Farmacologia del Cioccolato

(compresi effetti , abusi , dipendenza , indicazioni terapeutiche )

Il cioccolato è una sostanza che piace a molti , tuttavia la stragrande maggioranza dei cioco-addicts non sa quale sia la sua composizione ; ecco perciò una breve tabella che riassume i principali componenti del cioccolato per 100 g di prodotto :

componente - cioccolato puro- -cioccolato al latte- -cioccolato bianco-
proteine 3.2 g 7.6 g 7.5 g
lipidi (cioè grassi) 33.5 g 32.3 g 37 g
carboidrati (cioè zuccheri) 60.3 g 57 g 52 g
lecitina pura 0.3 g 0.3 g 0.3 g
teobromina (*) 0.6 g 0.2 g ----
calcio 20 mg 220 mg 250 mg
magnesio 80 mg 50 mg 30 mg
fosforo 130 mg 210 mg 200 mg
ferro 2 mg 0.8 mg ----
rame 0.7 mg 0.4 mg ----
Vit. A 40 UI 300 UI 220 UI
Vit B1 0,06 mg 0.1 mg 0.1 mg
Vit. C 1.14 mg 0.3 mg 3.0 mg
Vit. D 50 UI 70 UI 15 UI
Vit. E 2.4 mg 1.2 mg ----

(*) la teobromina è una sostanza del gruppo delle Purine analoga alla caffeina e ne possiede le medesime proprietà

L' apporto calorico per 100 g di sostanza è così definibile :

Il cioccolato e' un genere di consumo che provoca indubbio piacere nell' assunzione ; tuttavia nel corso degli ultimi anni è stato al centro di numerose polemiche che lo vedevano implicato come concausa nelle più svariate patologie. Per "dare a Cesare quel che è di Cesare" ho quindi aggiunto queste poche righe di "farmacologia" del cioccolato nelle quali vi voglio esporre i dati CERTI fino ad ora in possesso della Letteratura Internazionale , lasciando alle discussioni " da bar " tutti gli altri argomenti che non hanno ancora ottenuto una verifica scientifica.

Anni fa il cioccolato fu accusato di essere un agente scatenante nelle crisi di cefalea soprattutto in pazienti di sesso femminile : nel Dicembre del 1997 un articolo apparso su Cephalalgia 17(8) dal Dr. Marcus DA dell'Università di Pittsburg rende giustizia dimostrando che il cioccolato non scatena affatto (al pari di molti altri alimenti) crisi di emicrania o cefalea. Esiste davvero la "dipendenza da cioccolato ? " Il Dipartimento di Psicosociologia di Dundee , Scozia , sostiene di sì : i"chocoholics" presentano atteggiamenti comportamentali univoci e sono attratti soprattutto dagli stimoli olfattori e gustativi (Appetite 21(3) , 1993). ; addirittura se invitati ad assumere la quantità giornaliera usuale di cioccolato sotto forma di cioccolato bianco , oltre due terzi delle persone sottoposte al test presentavano sintomi di abbattimento morale (Physiol Behav 56(3), 1994) , dimostrando il forte ruolo dell' aspetto e dell' aroma nell'appagamento del consumo di cioccolato . Come curiosità aggiuntiva ricordo che il consumo di cioccolato pro-capite in un anno si aggira sui 4.8 Kg in USA e sui 10 Kg. In Europa (da che si deduce che gli Americani soffrono maggiormente di depressione ... ). A proposito di depressione , uno studio del lontano 1987 rivelava già che l' uso del cioccolato alleviava enormemente i sintomi della depressione e della melanconia (J Nerv Ment Dis 175(8), 1987) .

Tutti possono mangiare il cioccolato ? Alcuni no , come i diabetici , chi ne è allergico e chi soffre di reflusso gastro-esofageo dove il consumo di cioccolato anzi favorisce l'insorgere dei sintomi perchè modifica l' acidità dello stomaco (Am J Gastroenterol 83(6) , 1998) . Un altro fattore da tenere in debita considerazione è che l'eliminazione di ossalato di calcio nei consumatori di cioccolato è aumentata e che quindi nei soggetti predisposti è più facile la formazione di calcoli urinari .

