, e la loro alleanza siglata da contratti matrimoniali. Il ramo degli onnipotenti visir che danno le loro figlie come grandi spose reali ai faraoni non è meno importante di quello dei faraoni stessi, per il semplice fatto che in Egitto  la grande sposa reale è la titolare  della sovranità che  trasmette al faraone suo sposo. Dunque ne deriva che correttamente la tradizione greca rileva una predominanza di Minosse (visir) su Radamanto (faraone), e del resto è l’operativo visir che entra in maggiore contatto con le terre colonizzate e soggette dell’impero, dove occorre intervenire soprattutto con continui invii di carristi per rintuzzare l’avanzata dei Danai ed Achei che hanno già in mano da tempo (almeno da Amenophis II) Creta settentrionale e gran parte del continente greco. Mentre Tiye, la figlia di  Minosse e Tjuya-Pasiphae, diventa la grande sposa reale di Amenophis III (che nel Disco   è noto con entrambi i nomi nei cartigli di Radamanto, Ra-neb-maet, “Ra è signore della verità”, in A 31, e Amenophis da Amen-hotep – ma deducendo dalla resa greca si supporrebbe meglio un hopet > hophthis > ophis –  “Amon è soddisfatto”, in A 20), Nefertiti-Megare, la figlia di Ay (o Ey)-Deucalione, il visir figlio di Minosse succedutogli nella carica, diventa la grande sposa reale di Amenophis IV, noto come il faraone eretico. In realtà  il primo faraone eretico, seppure in sordina, fu suo padre Amenophis III se non addirittura il padre di questo Tuthmosis IV. Certo Amenophis IV fu colui che portò alle sue estreme conseguenze la rivoluzione atoniana  come se avesse voluto tenere fede ad un legato paterno (il culto dell’Aton altro non era se non il culto di Amenophis III divinizzato come figlio dell’Aton e Aton  egli stesso, e per conseguenza successivamente dello stesso Amenophis IV-Ekhnaton figlio dell’Aton da vivo e Aton dopo morto, e così via, sarebbe stato, di padre in figlio, se la rivoluzione avesse avuto successo), la distruzione dello strapotere del clero di Amon che paralizzava l’autorità del faraone. Disgraziatamente la sostituzione del nuovo culto di  Aton-Yahweh dei Danao-Achei di Mitanni portava al potere una casta religioso-guerriera fanatica e più pericolosa di quella di Amon. Amenophis IV tentò di sostituirvi l’identificazione islamica (Aton è raffigurato aniconico) e pacifista ante litteram di Aton-Eloah/Allah ricorrendo al precedente del culto che i Filistei fin dall’età degli Hyksos, con cui si confondevano,  avevano introdotto ad Eliopoli provenendo ultimamente dalla costa siriana da nord  a sud (dove rimarranno attestati fino alla loro scomparsa assorbiti dalla cultura semitica). I Greci ritenevano che Minosse e Megara fossero greci. Costoro discendevano dal ramo mitannico da cui in origine provengono, a partire da Mutemuya-Europa, le grandi spose reali e i sommi visir che  ricoprono di fatto il ruolo di faraoni. Io sospetto, anche se non ne ho ancora le prove, che Minosse discendesse da Cadmo  (non ancora identificato con un personaggio mitannico noto dall’epigrafia) fratello di Europa. Se la scrittura ufficiale del regno di Mitanni era la cuneiforme, nulla ci vieta di immaginare che in realtà si fosse formata all’interno di questo stato un’élite dominante di proto-greci signori della guerra carristi affini ai Filistei ma abbraccianti il nuovo culto del disco solare Aton-Yahweh guerrierio e che questa, per ragioni di stato, continuasse a comunicare ufficialmente in scrittura cuneiforme, mentre quando aveva  la possibilità di farlo con stati ellenofoni ricorreva volentieri alle scritture che trascrivevano il greco. Così la bellissima Nefertiti, accesa sostenitrice del culto di Aton, sospettata di essere straniera (è sufficiente immaginare che fosse di origine straniera pur essendo nata ed allevata in Egitto, come infatti risulta) sulla base del suo nome (“la bella è arrivata”),   era infatti la greca Megare (figlia del greco Deucalione-Ay, fratello di Tiye e figlio del signore della guerra carrista e yahweista Minosse, discendente dal signore della guerra carrista e yahweista Cadmo originario di Mitanni),  probabile autrice del Disco di Festo impresso coi sacri segni della scrittura filistea (ma è più opportuno definire pelasgica quella occidentale di Festo) elaborati fin dall’età Hyksos nella Naharina, cioè appunto a Mitanni, la regione dei fiumi dell’Alta Siria sotto la protezione di Dagan, che ho scoperto fine 1993-inizio 1994 impresso sotto al “prigioniero” e malamente cancellato.

