F.T. Marinetti

L'immaginazione senza fili e le parole in libertà. Manifesto futurista

1913


La sensibilità futurista

Il mio Manifesto tecnico della Letteratura futurista col quale inventai il lirismo essenziale e sintetico, l'immaginazione senza fili e le parole in libertà, concerne esclusivamente l'ispirazione poetica. La filosofia, le scienze esatte, la politica, il giornalismo, l'insegnamento, gli affari, pur ricercando naturalmente delle forme più o meno sintetiche di espressione, dovranno per molto tempo ancora valersi della sintassi, della punteggiatura e della aggettivazione. Sono costretto infatti, come vedete, a servirmi di tutto ciò per potervi esporre la mia concezione.
Il Futurismo si fonda sul completo rinnovamento della sensibilità umana avvenuto per effetto delle grandi scoperte scientifiche. Coloro che usano oggi del telegrafo, del telefono e del grammofono, del treno, della bicicletta, della motocicletta, dell'automobile, del transatlantico, del dirigibile, dell'aeroplano, del cinematografo, del grande quotidiano (sintesi di una giornata del mondo) non pensano che queste diverse forme di comunicazione, di trasporto e d'informazione esercitano sulla loro psiche una decisiva influenza.
Un uomo comune può trasportarsi con una giornata di treno, da una piccola città morta dalle piazze deserte, dove il sole, la polvere e il vento si divertono in silenzio, ad una grande capitale, irta di luci, di gesti e di grida... L'abitante di un villaggio alpestre, può palpitare d'angoscia ogni giorno, mediante un giornale, con i rivoltosi cinesi, le suffragette di Londra e quelle di New York, il dottor Carrel e le slitte eroiche degli esploratori polari. L'abitante pusillanime e sedentario di una qualsiasi città di provincia può concedersi l'ebrietà del pericolo seguendo in uno spettacolo di cinematografo, una caccia grossa nel Congo. Può ammirare atleti giapponesi, boxeurs negri, eccentrici americani inesauribili, parigine elegantissime, spendendo un franco in un teatro di varietà. Coricato poi nel suo letto borghese, egli può godersi la lontanissima e costosa voce di un Caruso o di una Burzio. Queste possibilità diventate comuni, non suscitano curiosità alcuna negli spiriti superficiali, assolutamente incapaci di approfondire qualsiasi fatto nuovo come gli arabi che guardavano con indifferenza i primi aeroplani nel cielo di Tripoli. Queste possibilità sono invece per l'osservatore acuto altrettanti modificatori della nostra sensibilità, poiché hanno creato i seguenti fenomeni significantissimi:
1. Acceleramento della vita, che ha oggi, quasi sempre, un ritmo rapido. Equilibrismo fisico, intellettuale e sentimentale sulla corda tesa della velocità, fra i magnetismi contradittorii.
2. Orrore di ciò che è vecchio e conosciuto. Amore del nuovo, dell'imprevisto.
3. Orrore del quieto vivere, amore del pericolo e attitudine all'eroismo quotidiano.
4. Distruzione del senso dell'al di là e aumentato valore dell'individuo che vuole vivre sa vie secondo la frase di Bonnot.
5. Moltiplicazione e sconfinamento delle ambizioni e dei desideri umani.
6. Conoscenza esatta di tutto ciò che ognuno ha d'inaccessibile e d'irrealizzabile.
7. Semi-uguaglianza dell'uomo e della donna, e minore slivello dei loro diritti sociali.
8. Deprezzamento dell'amore (sentimentalismo o lussuria), prodotto dalla maggiore libertà e facilità erotica nella donna e dall'esagerazione universale del lusso femminile. Mi spiego: Oggi la donna ama più il lusso che l'amore. L'uomo non ama la donna priva di lusso. L'amante puro e semplice ha perso ogni prestigio, l'Amore ha perso il suo valore assoluto.
9. Passione, arte, idealismo degli Affari. Nuova sensibilità finanziaria.
10. L'uomo moltiplicato dalla macchina. Nuovo senso meccanico, fusione dell'istinto col rendimento del motore e colle forze addomesticate.
11. Passione, arte e idealismo dello Sport. Concezione e amore del record.
12. Nuova sensibilità turistica dei transatlantici e dei grandi alberghi (convegni e sintesi annuale di razze diverse e di popoli diversi). Distruzione delle distanze e del sentimento nostalgico della solitudine.
13. Nuovo senso del mondo. Mi spiego: Gli uomini conquistarono successivamente il senso della casa, il senso del quartiere in cui abitavano, il senso della città, il senso della zona geografica, il senso del continente. Oggi posseggono il senso del mondo; hanno mediocremente bisogno di sapere ciò che facevano i loro avi, ma bisogno assiduo di sapere ciò che fanno i loro contemporanei di ogni parte del mondo. Conseguente necessità, per l'individuo, di comunicare con tutti i popoli della terra. Conseguente bisogno di sentirsi centro, giudice e motore dell'infinito esplorato e inesplorato. Da ciò deriva in noi un ingigantimento del senso umano e una urgente necessità di fissare ad ogni istante i nostri rapporti con tutta l'umanità e le nostre vere proporzioni.
14. Nausea della linea curva, della spirale e del tourniquet. Amore della retta e del tunnel. Orrore della lentezza, delle minuzie, delle analisi e delle spiegazioni prolisse. Amore della velocità, dell'abbreviazione e del riassunto e della sintesi.
15. Amore della profondità e dell'essenza in ogni esercizio dello spirito.
Ecco alcuni degli elementi della nuova sensibilità futurista, che costituisce il fondo del nostro nuovo lirismo.

