Sandro Ciapessoni

 

 

GIOVINEZZE ERRANTI

 

Quando tramonta il sole,
io guardo verso occaso
e osservo su nel cielo
dissolta nella brace
dell'infuocata sfera,
sfumata primavera.

Nelle purpuree lande
del sol calante a sera,
stanno immutate ai tempi
memorie consolanti,
passioni rifiorite
di giovinezze erranti.

Guardando l'alte nubi
sconvolte dal declino
dell'infocato iddio,
riflesse in esse scorgo
le variopinte balze
di mie scoscese alpine.

Il prato familiare a pie' di valle,
le rupi che separano quel prato,
fluente una cascata
ultimo balzo al piano
e il rivolo serpigno,
sinuoso verso il lago.

E sogno ad occhi aperti
come visione o incanto,
inerpicata strada
tortuosa e ben montana.
Ciottoli lisci e ben posati in via,
sui quali da bambino
gioiva l'allegria.

Nel cielo dei ricordi
dove mi è dato amare,
il fiammeggiante anelito
del conturbato iddio,
l'ultimo raggio infonde
alle arrossate sponde.

Or fra le Duarie cime,
io rivedrò nel buio e con le stelle,
la bianca figlia d'Iperiòne e Tea:
la pallida Selène.

La candida fanciulla
dentro l'argentea biga
avvincerà di fascino e mistero,
ciascuno dei mortali che l'ammira.

Scintillerà quel rivolo nel piano
e sempre guarderò...
quel ciel volto ad occaso.

Ritorneranno allor soavi e amanti
dagli immutati spazi in ciel riposte,
le giovinezze erranti.

 

Torna a Poetica lariana