Wu Ming

 

 

Tomahawk

di Wu Ming 1, Wu Ming 2 e Wu Ming 4


-1-

- A m'arcmand, pôc pugnàtt! - disse Mr. Fantastic mentre varcavamo il portone di via Milza 9, sede del gruppo editoriale Il Sarchiapone (trimurti composta dal Sarchiapone medesimo, da Mario Maratea Editore e da Fràciche Editrice).
Era un giorno di fine estate. Noi Cinque, scrittori ormai affermati dopo il successo di "Uh?", ci recavamo all'incontro con Maratea. In testa, tanti dubbi e una proposta.
Ma com'era cominciato tutto?

Qualche mese prima, per uno scherzo del caso, avevamo conosciuto Valente Ravaleo Jr., sanguigno romagnolo plurisessantenne, reduce della guerra d'indipendenza di Capo Verde (conclusasi nel 1975 con la fine del dominio coloniale portoghese). Ravaleo era un guerrigliero con una bella storia da raccontare, e noi volevamo raccontarla mescolando memorialistica e fiction. Un'operazione fortemente politica. "Chi potrebbe pubblicarla, a parte Mario Maratea?", c'eravamo chiesti senza trovare risposte.
Quest'ultimo, spregiudicato editore, pubblicava una folla di romanzieri catalani di sinistra (tra cui "La banda dei Ferdi": Ferdi L. Punyatt, Ferdi Bouquin e Ferdi Graugne). Da giovane aveva militato in un gruppo politico devoto a Eric Honecker, tetro presidente della RDT. In seguito s'era affermato come scopritore di talenti presso grosse case editrici, poi era entrato come socio nel Sarchiapone, nel frattempo finito in mano ai tre gemelli Granaglia, noti dilapidatori di eredità e protagonisti delle cronache mondane. Affetti da rinite acuta, aggiungevano i più maliziosi.
Il nostro agente, il temuto Heriberto Cienfuegos, ci aveva messi in guardia:
- Compadres, l'unico editore buono è quello morto. Maratea è come tutti gli altri se non peggio, in più è un ex-agente della Stasi. Nel '75 ha trascorso un'intera vacanza-studio sul Muro, fucilando chi cercava di passare all'Ovest. Si comporta allo stesso modo coi libri e gli scrittori.
Poi ci aveva raccontato un aneddoto:
- Un mio autore ha rotto con lui per un'orrida copertina appioppata a un suo romanzo: un gambero con in testa un cappello a cilindro, e l'Himalaya sullo sfondo. E il romanzo parlava di una grande truffa bancaria! Siccome il contratto prevedeva il diritto di veto da parte mia e dell'autore, gli ho detto che quella copertina poteva arrotolarla e poi...
- Ma che c'entrava il crostaceo? Come ha giustificato la scelta?
- Ho proprio qui il suo fax di allora.
Ne leggemmo uno stralcio:

<<[...] Sono amareggiato e deluso nel constatare che sei una faccia di merda. Ci vuole un pirla come te per non capire cosa vuole comunicare il mio Ufficio Grafico: il gambero rappresenta l'andare indietro, l'Himalaya e il cilindro sono il desiderio d'innalzarsi, l'orizzonte è l'altrove da raggiungere, e tutto questo rimanda simbolicamente agli spostamenti di capitale. O qualcosa del genere. Solo uno stronzo potrebbe non essere d'accordo. Tu sei uno stronzo? Evidentemente sì, e ti assicuro che lo scrivo a malincuore, perché questa è anche una mia sconfitta, avrei dovuto capirlo prima. Ma del resto io e te non si è mai legato molto, e non certo per colpa mia: tra noi due c'è uno che non capisce un cazzo, e non si tratta di me. Che tristezza. Non mi sarei mai aspettato una simile pugnalata nella schiena. Sei un deficiente integrale. Non t'immagini con quale rammarico te lo scrivo. Vaffanculo. Sporco maiale. Io ti rovino. E' un vero peccato [...] Firmato: Maratea.>>

