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INTERVENTO DEL "COMITATO CONTRO LE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE" ALL’ASSEMBLEA GENERALE DEGLI STUDENTI E DELLE STUDENTESSE DI GIURISPRUDENZA – NAPOLI, 4 APRILE 2000, AULA 28 ORE 10,30 FACOLTA’ DI GIURISPRUDENZA IN VIA PORTA DI MASSA 32.

 

Studenti e studentesse presenti,

sono Mauro Buono, delegato dal "Comitato contro le Scuole di Specializzazione" a presentarvi l’intervento contro le scuole di specializzazione per le professioni legali istituite con il decreto n.537/99. Un fatto grave, senza precedenti e che rientra nel contesto della generale ristrutturazione dell’università nel senso della selezione e della meritocrazia. Un fatto a dir poco inquietante se pensiamo che l’approvazione del decreto interministeriale è avvenuta alla totale insaputa degli studenti interessati, senza alcun loro coinvolgimento: insomma un vero e proprio diktat che porta la firma dei ministri Zecchino (il principale autore di questa controriforma) e dell’attuale ministro di Grazia e Giustizia Diliberto, che ha controfirmato il documento. La responsabilità originaria di questo progetto delle Scuole di Specializzazione è del governo Prodi, che fin dal ’97 era intenzionato a disciplinare in un colpo solo queste scuole e l’attività ad esse collegate, ossia avvocatura, magistratura e notariato. Tale progetto sulla selezione per l’accesso a queste professioni era pronto a sbarrare l’ingresso ai neolaureati per i concorsi di avvocatura, magistratura e notariato tramite il famigerato limite del 102/110 per i neolaureati in Giurisprudenza. Una vera e propria iattura spazzata via dal movimento del ’98 che raggiunse il culmine della protesta con la cacciata dall’università del fautore dell’impianto del progetto complessivo di controriforma universitaria che prevedeva anche l’introduzione dell’autonomia didattica, ossia il sociologo milanese Martinotti. Ci sono voluti quindi più di due anni di stravolgimenti legislativi per cambiare la forma ma non la sostanza delle controriforme universitarie, prima fra tutte il decreto sulle Scuole di Specializzazione che è passato nel silenzio più completo con la connivenza dei Senati Accademici di tutt’Italia, incluso quello attuale, che non hanno espresso critiche di nessun genere, né organizzato dibattiti sull’argomento, né prodotto documenti. Chiediamo, quindi, che il rettore Tessitore e il preside Labruna esprimano la loro posizione a riguardo visto che fino ad ora non si sono ancora espressi a riguardo, nonostante inviti ripetuti da parte delle associazioni e dei collettivi di facoltà. Non capiremmo un ulteriore silenzio a riguardo. Attualmente il "CUN" (Consiglio Universitario Nazionale), di cui è presidente proprio Labruna, ha espresso solo pareri per aggiusti formali al documento, senza avanzare critiche sostanziali. Le istituzioni universitarie (e la nostra università in primis) hanno inoltre la responsabilità di non aver pubblicizzato o reso noto nelle bacheche pubbliche il decreto n.537/99, confermando l’esistenza di forti interessi che si vogliono consolidare (ossia il potere dei baroni universitari, e non solo). Durissime critiche sono state mosse da Luigi Riello, membro del comitato direttivo dell’Associazione Magistrati, che, in una intervista concessa al giornalista Ottavio Ragone sulle colonne de "La Repubblica" del 12 dicembre scorso si è schierato affinché le scuole di specializzazione siano pubbliche e senza il numero chiuso, definendolo "un’ingiusta strozzatura: tutte le classi sociali, senza discriminazioni di censo o altro, devono poter accedere al concorso". Riello, cui si era aggiunto il magistrato della Procura di Napoli Ricciardi, ha attaccato anche i quiz che, a suo avviso, "sono un pessimo strumento per accertare la preparazione individuale dei candidati, provocano risposte automatiche, semplificate, estranee alla complessità dei concetti giuridici. Se poi lo scopo – continua Riello - era di assottigliare il numero degli aspiranti, è fallito in pieno: moltissimi hanno presentato ricorso al Tar". Il risultato è stato il blocco temporaneo delle assunzioni in magistratura, tanto che la stessa Associazione Magistrati ha chiesto al ministero di bandire tre concorsi per l’anno in corso. Si unisce al pensiero dell’Associazione Magistrati anche una larga schiera di avvocati napoletani, come il membro del Consiglio dell’Ordine, Angelo Peluso che è d’accorso che "l’ingresso alle scuole di specializzazione deve essere consentito a tutti i laureati" Si è invece schierato a favore l’ordine dei notai che, attraverso il suo più alto esponente, Gennaro Mariconda, ha di fatto appoggiato contenuto e forma dell’attuale decreto. D’altronde il suo predecessore Giancarlo Laurini era stato già favorevole alla selezione e al numero chiuso per le Scuole di Specializzazione per le professioni legali.

Ma cos’è questo famigerato decreto n.537/99? Come è nato?