Le parole in libertà.
Scartando ora tutte le stupide definizioni e tutti i confusi verbalismi dei professori, io vi dichiaro che il lirismo è semplicemente la facoltà rarissima di inebbriarsi, della vita e di inebbriarla di noi stessi. La facoltà di cambiare in vino l'acqua torbida della vita che ci avvolge e ci attraversa. La facoltà di colorare il mondo coi colori specialissimi del nostro io mutevole.
Ora supponete che un amico vostro dotato di questa facoltà lirica si trovi in una zona di vita intensa (rivoluzione, guerra, naufragio, terremoto, ecc.) e venga, immediatamente dopo, a narrarvi le impressioni avute. Sapete che cosa farà istintivamente questo vostro amico lirico e commosso?... Egli comincerà col distruggere brutalmente la sintassi nel parlare. Non perderà tempo a costruire i periodi. S'infischierà della punteggiatura e dell'aggettivazione. Disprezzerà ogni cesellatura e sfumatura di linguaggio, e in fretta e in furia vi getterà affannosamente nei nervi le sue sensazioni visive, auditive, olfattive, le sue fulminee riflessioni, secondo la loro corrente incalzante. L'irruenza del vapore-emozione farà saltare il tubo del periodo, le valvole della punteggiatura e i bulloni regolari dell'aggettivazione. Manate di parole essenziali susseguentisi senza alcun ordine convenzionale. Unica preoccupazione del narratore: rendere tutte le scosse e tutte le vibrazioni del suo io.
Se questo narratore dotato di lirismo avrà inoltre una mente popolata di idee generali, egli involontariamente allaccerà ad ogni istante le sue sensazioni coll'universo intero conosciuto o intuito da lui. E per dare il valore esatto e le proporzioni della vita che ha vissuta, lancierà delle immense reti di analogie sul mondo. Egli darà così il fondo analogico della vita, telegraficamente, cioè con la stessa rapidità economica che il telegrafo impone ai reporters e ai corrispondenti di guerra, pei loro racconti superficiali.
Questo bisogno di laconismo non risponde soltanto alle leggi di velocità che ci governano, ma anche ai rapporti multisecolari che il pubblico e il poeta hanno avuto insieme. Corrono infatti, fra il pubblico e il poeta, i rapporti stessi che esistono fra due vecchi amici. Questi, incontrandosi, possono facilmente spiegarsi con una mezza parola, un gesto, un'occhiata. Ecco perché l'immaginazione del poeta deve allacciare fra loro le cose lontane senza fili conduttori, per mezzo di parole essenziali ed assolutamente in libertà.