- Ho giurato a me stesso che non gli avrei mai più rivolto la parola, impegno che mantengo da ben dodici anni.
Però Cienfuegos non aveva saputo indicarci un editore per un'opera oltranzista come quella che avevamo in mente, una non-fiction novel anti-imperialista che affondasse le mani nel ventre della Storia per tirarne fuori manciate di vermi.
L'intenzione era scriverla in "tu narrante" coniugato al futuro anteriore, tipo: "Nel frattempo tu sarai stato a Capo Verde e, con quella baionetta che ti piace tanto, avrai fatto carne di porco di chiunque ti si sarà parato innanzi..." Il tutto condito con bestemmie (l'incipit era già deciso: "Madonna volpe inseguita da cento Dio Cani!!!") e spezzato da intere pagine di dialoghi in dialetto ravennate. Titolo di lavoro: "Tomahawk".
Il nostro editore, Heynoughty, era troppo serio e compassato per dare alle stampe una cosa del genere. Ci voleva un occhio di falco per intravederne il potenziale commerciale. Tuttavia, Noi Cinque eravamo sicuri che i lettori di "Uh?" si sarebbero precipitati a comprarlo.
Qualche sera dopo avevamo incontrato Maratea a un cocktail party letterario in cui c'eravamo infiltrati tramortendo i vivandieri e indossandone le divise. Lo spregiudicato editore ci aveva colti sul fatto mentre orinavamo all'unisono nel punch, prima di portarlo in tavola.
- Uè, pirloni, e voi chi cazzo siete? - ci aveva chiesto.
- Ehm... Siamo gli autori di "Uh?" - avevamo risposto noi.
Aveva la panza enfia d'alcol. Siliconata, pareva. Occhio sporgente e vitreo, nemmeno una venuzza che non fosse esplosa. Capelli grigi arruffati e una sinistra somiglianza con Cherubino Monatti, presidente dell'Ambrosiana Calcio. Rinfoderando gli arnesi nei calzoni, ci togliemmo dall'imbarazzo improvvisando che sì, proprio lui volevamo incontrare, per sottoporgli un progetto. Nel corso della serata, gliel'avevamo esposto a grandi linee, mentre lui berciava apprezzamenti. Datoci il biglietto da visita aveva concluso:
- Telefonate alla mia segretaria e fissate un appuntamento. A proposito, chi è il vostro agente?
- Ehm... Heriberto Cienfuegos.
- Ah, sì? Ma lo sapete che con me non ci parla, quel bauscia? Solo perché gli avevo mandato un fax, peraltro molto accomodante e interlocutorio...
L'entrata dei gemelli Granaglia con un seguito di discinte nigeriane ci aveva fornito il diversivo per squagliarcela. Incontro interessante, però. Ne avevamo chiacchierato un po':
- Non so, a me sembra un etilista all'ultimo stadio.
- Però ha espresso curiosità, cosa che un altro editore non farebbe mai e poi mai, nemmeno da sbronzo.
Il commento di Cienfuegos era stato:
- Compadres, io faccio come volete voi. Se davvero Maratea è disposto a pubblicare un libro folle come il vostro, fissate questo appuntamento. Alternative non ce n'è. Non appena si comincia a parlare di pecunia subentro io, e stavolta, se non rispetta ogni virgola del contratto, troverò il modo di infliggergli dolore fisico. Però vi ho avvisati.
Ravaleo aveva accolto la notizia con perplessità:
- Putana d'na madona, mo cosa mi dite? Siete stati a una festa piena di pezzi di figa, montagne di figa africana, con tutta quella carne e quelle coscione gigantesche, e non mi avete chiamato anche me che a Capo Verde ne ho battezzate centinaia? Dio boia, qui non ci siamo mica capiti! Siamo o non siamo una squadra?
- Valente, non è questo il punto. Ti abbiamo raccontato questa storia perché Maratea sembra interessato alla tua vicenda e al nostro progetto.
- Mo ‘sto Maratea è un compagno sì o no?
- Ehm... Più o meno. E c'ha la pilla. Di sicuro il nostro agente Cienfuegos può farti guadagnare più di quello che prendi con la minima dell'INPS.
Che è o che non è, s'era fissato un appuntamento. Giunti in via Milza, sulle scale incontrammo un giovanotto robusto con un giaccone blu. Scendeva imprecante con le mani affondate nelle tasche, e ripeteva:
- Mai più, cazzo. Mai più. Dovevo licenziarmi molto prima. Mi risparmiavo d'ingurgitare libbre e libbre di merda, e m'allungavo la vita di qualche anno. Mai più.
- Lavurér qué l'a da èser cunpâgn a cavèr la gramaggna coi dént. - commentò Mr. Fantastic.
Non certo di buon auspicio. Ci fermammo perplessi.
- Oh, massimo massimo gli ‘guriamo un cancro e avremo perso una mezz'ora. - fu l'unanime conclusione.
Bussammo alla porta. Ci aprì un tremolante vecchietto in divisa da Waffen-SS. Al nostro legittimo trasalire, trasalì anch'egli, si buttò una mano al cuore, divenne cianotico, rantolò qualcosa d'incomprensibile e, caduto, rese l'anima.
- Porco dio! Mo chi cazzo è lui qua? - Fu la prima frase che pronunciai nella sede de Il Sarchiapone. Arrivò una segretaria: - Oh, non preoccupatevi. E' Sergio Livornò, reduce della Repubblica di Salò. Ha appena consegnato il manoscritto delle sue memorie, che Il Sarchiapone pubblicherà nella sua collana "Molotov-Ribbentropp". Voi siete i Senza Nome, immagino.
- Sì, Noi Cinque.
- Accomodatevi pure, Mario Maratea vi riceverà tra pochissimo.

- 2 -

Dietro la scrivania di Maratea c'erano i ritratti di Iosif Stalin e Armando Cossutta. Al lato c'era Alessandro Cecchi Paone, sorridentissimo. Rimanemmo attòniti, prima di renderci conto trattarsi di una sagoma life-size di cartone pubblicizzante la raccolta de "La Marcia del Tonto", nota trasmissione in cui squadre di ritardati mentali venivano fatte scontrare a gironi, per il sollazzo dei borghesi per bene. Avevo sempre ritenuto il programma roba da nazisti alla dott. Mengele, e mi stupii di trovare il Cecchi Paone a figura intera in quello studio. Ma tant'è, del resto il nostro ingresso in casa editrice era stato salutato dallo schiatto in diretta di un fascistone come Livornò (cazzo, neanche il tempo di stupirsi che fosse ancora vivo, e già ci era crepato davanti!).
- Avanti, avanti! - ci accolse Maratea, tossendo e scatarrando, rovesciando la cenere della sigaretta nel bicchiere di whisky e ribaltandolo, così che quello allagasse la moquette e raggiungesse il calorifero, si incendiasse, e lui lo spegnesse rovesciandogli sopra il posacenere e pestando col piede.
Tutto questo riuscendo intanto a stringere le nostre cinque mani e a baciarci tutti su ambo le guance.
- Ma non eravate quattro? - chiese, quando ci fummo seduti in mezzo al puzzo di alcol bruciato e cenere.
- Si è aggiunto l'Uomo Ragno - risposi indicando il nostro socio.
- Ah, bene, bene. E questo Ravaleo, dov'è? Non sarà un'altra delle vostre burle?
- No. E' qui di sotto in macchina.
- E perché non lo fate salire?
- Monta di guardia. La macchina è sua e dice che di lasciarla per strada non si fida in una città piena di terroni come questa.
- Ma potevate dirlo! C'è un garage qui poco distante, su, coraggio, scendiamo, così recuperiamo il Ravaleo e andiamo a mangiare tutti insieme.
E via pacche sulle spalle, e buffetti, e finte al basso ventre, al punto che giungemmo in corridoio tutti e cinque con le mani sui maroni e l'aria circospetta.

