VIGNETTE SU MAOMETTO

Nel settembre 2005 alcuni vignettisti danesi e norvegesi creano alcune vignette satiriche su Maometto. Tanto basta per scatenare una vera e propria guerra santa di tutto il mondo islamico contro l’odiato occidente. Oceaniche manifestazioni di piazza, proteste ufficiali da parte dei governi islamici (con tanto di ritiro degli ambasciatori), negozi ed ambasciate occidentali dati alle fiamme e molti cristiani ammazzati. Tra questi anche Don Santoro, assassinato in Turchia, sull’altare mentre prega, al grido di “Allah è grande !”. Se è vero che sbagliato urtare la sensibilità religiosa di chiunque con delle vignette satiriche, è ancor più vero, però, che la reazione del mondo islamico dimostra per l’ennesima volta quanto violenza ed intolleranza siano ancora troppo diffusi.

Riproponiamo alcuni articoli apparsi sulla stampa, che danno la misura della gravità di quanto accaduto.
11/03/2006


L'Occidente ha un nemico in casa: la paura

La via della riscossa intellettuale e della rinascita civile è possibile laddove gli occidentali e i musulmani riscoprono la centralità della persona facendo prevalere i valori della vita. Grazie Jaques Lefranc. Grazie Robert Menard. Grazie Jihad Momani. Grazie Maha Al Sharif. Con il loro coraggio i direttori del quotidiano francese France Soir , di Reporters sans frontieres, dei settimanali giordani Shehane e The Star , hanno aperto una breccia di luce e lasciato trasparire un barlume di speranza nella crisi delle menti e dei valori che si è avviluppata nelle tristemente note «vignette sataniche».

Si è trattato di un soffio d'aria pura nel clima avvelenato che pervade un mondo islamico che riscopre la sua unità nella logica delle intimidazioni, nella cultura dell'odio e nella pratica del terrorismo. Con a fronte un Occidente rimpicciolito più che mai da una paura che dopo essersi impossessata degli animi viene assurta a ideologia di Stato, forgiando l'attività dei governi e paralizzando l'iniziativa della società civile. Se dovessimo oggi fissare l'immagine del tanto paventato «scontro di civiltà», ebbene dovremmo prendere atto che l'Occidente è costretto sulla difensiva non solo nei confronti del «nemico» esterno, ma soprattutto del «nemico» più insidioso, quello che si annida e cresce al proprio interno. Stiamo parlando delle organizzazioni integraliste ed estremiste islamiche che, dai pulpiti delle moschee trasformate in centri di indottrinamento ideologico, hanno promosso una strategia di sottomissione delle comunità immigrate musulmane sfruttando abilmente l'ingenuità e la collusione degli europei.

Coordinate da veri e propri centri di comando, tra cui spicca la «Unione internazionale degli ulema» con sede a Dublino, capeggiata guarda caso dal noto telepredicatore della tv Al Jazeera , lo sheikh Youssef Qaradawi. Il referente spirituale e giuridico dell'insieme dei Fratelli musulmani in Europa, posto anche alla guida del «Consiglio europeo della fatwa e della ricerca», anch'esso con sede a Dublino. Tra i 300 membri della «Unione internazionale degli ulema» figurano il mufti di Gerusalemme, Ikrima Sabri, e il presidente della «Associazione degli ulema musulmani dell'Iraq», Haris al Dhari. Tutta gente che, come hanno esplicitato in un comunicato del 19 novembre 2004, hanno legittimato «la resistenza, dentro e fuori l'Iraq, fino alla liberazione dell'Iraq», specificando che «è jihad difensivo che non necessita di un comando generale e che comporta l'obbligo della partecipazione di tutti». Tutta gente che plaude agli attentati terroristici suicidi che massacrano gli israeliani o gli occidentali in Iraq. Tutta gente che impartisce gli ordini dall'Europa, come quello che annuncia per oggi una «Giornata mondiale dell'ira» contro la pubblicazione delle vignette raffiguranti il profeta Mohammad (Maometto).

Eppure Qaradawi e i suoi Fratelli musulmani dovrebbero sapere che la raffigurazione del profeta è sempre avvenuta nel corso della storia islamica. Se proprio non lo sapessero, vadano nel sito degli islamici riformatori e liberali www.muslimwakeup.com e nel forum troveranno un link che rimanda a una voluminosa raccolti di ritratti su tela e in miniatura, nonché vignette satiriche sul profeta. A parte ciò, anche qualora i musulmani non dovessero ritrarre il loro profeta, perché mai dovrebbe essere vietato a un non musulmano? Infine per quale ragione ai musulmani è ampiamente concesso ritrarre vignette offensive dei cristiani e degli ebrei, senza che sia stata proclamata alcuna «guerra santa» contro l'insieme dell'islam, mentre tutto il mondo sarebbe tenuto a un particolare riguardo nei confronti della sensibilità dei musulmani? Addirittura, con una sconcertante logica, il ministro dell'Interno saudita ha ieri reiterato la richiesta di una condanna da parte del Vaticano. Ma l'Arabia Saudita si è mai scusata con il Vaticano per i tanti cristiani che sono stati sgozzati in Iraq, massacrati nel Sudan, perseguitati ovunque nei Paesi musulmani ?Noi siamo grati ai giornalisti francesi e giordani perché hanno dimostrato nei fatti di avere a cuore, al di là delle loro fedi o idee, una comune civiltà umana fatta di amore o di vita.
Magdi Allam, Corriere.it
03 febbraio 2006

