BARBITURICI               

 

La Malonilurea, o acido barbiturico, fu preparata per la prima volta da Adolph von Bayer nel corso di lavori sperimentali sull'acido Malonico. Poco dopo, nel 1903, Emil Flisher ne otteneva la trasformazione in acido dietil-barbiturico, ancora più attivo dal punto di vista farmacologico. In entrambi i casi si tratta di potenti sostanze anestetiche, depressive del Sistema Nervoso Centrale e di molte funzioni vitali.

Fino al 1918 in Inghilterra la disponibilità di barbiturici non era sottoposta ad alcuna misura di vigilanza e di controllo. Durante gli anni '20 il dottor Willcox promosse una campagna di sensibilizzazione che iniziò a richiamare l'attenzione delle autorità sanitarie. La Commissione per gli Stupefacenti dell'ONU nel 1960 indicò l'opportunità che i barbiturici fossero assoggettati a prescrizione medica, anche in considerazione del fatto che già in quegli anni milioni di americani ne facevano inopinato uso. Nel 1971 la Convenzione di Vienna segna l'introduzione dei barbiturici fra le sostanze stupefacenti. Tale atto venne recepito anche in Italia e già con la legge 685/75, nel nostro paese la disponibilità di barbiturici è stata regolamentata attentamente.

Generalmente i barbiturici vengono assunti per via orale attraverso pastiglie, capsule o confezioni in gel. Talvolta vengono iniettati, soprattutto da parte di persone già aduse a tale via di autosomministrazione relativamente ad altre sostanze. I barbiturici per via endovenosa sono molto pericolosi poiché, oltre a determinare effetti molto potenziati, hanno un grave impatto sulle vene e sul sistema circolatorio.

I barbiturici, in quanto depressivi del Sistema Nervoso Centrale, rallentano il ritmo cardiaco e riducono l'ampiezza della respirazione; provocano altresì il calo della pressione arteriosa. Psicologicamente i barbiturici, che appartengono alla categoria delle sostanze sedativo-ipnotiche, inducono indifferenza agli stimoli esterni e determinano il sonno. Quest' ultimo, quando è indotto da barbiturici, è caratterizzato dalla contrazione o soppressione delle fase REM, durante le quali normalmente si verifica l'attività onirica; ne consegue un sonno meno ristoratore, con risvegli a volte sgradevolmente segnati da emicrania e malesseri (similmente a quanto avviene per il sonno post-sbornia). Il reiterarsi di episodi simili può condurre a seri disturbi psichici.

Gli effetti dei barbiturici hanno durata diversa a seconda delle specifiche molecole (ne sono state prodotte molte): si distinguono sostanze a durata breve (meno di 3 ore), media (dalle 3 alle 6 ore) e lunga (dalle 6 a oltre 12 ore).

L'assunzione di barbiturici può causare convulsioni, delirio e allucinazioni; comporta inoltre reazioni individuali piuttosto variabili tra le quali: repentini sbalzi di umore, depressione, spossatezza. I barbiturici, inoltre, determinando vasodilatazione, sono responsabili di perdita del calore corporeo.

L'uso ripetuto e protratto di queste sostanze espone al fenomeno della tolleranza e all'instaurarsi di una fortissima dipendenza. In tali condizioni il livello di intossicazione cronica si manifesta con tremori, stati confusionali, amnesie, perdita di coordinazione della muscolatura volontaria (atassia), deficit della capacità di concentrazione e di giudizio. Non sono rare affezioni polmonari, quali bronchiti e polmoniti; possono altresì determinarsi effetti tossici sui tessuti nervosi.

 

La sindrome di astinenza da barbiturici è molto più intensa e pericolosa di quella conseguente all'uso di oppiacei. Inizia a manifestarsi tra le 8 e le 16 ore dall'ultima assunzione con stati d'ansia, insonnia, vertigini, nausea, convulsioni; in seguito possono verificarsi episodi deliranti, allucinazioni angosciose e finanche profonde alterazioni psichiche di tipo paranoico e schizofrenico. Nei casi più gravi l'astinenza da barbiturici è paragonabile al Delirium Tremens degli stati più avanzati di alcolismo. Allo stesso modo si richiedono opportune misure sanitarie per controllarne i gravissimi rischi.

L'overdose di barbiturici è estremamente pericolosa: la depressione dei centri regolatori le funzioni cardiaca e respiratoria può tradursi in collassi e morte. In questi casi si passa senza soluzione di continuità da un piacevole torpore, al sonno, al coma, all'arresto cardio-respiratorio . A questo proposito è notevole il fatto che la "finestra terapeutica" dei barbiturici è molto ristretta: ciò significa che la differenza fra dosi tollerabili e dosi letali è piccola. Ad esempio il Pentobarbitale , che viene usato in anestesia a dosaggi di 100 - 150 mg, può causare il decesso già quando ne siano assunti 400 mg. Tale caratteristica, insieme al fatto che la fase di "stordimento" è spesso segnata da compulsività semi-automatica con ripetitivi atti di autosomministrazione, rende molto significativo il rischio di overdose letale.

Tristemente noto è l'uso suicidarlo dei barbiturici, le cui caratteristiche farmacologiche purtroppo si sono spesso rivelate adeguate alla realizzazione di estremi atti autodistruttivi.

La pericolosità dei barbiturici può essere sensibilmente accentuata dal contestuale consumo di altre sostanze depressive del Sistema Nervoso Centrale, quali l'alcol, gli oppiacei, le benzodiazepine e altri tranquillanti.

Al giorno d'oggi l'uso clinico dei barbiturici è drasticamente ridotto rispetto al passato, anche perché in gran parte sostituiti dalle benzodiazepine. Alcuni usi residui sono relativi a particolari applicazioni in anestesia (Pentothal), nella cura dell'epilessia (Gardenale) o ad altre situazioni specifiche e limitate.

Una specifica molecola, tra i barbiturici, ha segnato la storia recente delle scienze bio-mediche e suggerito approfondite riflessioni sui problemi etici connessi alla ricerca farmacologica. E' il caso del Talidomide, dal cui uso derivarono gravi conseguenze teratogene, determinando focomelia nei neonati le cui madri assumevano con frequenza la specifica sostanza, durante la gestazione. Anche in seguito a questo episodio i barbiturici e i farmaci sedativo-ipnotici in genere hanno assunto un ruolo paradigmatico nella successiva elaborazione di protocolli sperimentali e di sicurezza in farmacologia.

 

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