Dopo l'ammazzacaffé Valente si tolse la P38 dalla fondina ascellare, perché gli dava fastidio, e l'appoggiò sul tavolo. Sfilò anche il coltello da caccia dalla cintura e si decise finalmente ad appendere le bandoliere di proiettili all'attaccapanni alle sue spalle. Così riuscì a rilassarsi.
La prima domanda che l'Uomo Invisibile lasciò cadere sulla mesa, fu quella prestabilita: - Ma perché il tuo socio Zoratzkij non è venuto a pranzo?
Maratea si esibì in un'espressione contrita: - Purtroppo il rinnegato Zoratzkij si è rivelato un agente al servizio della concorrenza, si è lasciato comprare da una casa editrice di destra, dimostrando così una degradazione morale di cui non potevo sospettare. Mi dicono che sia fuggito in un paese della Brianza. E forse da là, cercherà ancora di tramare contro la mia casa editrice. Ma non preoccupatevi: siamo vigili e attenti.
- Sòccmel! - commentò Mr. Fantastic a nome di tutti noi.
Era un brutto colpo. Avevamo sentito parlare di Pavel Zoratzkij come di un bravo professionista: uno che riusciva contemporaneamente a corteggiare una bella donna, tradurre in simultanea dallo spagnolo e parlare al telefono con Caracas. E tutto questo senza perdere un briciolo di savoir faire. Non avremmo mai sospettato una cosa del genere.
- Eh, sapete, gli editori coraggiosi e spregiudicati come me sono molto odiati dai grandi mafiosi dell'editoria. Fanno di tutto per mettermi i bastoni tra le ruote. Ma noi possiamo essere amici, tra compagni ci si intende. Se non avete programmi particolari per i prossimi vent'anni, penso che potremmo fare parecchie cose insieme. Ahr! Ahr! Ahr!
- Ehm... - intervenne la Cosa - ma se Zoratzkij non c'è più, chi hai adesso come ufficio stampa?
- Avevo preso un giovanotto, un certo Paulo Benço. Sembrava in gamba, ma poi ho scoperto che era un subdolo agente sionista, lavorava per il Mossad, lo Shin Beth o qualcosa del genere. Stava organizzando qualcosa alle mie spalle, ma l'ho cacciato via prima che passasse all'azione!
- Ah. E chi ha preso il suo posto?
- Il meglio sulla piazza: Amanda Pitali.
- E chi sarebbe?
- Il miglior ufficio stampa d'Italia: se ti faccio i nomi di alcuni dei clienti che ha in carico ti caghi addosso... - Maratea contò sulle dita: - Chantal Menard, la Donna Cinghiale, Topo Gigio, Claudio Baglioni e il poeta Brunello Robertetti! Oggi pomeriggio dovete conoscerla assolutamente.
La sua fiducia e il suo entusiasmo erano travolgenti.
Il pranzo fu offerto dai gemelli Granaglia in forma di carta di credito.
Ci avviammo all'incontro con Amanda Pitali. Il vino che avevo in corpo era sufficiente a farmi rivolgere domande importune:
- Senti, Mario... Chi era il tizio che abbiamo incrociato sulle scale, uno che s'era appena licenziato...
Maratea si girò di scatto, i capelli dritti e lo sputazzo a innaffiagiardino: - Chi, quel traditore scansafatiche? Ai miei tempi l'avrei fatto fucil... ehm, cioè, insomma, cosa vi ha raccontato? Sono tutte balle! Tutte cazzate, non lo dovete ascoltare!
- Ma... Non ci ha detto proprio niente. Smadonnava tra sé e sé.
- Non vi immaginate che delusione! Sembrava un ragazzo promettente, poi si rivela un infiltrato nemico. Una pugnalata alla schiena. Lavorava per conto di Ottaviano Trappista, lo conoscete, no? Non sarete mica amici suoi?! Chi è suo amico è mio nemico!
Ottaviano Trappista era un autore di polizieschi, ex-militante dei Collettivi Armati per il Comunismo - Commando Hegeliano Europeo (CACCHE: acronimo infelice), fuggito in Quebec nell'81 dopo una spettacolare evasione dal carcere speciale di Alcatrace degli Abruzzi. Non indagammo i motivi per cui Maratea lo odiava, né chiedemmo particolari sul presunto tradimento del "ragazzo promettente".
Mentre Maratea parlava con l'Uomo Invisibile e la Cosa, Valente mi bisbigliò all'orecchio:
- Mo com'è che a sentirlo, lui qui c'ha tutti ‘sti nemici che lo infiltrano?
- Boh! Però il libro gli interessa...
- Ah beh, sì, il libro gli interessa... essa... essa...
Non mi sentivo molto lucido. Avevo le gambe pesanti e la saliva rovente. Che qualcuno avesse messo qualcosa nel mio vino? Che pensiero ridicolo, mezz'ora con Maratea mi aveva già reso paranoico? Dopo un po' cominciai a vedere doppio: due Maratea, due Valente, quattro gambe che mi trasportavano a fatica, due Mr. Fantastic che dicevano:
- An capéss pió un azidóll... Ai ò un prilån...
E due Uomini Invisibili che gli urlavano:
- Chi siete voi due? Che lingua parlate? Siete agenti nemici, vero, razza di bastardi??!
I due Valente puntavano la P38 in tutte le direzioni, senza mai puntarsela l'uno addosso all'altro.
I due Marii Maratea sghignazzavano: "Ahr! Ahr! Ahr! Ahr! Ahr!"
Dell'incontro con Amanda Pitali non avrei ricordato nulla. Esisteva davvero?. E chi cazzo era la Donna Cinghiale?
Quando mi risvegliai, eravamo sull'autostrada. Valente guidava scancherando contro i camionisti. Tutti gli altri dormivano sul sedile posteriore.
- Cos'è successo? Dove siamo?
- Torniamo a casa. Persona interessante, Maratea! Ci siamo voluti bene subito. Abbiamo parlato a lungo. Adesso non mi ricordo bene quello che abbiamo detto, però gli interessa la mia storia.
Che cazzo di mal di testa... Ricordi confusi... "Ahr! Ahr! Ahr! Ahr! Ahr!"
- Già, gli interessa la tua storia... Dove siamo?
- Tra Longobardia ed Etruria.
- Gira a sinistra dopo quei dolmen. Andiamo da Cienfuegos.
Entrando nella tenuta del nostro agente, travolgemmo un gregge e il suo pastore. Valente tirò il freno a mano ed eseguì un impeccabile testacoda. Le portiere posteriori si spalancarono e l'Uomo Invisibile fu sbalzato in mezzo alle pecore. Risveglio brusco. Valente si gettò fuori, rotolò per terra fino a un cespuglio, poi si sporse puntando un'Uzi contro il pastore. Ma non era il pastore.
- Fermati Valente! Tranquillo! E' il nostro agente!
Cienfuegos, in tenuta da trekking, ci squadrò uno dopo l'altro:
- Compadres, vi vedo intossicati. E' evidente che siete stati da Maratea. Com'è andato l'incontro?
- Questa sì è una buona domanda. Però la storia gli interessa.
- Già, la storia gli interessa - ripeterono tutti.
Che cazzo di mal di testa, però.


