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TITO SCHIPA JR.

IL PICCOLO "ORFEO" CANTORE DI PACE

di Dario Salvatori  (da Ciao 2001 n. 44 del 3 novembre 1971)

 

 

“Uomo che per l’oro del tuo regno mi offendi col tuo legno e fiero vai di te, di te che dato il schiavo alla tua legge non hai chi ti protegge e dal la colpa a me, preparati a servire una parola che è di tutti e che è una sola, costituente della libertà, discolpati con me che vuoi punire o preparati a morire, perché sei come me, sei una parte di me, e con me che annullerò”.

Questi versi sono tratti da “Combat” (la canzone è stata censurata dalla Rai), il brano inciso recentemente e lanciato da Tito Schipa jr., responsabile del testo e della musica.

Si tratta di un nome celeberrimo, è vero, ma il personaggio è completamente nuovo. Un giovane, un nuovo personaggio, un cantautore che non solo non è schiacciato dal peso della gloria paterna, ma porta con spontaneità ed entusiasmo il suo contributo al mondo dell’arte, sicuro di doversi esprimere, di avere qualcosa da dire. Parte con modestia, decidendo di allinearsi con il folto gruppo di giovani che oggi più che mai tentano di farsi notare dai critici e dal pubblico.

“Allora anche il figlio di Tito Schipa si è messo a cantare in questi tempi?”.

“Vorrei precisare che l’atto di cantare, e quindi di incidere dischi, deriva da un’esigenza mia, personale, che probabilmente ho dalla nascita. Mio padre è un’altra cosa. Almeno lui ebbe la fortuna di non doverne rendere conto a nessuno. E’ già una cosa da invidiargli”.

“Non è troppo facile iniziare con un nome simile alle spalle?”.

“Pochi sapevano che il vero nome di mio padre era Raffaele Schipa, io invece mi chiamo veramente Tito Schipa. Sul fatto poi dell’importanza del nome, credo fermamente che si tratti di un’arma a doppio taglio. Voglio dire che il peso di un nome celebre sulle spalle è una cosa che ti porti dietro per sempre, comprese tutte le analogie e i paragoni di cui sembra proprio che non si possa fare a meno”.

“Hai dovuto rendere conto al pubblico di Mestre, presentandoti sotto l’umile qualifica di “sconosciuto”. Come sei arrivato a questa decisione?”.

“Non credo di essere ‘conosciuto’, nel senso che normalmente si dà alla parola. Però ho fatto delle cose che forse qualcuno ricorderà, tipo i lavori in cui ero aiuto o assistente alla regia di importanti firme del teatro italiano, come Giancarlo Menotti e Luigi Squarzina. In campo musicale qualcuno si ricorderà della mia collaborazione alla prima opera rock italiana, messa in scena al Piper nel 1967”.

“Cosa faceva tuo padre negli ultimi anni della sua vita?”.

“Mio padre era innanzitutto e soprattutto un grandissimo cantante, ma non aveva importanti e profondi interessi politici. Andò in Russia, dove venne preso per fascista, e tutte le porte, fino a poco prima spalancate, gli si chiusero inesorabilmente per sempre. Negli ultimi anni stava cercando di fondare una scuola in Italia. Morì in Sudamerica”.

“Spiegami come sei arrivato a questo tipo di attività. Ti consideri figlio d’arte?”.

“Sono nato a Lisbona, in Portogallo, nel 1946, in una valigia da tournée. Sono vissuto per due anni in California, poi uno in Francia, poi cinque in Piemonte, fra tanti animali e tanti boschi. Dal 1955 sono a Roma a vedermela con la gente. Ho abbandonato l’università da tempo, sono un musicista autodidatta e un vero patito del teatro. Sono da molti anni collaboratore di registi di teatro o di cinema musicale, come Giorgio De Lullo e  Lina Wertmuller”.

“Per il prossimo futuro a che cosa pensi di dedicarti prevalentemente?”.

“Come ho detto il teatro mi interessa più di tutto, ma in questo periodo vorrei incidere molto. Con il teatro posso arrivare al pubblico non più di una volta ogni due anni, con i dischi, volendo, anche una volta ogni tre mesi”.

“Con la musica quando hai cominciato?”.

“Affermo con orgoglio che la prima opera rock del mondo fu proprio “Opera Beat” con la quale debuttai al Piper di Roma nel 1967. L’anno passato ho realizzato “Orfeo 9” al Sistina. Sostanzialmente la mia linea rimane quella. Muovermi nel campo della musica per arrivare ad un contatto con il grosso pubblico attraverso un canale che oltre ad essere il mio preferito, mi permetta di uscire fuori, è oggi fondamentale per me. La riduzione televisiva del mio “Orfeo 9” sarà un altro esperimento di questo tipo”.

“Musica leggera e televisione quindi?”.

“Il tipo di musica che io scrivo per i miei testi è stato ed è sempre lo stesso. Inoltre ho un concetto di “leggero” tutto mio. Può essere leggero lo spirito di chi ascolta, o, spesso, l’intenzione di chi produce, ma esiste anche la musica che porta avanti le ansie e gli argomenti di oggi e di tutta una generazione”.

“Pensi veramente che i consumatori italiani siano pronti per discorsi realmente nuovi, a parte la solita élite?”.

“Buona musica e buoni testi ne abbiamo avuti anche in Italia, e per non parlare dei trascorsi basterebbe la produzione attuale di Lucio Battisti a far capire che qualcosa vibra, che qualcosa di nuovo,nel senso che diciamo noi, esiste, è una realtà. In ogni caso credere o meno che la cosiddetta “massa” sia pronta, è del tutto marginale. Secondo me chiunque si chiede questo prima di scrivere un verso o una nota, non è un artista. E anche chi parte per fare un discorso che sa già in partenza non recepibile da tutti, è fuori strada”.

“Non ammetti l’élite?”.

“L’élite deve essere una specie di esilio, non una riserva di caccia. E quello che non è cultura popolare è proprio inutile, e forse non esiste neanche. Il secolo scorso il rock esisteva, dato che Verdi e Rossigni rappresentavano per la massa quello che oggi può rappresentare un normale gruppo rock”.

Questo è Tito Schipa jr. Uno che lotta a suo modo per ciò che sta a cuore a tutti, o quasi. Un uomo nuovo, un uomo con meno pesi, con più poesia nella vita di ogni giorno, con più fratelli riconoscibili al primo sguardo, con meno padroni, reali o immaginari. Un uomo più vicino al suo fine.

                                                                                                                                                                            Dario Salvatori

 

 

Ciao 2001