Secondo le disposizioni contenute nel decreto stesso, le Scuole di Specializzazione per le professioni legali partiranno dall'anno accademico prossimo, cioè dal 2000/2001 (Gazzetta Ufficiale - serie generale n.24). Il decreto rientra nell’approvazione della famigerata legge "Bassanini 2", ovvero la 127/97 che nell’art.17, comma 95 in poi, detta le linee guida sulla istituzione e organizzazione delle scuole. Attualmente la partecipazione alla scuola è obbligatoria per coloro che vogliano dedicarsi alla carriera di magistrato, come prevede il decreto legislativo n.398/97, recante modifiche alla disciplina del concorso per uditore giudiziario. Per la professione forense e per quella notarile, invece, la frequenza sembrerebbe essere facoltativa, anche se è ancora da sciogliere il nodo del valore del diploma al fine del riconoscimento della pratica legale; la dizione che viene utilizzata nella controriforma è infatti "come titolo valutabile". Se da un punto di vista strettamente giuridico, il titolo rilasciato dalla scuola rappresenta condizione per l’accesso al concorso per uditore giudiziario, dal punto di vista politico il discorso cambia: l’obbiettivo e’ quello di sbarrare la strada per l’accesso a tutte le professioni legali sulla base del presupposto che gli attuali laureati non hanno una formazione adeguata. Ma andiamo avanti nella spiegazione del decreto. Esso prevede che la costituzione di queste scuole avvenga presso le università sedi di facoltà di Giurisprudenza. L’ammissione alla scuola avviene tramite concorso annuale, sulla base di un numero complessivo di posti disponibili determinato anno per anno da un decreto ministeriale. La prova consisterà nella soluzione di 50 quesiti a risposta multipla, identici in tutto il territorio nazionale, su argomenti di diritto civile, penale, amministrativo, processuale civile e penale. Con questa disposizione concorsuale, il valore legale del titolo di studio sarà, di fatto, abolito, ovvero la laurea in Legge non varrà più niente, con l’esclusione ovviamente dei soli concorsi nella pubblica amministrazione. Il corso di specializzazione è biennale, articolato in un anno comune alle tre professioni, magistratura, avvocatura e notariato e in un secondo anno di approfondimento nell’indirizzo giudiziario, forense e notarile. Il diploma di specializzazione è conferito dopo il superamento di una prova finale che consiste nella predisposizione di una tesina su argomenti interdisciplinari. Il consiglio direttivo è formato da dodici componenti, di cui sei professori universitari di discipline giuridiche e economiche, due magistrati ordinari, due avvocati e due notai scelti dal consiglio della facoltà di Giurisprudenza. Va notato anche in questo caso un altro elemento negativo: non c’è alcuna partecipazione di studenti o studentesse nel consiglio direttivo, il che non sembra avere, a nostro avviso, spiegazione accettabile a riguardo. Risulta inaccettabile, poi, la valutazione della commissione che avrà, come dice l’art.4 del decreto, "a disposizione 60 punti, dei quali 50 per la valutazione della prova di esame, 5 per il curriculum degli studi universitari e 5 per il voto di laurea. In caso di parità di punteggio è ammesso il candidato più giovane d’età". Questi criteri non hanno alcun fondamento, come non ha fondamento l’imposizione contenuta nell’art.7 che prevede la possibilità da parte dello studente di poter ripetere l’anno di corso una sola volta in caso di giudizio sfavorevole da parte della consiglio direttivo per il passaggio dal primo al secondo anno di corso e l’ammissione all’esame di diploma. Va fatta un’altra considerazione: le scuole di specializzazione allungano, di fatto, i tempi di accesso al lavoro. Infatti, secondo i dati forniti dalla Guida dello Studente della nostra facoltà, per la media di laurea è circa 8 anni, cui si aggiungono due anni di specializzazione, più, ancora, i due anni (o addirittura tre) di praticantato, tra l’altro materialmente incompatibili con i tempi e la frequenza obbligatoria della scuola imposti dal decreto. L’accesso al lavoro avverrebbe addirittura dopo ben 12 anni, ossia 8+2+2! Insomma non si possono accettare questi criteri selettivi e discriminatori per le scuole di specializzazione per le professioni legali!

NO ALLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE A NUMERO PROGRAMMATO, A PAGAMENTO E OBBLIGATORIE! LE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE DEVONO ESSERE EQUAMENTE TASSATE, FACOLTATIVE E CON ACCESSO LIBERO E GESTITE DALL’UNIVERSITA’ PUBBLICA!

Dobbiamo lottare affinché l’attuale Comitato veda la partecipazione del più gran numero di studenti e studentesse di Giurisprudenza, per ottenere l’immediato ritiro di questo decreto. E proprio per questo è necessaria una mobilitazione di massa: proponiamo e mettiamo ai voti di quest’assemblea la possibilità di organizzare per domani, mercoledì 5 aprile un corteo studentesco che parta dalla facoltà di Giurisprudenza, qui in via Porta di Massa 32 e si diriga vero il rettorato per avere un incontro con il Rettore Tessitore, affinché questi si faccia da garante per un incontro con il ministro dell’Università Zecchino in tempi brevi.

Studentesse e studenti! Costruiamo un forte e numeroso comitato universitario per contrastare le scuole di specializzazione per le professioni legali a numero programmato, obbligatorie e a pagamento che faccia perno sulle assemblee generali e sul principio della democrazia diretta!

Vi ringrazio dell’attenzione che mi avete prestato. Vi leggo il testo del documento-volantino diffuso in questi giorni dal Comitato nella forma di più di 5000 copie: su di esso vogliamo sapere un vostro parere come sul corteo organizzato per domani, visto che al termine dell’assemblea verrà votato da voi; successivamente passerò la parola al moderatore Alfonso Trapuzzano per l’apertura degli interventi dal pubblico.