MUROROTTO

Così, mentre quel secolo irrequieto
Credea nella Ragione
D'aver colto il segreto
Dell'emancipazione
mostrava la Madonna a Palermiti
non pallidi barlumi,
ma i sempiterni siti
dei più fulgenti lumi.

 

AZIONE RELIGIOSA
in tre parti
di
Rinaldo COMMODARO

Anno Mariano 2005



PARTE PRIMA

IL RITROVAMENTO

Una sera d'agosto, nei fermenti
dell'anno mille settecento venti,
calda e serena, tinta all'orizzonte
dal sole occiduo, che stendea il divino
aureo suo manto sul lontano monte
del calabro Appennino,
ai misurati e lenti
tocchi delle campane
dell'Ave, tornavano per le andane
al familiare sito
gli stanchi contadini di San Vito.

Discorrevano spenti
della fine del giorno e del lavoro
duro dei campi, ed erano contenti
sol di trovar ristoro
nei domestici ambienti
modesti, ma accoglienti.

Quand'ecco che di botto,
l'amena attraversando
zona di Murorotto,
(così detta, per quanto s'è saputo,
per via d'un grosso muro ormai diruto)
(1),
dal groviglio dei rovi sì ingombrante
che il celavano tutto,
fasci di luce vivida e accecante
videro dipartirsi.
Difficile a ridirsi!

Nessun sapea che fosse
quel fenomeno arcano;
s'ebbe però certezza
che venisse quel segno dalla mano
di Dio agli umani sol per allegrezza.

Ripieni, allor, di insolito vigore,
dimenticando tutti la stanchezza,
ed ascoltando solo il loro cuore,
si diedero con nuova leggerezza
a rimuovere tutta la sterpaglia
che sbarrava la vista del portento,
al fine di scoprire la muraglia
donde veniva quell'abbagliamento.

E via via si ingrandiva
il cumulo dei bronchi,
in poco tempo monchi,
dietro la comitiva.
Ma pria della totale rimozione
di questi sterpi sterili e pungenti
al Cielo si levò, con emozione,
il grido dei presenti:
"Oh! la Madonna. È la Madonna bella,
splendida e luminosa come stella!".
Da un fremito fu scossa
quella gente commossa.

Apparve, o meraviglia, o gioia, o istante,
il bellissimo affresco
d'una bella Madonna sfolgorante,
rivestita di un rosso pittoresco,
ammantata di azzurro.
Teneva stretto colla mano manca
Gesù Bambino, colto con un sussurro
sul labbro, e con la destra molto bianca
una fiaccola ardente.
Pria una voce prudente,
poi dieci, cento e mille,
quindi le sacre squille
salutaron la Vergine Modello
(2)
col titolo più bello,
che ancora ci seduce,
di beata Madonna della Luce.
***
Fu grande l'entusiasmo della gente,
di fronte all'apparir di quell'incanto
che s'elevaro progressivamente
voci di gaudio e pianto,
e poi canti d'amore e di esultanza
del popolo festante
della Madonna amante,
aperto alla speranza.
***
Eppure non mancò chi, con sarcasmo,
cercava di smorzare l'entusiasmo
dicendo alla carlona
che si trattasse di "volgare icona"
(3),
affrescata di nuovo,
su commissione del Casalinuovo
(4),
e che la luce vista nei contadi
provenisse dal lume d'un suo servo,
di Gnazuzzu di Nardo di Olivadi,
che, devoto alla Vergine Maria,
la volle festeggiare quella sera
accendendo, per mera liturgia,
la sua vecchia lumera
ed esplodendo qualche schioppettata
per richiamar la gente già rientrata.

Ma, per quanto si possa architettare,
la verità vien sempre a galleggiare.
La gente, accorsa con trepidazione,
non ne restò delusa di sicuro:
fu ricolma dalla consolazione
d'assistere ad un fatto duraturo:
di presenziare a grandi accadimenti
e di goder di misteriosi eventi!

Così una donna ossessa,
già da tanti anni oppressa,
divenuta ormai larva,
dal demonio fu salva
(5).

