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APPELLO CONTRO LA RIFORMA ZECCHINO DI PROFESSORI E STUDENTI DELLA FACOLTA’ DI GIURISPRUDENZA
La
Riforma Zecchino è antistudentesca e antidemocratica e lo
dimostra già il modo in cui è stata approvata, senza discussione
parlamentare, a colpi di decreti e regolamenti ministeriali e soprattutto
senza nemmeno coinvolgere gli studenti che dal prossimo anno cominceranno
a subirne le conseguenze. Il
sistema dei crediti,
cristallizzando i programmi di esame in numero prestabilito di ore di
studio (e addirittura di pagine, come ha fatto il nostro Consiglio di
Facoltà), mortifica da un lato la libertà di insegnamento;
dall’altro riduce notevolmente (se non arriva addirittura ad annullare)
ogni possibilità per lo studente di essere protagonista del proprio
percorso formativo. Lo sviluppo dello spirito critico
dell’individuo, che dovrebbe essere obiettivo primario dell’università,
non ha più nessuno spazio. L’università
abdica così dal suo ruolo di istituzione pubblica dedita alla ricerca e
all’istruzione, centro propulsore dello sviluppo civile e culturale, per
diventare una catena di produzione di tecnici specializzati, riempiti di
nozioni trasmesse acriticamente. La
laurea triennale, che secondo la
propaganda governativa dovrebbe permettere di aumentare il numero dei
laureati, riducendo drasticamente la durata degli studi, in realtà nella
gran parte dei casi offre dei titoli inutili, cui non corrisponde
nessuna figura professionale (es. scienze del turismo); in altri casi,
come per giurisprudenza, è il pretesto per introdurre sbarramenti che
impediscono alla maggior parte degli studenti “di raggiungere i livelli
più alti degli studi”. Per le professioni “vere” (magistratura,
avvocatura, notariato) sarà necessaria la laurea specialistica, un
privilegio per una élite che riuscirà ad accedervi e a sostenere i costi
sempre crescenti. L’aumento
delle tasse universitarie che si è avuto alla Sapienza di Roma (+70% per
le fasce più basse), non è un fatto casuale ma la conseguenza naturale
dell’autonomia finanziaria, che segna il definitivo disimpegno dello
Stato dal finanziamento dell’università. In questo modo il
finanziamento privato acquista un peso sempre maggiore ed in grado di
determinare differenziazioni notevoli in termini di offerta di servizi e
strutture fra ateneo e ateneo. Le facoltà che non riusciranno a farsi
sponsorizzare da imprese private (in genere multinazionali) saranno
condannate ad essere dequalificate e ad abbandonare la ricerca teorica di
base, piegando i curricula alle esigenze delle imprese; perciò le
convenzioni con i privati che la controriforma prevede e incentiva,
verranno stimolate dando la possibilità alle imprese di ingerirsi sempre
di più nella determinazione di programmi e finalità degli studi. I
sottoscrittori di questo appello non vogliono difendere il sistema
universitario attuale e non ignorano che oggi l’università è ridotta
in molti casi a un “esamificio”, in cui è difficile insegnare ed è
quasi impossibile per lo studente sviluppare le capacità critiche. Per
molti giovani la durata degli studi si prolunga molto di più del previsto
e ciò di fatto limita la possibilità di arrivare alla laurea per molti
studenti. Del resto le statistiche indicano chiaramente che la percentuale
di figli di lavoratori non laureati che raggiungono il titolo
universitario è minima. Tuttavia
la risposta che la riforma da a questi problemi è assolutamente
sbagliata: non si fa altro che dare una veste formale alla situazione
attuale. La durata degli studi per chi non vorrà accontentarsi di una
laurea breve inutile, sarà prolungata e la percentuale dei laureati
aumenterà - illusoriamente - solo grazie ai numeri chiusi e agli aumenti
delle tasse, che ridurranno gli accessi all’istruzione universitaria. La
libertà di ricerca e di insegnamento viene svenduta alle imprese private
in cambio dei finanziamenti e la libertà dello studio umiliata con il
sistema dei crediti, forma di automatismo dal dubbio valore formativo,
nonché vera consacrazione del modello dell’esamificio. Facciamo
appello agli studenti, ai professori, ai ricercatori e agli assistenti, a
tutti gli operatori del diritto e a tutti coloro che hanno a cuore la
libertà e la democraticità dell’università pubblica: è necessario
unirsi per chiedere il ritiro immediato del decreto Zecchino e di tutta la
legislazione sull’autonomia didattica e finanziaria dell’università e
sulle scuole di specializzazione obbligatorie. Sottoscrittori
Prof.
Settimio Di Salvo, docente di Istituzioni di Diritto Romano Prof. Carlo Amirante,
docente di Diritto Costituzionale
Prof.
Bruno Jossa, docente di Economia Politica Prof.
Sergio Moccia, docente di Diritto Penale Prof.
Giulio Maria Chiodi, docente di Filosofia del Diritto Collettivo
“Studenti di Giurisprudenza in lotta”
Per partecipare, o chiedere informazioni: tel. 328.3863982
COLLETTIVO “STUDENTI DI GIURISPRUDENZA IN LOTTA” |