-3-

Nonostante il voto del silenzio, Cienfuegos condusse le trattative in modo brillante, fino a strappare un buon contratto. Poco prima della firma, Maratea ci telefonò e, in viva voce, fece il seguente annuncio:
- Non dovete preoccuparvi di niente. Per questo libro mi spenderò io personalmente.
Lo stesso promise a Ravaleo Jr.
Attaccammo a scrivere "Tomahawk", sbobinando conversazioni-fiume con Valente. La stesura durò dieci mesi, e a giugno consegnammo. L'uscita era prevista per settembre nella collana "Le Bronze".
Dopo qualche giorno ci arrivò l'impaginato da correggere, con allegata la prova di copertina. Telefonammo immediatamente a Cienfuegos:
- Sì, cazzo, un granchio. No, non è una foto, è un disegno. Bianco e nero. No, non c'è niente sullo sfondo. Sì, c'è scritto: "Senza Nome e Valente Ravaleo Jr. - Tomahawk - romanzo." Poi c'è ‘sta minchia di granchio, e una frase: "Un romagnolo agli ordini del Capo Verde"! Come se ‘sto Capo Verde fosse una persona invece che un arcipelago! E che c'entra il crostaceo? Cos'è, fissato coi crostacei? Sì, per favore. Mandagli un'e-mail incazzata. Facci sapere. Grazie mille. Hasta la victoria siempre!
Agganciai la cornetta e confiscai la mazza da baseball all'Uomo Invisibile, pompierando in maniera vergognosa, dicendo che era ancora troppo presto per uno scazzo, che potevamo proporre noi una copertina, che tutto si sarebbe chiarito...
I fatti mi diedero ragione. Dopo lungo questionare, grazie alla tenacia di Mastino Cienfuegos, la querelle si risolse in nostro favore. Il granchio sprofondò nella fogna da cui era venuto e Wonder Woman realizzò per noi un'immagine strepitosa, ottenuta dall'intreccio tra antichi tatuaggi di indigeni capoverdiani e la mappa stradale del paesino natale di Valente. Inviammo il tutto all'attenzione del dottor Sbandieratori, boss dell'Ufficio Grafico con sede a Davao, Filippine, che produceva le copertine per Maratea. Il suddetto, ideatore del famoso granchio ("perché Valente è duro fuori ma tenero dentro, come un crostaceo"), tentò fin da subito di boicottarci con ogni mezzo. Arrivò persino a sostenere che un'iguana si era mangiata il nostro file, pur di non darci soddisfazione. Alla fine, dovette cedere.
Tomahawk fece la sua comparsa in libreria. I sospetti sull'inesistenza di Amanda Pitali si rafforzarono, visti i brillanti risultati ottenuti dal suo ufficio stampa: una segnalazione su "La Cucina Italiana" e un trafiletto per "Quattroruote". Maratea cercò in tutti i modi di tranquillizzarci, evocando lo spirito della donna nel corso di una seduta mediatica.
- Cazzo, ragazzi, non sentite? - insisteva battendo con le nocche sotto il tavolo - Amanda è il miglior ufficio stampa d'Italia, che v'avevo detto?
Provai a trattenere Mr. Fantastic, ma fu tutto inutile. -Di' bän sò, fantèsma, - esclamò ad un tratto - l'èt mai ciapè in dal cul?
Senza ufficio stampa, l'unica speranza di vendere "Tomahawk" era il commercio porta a porta o, con nome più pretenzioso, il tour di presentazioni. Moltissime librerie, centri sociali, biblioteche, condominii, associazioni rionali e di difesa della Foca Monaca ci avevano contattato. Tracciammo al Maratea un rapido quadro delle quasi 30 date che ci attendevano e lui, per tutta risposta, si rabbuiò:
- D'accordo ragazzi, bravi, va bene tutto. Però dovete lasciare un po' di spazio anche per me, checcazzo, ci sono posti dove sarei molto contento di farvi andare. Ad esempio Reggio Emilia, il 9 di questo mese, e poi Chialamberto di Groscavallo, dal maestro Brahmacara...
L'Uomo Invisibile consultò l'agenda: - Per il 9 ci sarebbe già un altro impegno a Rimini, non si potrebbe...
- Uè, ragazzi, allora cosa parlo a fare? Si sposta Rimini e tanti saluti. Questa di Reggio è una data fon-da-men-ta-le. Per i Ferdi, due anni fa, c'era il pienone, teatro stracolmo, quasi trecento persone.
E allora? Vuoi fare uno sgarbo così al coraggioso editore di "Tomahawk"? Giammai! E già che eravamo lì, accettammo pure Chialamberto, dove Manuel Tromberrey, in concomitanza con la Festa del Bue Muschiato, aveva richiamato folle oceaniche.
Alla serata di Reggio parteciparono sì e no dieci persone, quei pochi ardimentosi che, muniti di bussola, sestante, astrolabio e cannuccia per bere dalle pozzanghere, riuscirono a trovare l'entrata del famoso Teatro Sùcale. Fa niente, una serata storta può sempre capitare. Ci ritirammo in buon ordine mentre Mr.Fantastic ci deliziava con le sue classiche battute su Entro Modena Esco Modena, Entro Reggio EscoReggio....