Non era terminata l'impressione
di questo evento sì miracoloso,
che ne seguiva un altro più vistoso
ben degno di menzione.
Tornando dal mercato di Soriano,
afflitta dalle morse
d'un dolor sovrumano,
anche una donna accorse,
con la sua bimba mòrtale per strada.
Attratta dal clamor della contrada
per quanto appena visto per la via,
si fe' coraggio e senza ritrosia:
"Abbi pietà, o Maria,
del mio dolore atroce.
Tu che, dopo la dolorosa Via,
vedesti il Figlio in Croce,
bene intendi il dolore che mi affligge,
questa pena s'affigge

solo al seno materno!
O Madre dell'Eterno,
eccola, senza vita
questa madre smarrita
ai tuoi piedi depone la bambina,
spirata all'improvviso stamattina.
Ti supplico, Maria,
sol tu mi puoi capire
che conosci il patire:
abbi pietà della bambina mia".

Disse, e posò quel povero fardello
davanti alla Madonna benedetta.
Seguì un breve silenzio e, dopo quello,
al flebile spirar della bimbetta,
un murmure diffuso.
O portento divino,
dal suo sonno concluso
si destò quel visino.
Accadde allora cosa
difficile a ridire:
la madre dolorosa,
senza saper se piangere o gioire,
cadde a terra in ginocchio
tanto da far sentire
anche da lungi il crocchio,
e quasi da svenire.
Attrasse a sé la figlia,
colta da meraviglia,
e dopo lieve scrollo
se la restrinse al collo,
ringraziando la Vergine Maria,
che al suo accorato grido
dal cuore uscito con totale affido,
avea risposto pronta: "Così sia".

Ed in ginocchio si prostrò la gente
grazie implorando, e tanti
benefici nel corpo e nella mente
ricevendo abbondanti.
Pregava ognun con querulo vocio
in completo abbandono,
del Cielo il sommo Iddio
lodando per quel dono.

***

PREGHIERA.

O Signore possente,
che ci hai voluto dare
il bel viso splendente
della tua Mamma e fare
di questa trista plaga
il luogo di Sua luce,
guarisci in noi la piaga
che a morte ci conduce.
Fa' che alla nostra guida
Ella mostri annuenza;
nella tormenta infida
dell'amara esistenza
che ci segua materna,
per sua benevolenza,
e che nostra lucerna
mantenga in efficienza,
tanto che quando venga
lo sposo all'improvviso
non trovi buio, e ottenga
dell'amato il sorriso
la prudente sua sposa,
ed il costante cuore,
sul quale ella si posa
nel segno dell'amore.
Deh, Madre del suffragio,
fa' come quando il vino,
mancava e dal disagio,
volgendoti al Divino
con gesto autoritario
quegli improvvidi sposi
salvasti. Uno bonario
sperarne fa' ch'io osi.
Supplisci alla demenza
dell'onta originale
sin che la sofferenza
del dolor terminale
non senta la flagranza
di quel regno increato,
ove nostra speranza,
veda il fine attuato.
Nella celeste sfera,
conducimi, o Maria,
là dove l'alma spera
di trovar l'allegria.
Prestami le parole
da usare di sicuro
perché scaldi il Tuo Sole
il cuore mio sì duro;
e dimmi come io possa,
o della Luce Madre,
salir dalla mia fossa
alla Casa del Padre,
dove nessun né fame
né sete avrà né di dormir bisogno,
dove, affrontato l'ultimo mio esame,
di contemplarti nella faccia agogno.
Maria, nella pienezza
dei tempi convocata,
quale predestinata
del mondo alla salvezza,
in Te, Madre, è sussunta
la speme del credente,
su Te, Madre, s'appunta
lo sguardo del morente.
Accendi in noi Tua luce
e fa' che irrompa ognora
e in ogni nostra aurora
ed in quell'ora truce.
Nel buio della morte,
Madonna della Luce,
spalanca le Tue porte,
ci salvi la Tua Luce.
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(1) «Sembra fosse una diga sventrata per evitare l'allagamento del paese soprastante in seguito ad un'alluvione». Così Giusto Truglia, Palermiti, storia, cultura e tradizioni, Cuneo, 2002. Parla di Murorotto l’inglese Richard Keppel Craven in viaggio nel 1818 nella nostra terra: «La discesa di Gasperina mi offrì una veduta dei villaggi di Palermiti e Olivadi e ci portò in una valle ben coltivata e bagnata da numerosi ruscelli che discendono dalle alture vicine e si raccolgono in un piccolo fiume, che fertilizza e abbellisce il lungo tratto che percorre, da occidente verso oriente, fino a quando sfocia nel mare vicino a Soverato. Il suo corso corre fuori dalla valle attraverso le voragini aper­t dal tempo in un muraglione che una volta gli faceva da argine e che, si dice, deve le sue origini al conte Ruggero, che lo fece costruire con lo scopo di incanalare le sue acque per raccoglierle in un lago. Si era fatto troppo tardi e io ero troppo distante da questo muro, chiamato Murorotto per analizzarlo con maggiore atten­zione e stabilire la veridicità di queste congetture, anche se la configurazione e la fertilità della valle sembravano confermare questa ipotesi. Percorsi così una gola al suo fianco e uscii all’altra estremità della valle» (Cfr. L. Fusto – F. Paparo, Olivadi, Soveria Mannelli, 2000, pag. 51 s.).