Il Vescovo Fisichella: «Inaccettabile il silenzio. E' in gioco la libertà di tutti»

Proteste islamiche nel mondo, cristiani e chiese nel mirino

ROMA — «Non è in gioco soltanto la sorte delle minoranze cristiane che vivono nel mondo musulmano, ma la libertà d'ognuno, i suoi modi di esercizio e la civiltà dei rapporti internazionali. Di fronte a questa posta in gioco non è accettabile l'attuale silenzio degli Stati e degli organismi internazionali: tocca a loro dare concretezza al principio di reciprocità. Che cosa stanno facendo la Lega Araba, l'Unione Europea, le Nazioni Unite?». Così si interroga il vescovo Rino Fisichella, ausiliare a Roma del cardinale Ruini e rettore dell'Università Lateranense.

Non si parla solo delle comunità cristiane che vivono nel mondo musulmano, ma la libertà d'ognuno, i suoi modi di esercizio e la civiltà dei rapporti internazionali. Di fronte a questa posta in gioco non è accettabile l'attuale silenzio degli Stati e degli organismi internazionali: tocca a loro dare concretezza al principio di reciprocità. Che cosa stanno facendo la Lega Araba, l'Unione Europea, le Nazioni Unite?». Così si interroga il vescovo Rino Fisichella, ausiliare a Roma del cardinale Ruini e rettore dell'Università Lateranense.

Eccellenza, i cristiani sono sotto tiro. Come reagisce la Chiesa cattolica?
«Per la Chiesa la situazione non è nuova e non sarà nuova neanche la sua reazione: i cristiani hanno avuto un'esperienza continuata di martirio in duemila anni. Insieme agli ebrei il nazismo riempì di cattolici e protestanti i campi di sterminio e i gulag sovietici rigurgitavano di ortodossi. Almeno settemila sono stati i martiri della guerra civile spagnola. Anche nel rapporto con l'Islam non sono mai mancati i martiri cristiani».
Le manifestazioni che agitano in queste settimane le capitali di tanti Paesi musulmani costituiscono però una novità...
«In questi fatti si evidenzia la difficoltà che incontrano le società musulmane ad accettare il principio della libertà religiosa, che per noi è acquisito. Non si capisce perché queste società abbiano paura della libertà e perché temano i cristiani, che predicano la fraternità e il perdono».
Forse temono la supremazia dell'Occidente, più che il cristianesimo; di quell'Occidente da cui sono arrivate a loro continue provocazioni, fino a quella delle vignette...
«Non si possono mettere sullo stesso piano una vignetta e l'uccisione di un prete! Guardando al modo delle violenze a cui stiamo assistendo e alla loro continuità nei giorni, chiaramente organizzata, non si possono non avere profonde perplessità. La provocazione fu irresponsabile, ma questa violenza non può essere intesa né come una sua conseguenza, né come una reazione proporzionata a essa».
Qualcosa forse si spiega se teniamo conto che in quei Paesi i cristiani vengono confusi con gli occidentali...
«Così si potrà magari spiegare la reazione dei singoli, più o meno consapevoli o strumentalizzati dai gruppi violenti, ma non certo l'atteggiamento dei responsabili di quelle società, a partire dalle autorità statuali, che hanno il dovere di garantire parità di trattamento a tutti i cittadini e che ben sanno come i cristiani svolgano in quei Paesi un'azione pilota in materia di convivenza pacifica, accoglienza gratuita e rispetto per tutti».
Che fare, di fronte a questa emergenza?
«Abbandonare la via del silenzio diplomatico, che non è più sostenibile. Esigere dai governi di tutto il mondo che escano dalla neutralità. Fare pressione sulle organizzazioni internazionali perché pongano le società e gli Stati dei Paesi a maggioranza musulmana davanti alle loro responsabilità».
L'Italia, per esempio, ha delle responsabilità?
«Alla pari con gli altri Paesi europei. Chi ha responsabilità politiche, diplomatiche ed economiche in qualsiasi Paese dovrebbe abbandonare l'attuale miope neutralità e porre con forza l'esigenza che venga rispettato il principio di reciprocità: come noi tuteliamo le minoranze musulmane, così i Paesi a maggioranza musulmana hanno il dovere di tutelare le minoranze cristiane».
Quando parla di organizzazioni internazionali, a chi pensa?
«Alla Lega Araba innanzitutto, che dovrebbe esercitare un ruolo di stimolo, in questa materia, per tutti i Paesi aderenti. E poi all'Unione Europea e alle Nazioni Unite: se non è possibile agire, almeno si parli, si eserciti il giudizio sugli avvenimenti. Non è possibile che la questione venga trattata soltanto dalla stampa libera e soltanto da parte di essa si tenti di portare un giudizio. Ero ieri a Firenze con il presidente del Senato Marcello Pera, a presentare un libro del cardinale Ratzinger sull'Europa e si parlava della sfida in atto su questa frontiera, ma in generale nel nostro mondo politico l'argomento viene eluso. C'è in giro una vistosa mancanza di lungimiranza per il futuro del mondo».