La Ricerca Scientifica ci ha rivelato in tempi recenti (Horm Metab Res 26(8) ,1994 ) proprietà misconosciute del cacao : il cioccolato , che dopotutto è una miscela di saccarosio (zucchero) e cacao , causa uno stress pancreatico minore del solo saccarosio e quindi da qualche anno non è più considerato la controindicato in maniera assoluta per chi soffre di diabete , a condizione che sia compensato e che sia un diabete non insulino-dipendente (tipo II o adulto) . Più recentemente , a Melbourne (1998) , si è dimostrato che l'acido sterico contenuto nel cioccolato appare essere un potente agente di prevenzione nei microtrombi coronarici che sono alla base della malattia infartuale : ricordo qui che il tanto temuto effetto ipercolesterolizzante del cioccolato è stato smentito già nel 1994 (Am J Clin Nutr 60(6),1994) grazie ad un lavoro condotto dal Nutrition Department College of Health (NDCH) per conto della American Heart Association . Ciliegina sulla torta : il consumo di cioccolato liquido arricchito in ferro si è dimostrato più efficace della assunzione di solo ferro nel prevenire le malattie dovute a carenza nella popolazione pediatrica delle Isole Giamaicane (Am J Clin Nutr 67(5) ,1998) grazie alla presenza nel cioccolato di Vit. C .

Il fatto che piaccia nelle diverse preparazioni alimentari in cui viene elaborato e a tutte le latitudini a cui viene consumato fa sorgere il ragionevole dubbio che esistano basi biologiche che giustifichino il suo ruolo nella società moderna. Qualche esperimento di laboratorio avvalora la tesi: in ratti allenati per 14 giorni a consumare un cibo con un alto livello di palatabilità contenente cioccolato, la dialisi cerebrale in vivo (un metodo che consente di misurare le concentrazioni extracellulari di numerosi neurotrasmettitori) dimostra che i livelli di acetilcolina aumentano significativamente sia nella corteccia frontale sia nell'ippocampo. L'aumento nella corteccia frontale è molto maggiore (superiore del 300 per cento) negli animali che sono stati allenati più a lungo a mangiare cioccolato. Il cioccolato è inoltre in grado di sopprimere la preferenza per l'alcool nelle linee di animali geneticamente selezionate a questo scopo, suggerendo che possano esistere interazioni tra i sistemi neurotrasmettitoriali che sottendono al piacere per l'alcool (come il GABA, la dopamina, il glutammato) e per il cioccolato. Un'altra prova a favore delle basi neurochimiche dell'uso e abuso di cioccolato viene indirettamente fornita dai sintomi di una forma di depressione atipica descritta come "disforia isteroide" caratterizzata da frequenti episodi di umore depresso in risposta al sentirsi inadeguati o respinti socialmente, che culmina in veri e propri attacchi bulimici per i dolci e il cioccolato.

In alcune sindromi premestruali, o nel disturbo affettivo stagionale, i soggetti presentano ipersonnia, letargia e aumento dell'appetito con particolare predilezione per i carboidrati e il cioccolato. Il fatto che in questi casi i sintomi siano controllabili con l'uso di farmaci che potenziano la trasmissione serotoninergica suggerisce che le vie centrali a serotonina possano essere coinvolte nel consumo di cioccolato, che contiene in effetti serotonina, feniletilamina e metilxantine (caffeina e teobromina). La presenza di serotonina, per quanto a concentrazioni molto basse, potrebbe spiegare perché durante le crisi bulimiche di cioccolato si abusi anche di zuccheri e dolci in genere (non c'è niente di meglio di pane e cioccolato): l'ingestione di carboidrati aumenta il rapporto tra tritpofano plasmatico e altri aminoacidi neutri e, di conseguenza, attiva il trasporto di triptofano attraverso la barriera ematoencefalica, con un aumento della sintesi di serotonina cerebrale, che viene avvertito con una sensazione di energia e piacere.

