A volte capita di dover adempiere a cosiddetti “doveri sociali” a cui tutti siamo un po’ sottomessi, nonostante una certa convinzione di essere padroni della situazione, in qualsiasi momento.
Ora, dovete sapere che nell’eventualità di un’uscita in montagna , quindi con partenza al mattino presto, vivendo in luoghi separati, ognuno lascia, secondo le sue abitudini e inventive, un “segnale” con cui intende confermare la sua attiva partecipazione all’escursione (o qualsiasi altra cosa che implichi un appuntamento all’alba).
Una luce accesa, una finestra aperta, lo zaino fuori dall’uscio, insomma un segno identificativo e tangibile di:
“Ok… CI SONO !” .
Non vorrei sembrare insistente, ma il “segnale” dopo qualche tempo, diventa così familiare che solo la sua vista ti trasmette un senso di tranquillità e sicurezza, è una conferma che
“… perfetto è sveglio… non sarò da solo … sarà una bella gita!” …
Questa introduzione era, purtroppo, necessaria per spiegare i fatti avvenuti ieri mattina (7 agosto 2004).
L’uscita era già stata preparata sulla carta, come al solito con incontri, consultazioni di cartine, meteo, telefonate; tutti d’accordo.
Alle 6:30 del mattino mi trovo a casa di Andrea con tutto il necessario, il giro era classico, passavo con la macchina da Andrea, poi a prendere Franco come fatto tante altre volte, il tragitto era ormai automatico.
Saluti, quattro parole sul tempo e siamo già sotto casa di Franco, ma … c’è quella cosa, quella sicurezza che di colpo …
il “segnale” non c’è !!
La porta del garage è chiusa, … inesorabilmente chiusa, … ci deve essere un errore, non dovrebbe essere chiusa, non così … anche con la chiave !
Improvvisamente mi sembra di essere Tom Hanks nel film Apollo 13 quando dice “Houston … abbiamo un problema …”.
Ma sì quelle frasi ascoltate di sfuggita, il giovedì prima a casa di Paolo :
<franco> … ma ho la cena venerdì sera …
<amici> … ma si … torni un po’ prima … bevi poco ...
<franco> … non so … beh, ok, non farò tardi dai … mi trattengo
Ma non può essere ci aveva assicurato che …
Ci guardiamo sorpresi, poi Andrea parte deciso verso il campanello e suona, un campanello degno di quelli che nei supermercati introducono la voce al microfono, che ti ricorda lo sconto sui surgelati, strano che l’intero isolato non sia uscito alle finestre, ( io rientro in macchina con indifferenza ).
Nulla, nessun segno, Andrea riprova con aria di sfida, si sente qualcosa : un gemito, no un grugnito, un segno di qualche forma di vita e la porta del condominio che scatta. Un paio di minuti di attesa, in silenzio, poi la realtà ci appare in tutta la sua tragica evidenza: Franco!
Un uomo, anzi no, mezzo uomo e mezza bottiglia vuota, guadagna con evidente difficoltà di equilibrio il marciapiede; maglietta, pantaloncini e calze, tutto sgualcito come chi li indossa, niente scarpe, i capelli impazziti, gli occhi a fessura da cui si intravede una pupilla spenta e un sorrisino sornione come di un bimbo che ha appena rubato le caramelle e cerca di addolcirti per evitare la punizione. Franco!
Una voce scordata emette un paio di frasi sconnesse “… le 5 … poi tutti in quel locale … non arrivo …..” .
L’essere và avanti e indietro, forse in cerca di quell’equilibrio scolatosi la sera prima, poi trova l’appoggio dello sportello e prende sicurezza: “..sai il locale … le donn….. tutti …” .
Andrea, con espressione falsamente contrariata, gli chiude quasi lo sportello in faccia e l’uomo dopo aver tentato di concludere il discorso, sul finestrino fa cenno di aprire. Gli diciamo, trattenendoci dallo sghignazzare, di tornare a dormire, al che, il poveretto, raccogliendo le ultime forze si avvia, accennando un saluto al palazzo di fronte (??!), e zigzagando riguadagna la tana .
Franco, sopraffatto da se stesso, Franco cinquant’anni di vita intensa tra lavoro sport e … bar ,
... ma si che di nottate e camminate ne faremo ancora tante. Insieme!
Fabrix
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