 

 

Dagan riconduce ai Filistei,  che furono i primi a parlare greco provenendo da oriente, probabilmente dalla Valle dell’Indo, ed in effetti tutto il mondo che ruota intorno al Disco di Festo ci parla dell’arrivo dei parlanti proto-greco in questa regione e dell’interazione fra cultura semitica originaria e cultura protogreca, che porta ad una fusione con prevalenza linguistica greca dei dominatori, che conservano elementi locali, semitici,  anche egizi (introdotti fin da epoca Hyksos, come il serekh corrispondente al segno LAR, larissa, palazzo), in forma più o meno grecizzata. Il sillabario semitico originario fu adottato parzialmente per indicare suoni che si ritrovavano anche in greco e parzialmente adattato con nuovi  segni ai suoni che, inesistenti in semitico erano invece necessari per la trascrizione del greco. Così alcuni segni si leggono acrofonicamente sulla base del semitico ed altri sulla base del greco. Caratteristica importante delle sillabe del sillabario filisteo è che esse si possono leggere in un senso e nel senso inverso, così ad esempio YE, la mano (da semitico  yad), si può leggere all’inverso EY (per trascrivere i nomi di Europa e di Ehûd-Min), e KER, il corno (da semitico kêren), si può leggere all’inverso KRE (per trascrivere  il nome di Creonte). Ho dato nel sillabario pelasgico  i valori più schematici possibile come se ci si trovasse di fronte ad un sillabario tipo  Lineare B, mentre dalla traslitterazione risulta una realtà più complessa e comunque  sicuramente più vicina alla realtà.

 

 

Dal punto di vista cultuale l’Apoteosi ci conferma il culto cretese di una dea Ausonia (nome antico dell’Italia) delle isole dei beati collocate a Occidente (e identificate, come fa Esiodo, nelle isole sacre dei Tirreni, cioè Sardegna, Sicilia e certamente la stessa Penisola ritenuta pure un’isola)  protettrice del palazzo della capitale (della parte centro-meridionale di Creta rimasta sotto gli Egizi e comprendente l’Ida) Festo e il cui tempio è rivolto appunto verso Occidente.

 

 

 

 

 