(2) «Maria è chiamata da Sant’Agostino […] il modello vivente di Dio, “forma di Dio”; vale a dire che in Lei sola un Dio fatto Uomo è stato formato al naturale, senza che gli mancasse alcun lineamento della divinità, e in Lei sola altresì può essere formato l'uomo in Dio al naturale, per quanto ne è capace l'umana natura, attraverso la grazia di Gesù Cristo» (Cfr. Il segreto di Maria)

[3) Sul punto, così il Fiore (FIORE, Della Calabria illustrata, tomo II, Napoli, Stamperia Domenico Roselli, MDCCXLIII, ristampa fotomeccanica Sala Bolognese, Arnaldo Forni Editore, s.d., pagg. 274-275): intorno al 1720, «Giacomo Casalinuovo di Lucinadi» fece fabbricare nel suo «rustico feudo, in un angolo attiguo al Fiume, che dicesi di Muro Rotto» una «volgare Icona, e in essa dipintavi da pennello altresì volgare, l'immagine della SS. Vergine col suo bambino in braccio, sotto il titolo della Luce». Nei campi del Casalinuovo lavorava un giovane di Olivadi, Ignazio di Nardo, molto devoto alla Vergine. Costui, la sera del 4 agosto 173..., volle celebrare la Madonna accendendo lumi e tirando qualche schioppettata. La mattina seguente accorse molto popolo per vedere di cosa si trattasse» (Cfr. Giusto Truglia, op. cit., pag. 108).

(4) Trattasi di «Don Giacomo Casalnuovo (poi Casalinuovo)», «facoltoso» cittadino, originario di Cenadi, ma trasferitosi ad Olivadi a seguito di matrimonio, ricordato anche per una «una lunga e complessa vertenza» con «l’Uni­ver­sità (cioè il Comune) di Olivadi» (Cfr. L. Fusto – F. Paparo, OLIVADI, Soveria Mannelli, 2000, pag. 34)Sull'origine dell'icona, Giusto TRUGLIA, op.cit., ricorda altra tradizione, secondo cui: «un pittore passava sulla diga di notte e non si rendeva conto che stava per cadere, quando una luce improvvisa, attribuita alla Madonna, gli fece evitare il pericolo; per ringraziare la Vergine, il pittore realizzò l'icona sul muraglione».

(5) Lo stesso FIORE (ibidem) informa: «E una donna «ossessa da più anni, rimase libera dai demoni». Anche una donna che tornava dal mercato di Soriano con la sua bimba mortale per strada, vedendo tanto clamore per il miracolo già avvenuto, supplicò la Vergine e la bambina defunta risuscitò. E così i miracoli si susseguirono tanto che, dice il Fiore, «sarebbesi eretto magnifico tempio alla miracolosa immagine colle sufficienti limosine [...] ma finora si è sospesa l'esecuzione fin che la Madre di Dio disporrà altrimenti delle sue cose» (v. Giusto TRUGLIA, op. cit., pag. 108)