Per raggiungere Groscavallo di Chialamberto ( e non viceversa) ci toccò tagliare la nebbia col collo e fendere la neve con le ghette al ginocchio. Trainati da un camion di mangimi animali che aveva perso l'imboccatura del Frejus, riuscimmo ad inerpicarci fino ai 1100 metri di quota del monastero lamaista tibetano di Brahmacara, uomo molto gioviale e pieno di iniziativa, nonostante l'isolamento forzato. Il suo teatro 88, ci spiegò, era un punto d'incontro per le anime assetate di cultura nelle valli tra il Soana e la Stura. Purtroppo, neve e nebbia congiurarono contro di noi. Raggiunsero Groscavallo solo tre uomini e uno yeti. La cena a base di bucce di tofu, alghe e castagne d'acqua si rivelò tuttavia una vera delizia. Lo yeti, una persona squisita. Sfuggendo le dita ossute della morte, facemmo ritorno a casa alle prime ore del mattino.
Per fortuna, gli altri incontri ebbero molto più successo e, dopo tre mesi dall'uscita, raggiungemmo il traguardo delle venti presentazioni. Il libro vendette 20.000 copie, andò in ristampa, le cose sembrarono mettersi per il meglio.
Nel frattempo, Maratea non aveva ancora organizzato uno straccio di presentazione nella sua città, Milano.
- Strano - commentò la Cosa mentre puntavamo verso la libreria "Unisci i puntini numerati" di Lucca - Di solito Milano è una di quelle date che fanno tutti, non la si rifiuta a nessuno, come mai Maratea ha tante difficoltà?
- Io me lo ricordo bene - aggiunse Valente - Ha detto che si sarebbe speso personalmente. Adesso cos'è che fa, tira il culo indietro?
- Beh, sai - gli risposi - devi tenere conto che quella città è peggio della Cambogia, e Maratea non fa che litigare a destra e a sinistra quindi...
- Quindi un cazzo - si agitò l'Invisibile - Diamo via libera a quelli dell'Hulk e smettiamola di aspettare i comodi di Maratea.
La mozione invisibile fu approvata all'unanimità. Valente espresse la sua preferenza con un sonoro boia-ad-dio! ed evitò per un pelo il rimorchio di un'autocisterna. Guidava sempre lui, sennò gli veniva il mal d'auto.
Hulk, uno dei Centri Sociali più scalcagnati d'Italia, si era fatto avanti subito, e con vero entusiasmo, per organizzare la presentazione di "Tomahawk". Problema: Maratea non li poteva sopportare, due simpatizzanti del posto avevano lavorato per lui ed erano stati licenziati in tronco e, non da ultimo, uno dei leader era amico di vecchia data del barbiere del lattaio che si scopava la moglie di un collega di Maratea ai tempi della Stasi. Per non urtare la sensibilità del coraggioso editore di "Tomahawk", avevamo chiesto all'Hulk di mettersi in stand-by: Maratea avrebbe organizzato una cosa più ufficiale, mentre il Centro Sociale, in seconda battuta, poteva puntare sull'evento militante e underground.
"Ahr! Ahr! Ahr! Ahr! Ahr!"
Ma ormai lo schema era saltato. Non restava che scatenare Hulk.
A Lucca, intanto, fioccavano brutte notizie. Mentre io e Mr.Fantastic ci ingozzavamo di appetizer, un'avvenente libraia spiegò agli altri le sue disavventure con Maratea:
- ...Telefono e chiedo: Mercoledì vengono i Senza Nome a presentare "Tomahawk". Noi siamo una piccola libreria. Ci date una mano in qualche modo? Risposta: "Eh, vedi, anche noi in fondo siamo una piccola casa editrice, non so, potremmo pagare agli autori il taxi dalla Stazione alla libreria, di più non credo proprio..." Va bene, dico, restiamo d'accordo così...Tirchi di merda, penso tra me. Mi richiamano poco dopo: "Pronto? Ascolta, gli autori vengono in macchina, quindi per il taxi non c'è più bisogno..." Ok, allora che fate, pagate la cena? "La cena? Nonononono, quelli a cena mica ci restano, vogliono partire subito, immediatamente, anche perché di recente hanno litigato di brutto, quindi verranno solo in due e anche tra quei due non corre buon sangue!"
- Coooosa? Ti hanno detto così?
- Lo giuro sulla tomba di mia mamma. Poi mi fa: "Tutto a posto ci sentiamo." Riesco a bloccarla prima che agganci. Scusa, allora: niente taxi, niente cena. Che contributo date alla fine? Potete farci uno sconto sui libri, regalarcene qualcuno... "Ah, non chiedere a me, risponde, per quello devi sentire il responsabile nazionale delle vendite". Va bene, dico, d'accordo, e il giorno dopo lo faccio chiamare dal rappresentante Sarchiapone per la Toscana. Chiama da qui, dalla libreria, fa la proposta e dall'altra parte del filo sento uno che ride a squarciagola: Non se ne parla nemmeno. E dire che Heynoughty, quando siete venuti a presentare "Uh?" ci regalò una decina di copie...Quand'è che tornate a lavorare per loro?
Mentre eravamo a tavola, quelli dell'Hulk ci richiamarono: la data era fissata. La resa dei conti si avvicinava.