Come dea dei Campi Elisi è evidentemente una dea nave e lunare al tempo stesso, identificantesi altresì con Ilizia, dea che assiste al parto, e dunque con una Artemide-Ilizia. La stessa dea Artemide-Ilizia,  capra nutrice (Amalthea) di Minosse e, incarnata in Mutemuya-Europa, di Radamanto,  è venerata sotto il nome di Delia e Delia Noda nell’antro dell’Ida, antico Noda. Ancora sotto il nome di Selana (Artemide-Ilizia) dea delle doppie corna e nave del mattino sposa di Ra, cioè del Sole, di cui è evidentemente sorella (Min aveva gli attributi di “toro di sua madre” e di “protettore della luna”), viene cantata dal sacerdote dell’Ida che si accompagna con la cetra a sette corde anche sul sarcofago di Radamanto da Haghia Triada. Conferma viene data anche dell’aspersione dell’albero sacro incarnazione della dea nutrice lunare (affine al sicomoro o meglio ai due sicomori che segnano la porta dell’Oriente da cui il Sole sorge sulla sua nave del mattino dopo essere stato allattato dalla dea nutrice sotto forma di sicomoro) e dell’uccisione del Minotauro, teoricamente un toro di Min, più crudamente un uomo rivestito della pelle taurina che risorgendo farà da cavalcatura celeste al faraone risorto come Aton o disco solare. Ciò è quanto ricavo dall’analisi del Minotauro raffigurato legato sull’altare di pietra davanti all’antro dell’Ida nel sarcofago di Radamanto e che Megara vota alla morte con gesto significativo. I sacrifici umani sono all’ordine del giorno presso i yahweisti – cioè i greci o proto-greci che dir si voglia    adoratori di un dio che ha le due facce di Dioniso e Apollo, signore della guerra, della pestilenza, della morte e della rinascita come Resheph e Yahweh (Giavè/Giove/Zeus/Dioniso ecc., tutti connessi fra loro) zebaoth.

 

 

Un sacerdote di nome Benapros (“Figlio del cinghiale”, il cinghiale essendo  certamente un’incarnazione di Yahweh, come si ricava dal pithos funerario (vedi sopra) di Kuntillat Ajrud e dal mito di Odisseo e il cinghiale del Parnaso, e probabilmente per questo detestato dagli islamici seguaci di Eloah Allah) dipinge di rosso la pietra che chiude l’ingresso all’antro coi potenti segni della dea e dunque, stando alla raffigurazione sul sarcofago di Radamanto, verisimilmente coi segni spiraliformi della morte e della rinascita che si ripetono sul Disco come traccia entro cui vengono impressi i segni su un lato e sull’altro. Se il Disco fu conservato nell’archivio palatino dove poi fu rinvenuto, il sarcofago di Radamanto (senza ovviamente la sua mummia, sepolta a Tebe Ovest nella Valle delle Scimmie) fu invece deposto all’interno dell’Antro dell’Ida e depredato del suo contenuto dagli Achei-Danai invasori. Poi riutilizzato come sepoltura da un notabile di Haghia Triada ritornata in mano a dinastie locali che si richiamavano all’antica dominazione egizia.

 

Lato A: 1 me-gi-sta 2 da-mar 3 la-pro-i-phi-bi-ti-si 4 me-gi-sta 5 I-so-nya 6 da-mar-ti-si 7 ti-ker-yon 8 so-tei-ra-ki 9 bi-ra-phe-to-bi-ti-si 10 Kre-yon-ti-si 11 MEGA-ri 12 ra-na-sta-nei-phi-si 13 Kre-yon-ti-si 14 nai-dyo 15 la-pro-i-phi-bi-ti-si 16 Kre-yon-ti-si 17 MEGA-ri  18 ra-na-sta-nei-phi-si 19 di-ko 20 Me-na-pe-ti-si 21 dei-mon-wi-DRIS 22 i-so-wi-ti-si 23 i-ke-yon 24 [pa]-ra-ki-ti-si 25 Ey-ro-pi 26 ti-dei-ya-phi 27 dyo-mo-ni-ti-si 28 ste-no-NODA 29 Deil-ya-NODA 30 ti-mno-wo 31 Ra-da-man-ti-si. //  B: 1 Deil-ya 2 nea-nya-ste-no 3 dei-nya-i-ki-si 4 dei-ra-kro-ta-go 5 Ey-de-mi-no-o 6 wo-ra-nya-THĒLEIA 7 Deil-ya-THĒLEIA 8 i-ra-THĒLEIA 9 nea-nya-ste-phy 10 Ey-de-my-no-o 11 Deil-ya-NODA 12 ma-ye-no 13 Ey-de-mi-no 14 MEGALĒN-phi-goSYRIAN  15 dyo-kro-pher-i-ki 16 MEGALOIN-dyo-no  17 ra-to-sa 18 i-re-wo-WOIKOUNODAS 19 da-me-nei-phi 20 mon-min-TAURON-si 21 i-mno-wo-dei 22 nei-a-pro-o 23 Ra-da-mar-de-gar 24 dyo-kro-da-mar 25 Se-ra-na-sa 26 ti-re-wo-dyo 27 phi-nei-o 28 Ba-na-pro-si 29 i-dei-ya-phi 30 dei-mon-o-ti-si. MGCorsini,1 Giugno 2008, tutti i diritti riservati.