PARTE SECONDA

IL DISTACCO

Del prodigio la storia
si diffuse immediata
e fu accolta con gioia
da tutta la vallata.
E, nuovi pellegrini, sulla via
si ponevano a schiera con amore
gli amanti della Vergine Maria,
con tanta speme in core.
Accorrevano ansanti
verso la Madre che s'era disvelata;
e rivissero istanti
di gioia smisurata
nel constatar nuovi miracolati:
alcuni ciechi ed altri muti nati
ottennero la vista e la favella,
talaltri la stampella
gettarono all'istante
solo guardando di Maria il sembiante;
malati d'abbastanza
senza alcuna speranza
s'alzarono dai letti
ov'erano costretti.
E chi aveva abiurato
al suo Credo paterno
tornò presto all'ovile consolato
credente nell'Eterno.
Tante pene così furono casse,
nella fé confermate quelle masse.
***
Ci fu la decisione
tra quella gente buona
di trovare alla Icona
degna sistemazione.
S'imponeva per tal deliberato
di staccare dal muro il manufatto
ov'era incastonato
e di staccarlo intatto.
Per schivare il cimento
dello sgretolamento
cercò qualcuno d'avanzar l'intesa
di erigere una chiesa
che il tutto circondasse
e che la santa Icona
sul primo suol restasse.
quale unica Patrona.
Ma spiacque la proposta
a chi sperava in core
una scelta d'amore
e non trovò risposta.
Prevalse alfine il voto
che il quadro si staccasse
dal suo sito ormai noto
e che altro si cercasse.

***
S'avanzarono allora,
chiamati dai bisavi,
senza frapporre mora,
gli artigiani più bravi.
D'amor proprio compreso
cercava ciaschedun di adoprarsi
onde staccar dal muro tutto illeso
l'oggetto del suo tanto affaticarsi.
Nel difficile agone
si avvicendaro a lato,
col cuore in apprensione,
i mastri che godean di chiaro afflato:
i mastri di San Vito e di Gagliato,
i mastri di Petrizzi e di Cenadi,
di Centriche e Olivadi,
Ma lo sforzo non venne coronato.
Colpi abili e studiati
di qua, di là, di sotto,
nei punti più appropriati:
sperando che di botto
fossero compensati.
Ma salda nella zona
ad onta dei conati
rimaneva l'Icona:
non c'era proprio verso
che si venisse a capo:
sembrava tempo perso
e tutto un rompicapo.
Ed affiorava intanto
qualche tentennamento
nel perseguire il vanto
del duro scollamento.
***
C'era già chi, tornando al primo eccesso,
insisteva che lì, sul luogo stesso,
ove la sacra Icona
s'era prima mostrata
dovesse la sua chiesa essere alzata
e chi ancora sperava
dalla Vergine un segno
che chiaramente a tutti,
dopo tanta emozione,
rivelasse la sua predilezione.
***
Quand'ecco, bello e netto
e di gentile aspetto
si fece allora avante,
tra la folla ansimante,
eretto come un giglio,
di Palermiti un figlio.
Giovane muratore,
De Marco si nomava;
nell'anima portava
del pellegrin l'ardore,
e sulla forte spalla
il piccon che non falla.
Senza affatto esitare,
toltasi dalla testa la berretta
ed assumendo posizione eretta
chiese licenza di potere osare.
"Madonna benedetta,
perdona al figlio se presume tanto,
se pensa di far quanto
non è stato concesso
al primario consesso.
Non è per il mio vanto,
che a Te dinanzi vengo,
ma per l'amor tuo santo;
so che neppur io tengo
certezza di riuscire nell'impresa
se non mi dai la tua forte difesa".


Fatta questa preghiera, nuova speme
si diffuse tra tutta quella gente;
e tutti quanti assieme,
sgombri rapidamente
d'ogni pensier molesto
di campanile o scorno,
prendevano le parti dell'onesto
giovinetto di tanto garbo adorno.
Lo rincuorò il più anziano:
"Nessun ostile segno
dal tuo voler può tenerti lontano:
il tuo nobile ardire ti fa degno,
di tentare il tuo piano;
e voglia il Ciel che tu più fortunato
degli altri sia e l'ardor tuo premiato"

***
Un gran silenzio allor si fece attorno:
la gente tutta trattenea il respiro;
pregando che potesse esser quel giorno,
testimone di evento grande e miro.
Palesavano tutti un gran tremore,
quelli di Palermiti
in misura maggiore,
ma tutti nell'intento erano uniti.
Ed ecco, al primo colpo, oh meraviglia,
da lui vibrato con perizia somma,
si aprì l'affresco come una conchiglia,
ebbe un sussulto, qual soffice gomma,
si mosse, si scostò poi lentamente,
finché, fra lo stupore della gente,
che implorava altamente,
dal muro si staccò completamente.
L'affresco si straccò tutto d'un pezzo
senza che la pittura avesse danno
o che per la violenza dell'attrezzo
si scalfisse altro punto contro il banno.
Il giovane, a quel punto, cade a terra
forse stremato o più per l'emozione;
l'alza don Pino e al petto se lo serra
mentre palpita in tutti commozione.