- 4 -

Hulk, sulla falsa riga della presentazione di Bologna alla Topaia Polivalente Occupata, voleva invitare a prendere parte alla serata alcuni arzilli vecchietti che, come Valente, avessero combattuto per la libertà di altri popoli. Si poneva però il problema del riscaldamento: come evitare che qualcuno dei suddetti non schiattasse d'infarto tra le gelide macerie del Centro Sociale? Ebbero un'idea: affittiamo tre quattro di quei funghi riscaldanti da bar all'aperto anche d'inverno e sentiamo da Maratea se ci aiuta con le spese.
La risposta fu la consueta risata. - Ué, baùscia, già sgancio di tasca mia per le locandine, volete ridurmi sul lastrico?
Certo, di solito non è l'editore a doversi preoccupare dell'agibilità della sala dove si presenta un suo libro, ma, insomma... - presi a pensare ad alta voce - Non è riuscito in tre mesi ad organizzarci un cazzo, adesso potrebbe anche tirarsela di meno. Questa sera gli scrivo un'e-mail e provo a convincerlo.
Tornato a casa dall'ennesima trasferta, scrissi.
La risposta non fu proprio come l'aspettavo. Si ribadiva il no al finanziamento. E si difendeva la Mario Maratea Editore che, se non aveva organizzato nulla a Milano, tuttavia continuava a seguirci nelle nostre derive in giro per l'Italia, tutte date scelte da noi, non dalla casa editrice, e che per questo rendevano il lavoro particolarmente faticoso.
Tra le righe, si poteva leggere una sorta di rimprovero perché ci stavamo sbattendo troppo, costringendoli a darsi da fare.
- Ancora una volta si conferma la nostra teoria - commentò la Cosa - In questo paese l'obiettivo degli editori non è vendere i libri. Se vendi, gli dai fastidio. L'unico obiettivo che hanno è fallire e/o farsi comprare da Berlusconi.
- Giusto! Come dice Cienfuegos: sono una razza inferiore, bisogna solo spaccargli le gambe.
Mentre ci lasciavamo andare a queste amare considerazioni, ci giunse, via cellulare, una richiesta del Maratea: - Ué, ragazzi, ci sarebbe la Fustagnelli di Milano che chiede se, prima di andare all'Hulk, passate da loro per gli autografi.
- Autografi? Noi non facciamo autografi, scusa, abbiamo il nostro simbolo su normografo e lo usiamo solo alle presentazioni...
- Oh, cazzo, vi sto dicendo che è una roba importante! Da Fustagnelli state vendendo l'ira d'Iddio, bisogna tenerseli buoni, e poi questo simpatico happening l'ha organizzato l'amico del pollivendolo del pedicure del nostro rappresentante per la Brianza, mica potete dire di no!
- Ascolta, Mario, non ti diciamo di no, però scusa, ci eravamo organizzati in modo diverso, mancano tre giorni ...Potrebbe venire Mr.Fantastic, che è lì dalla mattina...
- Uè, belli, mica vi sto chiedendo la luna! Com'è che non recepite il discorso? Si tratta solo di arrivare qui un paio d'ore prima. E almeno Valente deve venire a firmare...
E come fai a dire di no all'unico editore che ha avuto il coraggio di pubblicare un romanzo ostico come "Tomahawk" ? Valente e Mr.Fantastic si accordarono per la firma libri.
Poi, arrivò il gran giorno. Presentazione di "Tomahawk" a Milano e, a seguire, musica cerebro con Little Toni Negri dj, l'alias con cui l'Uomo Ragno si accostava ai piatti.
Prima di entrare all'Hulk, rapida scappatella in un bar insieme al Maratea, per far luce sulle reciproche incomprensioni.
Per tutta la nostra requisitoria, Maratea guardò il pavimento, facendo nessun viso a cattivo gioco. Disse solo due frasi:
"Cosa volete, insegnarmi il mio mestiere?"
"Amanda Pitali è il miglior ufficio stampa d'Italia".
Al termine della chiacchierata l'unico a sentirsi rassicurato sembrò essere Valente, che confidò alla Cosa:
- Secondo me, Maratea oggi ha capito molte cose. Le incomprensioni erano solo frutto del suo amore per il whiskey e della distanza geografica. D'altra parte, è o non è un comunista? Ci ha fatto delle promesse, dioboia, le manterrà!
Dietro di loro, Mr.Fantastic scuoteva la testa: - Mocché, mocché: al s'è brisa acòrt ch'l'ha fâtt al stranz piò gross dal bûs, da' retta a me!
Nonostante i caloriferi sparsi per la stanza e il calore umano di oltre cento persone, l'Hulk si rivelò per quello che era: una gelida stamberga. Nonostante gli interventi di disturbo di un sedicente collaboratore della libreria Ca' Losca, la serata filò via liscia.
Al termine, Maratea ci abbracciò e baciò tutti quanti, propose a Wonder Woman di metter su un business con le magliette griffate NoName, ricordò all'Uomo Ragno di mandargli in lettura il manoscritto della sua ultima fatica "Maputo Punk" e si dileguò come un vampiro nella notte meneghina.
Little Toni Negri dj riuscì a suonare la sua fantastica cerebro per soli venti minuti. Nonostante la gente ballasse a più non posso, i dj dell'Hulk non potevano sopportare interruzioni alla loro inarrestabile progressione musicale di reggae, ragga, roggo e ruggu. Per un'ora, sembrò che ripetessero lo stesso pezzo all'infinito. Infreddoliti, chiedemmo ai nostri ospiti di portarci in branda.
Per la strada, squillò il mio cellulare.
Era un SMS di Maratea.

