I MASTRO

più di un secolo di tradizione

Dal 23 dicembre 2000 al 03 gennaio 2001

       I “Mastro” ormai giunti alla quarta generazione di ceramisti occupano un posto di rilievo nella storia della ceramica di Grottaglie.

Capostipite di questa generazione di ceramisti fu certamente Rosario Mastro (1849-1919), che da Ceglie Messapica si trasferì a Grottaglie alla fine dell’Ottocento assieme alla moglie De Rosa Maria, dalla quale ebbe tre figli (Oronzo, Cosimo e Gaspare).

Non si hanno molte notizie su Rosario Mastro, sappiamo solo che cominciò la carriera di ceramista presso la bottega di Annibale Arces come capolavorante.

Con Oronzo Mastro (1875-1946) primogenito di Rosario, inizia la seconda generazione dei Mastro nella ceramica.

Diverse furono le botteghe in cui Oronzo prestò la sua opera, per poi avviare un'attività propria.

Mastro Oronzo fu essenzialmente torniante legato alla tradizione e produsse ceramiche d'ogni genere: vasi per bucato (craste di cofano, pendriali, limmi) capasesruli, cucchi, quartaroni (con le sottomisure per la vendita del vino nelle cantine), persino stele per il cimitero, questi ultimi oggetti conservati presso il Museo della Ceramica di Grottaglie, salvadanai, fischietti e pupi per il presepe.

Da ottimo artigiano riuscì a trovare le risorse per continuare l’attività di ceramista chiedendo prestiti ai suoi vecchi datori di lavoro.

Con enormi sacrifici, senza una propria bottega, in locali di fortuna, riuscì nonostante tutto a portare a termine le prime commesse. Produsse i mattoni di rivestimento della cupola della chiesa di Villa Castelli (1929) e quelli della cupola della Chiesa dei Salesiani di Brindisi, negli anni ’20-’30.

Mestu Linardo di rozzlamuenici, Francesco Magazzino ed Emanuele Patruno furono operai che lavorarono presso la sua bottega. Di lui fa cenno Giancarlo Polidori nell'elenco delle fabbriche attive a Grottaglie nel 1933 dove indica la produzione d'Oronzo come "faenze".

Il sogno di mettere su una bottega si avverò nel 1943, in località Antoglia, attuale Via Messapia, dove impiantò la “sua” bottega, lontano dal quartiere delle ceramiche. Arrivarono le prime soddisfazioni. Per un breve periodo, su invito dell’allora direttore Emanuele di Palma, fu chiamato ad insegnare l’arte del tornio all’Istituto d’Arte d'Avellino, ma la nostalgia lo fece ritornare a Grottaglie. Morì nel 1946.

Proseguì l’attività il primogenito d'Oronzo, Rosario, che già aveva condiviso le varie tappe della bottega, e inoltre l’esperienza d'Avellino.

La produzione di ceramiche rimase invariata anche sotto la gestione di Rosario aiutato in questo dai suoi fratelli Cosimo e soprattutto Giovanni. Con Rosario comincia quindi la terza generazione di ceramisti.

Il fiuto per gli affari di Rosario, aiutato dalle capacità artistiche di Giovanni, aprì nuovi mercati. Alcuni oggetti di ceramica prodotti col marchio “Ceramiche F.lli Mastro” sono oggi esposti nel Museo della Ceramica di Faenza. I prodotti dei fratelli erano venduti soprattutto in Calabria, Puglia e Basilicata.

Il 16.4.1969, il titolare della bottega, “non idoneo a prestare attività lavorativa” per la raggiunta anzianità, decide di cessare “l’attività d'artigiano di terre cotte e ceramiche”.

Dopo lo scioglimento della fabbrica, Giovanni decide di lavorare finalmente in proprio nei locali a lui spettanti dopo la divisione dei beni della vecchia società. Furono gli anni della sua seconda giovinezza perché finalmente poté realizzare i suoi sogni, vincendo anche il primo premio in occasione di una delle edizioni della Mostra della Ceramica di Grottaglie. (Egli, che fin dalla più tenera età frequenta la bottega paterna modellando i suoi primi pupi per presepe, dopo aver conseguito il diploma all’Istituto d’Arte di Grottaglie, lavora in pianta stabile nella bottega del padre, tranne il periodo bellico, per poi lavorare dopo il 1946 alle dipendenze del fratello). Ripropose i fischietti tradizionali (carabinieri, marinaretti, animaletti vari, fischietti ad acqua una volta usati come richiamo per uccelli) facendoli nuovamente conoscere a Grottaglie e poi in tutto il mondo.

Qualcuno lo chiamò in tono spregiativo “fischettaro”: ora i fischietti del “fischettaro” Giovanni sono esposti nel Museo delle Arti Tradizionali e Popolari di Roma.

Di Giovanni Mastro si parla in un'intervista nei “Quaderni del Museo delle Arti e Tradizioni Popolari (Sibilus 2 edito a cura del prof. Antonio Terzo per l’Azienda di Soggiorno e Turismo di Caltagirone cfr. pag.108).

Altre sue opere: i pupi per il Presepe fanno parte della collezione privata MAJORANA di Taranto o esposti presso il Museo Nazionale del Presepe di Roma.

Da considerare inoltre che i pezzi presenti nel Museo della Ceramica di Faenza col marchio “F.lli Mastro” erano stati prodotti appunto da Giovanni Mastro. Ancora sulla copertina degli elenchi telefonici della Provincia di Taranto del 1986 era raffigurato un presepe di Giovanni Mastro.

Giovanni continuò a produrre fischietti, piatti e vasellame raffinato fino al giorno della sua morte: 16.9.1977.

Morì forse con un certo rammarico, pensando che nessuno dei suoi figli avrebbe continuato il suo mestiere, fatto di tanti sacrifici ma anche pieno di soddisfazioni. Questo è quanto confidò alla Dott.ssa P. Piangerelli, attuale funzionario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, allora nel 1974 “semplice” studiosa di fischietti e arti popolari.

Sarebbe contento, oggi, Giovanni Mastro nel costatare che la quarta generazione di ceramisti esiste.

Merito certamente di Marcello, anche lui “fischettaro” che con la sua tenacia e col prezioso aiuto del fratello Oronzo, docente di discipline pittoriche al Liceo Artistico di Novara, mantiene vivo il ricordo di una tradizione di ceramisti che riesce a rinnovarsi in forme moderne e oggetti tradizionali. 

                                        di Francesco Mastro e Ciro Ligorio                                 indietro