L’EUROPA DEL XXI SECOLO SARÀ CRISTIANA O ISLAMICA?

di Guglielmo Piombini
tratto da Pepeonline.it

Bat Ye’or, la scrittrice egiziana di origini ebraiche (residente in Svizzera) che ha coniato per prima il termine “Eurabia”, ha documentato nei suoi studi pionieristici il processo di pulizia etnica ai danni dei cristiani avvenuto nel corso dei secoli nel mondo islamico. Nel libro The Decline of Eastern Christianity Under Islam (1996) la Ye’or ricorda che un secolo fa nel Medio Oriente i cristiani erano il 13 per cento della popolazione, mentre oggi sono scesi al 2 per cento. Anche l’arcivescovo cattolico di Algeri, intervistato recentemente dal New York Times, ha parlato con tristezza del “riflusso dei cristiani dalle coste del Nordafrica, mentre l’Islam dilaga in Europa”. Nel 1958 c’erano più di 700 chiese in Algeria, ma oggi sono quasi tutte abbandonate o trasformate in moschee. Ne sono rimaste solo una ventina, semivuote. L’arcivescovo si è ridotto a celebrare la Messa davanti a venti persone.

Sullo stesso problema l’opinionista paleolibertarian americano Tom Bethell (autore di una brillante guida “politicamente scorretta” alla scienza, Le balle di Newton, in uscita per Rubbettino) ha pubblicato un allarmante articolo sul numero di ottobre 2006 della rivista American Spectator, intitolato “Christians Fall, Muslims Rise” (“Calano i cristiani, aumentano gli islamici”). Bethell ricorda la situazione del Libano, un paese pacifico e fiorente fino alla metà degli Settanta, ma che è precipitato nell’inferno della guerra civile quando il peso demografico dei musulmani ha raggiunto una massa critica. Un tempo i cristiani rappresentavano il 70 per cento della popolazione; oggi sono probabilmente scesi sotto il 50 per cento, ma da più di cinquant’anni non si fanno censimenti per evitare di sconvolgere gli equilibri politici del paese.

Il Libano, considerato un tempo “la Svizzera del Medio Oriente”, oggi è un territorio pericoloso, diviso in enclavi in conflitto tra loro, dove gli attentati e le violenze politiche sono all’ordine del giorno. Quello che dovrebbe preoccuparci è che l’evoluzione demografica del Libano si sta ripetendo, anche se più lentamente, nell’intera Europa occidentale. Il paese dei cedri rappresenta quindi un microcosmo del nostro futuro. Ci mostra come potrebbe essere l’Europa alla metà del secolo, quando le comunità islamiche costituiranno delle minoranze corpose in molte aree geografiche del vecchio continente.

L’espansione dell’Islam in Europa, secondo Bethell, è una diretta conseguenza dell’abbandono del Cristianesimo. Subito dopo l’attentato suicida nella metropolitana di Londra del 2005 lo storico inglese Niall Ferguson osservò che il “vuoto morale” lasciato dalla decristianizzazione sembra aver creato “un facile obiettivo d’attacco per l’altrui fanatismo religioso”. “È in questo vuoto che sono entrati l’Islam e i musulmani”, ha aggiunto Daniel Pipes sul New York Times: “il Cristianesimo è debole ed esitante, mentre l’Islam è robusto, ambizioso e assertivo”. Pipes prevede che prima o poi, come nel Medio Oriente, “le grandi cattedrali dell’Europa diventeranno vestigia di una civiltà scomparsa”, oppure verranno demolite o trasformate in moschee.

Il vantaggio decisivo dei musulmani è che non hanno perso il rispetto e la fede nella propria religione. In Europa, invece, il Cristianesimo è sotto attacco costante da più di due secoli, e questi assalti sono venuti spesso dal suo interno. Negli ultimi decenni, nota Bethell, gli imam e i mullah non hanno avuto bisogno di dire una sola parola contro il Cristianesimo, perché tutto il lavoro era già stato fatto per loro da schiere di critici, riformatori, apostati e transfughi. Molti gesuiti hanno aderito alla teologia della liberazione, mentre gran parte delle confessioni protestanti hanno abbracciato l’ambientalismo, il pacifismo, il terzomondismo, il femminismo o altre mode ideologiche progressiste.

La maggioranza degli intellettuali europei crede in una visione mitologica della storia, secondo cui l’Europa era irrimediabilmente arretrata e repressa prima che il Rinascimento e l’Illuminismo liberassero finalmente la società dalle catene del Cristianesimo, aprendo la strada a tutte le cose meravigliose che sono venute dopo. A parte qualche “trascurabile” incidente di percorso (il terrore giacobino, le guerre napoleoniche, due guerre mondiali, i genocidi, i totalitarismi) la cultura progressista è assolutamente certa che l’Europa contemporanea sia di gran lunga migliore dell’Europa del passato, e che sia stata la distruzione del Cristianesimo a far nascere questo meraviglioso mondo nuovo. La verità, naturalmente, è che il Cristianesimo ha generato la civiltà europea, rivitalizzando la decadente cultura greco-romana. Questa civiltà cristiana è stata l’artefice del “miracolo europeo”, arrivando nel diciottesimo secolo a surclassare in ogni campo tutte le altre civiltà della storia. Solo a quel punto gli illuministi hanno dichiarato che tutto quello che era avvenuto prima di loro era sbagliato e da buttare.