<<Cari Senza Nome, purtroppo questo pomeriggio mi sono dimenticato di dirvi che siete delle teste di cazzo. Ne ho avuto la conferma con l'intervento sullo schiavismo portoghese a Capo Verde: i riferimenti al mio modo di intendere l'editoria erano fin troppo chiari. Per cui, vaffanculo. Non vi voglio più vedere. Cancellerò le vostre facce dalle foto che ci hanno fatto insieme. Non ci siamo mai conosciuti. Sono offeso. Sono dispiaciuto. Siete solo dei fighetti e non avete futuro. Mario Maratea. >>

Questa volta, l'Uomo invisibile non si lasciò trattenere. Sgattaiolò nel bagagliaio ed afferrò la mazza da baseball.
- Andiamo - disse con un ghigno.
- Why not? - rispondemmo tutti.
In un batter d'occhio arrivammo sotto le finestre di casa Maratea. Mr. Fantastic si allungò fino al terzo piano, ruppe il vetro e fece da pertica per la Cosa più un paio di ex-dipendenti del Sarchiapone che si erano uniti a noi per la rumba finale. Io accesi il mio corpo e volai fino al davanzale. Lo stesso fece l'Invisibile mentre l'Uomo Ragno si arrampicava sul muro con agilità.
Anche in "Tomahawk", libro crudo ed estremo, ci siamo astenuti dal descrivere le scene più raccapriccianti. Vi basterà sapere che, dieci minuti dopo, da una finestra del terzo piano di Viale Umbria volava nel cielo di Milano un grumo informe di carne, ossa e merda che, colpito in pieno da una raffica di Valente Ravaleo Jr., si frantumava in aria assumendo le sembianze di un mangime alimentare altamente tossico per colombi e piccioni.
E questa fu la fine di Mario Maratea.


