Ma chi difende un bene di tutti come il paesaggio………


Nell'ambito della tutela ambientale e paesaggistica, il Comitato ricorda l’impegno che ha profuso per impedire che venissero realizzate le note villette di via delle Fonti e purtroppo, a smentita di quanto letto da molti sulla stampa, questo scempio sta invece continuando indisturbato perché, dopo il pronunciamento della Soprintendenza ai beni artistici e ambientali, favorevole al reinserimento di quell’area nel contesto delle zone panoramiche da proteggere, come da noi richiesto, nessuno ha poi fatto niente per far valere questo vincolo.

Farlo valere significava fermare quel progetto, almeno nella forma in cui era stato approvato, e secondo noi sarebbe stato un atto dovuto, da parte del Comune o della Soprintendenza, Istituzioni che in primo luogo dovrebbero difendere il diritto collettivo di vedere tutelato almeno quel che rimane di un bene, come il paesaggio e la scalea della Villa Medici, che è patrimonio di tutti.

Ma partiamo dall'inizio……

Nel lontano Aprile del 1999, quindi poco prima delle elezioni Amministrative, veniva approvato definitivamente il Piano Strutturale e con esso discutibili interventi edificativi in zone ad alto pregio la cui "fragilità" era stata sancita, anche se tardivamente, da una certa sensibilità Amministrativa. Tardivamente perché tante zone, e via delle Fonti è una di queste, potevano essere meglio tutelate ma quantomeno non si era sposata la tesi del: tanto peggio di così……

Questo piano strutturale invece ha nel suo contesto una logica da "geometri", che solitamente sanno bene che tra due punti passa sempre una sola linea. In questo caso la retta sono le nuove costruzioni attraverso le quali si uniscono all'abitato consolidato borghi e borghetti ed in questa logica perfino lo stesso Palazzo comunale sarà collegato a via Roma e a Baroncelli.

Questo vale per la scelta dei siti, mentre il bello viene quando si vanno a vedere le regole che determinano quanto costruire in questi siti. Prima di tutto occorre dire che il Comune di Bagno a Ripoli è l'unico comune con un regolamento edilizio che determina quanto si può costruire fissando solo il numero di vani utili, senza alcun indice tra superficie e volume edificabile. Questa esclusiva pensata non rende certo onore al territorio quando basti dire che i greci parlavano già di volumi "aurei" significando con questa parola la proporzione migliore tra l'oggetto ed il contenente.

Ma oltre a questo, in un contesto di stabilità della popolazione del nostro Comune ormai da un decennio, il piano strutturale azzarda un fabbisogno abitativo per i prossimi 15 anni pari a 76.000 mq di superficie abitabile alla quale, secondo gli standard nazionali si possono prudentemente far corrispondere circa 5000 vani, per un totale ipotizzabile di circa 1200 abitazioni.

Ma la cosa interessante è che per un’oscura norma del regolamento edilizio comunale, che è stata riconosciuta illegittima dalla Regione e dal Comune stesso, ma da quattro anni si continua a far costruire appartamenti privati con questa norma che consente di edificare una superficie fino al doppio degli standard nazionali (una stanza che misura meno di 12 mq può essere conteggiata per mezzo vano, mentre per il catasto già 9 mq sono considerati un vano. Risulta chiaro che così non si faranno 1200 abitazioni, consumando fette di territorio che secondo gli standard nazionali avrebbero potuto soddisfare ad un fabbisogno doppio di abitanti. Tutto questo in un contesto di stabilità della popolazione.

Questa edilizia privata alimenta pertanto solo la speculazione favorendo solo l'acquisto della casa da parte di una clientela elitaria che, visti i prezzi, ne ha già una da vendere per ricomprarla più grande, non offrendo quindi alcuna possibilità di accesso a tutti coloro che non hanno nessuna casa. Per giustificare questo paradosso si è ricorsi alla istituzione di ipocriti bandi per l'acquisto, a prezzo concordato, di una quota del totale costruito, da parte di quest'ultimi, che devono possedere requisiti sui quali si potrebbe ampiamente disquisire. Tuttavia quando si possono costruire vani fino a 36mq si capisce che il prezzo, per quanto calmierato, sarà comunque alto e nella realtà non sarà sicuramente neppure quello indicato in bando perché chi decide a chi vendere, tra gli iscritti in graduatoria, è lo stesso Costruttore o/e Proprietario il quale, in questo contesto, è facile intuire come possa assumere il ruolo di battitore d'asta, e questo non fa certo un piacere al fisco.

Ragionando in "soldoni", questo giochetto che permette un aumento della superficie per appartamento, oltre la media, porta ad un maggior valore lordo del costruito per acquirente, che agli attuali prezzi di mercato può essere ritenuto dell'ordine di 700 miliardi di vecchie lire.

 

Qualcuno riesce ad immaginare come mai, nonostante i ripetuti impegni, il Comune non ha ancora abrogato quella norma (art.56 Reg.Ed.) e non ha rivisto le procedure di bando?

Abbiamo riportato quanto sopra perché in questo contesto rientrano anche le villette di via delle Fonti le quali, a fronte di 3,5 vani utili presentano, per ogni unità immobiliare, una superficie abitabile di 126 mq ai quali si aggiunge un connettivo seminterrato di altri 63 mq. E' chiaro che il prezzo richiesto sia di 900.000euro, ma premesso quanto sopra pensate davvero che chi ha avuto accesso alla quota "calmierata" abbia pagato la metà, come previsto dal bando?

 

Come vedete in queste considerazioni stanno le risposte alla nostra domanda sul perché le ricchezze collettive vengono difese solo quando farlo non costa niente, in questo caso, gli interessi sono così rilevanti da far presupporre "un costo" per la difesa di un diritto collettivo per cui le Istituzioni si "defilano" e la difesa rimane delegata al privato, ma solo se direttamente interessato, o ad associazioni che operano in un contesto di tutela ambientale e civica.

Per fortuna ci sono ancora libere associazioni come Italia Nostra, alla quale il nostro Comitato ha sempre fornito la massima collaborazione, che ha presentato ricorso al Presidente della Repubblica per bloccare questa speculazione che tra l'altro rovina definitivamente un'area confinante con la scalea della villa Medici Tornaquinci, sulla quale è stato "ripristinato" il vincolo artistico e paesaggistico, dalla Soprintendenza, pensate bene, solo qualche giorno dopo che il Comune aveva rilasciato la definitiva concessione a perpetrare questa "devastazione", come il compianto Sindaco Giuliano Lastrucci definì, su un controverso articolo apparso su La Nazione del 28/11/02.

 

 

Sergio Morozzi

Comitato di Bubè