Pakistan, la legge sulla blasfemia

Ovvero punire con la morte o l’ergastolo chi offende il Corano o Maometto

La Sezione 295 B e C del Codice penale pakistano punisce con l’ergastolo o la pena di morte chi profana il Corano e diffama il profeta Maometto. Introdotta nel 1986 dal dittatore Zia-ul-Haq per farsi apprezzare dall’ala fondamentalista del Paese, è diventata uno strumento per perseguitare minoranze religiose e gli stessi musulmani. Quasi 1000 persone incriminate, centinaia le vittime.

tratto da Asianews.it del 29/10/2009

Islamabad (AsiaNews) – La legge sulla blasfemia è il peggior strumento di repressione religiosa in Pakistan: secondo dati della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Chiesa cattolica (Ncjp), dal 1986 all’agosto del 2009 almeno 964 persone sono state incriminate per aver profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto. Fra questi 479 erano musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e altri 10 di altre religioni. Essa costituisce anche un pretesto per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali: 33 in tutto, compiuti da singoli o folle inferocite.

Dal 2001 a oggi, sempre secondo Ncjp, almeno 50 cristiani sono stati uccisi utilizzando come pretesto la legge sulla blasfemia. A questi si aggiungono quelli delle altre minoranze religiose del Paese, oggetto di violenze da parte di estremisti musulmani che, in alcuni casi, finiscono per colpire anche i fedeli dell’islam. La comunità ahmadi, confessione di ispirazione musulmana che non riconosce Maometto come ultimo profeta, considerata per questo eretica da sunniti e sciiti, dichiara che nel 2009 sono stati uccisi almeno 12 fedeli. Dal 1984 a oggi sono morti 107 ahmadi, 719 sono stati arrestati.

La legge sulla blasfemia è stata introdotta nel 1986 dal dittatore pakistano Zia-ul-Haq per difendere da offese e ingiurie l’islam ed il suo Profeta, Maometto, ed è ormai diventata uno strumento di discriminazioni e violenze. La norma è prevista alla sezione 295, comma B e C, del Codice penale pakistano e punisce con l’ergastolo chi offende il Corano; essa prevede anche la condanna a morte per chi insulta il profeta Maometto. Le accuse a carico dei – presunti – blasfemi sono spesso false o motivate da interessi meschini, generano scandali e spingono folle inferocite a farsi giustizia. Anche se arrestati in base all’accusa di un solo testimone, i malcapitati rischiano violenze e torture dalla polizia.

Diversi giudici – su pressione delle folle, aizzate dai locali mullah – hanno comminato la pena di morte anche senza alcuna prova contro gli accusati. Insieme con le ordinanze Hudood – regole strette di diritto penale che, basate sul Corano, puniscono anche con la flagellazione e la lapidazione i comportamenti incompatibili con la legge islamica come adulterio, gioco d’azzardo, uso di alcol – la legge sulla blasfemia fornisce l’esempio di una legislazione fra le più settarie e fondamentaliste, oltre che essere un modo per procedere verso la radicale islamizzazione del Paese.

Ecco, di seguito, alcuni casi di persone uccise a causa della legge sulla blasfemia in Pakistan.

Nel luglio 2009 Rao Zafar Iqbal, attivista pakistano di religione indù e avvocato per i diritti umani, riceve minacce di morte per il suo lavoro a difesa delle minoranze. Le missive provengono dal Jan Nisaran-e-Nabuwat e dal Aqeeda-e-Tahafuz-e-Kathme Nabuwat. L’attivista si reca alla polizia per sporgere denuncia, ma gli agenti non vogliono aprire un’indagine. Poco dopo, un sicario lo fredda a colpi di pistola. Il 4 agosto il quotidiano Daily Pavel pubblica un riquadro in cui si dichiara la “legittimità” dell’assassinio di Rao Zafar Iqbal, perché la sua morte “è un servizio all’islam”.

Samuel Masih è stato ucciso da un agente di polizia nel maggio del 2004, mentre era ricoverato in un ospedale di Lahore. Il 23 agosto 2003 era stato incriminato in base al primo comma dell’articolo 295 del codice penale pakistano, che prevede al massimo due anni di carcere. Secondo la denuncia egli avrebbe sporcato il muro di una moschea. Malato di tubercolosi, era entrato all’ospedale Gulab Devi il 21 maggio 2004. La mattina seguente Farad Ali, agente al quale era stato affidato l’incarico di sorvegliare il paziente, lo colpisce alla testa con una lama per tagliare i mattoni. Samuel Masih è deceduto il 28 maggio 2004 al General Hospital di Lahore.

Muhammad Yousaf Ali, di religione musulmana, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nella prigione di Kot Lakhpat, a Lahore, da Tariq Mota, un altro prigioniero e membro del gruppo estremista – messo al bando – Anjaman-e-Sipahe Sahaba, l’11 giugno 2002. Yousaf Ali, 55 anni, era stato condannato a morte per blasfemia il 5 agosto 2000, in un caso denunciato dal movimento estremista islamico con base a Lahore Tharik-I-Khatmi Nabuwat.

Manzoor Masih, 37 anni, originario di Gujranwala, è stato assassinato da militanti armati il 5 aprile 1994 sulla soglia dell’Alta Corte di Lahore. Tre cristiani erano sottoposti a giudizio con l’accusa di blasfemia, e tra questi vi era Salamat Masih, un ragazzino di soli 14 anni. In base alla testimonianza resa dagli accusatori, Manzoor Masih e Rehmat Masih si trovavano nei pressi di Salamat, e per questo sono stati sospettati di averlo istigato a scrivere parole dissacratorie sul muro della moschea.

Nella lotta contro la legge sulla blasfemia, non si può dimenticare un suo profeta: mons. John Joseph, vescovo di Faisalabad dal 1984, che nel suo impegno per la giustizia e la pace del suo Paese, ne è rimasto consumato, morendo a 65 anni. Il 6 maggio 1998 egli si è suicidato davanti a un tribunale che aveva condannato un giovane cristiano per blasfemia.

Né si può dimenticare che le accuse di blasfemia spesso servono a scatenare violenze e distruzioni a interi paesi e chiese cristiane. Lo scorso 30 luglio una folla di 3 mila musulmani ha attaccato e incendiato i villaggi di Koriyan per punire un presunto caso di blasfemia. Il 1° agosto gruppi di estremisti islamici hanno attaccato il villaggio di Gojra, uccidendo 7 persone, fra cui donne e bambini, incendiati vivi. La storia degli ultimi decenni in Pakistan è piena di assalti a chiese e villaggi cristiani motivati da scandali sulla blasfemia montati ad arte: Kasur (giugno 2009); Tiasar (Karachi, aprile 2009); Sangla Hill (2005); Shantinagar (1997).

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