Mara Cagol

Se è vero che tutti siamo condizionati dal tempo in cui viviamo, alcuni lo sono in modo più forte, tanto da venirne letteralmente tra­volti. Così è stato per Margherita -Mara- Cagol, occhi verdi e capelli neri, graziosa ragazza trentina di buona famiglia, cattolica, che dal­l’ambiente in cui fu educata assorbì ogni insegnamento, veramente sul serio. Se un buon cristiano non deve essere insensibile ai bisogni degli esseri umani che soffrono, per Margherita questo volle dire, in modo un po’ estremo e semplicistico, che doveva impegnarsi a cambiare il mondo, proprio lei, con qualsiasi mezzo, e subito. Probabilmente, se fosse nata un secolo prima, avrebbe potuto essere una di quelle fonda­trici religiose che hanno investito in opere assistenziali le loro strabordanti energie e il loro bisogno di aiutare.

Anche Margherita, studiosa e musicista, piena di passione ed entu­siasmo, voleva intervenire nel mondo, voleva migliorarlo. come le era stato insegnato fin da piccola. Ma l’aria dei tempi che a Trento (facoltà di Sociologia) spirava forte, le propose fra le altre una ricetta semplice che sembrava spiegare tutto, e trovare un rimedio per tutto: il comunismo, la rivoluzione armata, avrebbero creato proprio quel paradiso in terra che somigliava molto, ai suoi occhi, a quella società migliore che i cristiani dovevano costruire. Il fatto, poi, che la strada per realizzare la Gerusalemme celeste le fosse proposta da un bel giovane, un po’ triste come si conviene ai più pregiati principi azzurri, non fece che renderla praticamente irresistibile agli occhi di Mar­gherita.

Dietro all’immagine della più ‘guerriera’ delle brigatiste si celava quindi una storia antica: per amore di suo marito, Renato Curcio, la giovane rivoluzionaria si è impegnata così a fondo nell’organizzazione politica clandestina da assumere non solo il ruolo di leader al posto del marito arrestato, ma addirittura di organizzare il commando con cui lo ha liberato dal carcere di Casale. Ma, come scrisse nell’ultima lettera alla famiglia, era una passione, quella rivoluzionaria, che la faceva sentire estremamente sicura di sé: “Abbiate fiducia nelle mie capacità e nella mia ormai grossa esperienza. So cavarmela in qualunque situa­zione e nessuna prospettiva mi impressiona o impaurisce. Vi voglio più bene che mai".

Apparentemente senza dubbi e impavida, ma nel fondo timorosa di perdere l’approvazione della famiglia, con cui cercò di mantenere un legame anche dalla clandestinità, e forse anche quella del marito, se non lo seguiva fino in fondo, Margherita non ebbe mai il tempo di riflettere e di ‘pentirsi’, come altre sue compagne di ‘guerriglia’. Per lei l’aria del tempo spirava troppo forte per poterle resistere, tanto forte da farla finire uccisa, a soli trent’anni, con il fucile in mano, in un insensato scontro a fuoco con i carabinieri.

 

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