Epilogo


Una sera di relax, qualche settimana dopo la resa dei conti, me ne andavo in giro per Felsina con gli auricolari ai padiglioni, camminando a ritmo come uno sborone, tipo Shaft, ascoltando Mc Solaar e Guru rappare insieme, "Jazzmatazz vol. 1", © 1993. Entrai in uno dei locali più cool della città, il Sunshine Superman, e ordinai un caffè d'orzo in tazza grande corretto con alcol puro. Mentre lo sorseggiavo, lo vidi entrare: Pavel Zoratzkij in persona. Abito bianco di lino, inconfondibile taglio Cifonelli di rue Marbeuf 31, Parigi (c'ho un cazzo di occhio, per certe cose!). Polo Ralph Lauren amaranto. Scarpe bicolori Florsheim, bianche e testa-di-moro. Si appoggiò al banco e ordinò il mio stesso drink.
- Ehi, Zoratzkij! Ti ricordi di me? Sono la Torcia Umana dei Senza Nome, ex-Joe Jordan. Ci siamo visti qualche anno fa a una presentazione di "Uh?"
- Carissimo! - disse stringendomi la mano - Ho perso i vostri numeri, sennò vi avrei chiamati subito dopo l'uscita di "Tomahawk", per farvi i complimenti. Gran bel libro, davvero.
- Già. Peccato averlo dato a quello stronzo di Maratea, Che Non Riposi In Pace.
- Che strana morte, vero? Aggredito in casa sua e maciullato! A dire il vero, potrebbe essere stato chiunque. I nemici non gli mancavano.
- Un vero enigma, quel tale. Paranoie su paranoie su paranoie e un'etica da purghe del '37, il tutto coniugato alla sciatteria più invereconda. Vedeva complotti dappertutto eppure era circondato da un serraglio di inaffidabili: i Granaglia, Sbandieratori, Amanda Pitali...
- Amanda Pitali? Ma perché, tu l'hai vista?
- Credo di sì, ma non ricordo nulla. Devo aver avuto un malore.
- Senti, ti rivelerò una cosa che al Sarchiapone cercano di tenere insabbiata... Nemmeno Cienfuegos ne è al corrente. - e si sporse verso di me non prima di essersi guardato intorno.
- Amanda Pitali non è mai esistita. Era solo un'allucinazione di Maratea, una delle tante.
- Cosa? Ma...
- Aspetta, non ho finito. Tanto vale che ti dica tutto. Ti hanno mai raccontato della vacanza-studio a Berlino, nel '75? Sì? Beh, lo sai cosa faceva Maratea in quei giorni?
- Sì, faceva la sentinella sul Muro e...
- No, no, questa è la versione di comodo. In realtà lo usarono come soggetto di esperimenti. Esperimenti sul controllo mentale. Stalinisti da tutto il mondo si offrivano volontari, per la Causa. Somministrazione di farmaci, programmi di condizionamento... Esperienze da cui non si è mai più ripreso. I servizi segreti della RFT hanno scoperto tutti i documenti dopo la Riunificazione.
- E uno come lui era a capo di un'azienda? Uno che vedeva i fantasmi?
Abbassò ulteriormente la voce e si chinò fin quasi a toccarmi la fronte col naso:
- Non era a capo di niente. La sua sotto-casa editrice era solo una facciata. Gli facevano credere di essere un editore, lo assecondavano, perché non desse in escandescenze.
- Ma come? I libri uscivano! Tu eri suo socio! Siamo stati nel suo ufficio!
- Io non ero suo socio. Io sono un paramedico. Dovevo stargli dietro e reggere la messinscena, stipendiato dai Granaglia. Col tempo è diventato sempre più aggressivo nei miei confronti, e mi sono dovuto licenziare. All'inizio funzionava così: i Granaglia dirottavano su Maratea i libri impubblicabili da un marchio prestigioso come Sarchiapone o raffinato come Fràciche. Te li ricorderai i primi titoli: "Psicopatologia della fonduta", "101 modi di leccare la fregna purché sia pulita"... Poi fecero un grave errore: cominciarono a dare a Maratea opere valide ma molto rischiose e di nicchia, come quelle della Banda dei Ferdi: "Su due piedi", "Il rinomato elisir", "Il triciclo di Keplero"... Libri che ebbero un successo inaspettato, facendo credere a tutti che Maratea fosse un vero editore. Questo è successo una quindicina di anni fa, ed è stato l'inizio dei veri guai. Maratea, galvanizzato, cominciò a contattare autori, organizzatori di eventi, agenti letterari come Cienfuegos... Un effetto-valanga di equivoci, aumento dello stress, psicosi del complotto...
- Ma... Non capisco... Perché i Granaglia tenevano in piedi tutto quel...
- Maratea era il loro fratellastro. Figlio illegittimo di Eustachio Granaglia, il vecchio patriarca spirato nel '71. Cercavano di accontentarlo, di non farlo soffrire... In fin dei conti mi fa un po' compassione. Aveva sofferto molto. Capisco che facesse perdere le staffe, ma non meritava una fine così atroce. Ehi, dove vai? Ti senti male?
Infilai la porta a folle velocità, intorno a me il mondo danzava, danzava nel fuoco, un fuoco freddo e bianco, e strisciate di luce s'infilavano sotto le palpebre come piedi di porco intenti a scassinare una serranda, e il mio stomaco suonava la sirena delle ambulanze, e le gambe correvano davanti a me, simili a mulinelli, come nei cartoni animati, e i suoni si affastellavano nei condotti del dolore, "Ahr! Ahr! Ahr! Ahr! Ahr!", e cercavo di vomitare, e cercavo di raggiungere casa mia.
Mi trovò Mr. Fantastic, riverso sotto una panchina di Piazza Aliprandi. Non mi chiese niente, ma chiamò un taxi per riportarmi a casa.
La vettura fendeva la notte etrusca, mentre gruppi di biasanòt ridevano e cantavano sotto i portici, e le puttane, pugni sui fianchi, cavalcavano i pedonali come antiche amazzoni. La città era bella, e "Jazzmatazz" era tornato a spingermi nelle orecchie: never no time to play / gotta keep workin' every day / never no time to play...
- Qual è la via giusta? - chiesi a Mr. Fantastic.
- So brîsa mé.

Neanch'io.


No ©. Scritto di Wu Ming 1, Wu Ming 2 e Wu Ming 4, prima settimana di febbraio 2001. Qualsiasi riferimento a personaggi e situazioni realmente esistenti non è per niente casuale.

 

 

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