L'immaginazione senza fili
Per immaginazione senza fili, io intendo la libertà assoluta delle immagini o analogie, espresse con parole slegate e senza fili conduttori sintattici.
Gli scrittori si sono abbandonati finora all'analogia immediata. Hanno paragonato per esempio l'animale all'uomo o ad un altro animale, il che equivale ancora, press'a poco a una specie di fotografia. Hanno paragonato per esempio un fox-terrier a un piccolissimo puro-sangue. Altri più avanzati, potrebbero paragonare quello stesso fox-terrier trepidante, a una piccola macchina Morse. Io lo paragono invece, a un'acqua ribollente. V'è in ciò una gradazione di analogie sempre più vaste, vi sono dei rapporti sempre più profondi e solidi, quantunque lontanissimi. L'analogia non è altro che l'amore profondo che collega le cose distanti, apparentemente diverse ed ostili. Solo per mezzo di analogie vastissime uno stile orchestrale, ad un tempo policromo, polifonico e polimorfo, può abbracciare la vita della materia. Quando nella mia Battaglia di Tripoli, ho paragonato una trincea irta di baionette a un'orchestra, una mitragliatrice a una donna fatale, ho introdotto intuitivamente una gran parte dell'universo in un breve episodio di battaglia africana. Le immagini non sono fiori da scegliere e da cogliere con parsimonia, come diceva Voltaire. Esse costituiscono il sangue stesso della poesia. La poesia deve essere un seguito ininterrotto d'immagini nuove, senza di che non è altro che anemia e clorosi. Quanto più le immagini contengono rapporti vasti, tanto più a lungo esse conservano la loro forza di stupefazione... (Manifesto della letteratura futurista 11 maggio 1912 ). L'immaginazione senza fili, e le parole in libertà c'introdurranno nell'essenza della materia. Collo scoprire nuove analogie tra cose lontane e apparentemente opposte noi le valuteremo sempre più intimamente. Invece di umanizzare animali, vegetali, minerali (sistema ormai sorpassato) noi potremo animalizzare, vegetalizzare, mineralizzare, elettrizzare o liquefare lo stile, facendolo vivere in un certo modo della stessa vita della materia. Avremo: Le metafore condensate. - Le immagini telegrafiche. - Le somme di vibrazioni. - I nodi di pensieri. - I ventagli chiusi o aperti di movimenti. Gli scorci di analogie. - I bilanci di colore. - Le dimensioni, i pesi, le misure e la velocità delle sensazioni. - Il tuffo della parola essenziale nell'acqua della sensibilità, senza i cerchi concentrici che la parola produce intorno a sé. - I riposi dell'intuizione. - I movimenti a due, tre, quattro, cinque tempi. - I pali analitici esplicativi che sostengono il fascio dei fili intuitivi.
Aggettivazione semaforica.
Noi tendiamo a sopprimere ovunque l'aggettivo qualificativo, poiché presuppone un arresto nella intuizione, una definizione troppo minuta del sostantivo. Tutto ciò non è categorico. Si tratta di una tendenza. Ciò che è necessario è il servirsi dell'aggettivo in un modo assolutamente diverso da quello usato fino ad oggi. Bisogna considerare gli aggettivi come segnali ferroviari o semaforici dello stile, che servano a regolare lo slancio, i rallentamenti e gli arresti della corsa, delle analogie. Si potrà così accumulare anche 20 di questi aggettivi semaforici.

Verbo all'infinito
Anche qui, le mie dichiarazioni non sono categoriche. Io sostengo però che in un lirismo violento e dinamico, il verbo all'infinito sarà indispensabile, poiché, tondo come una ruota, adattabile come una ruota a tutti i vagoni del treno delle analogie, costituisce la velocità stessa dello stile.
Il verbo all'infinito nega per sé stesso l'esistenza del periodo e impedisce allo stile di arrestarsi e di sedersi in un punto determinato. Mentre il verbo all'infinito è rotondo e scorrevole come una ruota, gli altri modi e tempi del verbo sono o triangolari, o quadrati, o ovali.

