E’ domenica, non si lavora

E’ domenica, non si lavora. Il paese è deserto, chiusi i negozi, le persiane ancora abbassate, le strade silenziose; soltanto intorno alla chiesa c’è la solita ressa. Piccole utilitarie in cerca di parcheggio, gruppetti di famigliole benestanti ben coperte con i loro soprabiti di lusso e una sfilata di bancarelle che mostrano da bere, da mangiare, sigarette, accendini, giocattoli, immagini sacre, souvenir; come in una vera e propria fiera di paese. Le bancarelle non hanno tetto, e una pioggia sottile, da poco iniziata, inzuppa ed offusca le “vetrine” della merce: i vassoi con i biscotti, i pasticcini ripassati con zucchero a velo, le frittelle al miele, le focacce farcite ancora fumanti, ma più in là anche braccialetti colorati, collane tipiche, pistole giocattolo, crocifissi d’argento, cartoline e calendari tascabili raffiguranti il santo patrono. Sul fuoco di un fornello da campo il bricco smaltato per il tè che una donna riempie in continuazione d’acqua e foglie per versarlo in bicchieri spessi, un po’ opachi, e servirlo ai colleghi ambulanti in segno di fratellanza ed amicizia verso i più sventurati.

E’ domenica, non si lavora. Ma Lui è con la zappa in mano, nell’orto, dietro la piccola casa di legno dipinta di un tenue giallo pastello, di fronte alla chiesa, al di là della massicciata che lo divide dalla strada principale. E’ venuto ad aiutare i genitori che ormai sono avanti negli anni e non ce la fanno quasi più a star dietro all’orto. E poi solo con quella misera pensione da quattro soldi, non saprebbero proprio come fare per sopravvivere se non fosse per quei pochi prodotti vegetali, ma soprattutto per quel buon vino che fortunatamente vendono ai cristiani frequentatori della domenica.

E’ davvero dura la vita per la comunità italiana immigrata in Borgogna.

E’ domenica, non si lavora. Ma Lui infaticabile continua nel suo duro lavoro in giardino. Calli e vesciche gli riempiono le mani, ormai non ci fa più caso, anche se purtroppo non donano alla sua figura di persona colta ed intellettuale. E si, giù a Lione, nella grande città, nei circoli letterari che cerca di frequentare, tutti notano le sue mani nodose e prive di grazie, e suo malgrado cercano di evitarlo non ritenendolo uno di loro, un uomo importante, un vero signore, una persona che “conta”. Intanto il grigiore del cielo e cumuli di nubi a bassa quota fanno da sfondo a questa gelida giornata autunnale dove le ore, scandite dal suono allegro delle campane in festa, passano lentamente e permettono di fargli rivivere nella memoria quei momenti passati da bambino a giocare a guardie e ladri nel terreno dietro casa, nella sua terra, laggiù nelle colline tosco-emiliane, calpestando e rovinando parte del raccolto, scappando da quei contadini furibondi che lo inseguivano con la zappa in aria, ridendo e scherzando ma senza dare troppa importanza all’accaduto e alle relative conseguenze.

E’ domenica, ma bisogna pure far festa. Ripete ogni volta il vecchio. Anche oggi mangeranno tutti insieme, nonni, figli e nipoti e brinderanno, come di consuetudine, al buon Dio ringraziandolo per tutto quello che riescono ad ottenere nonostante la loro “misera” condizione. Ma Lui non si muoverà dall’orto finche non avrà rimosso e rimescolato per bene tutto quel terreno, per renderlo morbido ed accogliente in vista della prossima semina. Bisogna che ci dia dentro, si ripete, immerso nella sua cocciutaggine, mentre zappa con gli occhi fissi sulla terra. Già la terra, gli piace guardare la terra e immaginare quei chilometri di pianure, di corsi d’acqua e di colline dolcissime dove magari in un futuro, probabilmente in un’altra vita , avrebbe potuto coltivarle intensamente traendone sostentamento e profitto per se e per i propri cari, magari con larghe distese di vigne, per produrre dell’ottimo “succoso nettare ”, per superare quell’incombente povertà che prima o poi sta assalendo tutta la comunità immigrata del piccolo villaggio. Nei momenti di debolezza immagina inoltre i vecchi ricordi del periodo della vendemmia, dove il profumo caratteristico dell’uva raccolta e messa a fermentare invadeva il paese e le campagne circostanti; carri colmi di grappoli facevano la spola tra i vigneti e le cantine, in un susseguirsi programmato e continuo mentre imperversava tra il contado una allegra serenità contagiosa.

E’ domenica, non si lavora. Lui fa una pausa. Il cielo s’è ancora più ingrigito, inizia a piovere. In pochi istanti un violento temporale. Non si può più continuare a zappare, proprio no.


roberto


 


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