Introduzione alla lectio divina II domenica O/C 14.01.01
Isaia 62,1-5
[1] Per amore di Sion non
mi terrò in silenzio, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non
sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non
risplenda come lampada. [2] Allora i popoli vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;ti si chiamerà con un nome nuovo che la
bocca del Signore indicherà. [3] Sarai una magnifica corona nella mano del
Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. [4] Nessuno ti chiamerà più
“Abbandonata”, né la tua terra sarà più detta “Devastata”, ma tu
sarai chiamata “Mio compiacimento “ e la tua terra “Sposata”, perché il Signore si
compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. [5] Sì come un giovane
sposa una vergine, così ti sposerà il tuo architetto; come gioisce lo sposo
per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.
La voce dello sconosciuto
profeta, che ha scandito le parole di Dio, raccolte nella terza parte del libro
di Isaia,* si leva qui alta nel presentare ad Israele un radioso destino di
gloria per Gerusalemme, la città amata con passione, perché città amata dal
Signore.
Il contesto immediato è quello post-esilico.** Ad Israele è stato
dato, per grazia, di tornare, con un nuovo esodo, da quell’esilio babilonese
tormentato dal ricordo di Sion fumante tra le sue macerie, penoso segno
dell’abbandono di Dio.
Ora, a fronte di
rovine da sanare (58,12), in una situazione di precarietà nazionale, con il
rischio di soccombere davanti a nuovi ed antichi nemici, tra cui
l’inestirpabile ingiustizia nei rapporti cittadini (59,1-15), l’oracolo del
profeta rassicura la smarrita comunità d’Israele con una consolante visione di
salvezza: mai più morte e distruzione, mai più deportazione e rovina per Sion e
per il suo popolo. E’ la revoca per sempre di un giudizio di condanna che
troviamo al centro del brano (v 4).
Ma prima, nel linguaggio
luminoso delle immagini – stella, lampada, corona, diadema - si dispiega anche
un forte messaggio teologico: seppure la “giustizia” umana appare
irrealizzabile, presto brillerà la Giustizia (zedek) divina, che per Israele
non è che la stessa fedeltà del Signore alle Sue antiche promesse (57,16). E
con essa la Salvezza (j’sha’) (v 1).
Solo allora in Sion sarà
ristabilita la giustizia umana e la sua gloria sarà visibilità dell’amore
ricevuto come salvezza (v2)
L’ultima parte
dell’oracolo (v 4b-5) rafforza, sul piano esistenziale, il messaggio,
introducendo la metafora sponsale per indicare lo speciale rapporto di
tenerezza tra il Signore e Gerusalemme:”Sì, come un giovane sposa una vergine
così ti sposerà il tuo creatore”.
Ma il cuore
dell’ascoltatore abituato a scrutare la parola scorrendo a ritroso le
scritture, può trasalire, perché prima d’ora la metafora matrimoniale vi è
stata sempre usata a vergogna di Israele, bollata come sposa infedele, adultera
peggiore della prostituta (Ez 16, 15-63). A lei è stato detto: “Tu ti sei
disonorata con molti amanti e osi tornare da me? (Ger 3,1). Uguale accusa le è
stata volta per prima in Osea (2, 4-15), mentre il profeta stesso è stato
associato a questa sofferenza: “Va’,
ama una donna che è amata da un altro ed è adultera; come il Signore ama gli
Israeliti ed essi si rivolgono ad altri dei” (Os 3,1). Può trasalire però di
speranza, perché già allora, impensabilmente, dopo la minaccia di devastazioni
- ”La ridurrò a una sterpaglia e a un pascolo di animali selvatici” (Os 2,14) -
il Signore ha promesso di liberare tutta la sua tenerezza repressa: ”Ti farò
mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella
benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.
E avverrà in quel giorno – oracolo del Signore – io risponderò al cielo ed esso
risponderà alla terra; la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e
l’olio e questi risponderanno a Izreèl” (Os 2, 21-24). A questa parola, dalla
terra del suo esilio, si era già ispirato consolante il Deutero-Isaia: ”Viene
forse ripudiata la moglie sposata in gioventù? Per un breve istante ti ho
abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore….con affetto perenne ho avuto
pietà di te” (Is 54, 6-8).
Allora “vergine” è il nome
nuovo di Sion, peccatrice perdonata, dato da chi ha potere di fare nuove
tutte le cose.
Perché il Signore la
sua fedeltà alle promesse, l’ha impegnata da sempre con Israele secondo la
modalità dell’Alleanza. Anzi, di una Alleanza perenne, come è detto al cap 61,
9; e questa sponsale, non è che un’ultima forma di alleanza, come già appariva
in Osea (2, 20). Più esplicita ”…giurai alleanza con te – dice il Signore Iddio
- e divenisti mia” (Ez 16,8). Il tutto, come sempre, secondo le logiche divine:
da un lato una ricchezza che vuole tutto donare, dall’altra una povertà,
chiamata a tutto ricevere, prima che a ricambiare.
Ma un’ Alleanza anche che
aspetta, come tutte le realtà veterotestamentarie, il compimento,
l’incarnazione. Un’Alleanza che attende di farsi, anch’essa, nuova in Cristo.
“L’Amato mio è per me e io per lui” (Ct 2, 16). Gesù, lo Sposo
atteso, cui la Sposa appartiene (Gv 3, 25-30), e a cui, come a “unico sposo”
deve essere presentata “quale vergine casta” (2Cor 11, 1-2), resa tale da un
dono: “ le hanno dato una veste di lino puro splendente” (Ap.19,8).
“Beati gli invitati al
banchetto delle nozze dell’agnello” (Ap 19,9).
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*Capp 56-66, detti del
Trito-Isaia
** A partire dal 538 a.C.