Onomatopee e segni matematici
Quando io dissi, nel mio Manifesto tecnico della letteratura futurista, che bisogna sputare ogni giorno sull'Altare dell'Arte intendevo incitare i giovani futuristi a liberare il lirismo dall'atmosfera solenne piena di compunzione e d'incensi che si usa chiamare l'Arte coll'A maiuscolo. L'arte coll'A maiuscolo costituisce in certo modo il clericalismo dello spirito creativo. Incitavo per ciò i giovani a distruggere e a beffeggiare le ghirlande, le palme, e le aureole, le cornici preziose, le stole e i paluda menti, tutto il vestiario storico e il bric-à-brac romantico che formano gran parte di tutta la poesia fino a noi. Propugnavo invece un lirismo rapidissimo, brutale e immediato, un lirismo che a tutti i nostri predecessori deve apparire come antipoetico, un lirismo telegrafico, che non abbia assolutamente alcun sapore di libro, e, il più possibile, sapore di vita. Da ciò, l'introduzione coraggiosa di accordi onomatopeici per rendere tutti i suoni e rumori anche i più cacofonici della vita moderna. L'onomatopea che serve a vivificare il lirismo con elementi crudi e brutali di realtà, fu usata in poesia (da Aristofane a Pascoli) più o meno timidamente. Noi futuristi iniziamo l'uso audace e continuo dell'onomatopea. Questo non deve essere sistematico. Per esempio il mio Adrianopoli Assedio - Orchestra e la mia Battaglia Peso + Odore esigevano molti accordi onomatopeici. Sempre allo scopo di dare la massima quantità di vibrazioni e una più profonda sintesi della vita, noi aboliamo tutti i legami stilistici, tutte le lucide fibbie colle quali i poeti tradizionali legano le immagini nel loro periodare. Ci serviamo invece dei brevissimi od anonimi segni matematici e musicali, e poniamo tra parentesi delle indicazioni come: (presto) (più presto) (rallentando) (due tempi) per regolare la velocità dello stile. Queste parentesi possono anche tagliare una parola o un accordo onomatopeico. Rivoluzione tipografica
Io inizio una rivoluzione tipografica diretta contro la bestiale e nauseante concezione del libro di versi passatista e dannunziana, la carta a mano seicentesca, fregiata di galee, minerve e apolli, di iniziali rosse a ghirigori, ortaggi, mitologici nastri da messale, epigrafi e numeri romani. Il libro deve essere l'espressione futurista del nostro pensiero futurista. Non solo. La mia rivoluzione è diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina, che è contraria al flusso e riflusso, ai sobbalzi e agli scoppi dello stile che scorre nella pagina stessa. Noi useremo perciò in una medesima pagina, tre o quattro colori diversi d'inchiostro, e anche 20 caratteri tipografici diversi, se occorra. Per esempio:
corsivo per una serie di sensazioni simili o veloci, grassetto tondo per le onomatopee violente, ecc. Ortografia libera espressiva La necessità storica dell'ortografia libera espressiva è dimostrata dalle successive rivoluzioni che hanno sempre più liberato dai ceppi e dalle regole la potenza lirica della razza umana.
1. Infatti, i poeti, incominciarono coll'incanalare la loro ebrietà lirica in una serie di fiati uguali con accenti, echi, rintocchi o rime prestabilite a distanze fisse (Metrica tradizionale). I poeti alternarono poi con una certa libertà questi diversi fiati misurati dai polmoni dei poeti precedenti.
2. I poeti, più tardi, sentirono che i diversi momenti della loro ebrietà lirica dovevano creare fiati adeguati di diversissime e impreviste lunghezze, con assoluta libertà di accentazione. Giunsero così al verso libero, ma conservarono però sempre l'ordine sintattico delle parole, affinché l'ebrietà lirica potesse colar giù nello spirito dell'ascoltatore, pel canale logico della sintassi.
3. Oggi noi non vogliamo più che l'ebrietà lirica disponga sintatticamente le parole prima di lanciarle fuori coi fiati da noi inventati, ed abbiamo le parole in libertà. Inoltre la nostra ebrietà lirica deve liberamente deformare, riplasmare le parole, tagliandole allungandone, rinforzandone il centro o le estremità, aumentando o diminuendo il numero delle vocali e delle consonanti. Avremo così la nuova ortografla che io chiamo libera espressiva. Questa deformazione istintiva delle parole corrisponde alla nostra tendenza naturale verso l'onomatopea. Poco importa se la parola deformata, diventa equivoca. Essa si sposerà cogli accordi onomatopeici, o riassunti di rumori, e ci permetterà di giungere presto all'accordo onomatopeico psichico, espressione sonora ma astratta di una emozione o di un pensiero puro.
Mi si obbietta che le mie parole in libertà, la mia immaginazione senza fili esigono declamatori speciali, sotto pena di non essere comprese. Benché la comprensione dei molti non mi preoccupi, risponderò che i declamatori futuristi vanno moltiplicandosi e che d'altronde qualsiasi ammirato poema tradizionale esige, per esser gustato, un declamatore speciale.

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