Πλευρ Α: Μεγίστη δάμαρ  λαμπροῖjι βῆJης, μεγίστη  <Α>ὐσονία, δάμαρ  τ᾽ᾖς  τυχηρῶν, σώτειρα κὴ βίρας Φαιστοῦ βῆJης. Κρειοντὶς Μεγάρη ῾ρ᾽ἀναστάνειjι σοὶ, Κρειοντὶς ναΐδιῳ λαμπροῖjι βῆJης, Κρειοντὶς Μεγάρη ῾ρ᾽ἀναστάνειjι σοὶ δίσκον. <Ἀ>μενώjις, δημῶν Ϝίδρις ἰσοἦJυς οἰκεῖων, j]ραχJεὶς Εὐρώπῃ τιτJεαjι, δι᾽ ὁμονοηJεὶς σJενὼ Νóδᾳ, Δῆλιᾳ Νóδᾳ, Jμενος ὁ ῾ΡαδάμανJυς. // B: Δῆλια νεανιασJενὼ, δεινὴ αἴξ  δ᾽εὐρ<υ>ἀκροταγοῦ Εὒδ-Μίνω, οὐρανία Jήλει, Δῆλι  Jήλει,    ἱρὰ  Jήλει   νεανιασJέ<νο>jι Εὒδ-Μίνω. Δῆλια Νóδᾳ μαιεύνος  Εὒδ-Μίνος. Μεγάλην jηγὸν Συραν   δυοκροαϕέρηκην μεγάλοιν δυον ῾ραντοῦσαν, ἱρέϜος οἶκου) ἄντρου Νóδας δαμνᾷjι μόνον Μινταῦρον σοὶ, ὕμνο<ν >Ϝoίδει νῆα  πρῷου Ῥὰ δάμαρ,  δὲ γάρ δυοκροαδάμαρ<τος>  Σελάνας. Θύρην ὁδοῖο ϕοίνει Βενάπρος εἰδείαjι δεῖμου τ᾽ᾖς . MGCorsini, 1 Giugno 2008, tutti i diritti riservati.

 

Traduzione in italiano. Lato A: Altissima signora del palazzo degli illustri, altissima  <A>usonia, signora dei beati  e protettrice del palazzo della capitale Festo, la figlia di Creonte Megare  vi  Ti colloca, la figlia di Creonte, nel sacello del palazzo degli illustri, la figlia di Creonte Megare vi Ti colloca il disco. Amenophis, esperto degli ordinamenti sia pubblici che privati,  è stato affidato in allattamento ad Europa e perciò associato alla forte Noda, a Delia-Noda, il celebrato Radamanto.  //  B: A Delia forza della gioventù, potente capra del  sommo visir Ehûd-Min, alla celeste nutrice, a Delia nutrice,  santa nutrice del vigore giovanile di Ehûd-Min, Ehûd-Min che Delia Noda ha aiutato a partorire. Essendo stata aspersa ai due grandi (i. e. Radamanto e Minosse) la grande quercia (siria) sorretta dalle doppie corna, il sacerdote (della grotta) dell’Ida vi Ti uccide  un toro Min (Minotauro) e intona un inno alla nave del mattino “la sposa di Ra”, cioè (alla nave) della signora delle doppie corna Selene. Infine Benapros dipinge (di rosso) la pietra d’ingresso (all’antro dell’Ida) coi segni della tua grande potenza. MGCorsini, 1 Giugno 2008, tutti i diritti riservati.

 

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