Gli aromatizzanti sintetici al gusto di cioccolato (che non contengono nessuno dei principi attivi del vero cioccolato) tentano di ottenere un risultato vagamente simile attraverso un aumento del metabolismo degli acidi nucleici e degli ormoni tiroidei (la tiroxina in particolare), e del metabolismo dei glucidi attraverso un aumento dell'attività della glucoso-6 fosfato deidrogenasi. Anche il ruolo dei peptidi centrali negli effetti del cioccolato non può essere escluso: è stato infatti scoperto che le endorfine e gli oppioidi sono in grado di modificare la quantità di cibo assunto tramite un aumento della sua palatabilità, ed è stato dimostrato che il naloxone è capace di ridurre in maniera significativa, e con un eccellente profilo dose-risposta, l'assunzione di cioccolato e di altri cibi ad alto potere calorico e gustativo per l'animale di laboratorio.

La novità più recente nella neurobiologia del cioccolato è stata presentata lo scorso anno dal gruppo guidato da Daniele Piomelli del Neuroscience Institute di San Diego, in California, che ha analizzato mediante cromatografia liquida ad alta pressione e spettrometria di massa il contenuto di 50 milligrammi di polvere di cacao, rilevando la presenza di acidi grassi in grado di elevare le concentrazioni di composti cannabinoidi endogeni come la anandamide o di agire come agonisti del recettore ai cannabinoidi. Nell'insieme queste ricerche confermano che il piacere per il cioccolato potrebbe avere chiare basi biologiche, che vanno ben al di là del fatto che sin dall'infanzia l'alimento venga percepito come il premio per un buon voto o la giusta fine per un pasto completo.

In alcuni casi il cioccolato è capace di dare una vera e propria dipendenza, definita come una totale incapacità di resistere a una o più razioni: il "cioccotossico" non riesce a fermarsi una volta che ha cominciato la tavoletta, e la quantità che consuma, secondo tutti quelli che lo circondano, è di gran lunga superiore alla media pro capite. Non si può praticamente parlare di astinenza, perché i veri abusatori di cioccolato non smettono mai di mangiarne, non fanno nessuna differenza tra l'estate e l'inverno e non aspettano certo le feste comandate per avere la scusa di consumare la loro dose giornaliera. La media di cioccolato consumato arriva così a essere quattro o cinque volte superiore a quella del resto della popolazione, sino a toccare punte di 800-1.000 grammi alla settimana: qualcosa come 50 chilogrammi di cioccolato all'anno. Il cioccolato viene consumato prevalentemente dopo cena, come ultimo e spesso unico piacere di una giornata faticosa, o per calmare l'irritabilità, dare nuova energia e migliorare il tono dell'umore, e viene maggiormente ricercato dalle donne nel periodo che precede il ciclo mestruale. Tutto ciò avviene indipendentemente dal fatto che i soggetti stiano seguendo una dieta, e senza fondamentali differenze nei diversi Paesi.

Man mano che la comprensione della biologia degli effetti del cioccolato va definendosi, si delineano nuove proprietà. Uno degli studi più dettagliati sulle virtù terapeutiche del cioccolato è stato pubblicato, nel 1990, dal medico francese Hervé Robert che si proclama entusiasta dei poteri dell'estratto del cacao. Secondo Robert il cioccolato non avrebbe nessun effetto collaterale, niente acne, obesità, mal di testa e carie; au contraire il cioccolato sarebbe un tonico di primo ordine che, grazie alla presenza di caffeina, teobromina, serotonina e feniletilamina e chissà quali altri composti ancora sconosciuti, potrebbe rivelarsi un efficace antidepressivo e un potente afrodisiaco (L.Pani :Tempo Medico News #575 12/11/97)