Il risultato di questa prolungata aggressione al Cristianesimo è l’Europa post-cristiana che abbiamo sotto gli occhi. Questa Europa “liberata” dalla sua religione tradizionale è moribonda, codarda e in bancarotta.

Moribonda: a partire dalla contestazione degli anni Settanta, il declino del Cristianesimo è andato di pari passo con il crollo delle nascite. Il rigetto del tradizionale insegnamento religioso favorevole alla procreazione e alle famiglie numerose ha aperto la strada alla diffusione di massa di pratiche contro la vita, come l’aborto, la contraccezione e il controllo artificiale delle nascite. In questa nuova visione “liberata” della vita, i figli sono diventati una spesa e un fardello insostenibile.

Codarda: gli europei secolarizzati preferiscono sottomettersi all’Islam che lottare per difendersi. Pochissimi hanno avuto il coraggio di difendere il Papa dalla brutale aggressione islamica subita dopo il discorso di Ratisbona. Non credendo nell’aldilà, gli europei attribuiscono valore solo alla vita presente, e per questo motivo hanno già deciso di arrendersi. Non possono rischiare la vita perché è l’unica cosa che hanno da perdere. Come ha scritto un autore omosessuale olandese emigrato dal suo paese: “Non ho mai lottato per la libertà. Sono capace solo di goderla”. Nessuno combatte sotto le bandiere dell’edonismo, nemmeno gli edonisti stessi. Il motto “meglio dhimmi che morti” ha già preso il posto del vecchio slogan della Guerra Fredda, “meglio rossi che morti”.

In bancarotta: la mentalità edonistica, con il suo breve orizzonte temporale, ha prodotto anche il declino dell’etica del lavoro. Gli europei lavorano molte ore in meno degli americani o degli asiatici, ma nello stesso tempo pretendono benefici assistenziali e pensionistici enormemente più elevati. La stagnazione dell’economia europea dovuta alla eccessiva tassazione, regolamentazione e burocratizzazione, associata alla crisi demografica, porterà inevitabilmente alla bancarotta tutti i sistemi welfaristici europei nei prossimi decenni. I razionalisti post-cristiani che vogliono gettare a mare due millenni di eredità cristiana pensano che non ci sarebbe nulla di male se una forma di ateismo umanistico prendesse il posto della religione. Ma come avverte Bethell, “basta guardare agli aspetti sociali primari, come la demografia, per capire che l’opzione dell’umanesimo secolare non funziona”. L’Europa laicista di oggi fallisce completamente nel compito fondamentale di ogni società, che è quello di perpetuare se stessa nel tempo. Con gli attuali tassi di natalità i paesi europei conteranno cento milioni di abitanti in meno tra mezzo secolo, e i rimanenti saranno in larga misura anziani o musulmani. Di questo passo, l’Europa del futuro avrà l’aspetto di un immenso ospedale geriatrico a cielo aperto, circondato da aree violente e “libanizzate” a prevalenza islamica.

Questa tragica situazione in cui si troveranno gli europei è interamente auto-inflitta: è la conseguenza di decenni di politiche antinataliste, multiculturaliste e socialiste, che hanno fiaccato numericamente, moralmente ed economicamente la popolazione europea. Sarebbe però troppo traumatico per gli europei, soprattutto per le sue elite politico-intellettuali, ammettere di aver sbagliato tutto, e di aver preparato un futuro da incubo per i propri figli e nipoti. In questi casi la psiche umana si difende con la rimozione (facendo finta di non vedere quello che si ha sotto il naso), e con la proiezione delle proprie colpe su un capro espiatorio: ecco spiegata l’enorme popolarità che godono in Europa le teorie complottiste più cervellotiche, con gli americani e gli ebrei immancabilmente al centro della cospirazione.

Non tutto l’Occidente, infatti, si rassegna a seguire gli europei sulla via della secolarizzazione e dell’estinzione demografica. Gli evangelici americani della Bible Belt e gli ebrei d’Israele sono ancora fortemente religiosi e attaccati alle proprie radici, fanno figli in abbondanza (con una media di quasi tre figli per donna), e non hanno alcuna intenzione di sottomettersi alle prepotenze dei musulmani. A differenza degli europei, gli americani che popolano gli “stati rossi” a maggioranza repubblicana e gli israeliani mostrano ancora ottimismo, coraggio, forza e fiducia in se stessi. Secondo la mentalità dominante in Europa, invece, chi non accoglie tutte le richieste islamiche è un piantagrane, un guastafeste che crea solo dei problemi. È questa l’origine del patologico antiamericanismo e antisemitismo, che in Europa è diventato ormai un’ideologia di massa. Per fortuna anche nel vecchio continente esistono delle “riserve conservatrici” di fede e di energia: persone che amano la propria cultura e che la vogliono trasmettere ai propri discendenti. Il loro numero forse non è molto più alto di quello dei musulmani attualmente residenti in Europa. Quando tra qualche decennio l’Europa secolarizzata sarà uscita di scena, se non altro a causa della sua sterilità, saranno i cristiani tradizionali e i musulmani le forze dominanti che si contenderanno l’egemonia politica e culturale dell’Europa.

12/01/2008

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