PREGHIERA.

Dolce del Cielo Vergine divina,
che inondi tutti di tua viva luce,
sii per noi tutti segreta porticina,
che al Figlio con certezza ci conduce.
Vedi l'amara nostra sofferenza,
vedi l'ambascia della greve vita,
mostraci un segno della tua accoglienza,
fa' che la retta via non sia smarrita!
Vero che siamo figli della colpa,
che fummo condannati a dura sorte,
ma Tu, benigna, tutti ne discolpa,
e sii di tutti noi la roccaforte!
Se Tu ci mostrerai benevolenza,
e ci farai sentire i Tuoi consigli,
convinti della nostra appartenenza,
ritorneremo ad essere Tuoi figli!
Ritorneremo all'innocenza antica,
ai tempi dolci dell'adolescenza,
quando la mamma, nella casa amica,
riempiva il nostro cuor di sacra ardenza,
e ci insegnava il nome Tuo, Maria,
e la catena del Rosario santo;
e la preghiera dell'Avemaria
ci poneva sul labbro a nostro vanto!
Non v'è speranza alcuna di salvezza
per chi presume di spiccare il volo,
senza di tanta Mamma la carezza,
restando chiuso in sé misero e solo.
***
Maria, nella pienezza
dei tempi convocata,
quale predestinata
del mondo alla salvezza,
in Te, Madre, è sussunta
la speme del credente,
su Te, Madre, s'appunta
lo sguardo del morente.
Accendi in noi Tua luce
e fa' che irrompa ognora
e in ogni nostra aurora
ed in quell'ora truce.
Nel buio della morte,
Madonna della Luce,
spalanca le Tue porte,
ci salvi la Tua Luce.


PARTE TERZA

LA SCELTA

Sorse allora questione
tra quelle genti fiere
su chi dovesse avere
il quadro in possessione.
Un tumultuar di voci,
un grande parapiglia,
su qualsiasi quisquiglia,
un ondeggiar di soci,
ma nessun serio accordo
che in quel duro momento
superasse il bagordo
nel rasserenamento.
Accampavano tutti con veemenza
una giusta ragion di preferenza.
S'affermava San Vito titolata
perché quivi l'Icona fu trovata.
Dicea Casalinuovo, per Cenadi,
che di propria esclusiva appartenenza
fosse il muro, per cui, per ovvii gradi,
fosse propria l'icona in conseguenza.
Lo stesso
(6), per Livadi, a voce aperta,
portava ad argomento,
non senza fondamento,
che Gnazuzzu l'aveva discoperta
e che, quindi, a Livadi, suo paese
suo paese natale,
per principio normale,
dovesse andar, rimosse altre pretese.
Non restarono certo ammutoliti
né secondi a nessuno
quelli di Palermiti,
che avevano argomento assai opportuno.
Sosteneva difatti don Peppino
che fosse stato un suo concittadino
a rimuovere il quadro, ché altrimenti
stati vani sarian altri argomenti,
e che peraltro il Cielo avea mostrato
a Palermiti il suo chiaro favore
concedendo al De Marco il risultato
di staccare l'affresco senza errore.
Così la discussione andava avanti
con argomenti sempre più cangianti
anche se, in conclusione,
non si veniva a niuna soluzione.

Fu allora che fra tanto discettare,
al fin di prevenir più aspre liti
si fece avanti, senza vacillare,
don Peppino, pastor di Palermiti.
Questi, dotato di indiscussa stima,
anche per via della predicazione
che lo portava spesso in quelle zone, .
si pose in mezzo e fe' questa mozione:
"Cessate ogni litigio.
A nessuno conviene,
di fronte a tal prodigio,
avvilupparsi in queste cantilene. .
In noi tutti è l'amore
Per la Vergine bella.
Noi tutti la vorremmo, di gran cuore,
in mezzo a noi come madre e sorella.
Ma non è questo il punto:
cerchiamo soprattutto di appurare
attraverso rivelatore spunto
con chi Lei vuol restare!
Cerchiamo di sapere
la sua predilezione
e un segno di ottenere

