Coco Chanel

Con quei suoi vivissimi occhi neri la giovane Gabrielle, detta Coco, cresciuta in un orfanotrofio e avviata dall’unica parente che si era occupata di lei, la zia, a una inevitabile carriera di mantenuta, seppe cogliere le occasioni che le velocissime trasformazioni dei primi decenni del Novecento le offrivano. Invece di vagheggiare un riscatto nella rinuncia d’amore, come Violetta, la giovane Coco imparò a inve­stire su se stessa: al suo amante, al posto di lussi e gioielli, chiese e ottenne un negozio da modista.

Una via autonoma e libera di creatrice di moda, di nuovi stili di vita, si aprì davanti a lei: la percorse fiutando i cambiamenti nell’aria del tempo. Ebbe l’idea, per prima, di vestire le donne, che stavano cambiando completamente il loro ruolo, con materiali e colori maschili: il jersey morbido, il grigio e il blu, edizioni semplificate delle giacche da uomo, che permettevano agevolmente di viaggiare, di muoversi con disinvoltura fra tram e automobili. Che, soprattutto, per­mettevano alle donne di essere se stesse. Seppe capire che democrazia poteva anche significare copiare, in migliaia di esemplari falsi, la collana di perle appartenuta alla zanna, unico dono di un amante, l’ar­ciduca Alessandro, che lei aveva mantenuto nel lusso per qualche anno. Così tutte le donne potevano sentirsi un poco aristocratiche, potevano comprarsi un’atmosfera speciale, non solo un vestito o un cappellino. La creazione del celebre Chanel n.5, il primo profumo pro­dotto anche con essenze chimiche, non era solo un atto di avanguardia commerciale (e che idea chiamarlo con un numero invece dei romantici nomi usati fino ad allora!) ma il completamento di questo progetto: Coco non era solamente una brava sarta, era la creatrice di uno stile di vita, di un modello di donna nuova.

Le donne che cambiavano ruolo, classe sociale, identità, ritro­varono sicurezza in un suo tailleur, nei suoi accessori e nel suo profumo. Lei, per tutte loro, individuava il modello nuovo, vincente, un momento prima che prendesse forma nella società, e gli dava stile, eleganza, disinvoltura.

Fu la prima creatrice di moda a non arrabbiarsi perché le sue crea­zioni venivano copiate ovunque: aveva la lucidità di capire che, nella modernità, questo era il segno sicuro del successo.

 

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