«Vogliono imporre la legge islamica all’Occidente. Se cedete, per voi è la fine»

Pubblichiamo l’interessante intervista ad Hamadi Redissi, intellettuale musulmano non rassegnato allo scontro di civiltà fomentato dagli integralisti islamici.

da IlGiornale.it dell’8/2/2006

“Sono molto preoccupato. La protesta del mondo islamico contro le caricature lascerà tracce durature sia nelle relazioni internazionali, sia nel confronto tra le culture”. È inusuale che Hamadi Redissi sia così cupo. Docente di Scienze politiche all'Università di Tunisi, è un intellettuale che non ha mai risparmiato critiche, talvolta durissime, nei confronti dell'Islam e dei fondamentalisti, ma che ha sempre mantenuto una visione fiduciosa del futuro dei Paesi musulmani; perlomeno una speranza.

Professor Redissi, perché oggi è tanto inquieto?
«Perché sono meravigliato dall'ampiezza della reazione islamica. Non sono solo gli imam oltranizisti e qualche migliaio di persone per strada a protestare contro le vignette, ma anche governi e istituzioni islamiche, che fomentano l'indignazione».
Un caso montato?
«Sì. Le vignette sono state pubblicate il 25 settembre, e da allora alcuni imam danesi si sono prodigati per suscitare la protesta dei musulmani, compiendo viaggi nei Paesi islamici e avvalendosi di Internet.Io non credo che le proteste violente siano state pianificate da un “grande vecchio”, ma, da musulmano, ho l'impressione che ci sia qualcuno che verifica quel che viene scritto sull'Islam ovunque nel mondo, e arbitrariamente riesce a creare un caso, anche a distanza di mesi».
Che conseguenze ci saranno sulla libertà religiosa?
«Molto serie, soprattutto per voi occidentali. Che ai musulmani sia vietato offendere il Profeta è in fondo comprensibile, ma in questo caso si cerca di estendere questa proibizione anche a voi. È questa la differenza tra il caso Rushdie e quello delle vignette: Salman Rushdie, lo scrittore condannato a morte dagli iraniani per apostasia, è un musulmano, ma il giornale danese che ha pubblicato le caricature no. È come se stessero tentando di imporre una Shaaria al mondo».
E l'Occidente che cosa deve fare?
«Non dovete rinunciare alla libertà religiosa e di critica. Se cedete è finita: qualunque pretesa diventerà plausibile. Non ci sarà più alcun limite».
Insomma, lei teme una spaccatura ancora più marcata tra Islam e Occidente...
«Sì. L'immagine dell'Islam che si propaga nel mondo in questi giorni non fa che rafforzare la diffidenza e il rancore. È come se ci fossero due mondi: quello islamico continua a non capire che cosa significhi la libertà religiosa, e questo nonostante la tv e i film americani ed europei, che sono visti anche qui, ce lo illustrino ogni giorno. Pretendono che un governo, quello danese, censuri un giornale, come si fa nei Paesi musulmani. Non capiscono che i quotidiani europei scrivono quel che pensano, non quel che il governo comanda loro».
Questo equivale a uno scontro di civiltà?
«No, perché non si può ridurre l'Islam a questo. Oggi in realtà c'è un confronto tra una realtà islamica dove sono marcate le tendenze oscurantiste e la parte più progredita del mondo, che invece ha superato questa fase grazie all'Illuminismo. È questa la chiave di lettura più appropriata».
Quando finiranno le proteste violente?
«Credo tra non molto, perché i governi e i leader religiosi cominciano a essere spaventati dalle pulsioni che loro stessi hanno incoraggiato, o che perlomeno hanno tollerato. I governi hanno affrontato questa crisi in modo diverso: alcuni, come l'Arabia Saudita, hanno dato fuoco alle polveri; altri hanno manipolato le folle con fini politici; la maggior parte ha cavalcato l'onda. Ma ora i regimi temono di perdere il controllo della situazione e tenderanno perlomeno a mettere a freno le folle. Loro sanno come fare. Le violenze cesseranno, non i danni provocati da questa vicenda».
Perché si stenta a udire la voce dell'Islam moderato?
«Perché l'Islam moderato è rappresentato da ricercatori e intellettuali che non hanno la possibilità di influire sull'opinione pubblica araba, che invece è condizionata dagli imam e dai governi. Il peso dell'ignoranza è enorme, incide molto di più qui che in Occidente».





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