che ci dica qual sia la nostra azione.
Facciamo che sia proprio la Signora
a scegliersi la sua fissa dimora".
"La tua proposta, o padre, è saggia e pia,
ma come potrà dircelo Maria?".
"Mi par, da quanto è stato,
che la Madonna ha già manifestato
la sua chiara risposta,
ma nel dubbio che pesa
che non sia stata intesa,
vi dico la proposta.
Si ponga il dolce quadro su di un carro
tirato da giovenche ancor non dome,

e da nessuno pungolate o spinte:
là dove sosteranno senza voglia
di andare avanti ancora,
ivi sarà la meta e la dimora".
Piacque assai la proposta
E subito su un carro ben dotato
da un manto foderato,
la Vergine fu posta.
E dal bovile usciro immantinente
Due superbe giovenche mugolando
e correndo impazzite tra la gente,
che cercava riparo indietreggiando.
Cercava invano, con gesti e col viso
E ponendosi avanti con del farro,
di condurle il bovaro verso il carro
per aggiogarle, come già deciso.
Quand'ecco, altro portento:
in mezzo alla gincana sì intrapresa
lo sguardo delle bestie restò intento
per un solo momento
in quello della Vergine in attesa,
già sul bel carro posta
forzatamente in sosta,
e fu la loro resa:
quantunque ancora al giogo non aduse,
porsero le giovenche un po' confuse
al bovaro loro erette cervici
di aggiogarsi felici.
***
Superato quel punto sì bizzarro
tra la folla plaudente,
si mosse alfine il carro,
il suo prezioso carico afferente.
E v'era in ogni cuore,
per l'ansia dell'attesa
della santa pretesa,
speme, gaudio e tremore.
Si mosse poco a poco
il carro, lentamente,
ma alla gente del loco,
sembrò ratto e corrente.
Si mosse dal suo sito,
e tra la delusione dei locali
che il videro passar quasi con le ali,
lento e deciso oltrepassò San Vito.
Rasentando l'imbocco conducente,
scansò quindi Cenadi;
e ad onta della folla sì fremente
attraversò Olivadi.

Intanto, man a mano che sentiva
la gioiosa novella
la gente sì veniva
veloce qual gazzella.
Sbucava dalle siepi e da ogni fratta,
discendendo da ogni direzione
da monti e da colline, stupefatta,
carica di emozione,
si riversava tutta sulla via
dove passava l'umile convoglio
che trasportava, come su di un soglio,
la Vergine Maria.
Avanti! Si! Le voci delle torme,
le preghiere dell'esercito orante
si univano in un murmure incessante,
vasto, uguale, uniforme.
Dietro il carro, lontano,
quasi serpe gigante,
si stendea, biancheggiante,
il grande fiume umano
di lacrime e speranze alimentato
di speranze e di prieghi
perché fosse alla fine scongiurato
l'alea d'altri dinieghi.
A Centrache la folla era impetuosa:
lì s'era concentrata fiduciosa.
Ma anche qui si sciolse l'adunanza.
venuta meno l'ultima speranza.
Le due giovenche candide e innocenti
frustrando la speranza dei locali
oltre passar con passi calmi e lenti
ma decisi e fatali.
***
Grande si accese allora la speranza
in quei di Palermiti,
che con salda fidanza,
andarono all'incontro tutti uniti.
Quel giorno già cedeva
alla placida sera,
e dal cielo pioveva,
al volo della prima capinera,
il rosso croco del tramonto d'oro.
Sol delle voci il coro
stridea con la serena
pace di quella scena.
La calma del paesaggio,
su tutto era distesa
e della luna un raggio
luminava la Chiesa.
Contrastava il pensier che quel passaggio
anche per Palermiti,
come per gli altri siti,
dovesse rimaner solo un miraggio:
perché, ad onta dei felici segni,
nessun di Palermiti in sé il coraggio
sentiva di affermar che fosser degni
i suoi concittadini di tal raggio,
e che qui, a Palermiti,
a preferenza di tant'altri siti,
si potesse intonare con fervore
il peana più bello dell'amore.
***
Intanto a Sanguria
s'appressava la Vergine Maria.
Si avvicinava, quindi, lentamente,
tra due ali acclamanti della gente,
verso la verdeggiante Palermiti,
dov'era tanta ansia ed emozione
negli abitanti come mai sì uniti
nella speme d'avere l'elezione!
Poi un brivido repente
sorprese la pia gente:
allorché parve che volesse il carro
seguir corso bizzarro.
Si levarono al Ciel mille preghiere,
il petto si batteva ad impetrare
il popol pio che valide barriere
opponessero i Santi a quell'andare
e che qui la Signora,
fugando ogni tremore,
con gran gesto d'amore
stabilisse la sua fissa dimora.
E su tutte le voci un alto grido
S'alzò da quella folla
Che a tutti sembrò fido
E balzò come polla.
"Resta con noi, Madonna benedetta,
resta con noi del Cielo alma bandiera,
Ti scongiuro; son io sola soletta
Cadono l'ombre e giunta è ormai la sera!"

