L’Islam condanna la violenza? Talvolta è solo opportunismo

di Samir Khalil Samir, gesuita

L’Islam è davvero “pace e tolleranza”?

Le reazioni islamiche agli attentati terroristi sono un po’ goliardiche, sentimentali e opportuniste. Di fronte alla violenza esercitata da qualche musulmano, il mondo islamico non segue dei principi chiari, si paralizza, non sa che dire o che fare, oppure si contraddice. Magari dirà – come è avvenuto – che queste violenze “non sono Islam”, che “l’Islam è pace e tolleranza”. Ma questo sappiamo che non è vero: l’Islam può essere anche violento, perché la fede è mescolata alla politica fin dentro il Libro sacro. Dire che l’Islam è una religione della pace significa non essere andati ancora a fondo di una riflessione sulla legittimità o meno della violenza.

Per questo io trovo che le condanne (del terrorismo da parte di esponenti musulmani, ndr) – che tanto dispiacciono ad al Zawahiri – sono spesso soltanto un gesto di opportunismo politico, più che la convinzione profonda e assoluta della malvagità fondamentale del terrorismo. Quando sentiamo “l’Islam è pace”, non abbiamo davanti dei pacifisti islamici, ma degli opportunisti che temono la forte reazione anti-islamica dell’Occidente. Attualmente i musulmani sono preoccupati della diffusa islamofobia e per questo si affrettano a condannare gli atti terroristi, ma lo fanno per proteggere l’Islam stesso e domani, quegli stessi che oggi parlano, potrebbero tacere di fronte ad altri misfatti.

I nostri fratelli musulmani non si accorgono che l’islamofobia nasce proprio da questo atteggiamento ambiguo del mondo islamico che a scatola chiusa difende la politica dei musulmani e trova sempre nell’Occidente qualcosa da condannare.

Occorre che il mondo islamico superi anche l’amore del correligionario in nome di alcuni principi. Anche per me è lo stesso: l’amore alla Chiesa non può oscurare l’amore alla verità o alla giustizia. È necessario che anche l’Islam impari a condannare le proprie devianze, a fare la sua autocritica. Ma manca il coraggio di farlo. Al Zawahiri si lamenta del troppo chiasso fatto dagli studiosi islamici. Ma quando gli intellettuali musulmani intervengono a condannare senza mezzi termini la violenza? Quasi mai.

La radice della violenza: mescolare religione e politica

Ma bisogna avere il coraggio di dire che la radice della violenza nell’Islam è la mescolanza fra politica e religione. Questo intreccio spiega perché il mondo musulmano, in nome dell’Islam, difende il terrorismo palestinese: questa è la più grande violenza che si possa fare contro la Palestina, perchè rende sempre più difficile la soluzione del problema palestinese.

Va detto per inciso che è inaccettabile anche una difesa di Israele a partire dalla religione o dalla Bibbia; o una difesa delle violenze dei cristiani a partire dalla fede.

È necessario aiutare l’Islam a separare la religione e la politica. E l’Occidente può farlo frenando tutte quelle richieste islamiche fondamentaliste che si fanno in Europa sul velo, la carne halal (lecita), la libertà di insegnamento islamico e la libertà delle moschee. Tutte queste richieste sono infatti delle richieste politiche, con un’apparenza religiosa. Dietro la richiesta di libertà di portare il velo vi è una rivendicazione politica. Portare il velo è un segno di affermazione di identità islamica per dire: noi siamo qui, siamo visibili, siamo forti, guardate ! Ciò non nega che ci sia anche un vero sentimento religioso o une reazione sincera contro la troppa libertà di costumi dell’Occidente.

Questo comportamento spinge i fedeli ad esigere un elemento distintivo della religione, per fare pressioni in senso politico sui governi. Di fatto queste richieste sono una specie di terrorismo, una forma di terrorismo culturale di una parte dei cittadini per ottenere una islamizzazione culturale della gente.

Dopo gli attentati di Londra il governo britannico e in parte anche quello italiano, hanno posto dei limiti e dei controlli all’insegnamento islamico e alla vita delle moschee. Tutto ciò è molto positivo perché il fondamentalismo nasce proprio dalle scuole e dalla predicazione nelle moschee.

L’Occidente ha spesso fatto un errore fatale, credendo che la moschea sia solo un luogo religioso, come una chiesa. In realtà la moschea è anche un luogo dove si fa politica, si discutono problemi, ecc: è una specie di agorà della comunità islamica. Per questo è necessario controllare che in questi luoghi non si inneggi alla violenza e all’indottrinamento fanatico. La storia ci dice che il terrorismo parte sempre dalle moschee: l’Intifada è nata dalla moschea di Al Aqsa; le guerre sono partite dalle moschee al venerdì. Per questo è ragionevole controllare gli insegnamenti che si fanno in questi luoghi, dove in nome dell’Islam si creano in realtà delle trame politiche pericolose. Tale controllo, del resto, esiste in tutti i paesi musulmani.
1/10/2005

da Asianews.it

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