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Aspetta primavera,
Bandini
1938 - Marcos y Marcos, pag.190
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Fermi
tutti: in casa Bandini sta per fare ingresso nonna Toscana:
come ogni mese, annuncia per lettera la propria visita-ispezione
ufficiale, che si traduce in una giornata di mugugni e osservazioni
su disordine, sregolatezze, immoralità: non c'è
poi da meravigliarsi se gli americani considerano gli italiani
una banda di straccioni da evitare a tutti i costi.
Donna Toscana considera il genero Svevo — il quale non
a caso se la dà a gambe al suo arrivo — un mezzo
fallito e la figlia Maria una pazza perché lo ama e alla
fin fine ne asseconda le peripezie; come se non bastasse, qualcuno
ha visto papà Bandini su una veloce berlina accanto alla
donna più ricca del paese, con la risibile scusa di un
incarico ottenuto da lei: risistemare il caminetto di una delle
sue ville.
Insomma, il povero Arturo, poco più che bambino, pur
con tutto l'entusiasmo e l'ammirazione per le bravate di babbo
Svevo, non ha vita facile in questo paesetto di montagna della
grande America degli anni Trenta. Non è sempre gradevole
districarsi fra mille trovate per conquistare o tenere a bada
Mister Craik, il salumiere che continua miracolosamente a conceder
credito ai Bandini, la bellissima e cagionevole compagna di
classe Rosa Pinelli, che respinge il dono d'amore — un
prezioso cammeo rubato a mamma Maria — e soprattutto l'insopportabile
fratellino Federico tutto preghiere e saggezza, che gli ricorda
l'imminenza del temuto purgatorio…
***
Prefazione di John Fante
Ora che sono vecchio non posso ripensare ad
Aspetta primavera , Bandini senza smarrirne le tracce nel passato.
Certe notti, a letto, una frase, un paragrafo o un personaggio
di questa prima opera m'ipnotizza e nel dormiveglia mi ritrovo
a ricucirne le frasi ricavando il ricordo melodioso di una vecchia
camera da letto nel Colorado, o di mia madre e mio padre oppure
dei miei fratelli e di mia sorella. Non riesco a convincermi
che una cosa scritta tanto tempo fa mi risulti così dolce
nel dormiveglia e tuttavia non riesco a guardarmi indietro,
riaprendo e rileggendo il mio primo romanzo. Ho paura, non sopporto
l'idea di vedermi sotto la luce della mia prima opera. Sono
certo che non la rileggerò più. Di una cosa però
sono sicuro : tutta la gente della mia vita di scrittore, tutti
i miei personaggi si ritrovano in questa mia prima opera. Di
me non c'è più niente, solo il ricordo di vecchie
camere da letto, e il ciabattare di mia madre verso la cucina.
***
l'inizio...
Avanzava,
scalciando la neve profonda. Era un uomo disgustato. Si chiamava
Svevo Bandini e abitava in quella strada, tre isolati più
avanti. Aveva freddo, e le scarpe sfondate. Quella mattina le
aveva rattoppate con dei pezzi di cartone di una scatola di
pasta. Pasta che non era stata pagata. Ci aveva pensato proprio
mentre infilava il cartone nelle scarpe.
Detestava la neve. Faceva il muratore e la neve gelava la calce
tra i mattoni che posava. Era diretto a casa, ma che senso aveva
tornare a casa? Anche da ragazzo in Italia, in Abruzzo detestava
la neve. Niente sole, niente lavoro. Adesso viveva in America,
nella città di Rocklin, Colorado. Era appena uscito dall'
Imperial Poolhall, la bisca locale. Le montagne c'erano anche
in Italia, simili ai bianchi monti a pochi chilometri di distanza
verso occidente. Le montagne erano un gigantesco abito bianco
caduto come piombo sulla terra. Vent'anni prima, quand'era ventenne,
aveva fatto la fame per un intera settimana fra le pieghe di
quel selvaggio abito bianco. Doveva costruire un camino in una
baita. Era pericoloso lassù, d'inverno. Eppure aveva
mandato al diavolo il pericolo, perché allora aveva vent'anni,
una ragazza a Rocklin, e bisogno di soldi. Ma il tetto della
baita era crollato sotto il peso della neve soffocante.
L'aveva sempre tormentato, quella bella neve. Non capiva per
quale ragione non se ne andava in California. Rimaneva in Colorado
invece, nella neve alta, perché ormai era troppo tardi.
La neve bianca e bella era uguale alla moglie bianca e bella
di Svevo Bandini, così bianca, così fertile, adagiata
su un letto
bianco nella casa in fondo alla strada. Al numero 456 di Walnut
Street, Rocklin, Colorado.
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