All'improvviso un bel fatto succede
che dà nuova speranza
che sta a significanza
che esiste sempre spazio per la fede.
Rallentarono il passo le giovenche,
riguardando un po' in giro:
ripresero sbilenche
subito il loro tiro.
Dopo di che, con nuova decisione,
riprendendo il governo,
seguiron per l'interno
tutt'altra direzione!
Tirò un sospir la gente,
quando vide, plaudente,
che, fatta la discesa,
il carro si avvio verso la Chiesa.
Un passo, una ruotata,
un altro passo ancora;
la gente era stremata,
ma niun segno di mora.
Quand'ecco, all'improvviso
la gente l'ansia muta
nella gioia dovuta
da chi tocchi con mano il Paradiso!
Presso la Chiesa giunte quelle bestie
oramai zoppiconi,
per cenno arcano, e non già per molestie,
caddero ginocchioni,
e di andar oltre più non dièro segno.
Si compiva così l'alto disegno:
la fulgente Signora
Palermiti avea scelto a sua dimora.
Adunava nel cielo quella sera
l'argentea luna ed infinite stelle,
a Palermiti il popolo che spera
accendeva miriadi di facelle.
Le ombre su quei colli,
mirabile interludio,
trasformavansi in onde argentee e molli,
di luci in un tripudio.
E quando alfin dal carro fu deposto
il prodigioso quadro in altro sito
fu l'ultima domenica d'agosto,
che segnò d'ogni festa il sacro rito.
***
Impossibile è dire le leggiadre
Dolci cose avvenute
allor che tanta Madre
alzò le compiaciute
ciglia sulle fiumane
ampie dei figli, che l'avevan accolta,
a benedirli per la prima volta.
Suonarono a distesa le campane,
inni di lode e di ringraziamento
s'elevarono a Dio nel firmamento;
schiere di verginelle,
come l'aurora belle,
nelle libere aiuole
intrecciavano splendide carole.
Malati e giovinetti
erano i prediletti.
E nessuno mancava
di Centrache o Cenadi,
San Vito o d'Olivadi:
ogni anima la Vergine lodava,
priva di gelosia
verso la fortunata Palermiti,
ma qui tutti riuniti
pregavano Maria,
faro di luce vera,
eterna primavera,
del mattino lucore,
della notte splendore.
***
Così, mentre quel secolo irrequieto
Credea nella Ragione
D'aver colto il segreto
Dell'emancipazione
(7)
mostrava la Madonna a Palermiti
non pallidi barlumi,
ma i sempiterni siti
dei più fulgenti lumi.
Crea la Ragione il mondo coi concetti,
ma idoli da essi sono eretti:
è solo lo stupore
a cogliere il Signore.
L'uomo sa, da una parte,
le sue limitazioni;
dall'altra, si diparte
con molte aspirazioni.
Pur fiacco e peccatore,
obbedendo al suo orgoglio
s'erge a dominatore
per andare a cozzar contro lo scoglio
per cui soffre in sé stesso
la tragica scissione
che lo porta all'eccesso
della disperazione.
O Madonna, Ti prego di assentire:
aiutalo quest'uomo a rinsavire:
ché lo squilibrio grave è nell'umano
nel suo cerèbro vacillante e insano.
***
Passò così quella notte incantata
tra i canti e la preghiera;
c'era chi inginocchiata
si trascinava sino alla scalera.
Sul far della mattina,
con la cotta e la stola,
all'augusta Regina,
don Peppino volgeva la parola:
Le faceva promessa
di eterna dedizione;
consacrava alla stessa
la sua popolazione.
Concludeva dicendo che d'allora
dovesse stabilirsi la sua festa
per celebrar nei secoli la mora
e perché fede fosse manifesta:
"Madonna della Luce, la tua festa,
in questo verdeggiante ameno posto
sin da quest'ora stabilita resta
per l'ultima domenica di agosto"
.
***
Da quel giorno lontano,
fissato nella mente
e nel cuor della gente,
come primo solenne dì mariano,
celebra Palermiti nell'Icona
la sua Santa Padrona.
E qui, nel suo Santuario,
con linguaggio bonario,
accanto alla Colonna della Fede,
che riuniti li vede,
tutti i suoi figli Le aprono fidenti,
le loro anime ardenti,
le confidan le gioie e le speranze,
le loro delusioni e le doglianze,
sicuri che la Vergin della Luce
loro sempre si mostri madre e duce.
*
O tu, che soffri affaticato e stanco,
che non hai pace alcuna di origliere,
leva a Lei sempre, in alto, tue preghiere
e l'avrai sempre vigile al tuo fianco

