I diritti umani nella società musulmana

Dopo la dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo (vedi sotto), dove i diritti fondamentali della persona come libertà di opinione, il diritto alla vita, ecc. sono strettamente vincolati al rispetto della Sharia, ora i paesi musulmani emanano un altro documento sui diritti civili che, purtroppo, conferma questa linea. La “Carta Araba dei diritti dell'uomo”, infatti, conferma sostanzialmente l’obbligo, per i musulmani, del rispetto della Sharia, con lapidazioni ed amputazioni annesse e connesse, dimostrando una volta di più il solco che separa il modello sociale occidentale da quello musulmano.

La Carta Araba dei diritti umani: il primato di etnia e religione

di Maurizio De Santis, tratto da www.giustiziagiusta.info

Il 24 gennaio 2008, la Carta Araba dei diritti dell'uomo è finalmente entrata in vigore, in virtù della ratifica compiuta dagli ultimi sette Stati membri della Lega Araba (Giordania, Bahrein, Libia, Algeria, Emirati Arabi Uniti, Palestina, Yemen). Questo testo ambisce, senza mezzi termini, a diventare nuovo strumento disciplinante i diritti dell'uomo in termini etnici e religiosi.
E la cosa, a ben vedere, non induce ad esultanza.

Redatto per la prima volta nel 1994 (preambolo e 43 articoli), ha successivamente subito una prima revisione nel 2003, per poi essere finalmente proposto per le ratifiche dalla Lega Araba nel gennaio 2004.
Con questa entrata in vigore, la Carta ha dato luogo ha numerose reazioni, soprattutto a causa del controverso articolo 2-c, che equipara il sionismo al razzismo. In questo, va ricordato, la Carta Araba contravviene alla risoluzione 46/86 dell'Assemblea generale, che respinge l'idea che il sionismo sia una forma di razzismo e di discriminazione razziale. Ma, non paghi di questa discrepanza, i paesi arabi hanno pensato bene di inserire questa discutibile disposizione anche nel preambolo.
Ma l'articolo 2-c non è il solo neo.
Il testo è, difatti, permeato da una costante ambiguità in tutti i 53 articoli (più preambolo) che lo compongono.

V'è una continua tensione fra desiderio di coniugare la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948) e gli inconciliabili enunciati della Sharia, passando per un'improbabile mediazione giuridica con la Dichiarazione dei diritti dell'uomo dell'islam (Il Cairo 1990) (anch’essa vincolata al rispetto della sharia, ndr).
E' un tripudio di norme volte a legittimare "la diversità" dell'arabo, in quanto tale, dal resto del mondo. Ed è un documento doppiamente importante: perché ambisce a normare la "razza araba" ed i musulmani per eccellenza.
Fosse partorita dal parlamento europeo una carta del genere, magari basata cristianità e razza bianca, la sinistra planetaria ringhierebbe al razzismo più becero. Ma tant'è. Siccome è "araba", trattasi di rivendicazione culturale….

La Carta, manco a dirlo, rimanda sovente alla legislazione interna dei paesi firmatari. Il che equivale ad affidare i diritti dei singoli alla Sharia, con tanti saluti agli arabi cristiani (che sono in via di estinzione, per carità, ma esistono…) o non credenti. Il testo, oltretutto, discrimina nei diritti garantiti fra chi ha cittadinanza e chi non l'ha. E non parliamo di soli diritti politici, ma anche sociali, economici e culturali.
Questa distinzione operata dalla Carta Araba sui diritti dell'uomo è inquietante, proprio perché garantisce soltanto ai figli con cittadinanza il diritto all'istruzione primaria obbligatoria e gratuita (articolo 41).
In ciò la Carta Araba contravviene ampiamente ad un'altra dichiarazione (e due!): la Convenzione per i diritti del bambino (art. 2) che, a tal proposito, non fa distinzione alcuna fra chi ha cittadinanza o meno.
Solo chi ha cittadinanza ha diritto alla libertà di riunione (articolo 24), al lavoro (articolo 34) alla sicurezza sociale (articolo 36), alla salute (articolo 39).
Quasi d'obbligo la discriminazione tra uomo e donna. Infatti, mentre l'articolo 3 della Carta declama il principio di non discriminazione sessuale, il capoverso "c" dello stesso articolo enuncia un principio che lascia parecchio dubitare dell'impianto dello stesso articolo: "L'uomo e la donna sono uguali sul piano della dignità umana, dei diritti e dei doveri nel quadro della discriminazione positiva istituita a profitto della donna dalla Sharia islamica e le altre leggi divine e le legislazioni e gli strumenti internazionali".

Persino il meccanismo di controllo della Carta Africana dei diritti dell'uomo e dei popoli è più sviluppato rispetto a quello della Carta Araba.
Perché la necessità di una carta squisitamente "etnica" dei diritti umani? Non era forse più semplice aderire alla dichiarazione universale?
La Lega Araba, con l'aiuto non disinteressato degli Stati aderenti alla Conferenza Islamica, ha voluto perseguire due obiettivi distinti.
Il primo strettamente religioso e culturale. Ribadire che la Sharia, la legge di Dio dei musulmani, non è in contraddizione con il diritto internazionale. Il secondo, marcatamente politico. La questione del sionismo è un problema intrinseco alla regione. Gli stati arabi (e, dunque, il resto del pianeta) non possono ignorarlo.
Resta, comunque, legittima una domanda. E cioè: quando mai un Saudita, un Egiziano o un Tunisino, soprattutto se donna o minore, potranno essere protetti da questa Carta?

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Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo

Nel 1981, a Parigi, il Consiglio islamico d’Europa procedette alla stesura della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo”, in linea con la religione islamica. Riportiamo alcuni articoli, che dimostrano come i diritti dell’essere umano come noi li immaginiamo sono diversamente interpretati nell’Islam, dove tutto deve sottostare alla Shari’a.

In particolare ci preme porre l’attenzione sull'art. 4 (non che gli altri siano meno interessanti…), dove si dichiara che nessun musulmano può essere costretto a rispettare leggi che vìolino la Legge Islamica (la Shari’a); questo articolo assume una valenza particolare quando si parla di integrazione dei musulmani nella ns. società.

Art. 1 - Il diritto alla vita

La vita è sacra, eccetto che la shari'a consenta di toglierla. E’ consentito uccidere chi sparge “la corruzione”.

Art. 2 - Il diritto alla libertà

La libertà personale è garantita, ma va ristretta e limitata nei casi previsti dalla shari'a.

Art. 4 - Il diritto alla giustizia

Ogni individuo ha diritto ad essere processato in base alla shari'a e ad esigere che essa gli venga applicata con esclusione di altre leggi. Nessuno ha il diritto di costringere un musulmano ad obbedire ad una legge che sia contraria alla Legge islamica

Art. 12 - Il diritto alla libertà di pensiero, di fede e di parola

Il diritto alla libertà di pensiero, fede e parola è garantito entro i limiti previsti dalla shari'a.



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