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CINA: AMNESTY DENUNCIA PERSECUZIONE INTERNETTIANI

di Paul Ricard

da vita.it

Amnesty International ha chiesto oggi alle autorità di Pechino di rilasciare tutte le persone attualmente agli arresti o condannate per aver utilizzato Internet per esprimere pacificamente le proprie opinioni o condividere informazioni.

“Chiunque sia detenuto solo per aver pacificamente diffuso su Internet le proprie opinioni o altre informazioni o per aver visitato determinati siti è un prigioniero di coscienza e dev'essere rilasciato immediatamente e senza condizioni” - ha dichiarato Francesco Visioli, coordinatore per la Cina della Sezione Italiana di Amnesty International.

In un rapporto diffuso oggi, intitolato Repubblica Popolare Cinese: il controllo dello Stato su Internet, Amnesty International segnala i casi di almeno 33 persone arrestate o condannate per reati relativi a Internet: si tratta di attivisti politici, scrittori ed appartenenti a organizzazioni non ufficiali, tra cui il movimento spirituale Falun Gong.

Una delle sentenze più lunghe è stata emessa nei confronti di un ex agente di polizia, Li Dawei, condannato a 11 anni di carcere per aver scaricato articoli dai siti Internet dei movimenti democratici cinesi all'estero. Tutti i suoi appelli sono stati respinti.

Il rapporto di Amnesty denuncia anche i casi di due seguaci del Falun Gong, detenuti per reati relativi a Internet, apparentemente deceduti a seguito di torture o maltrattamenti da parte della polizia. Il Falun Gong è stato bandito come “organizzazione eretica” nel luglio 1999.

“Mentre l'industria di Internet continua ad espandersi in Cina, il governo prosegue a intensificare i controlli sull'informazione on-line con misure come il filtro o il blocco di siti stranieri, l'istituzione di corpi speciali di polizia, il blocco di motori di ricerca e la chiusura di siti che pubblicano informazioni sulla corruzione o articoli critici nei confronti del governo” - ha affermato Visioli.

Alla fine di agosto, la Cina ha bloccato per un breve periodo l'accesso al motore di ricerca Google, deviando gli utenti su motori di ricerca locali. Nelle ultime settimane Pechino ha cambiato ancora tattica, consentendo l'accesso ad alcuni siti Internet precedentemente bloccati, ma rendendo impossibile agli utenti l'apertura dei documenti sui siti relativi alla Cina. Secondo quanto appreso da Amnesty International, il ministero per la Sicurezza dello Stato ha fatto installare dei meccanismi di rilevamento sui sistemi dei fornitori di accesso ad Internet con l'obiettivo di controllare le caselle di posta elettronica individuali, mentre tutti gli Internet café sono stati obbligati a tenere un registro dei propri clienti e ad informarne la polizia.

“Gli utenti di Internet sono sempre più intrappolati in una fitta rete di norme che limitano i loro diritti umani fondamentali” - ha aggiunto Visioli. “Chiunque navighi in Internet può rischiare l'arresto arbitrario e l'imprigionamento”.
Nei casi estremi, coloro che diffondono su Internet informazioni considerate “segreti di Stato” possono persino essere condannati a morte.

Le autorità cinesi hanno anche obbligato le società che si occupano di Internet ad assumersi maggiori responsabilità nel controllare la rete. I firmatari dell'Impegno pubblico di autodisciplina, introdotto nell'agosto 2002, acconsentono a non pubblicare informazioni “perniciose” che possano “mettere a repentaglio la sicurezza dello Stato, disgregare la stabilità sociale, contravvenire alle leggi e diffondere superstizione e oscenità”. L'Impegno è stato sottoscritto da oltre 300 società, compreso il noto motore di ricerca internazionale Yahoo.

Amnesty International chiede al governo di Pechino di rivedere i regolamenti e le misure che limitano la libertà di espressione su Internet, per renderli conformi agli standard internazionali.

L'organizzazione per i diritti umani ha anche espresso la propria preoccupazione per il fatto che alcune società straniere avrebbero venduto alla Cina tecnologia che è stata usata per censurare Internet.

“In un momento in cui il ruolo della Cina come partner economico e commerciale è in crescita, le multinazionali hanno una particolare responsabilità nell'assicurare che la loro tecnologia non sia utilizzata per violare i diritti umani fondamentali” - ha commentato Visioli.


Ulteriori informazioni

Fin dall'inizio della commercializzazione di Internet in Cina, nel 1995, questo paese è diventato uno dei mercati dalla crescita più rapida nel mondo. Il numero degli utenti a livello nazionale raddoppia ogni sei mesi e si stanno lanciando migliaia di siti. Nel giugno di quest'anno il numero degli utenti ha raggiunto circa 46 milioni e gli esperti ritengono che entro i prossimi quattro anni la Cina diverrà probabilmente il principale mercato mondiale. Dal 1995 le autorità di Pechino hanno introdotto oltre 60 norme e regolamenti sull'uso di Internet.

Dopo un incendio scoppiato in un Internet café di Pechino nel giugno di quest'anno, le autorità hanno chiuso migliaia di Internet café e a quelli cui è stato permesso di riaprire hanno richiesto di installare programmi per bloccare siti considerati “politicamente sensibili” o “reazionari”. Questi programmi impediscono l'accesso a 500.000 diversi siti Internet stranieri.




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