PREGHIERA.

Vergine Madre, genitrice e figlia
dell'Altissimo Iddio, Ti ringraziamo
perché su noi hai posato le Tue ciglia
benché miseri noi ci conosciamo:
Non il merito nostro qui Ti ha addotto,
che ben sappiamo quanto poco sia,
ma tua misericordia senza scotto
per la nostra miseria, alma Maria.
Vergine bella, nostra invitta Roccia,
or noi con più fiducia t'invochiamo,
sotto il tuo manto noi ci ricovriamo
come i pulcini fanno con la chioccia.
Fa', perciò, che sparisca la violenza,
fa' che trionfi sempre la giustizia,
e che giammai difetti la clemenza
del perdono di Dio e che pigrizia
non ci impedisca mai di sollevare
il fratello che sconta la nequizia
di quanti più non sanno che sia amare
e che tra tutti regni l'amicizia.
Fa' che possiamo tendere la mano
a chi ha bisogno senza che sia vano
lo sforzo fatto e il nostro sacrificio
pieno d'amore e privo d'artificio.
Fa' che ciascuno spanda attorno amore,
che sia fattor di pace e fratellanza
che di pietà alimenti il proprio core
e che sia puro in ogni circostanza.
Fa' che in noi tutti verità e bellezza
connotino la vita quotidiana
e che di noi sia parte la purezza
che si conviene all'anima cristiana.
Attraverso il mistero della Croce
fa' che l'uom vecchio vada alla malora
e che per l'Ostia e di Cristo la Voce
rinasca il nuovo in noi di ora in ora.
Al Figlio tuo, conformami, Maria,
perché suo consanguineo diventato,
possa immergermi ancora col Messia
nel mistero del tuo Verbo incarnato.
***
Maria, nella pienezza
dei tempi convocata,
quale predestinata
del mondo alla salvezza,
in Te, Madre, è sussunta
la speme del credente,
su Te, Madre, s'appunta
lo sguardo del morente.
Accendi in noi Tua luce
e fa' che irrompa ognora
e in ogni nostra aurora
ed in quell'ora truce.
Nel buio della morte,
Madonna della Luce,
spalanca le Tue porte,
ci salvi la Tua Luce.


(6) Lo stesso Casalinuovo, naufragata la prima tesi, aveva cercato di avvalorare quella a favore di Olivadi. L’interesse è giustificato dal fatto che il Casalinuovo, quantunque «originario di Cenadi, aveva trasferito ad Olivadi le sue fortune nel 1717 avendo sposato una ricca olivadese di cui si ignora il nome e che non avev­a parenti prossimi» (Cfr. L. Fusto – F. Paparo, OLIVADI, Soveria Mannelli, 2000).

(7) Com’è noto, il ‘700 è il secolo dei lumi, dell’Illuminismo, definito da lmmanuel Kant (1724-1804) come libero uso dello propria ragione da parte dell’uomo. «Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza» È questo il motto dell’Illuminismo. È singolare che la Madonna della Luce si sia manifestata sotto questo titolo proprio nel momento in cui tutta l’Europa riteneva di avere individuato nel lumi della Ragione il mezzo dell’emancipazione dell’uomo.


Grazie.