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Data ultima modifica 06/03/03
Il cinema è
immagine in movimento, che prima di essere tale è immagine fissa. Quindi
soprattutto pittura. Ecco l'analisi di alcune opere di grandi pittori.
Un dono per i visitatori di questo sito.
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Nell'828 due mercanti veneziani si recarono in Egitto per ritrovare e portare a Venezia il corpo di San Marco. Tintoretto in questo quadro raffigura il momento del ritrovamento trasformandolo con la sua potente fantasia in uno scenario da film. A sinistra (e non nella parte centrale del quadro, come avveniva di solito) il cuore della scena: in primo piano si vede il corpo del Santo appena ritrovato adorato dal uno dei mercanti. Di fianco al suo corpo appare San Marco che ordina agli operai di smettere di profanare altre tombe. A destra in basso la prova dell'autenticità del cadavere ritrovato: il demonio esce in forma di spirito fumigante da uno indemoniato e il contraccolpo provoca lo spostamento dei due astanti in primo piano. In fondo alla scena in una finestra di luce due uomini aprono un sepolcro nel pavimento. |
Il quadro risente, specie nella sua struttura, delle analoghe composizioni dell'epoca, ma qui Moretto riesce a dare all'insieme una atmosfera di sapore domestico e casalingo. Il Bambino ha il volto di un paffuto figlio di contadini; l'attenzione della Madonna e dell'angelo è rivolta al "piccolo", mentre Lui ci guarda incuriosito. Non mancano elementi della simbologia classica, come quello del cesto di rose rosse che l'angelo offre a Gesù, segno premonitore del Suo destino di sofferenza; ma il gesto dell'angelo è delicato e non ha nulla di tenebroso e fosco. Questa sensazione è rafforzata dal bell'effetto cangiante dei suoi abiti. | |
Le figure, racchiuse tra il bordo del sepolcro e i cirri dell'orizzonte che sono dello stesso colore, occupano tutto lo spazio concedendo pochissimo al paesaggio, che pure era una specialità di Giovanni Bellini. Maria, Gesù, Giovanni si legano con le mani in un dialogo di condivisione dell'immenso dolore. Giovanni, pur partecipe della tragedia, si discosta discretamente da Gesù e Maria, che, invece, sono vicini in un muto dialogo raffigurato dai profili dei volti che si incastrano l'uno nell'altro alla perfezione: il mento della madre quasi si appoggia alle spalle del figlio. Le bocche semichiuse sembrano fare uscire poche e segrete parole. |
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Dafne, ninfa cacciatrice, accende di passione Apollo.
Il dio la insegue. Dafne fugge dal giovane bramoso e, quasi
raggiunta, per impedire che Apollo la possieda, invoca l’aiuto del padre,
divinità fluviale. Questi allora trasforma le sue membra in rami di
alloro, i capelli in fronde, i piedi in radici, il corpo in tronco. |
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Il bellissimo quadro rimase esposto nella basilica di San Pietro appena due giorni. Non per le realistiche nudità di Gesù Bambino, come si potrebbe supporre; ma per una sottile questione teologica. Si veda la posizione di Anna, la madre di Maria, nella composizione del quadro. Appare alquanto defilata dal centro psicologico del dipinto. Orbene, poiché Anna in ebraico significa "grazia", qualche canonico pignolo vi ha visto una svalutazione del ruolo della Grazia nella salvezza dell'uomo. Ma i maligni dicono che fu il Papa Paolo V Borghese a bocciarlo, per favorire l'acquisto del capolavoro da parte del nipote Scipione, che infatti lo fece suo pochi giorni dopo la bocciatura. E dire che Caravaggio, una volta tanto, si era mostrato ligio agli insegnamenti dell'autorità ecclesiastica. Basta guardare i due piedi che schiacciano il serpente. Due, non uno, perché, essendo sorta una disputa tra cattolici e luterani sull'identità dell'uccisore del serpente (gli uni, che valorizzavano il ruolo di Maria, leggevano nel testo della Genesi il pronome che si riferisce all'autore del gesto come "ipsa", gli altri, i protestanti, come "ipse"), il Papa, per non creare ulteriore polemiche, fece dipingere il piedino di Gesù sotto la pressione del dolce piede di Maria. Cioè ad uccidere il serpente fu Gesù con la collaborazione di Maria. Prova |
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