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PERCHE’ LOTTIAMO PER IL RITIRO DELLA CONTRORIFORMA ZECCHINO

 

Con l’emanazione dei regolamenti sull’autonomia didattica e sulle classi di lauree può dirsi concluso il processo di trasformazione dell’Università italiana, che ha, come obiettivo propagandistico, l’adeguamento del nostro sistema di formazione ad un fantomatico modello europeo moderno ed efficiente, e, come obiettivo reale, la distruzione dell’istruzione pubblica e l’asservimento della conoscenza e della ricerca scientifica alle esigenze delle imprese e del profitto. L’Università, cioè, non dovrà garantire un’istruzione di buon livello per tutti, né fornire gli strumenti culturali e tecnici per analizzare, criticare, contestualizzare le conoscenze apprese, avrà invece il compito di fornire, alle imprese, dei tecnici, cioè studenti con una formazione professionale, deboli sul fronte dei diritti e in competizione con altri lavoratori; soltanto una minoranza di studenti potrà invece accedere ai titoli di studio più qualificanti, che l’Università continuerà a garantire.
Per rispondere a queste esigenze i governi degli ultimi 10 anni non potevano che produrre una riforma ANTISTUDENTESCA, ANTIPOPOLARE, ANTIDEMOCRATICA.
Perché ANTISTUDENTESCA. Essa introduce il numero chiuso per l’accesso alla laurea triennale, specialistica e per i titoli successivi, gestiti da docenti-baroni e da figure esterne all’università (nelle scuole di alta formazione e in quelle di specializzazione i soci privati, in qualità di docenti, terranno lezioni agli studenti e gestiranno le prove di ammissione in qualità di finanziatori). Si introduce la “canalizzazione” perché le U., attraverso le verifiche per l’accesso alla laurea triennale, potranno selezionare il “tipo” di studente che possieda determinate caratteristiche. Si elimina la garanzia del valore legale del titolo di studio, attraverso la moltiplicazione dei titoli studio nell’ambito di una stessa area scientifica. I titoli di studio saranno triennali o quinquennali. Quelli triennali non avranno sbocchi professionali oppure permetteranno l’accesso a tipi di lavoro precari e flessibili; quelli quinquennali, destinati a pochi, garantiranno l’accesso alle professioni più rilevanti o ai concorsi nella Pubblica Amministrazione. Si introduce il credito formativo, cioè dei valori numerici associati a singoli insegnamenti che misurano il tempo necessario per apprendere una materia. Essi comprimono la libertà di insegnamento, creano una gerarchia tra discipline in relazione all’utilità per le imprese, rappresentano un valido strumento di selezione della futura manodopera. Potrebbero comportare l’introduzione della frequenza obbligatoria, penalizzante per gli studenti lavoratori e fuorisede, dal momento che l’acquisizione dei crediti potrebbe anche essere condizionata dalla partecipazione a seminari, corsi, stages, esercitazioni. La riforma prevede anche dei “correttivi”, attraverso la predisposizione di appositi percorsi didattici per i part-time: la soluzione è peggiore del male perché si rilasceranno titoli dequalificati con l’indicazione del numero di anni impiegati e della condizione di part-time (senza considerare le difficoltà degli studenti lavoratori a certificare il loro status in un territorio, come il nostro, in cui impera il lavoro nero).
Perché ANTIPOPOLARE. Lo Stato italiano investe per l’U. lo 0,7% del P.I.L. Una percentuale irrisoria che chiarisce le reali intenzioni dei governi degli ultimi anni: la volontà di privatizzare. La riforma Zecchino conferma questo trend: per l’attuazione della riforma sono stati aggiunti al fondo ordinario per l’U. 250 miliardi. E’ evidente che i maggiori costi verranno pagati in larga parte dagli studenti mediante l’aumento delle tasse (come è successo a “la Sapienza” di Roma con il 70% di aumento) creando una selezione di classe per l’accesso all’U., laddove non vi riesca il numero chiuso. Il carattere antipopolare si palesa anche dal fatto che ad essere colpiti sono i diritti acquisiti: ad esempio la vecchia laurea in legge, per gli studenti laureandi, non sarà più sufficiente per l’accesso all’insegnamento o alla magistratura a causa dell’introduzione delle Scuole di specializzazione per l’insegnamento e per le professioni legali, senza considerare che è incerto anche il valore della laurea quadriennale(4=3) e che l’accesso ai ruoli dirigenziali nella P. Amministrazione per il futuro sarà destinato ai possessori di un titolo quinquennale.
Perché ANTIDEMOCRATICA. La realizzazione di un progetto di trasformazione cosi’ devastante e nocivo per la generalità degli studenti non poteva che essere approvato attraverso una miriade di provvedimenti, regolamenti, circolari, decreti, ricorrendo cioè alla delegificazione o alla adozione di provvedimenti “balneari”(deliberati ad Agosto), senza nessuna discussione con i protagonisti dell’U., le studentesse e gli studenti.
Bloccare questo processo è possibile. E’ necessario prenderne coscienza ed organizzare una grande mobilitazione nazionale o il blocco della didattica in tutte le Università per il ritiro della Riforma .

Napoli, 28/5/2001

 

COLLETTIVO "STUDENTI DI GIURISPRUDENZA IN LOTTA"