Lina Merlin

 

Nella sinistra rigorista degli anni Cinquanta, Lina Merlin è una anziana bella signora che veste in pelliccia, ama gli abiti eleganti, va fiera delle sue poche rughe e si rallegra quando i vecchi compagni le dicono che non ha perso la femminilità dopo decenni di militanza. Neppure ha perso lo spirito combattivo. Socialista della prima ora e resistente, nominata fra i settantacinque estensori del testo costitu­zionale, impone che all’articolo 3 la differenza di sesso sia inscritta fra quelle che non devono essere né dimenticate né discriminate; riesce a far cancellare la sigla N.N. sui documenti anagrafici; propone invano di abrogare il carcere per le madri di figli piccoli. Combattente umani­taria che segna una rivoluzione senza morti e senza feriti, nel frat­tempo martella il paese di denunce sulla miseria del Polesine e in par­lamento sfida il ministro Segni da ‘gentildonna veneziana’ a ‘cavaliere sardo’.

Eppure il suo ruolo cardine nella battaglia per l’abolizione delle case chiuse e della schedatura delle prostitute ha finito per farla apparire la donna di una sola causa. Tra il 1948 e il 1958 (tanto dura l’iter della legge che porta il suo nome) la senatrice veneta porta perentoriamente sulla scena pubblica la miseria del sesso in compra­vendita e la vergogna di uno stato che riscuote la tassa di esercizio e una percentuale sugli incassi. Si scaglia contro chi profetizza la rovina delle famiglie e smaschera le manipolazioni dei dati sulla sanità e l’ordine pubblico, dividendo trasversalmente schieramenti politici e società. Per le prostitute diventa la madre salvifica, che ha accolto amabilmente in senato una loro delegazione; per i cuori progressisti una bandiera. Per benpensanti, tenutari, cantori dei bordelli, predi­catori di catastrofi sanitarie, è l’attentatrice al quieto vivere e al quieto guadagnare. Mai prima di allora una donna in politica era stata tanto detestata, minacciata, coperta di insulti. Del resto mai prima di allora si era discusso tanto e con tanto accanimento di sesso e denaro.

Ma accanto alla moralizzatrice c’è sempre la signora scandalosa che, in odio alla polarità donne per bene/donne per male, consiglia alle madri di figli maschi in ansia per la loro iniziazione di rivolgersi alle madri di figlie femmine, e ai tardolombrosiani ribatte che le presunte stimmate fisiche della meretrice potrebbero ritrovarsi tali e quali nelle loro amate. C’è l’amica del bello, che visitando i luoghi di rieduca­zione per ex prostitute, si incanta davanti all’unico che le appare signorile e armonioso, e vorrebbe farne il modello per tutti gli altri. E c’è la leader intrattabile e maltrattata, che nel ‘61, restituendo la tessera del partito socialista, dichiara che le idee sono sì importanti, ma camminano con i piedi degli uomini; e lei non ne può più di fascisti rilegittimati, analfabeti politici, ‘servitorelli dello stalinismo’.

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