IL VANGELO DI MARCO - inviato
il 4 gennaio 2003 - sintesi elaborata da Padre Giuseppe Lamera
Inviato da: G. & S. E. |
Ø
L'interesse
per il Vangelo di Marco è recente. In passato, veniva trascurato per i
giudizi poco lusinghieri che venivano dati nei suoi confronti. Si riteneva
che fosse stato scritto "senz'ordine" (il vescovo Papia di
Gerapoli) e che Marco fosse "un pedissequo sunteggiatore di
Matteo"
(S. Agostino). Ø
Autore
del Vangelo, viene ritenuto Marco, soprannominato anche Giovanni; il
vescovo Papia di Gerapoli ci tramanda che Marco è l'interprete di Pietro.
Dagli Atti degli Apostoli veniamo a sapere che Marco collaborò per un
certo periodo con Paolo e gli è stato vicino durante la prigionia (col.
4, 10-11; 2Tm. 4, 11). Marco era giudeo; la sua lingua era l'aramaico e
scrive il Vangelo in greco. Ø
Marco
scrive il suo Vangelo per la comunità di Roma, con particolare attenzione
per i catecumeni che si preparavano a ricevere il Battesimo. Ø
Marco
scrive il suo Vangelo, secondo Clemente Alessandrino, a Roma. L'ha scritto
prima del 70 d.C., dopo la morte di Pietro, oppure poco dopo il 70. Ø
Marco
scrive il Vangelo nella lingua greca. Il suo lessico è povero. Si ripete
con gli avverbi: subito, di nuovo, molto; usa spesso i verbi ausiliari:
essere e avere; e i verbi incominciare, volere, fare, potere; insiste su
alcuni termini come: insegnamento, insegnare, vangelo, guardare attorno,
tacere; abbonda di parole aramaiche che si preoccupa di spiegare (es.
talitha Kum = giovinetta alzati); fa uso del presente storico (registra
cioè un fatto del passato con il verbo presente) per sottolineare
l'attualità di Gesù. Ricorre alla tecnica dello schema parallelo (due
racconti modellati sul medesimo clichè letterario es. 7, 32-36: episodi
del sordo; 8, 22b-26: episodio del cieco) volendo creare
significati simbolici. Es.: il sordo e il cieco rappresentano i discepoli. Ø
Lo
stile di Marco è efficacissimo. I suoi racconti sono vivi per la capacità
di ritrarre i sentimenti profondi dei suoi personaggi. Il suo Gesù si
commuove (1, 41; 6, 34; 8, 2); abbraccia con affetto i bambini (9, 36; 10,
16). Ricorre a personaggi rappresentativi come il lebbroso (1, 39-45) e la
donna emorragica (5, 24-34), per rappresentare gli emarginati di Israele;
il sordo balbuziente (7,
32-37), il cieco di Betsaida (8, 22-26), il cieco Bartimeo, (10, 46-52)
per rappresentare i discepoli. Ø
Lo
sfondo socio culturale del Vangelo di Marco è quello degli anni 60 - 70
d.C. che fa registrare la persecuzione dei cristiani (con l'imperatore
Nerone) a Roma e la crescente tensione in Palestina contro la dominazione
romana, tanto da determinare l'intervento di Vespasiano e Tito, provocando
la guerra giudaica (66-70), conclusasi con la distruzione di Gerusalemme
(70 d.C.). Ø
Marco
è ritenuto l'inventore del genere letterario "Vangelo" perché
è il primo a redigere una storia di Gesù dal battesimo alla
risurrezione. Più che una biografia (mancano i trent'anni di vita di Gesù
prima del battesimo) o un manuale di storia (non sono narrati tutti gli
episodi e le date) si tratta di uno scritto nel quale emerge la
testimonianza di persone che hanno fatto un'esperienza di vita con Gesù
da condividere a tutti… anche a noi … affinchè possiamo farla, a
nostra volta. Ø
Nel
narrare le parole e i fatti di Gesù, Marco si è servito anche del
materiale che circolava di già, come ad esempio i racconti sulla passione
e risurrezione; la serie sulle controversie; le parabole; norme per la
comunità e il discorso escatologico. Marco non utilizza i racconti
dell'infanzia di Gesù. Ø
Premesso
che il Vangelo di Marco si compone di due grandi parti, (la prima parte:
Mc. 1, 14-8,: dal battesimo alla professione di fede di Pietro; la seconda
parte: Mc. 8, 31-16,8: dalla professione di fede di Pietro alla passione e
risurrezione), si può rappresentarne la struttura così: -
1,
1-13: prologo 1,
14-36: inizio del ministero in Galilea 3,
7-6,6a : culmine del ministero in Galilea 6,
6b-8, 26: dalla Galilea e oltre. 8,
27-30: professione di fede di Pietro 8,
31-10, 52: annunci della passione e insegnamenti di Gesù 11,
1-13, 37: il ministero a Gerusalemme 14,1-16,
8: la passione e risurrezione -
16,
9-20: epilogo. Ø
Per
quanto riguarda la finale del Vangelo di Marco, e cioè 16, 9-20, secondo
alcuni sarebbe un'aggiunta di un'altra mano per ammorbidire la conclusione
brusca delle donne che fuggono via dal sepolcro. Ø
Le
regioni descritte da Marco per la vita e l'attività di Gesù sono la
Galilea e la Giudea. L'andata di Gesù a Tiro e Sidone rappresenta
l'intenzione di Gesù di non escludere i pagani dalla sua missione
salvatrice. Ø
Il
contenuto del Vangelo di Marco è il Vangelo così com'è scritto e
appreso dalla sua lettura. Ø
Le
tematiche del Vangelo di Marco sono: 1)
IL
REGNO DI DIO.
Regno di
Dio indica la regalità, la sovranità, la signoria di Dio sul mondo.
Questa espressione, sulle labbra di Gesù, significa che Dio instaura la
sua signoria, attraverso di lui. Concretamente Dio si fa vicino a noi
attraverso Gesù che accoglie i malati e insegna al popolo. Scrive J.
Ernest: "gli uomini sperimentano il Regno di Dio nell'incontro con
Gesù, nelle parole di consolazione, di promessa, di speranza e nelle
opere miracolose, soprattutto nella guarigione degli ammalati".
Contro la fretta di chi vuol accelerare la venuta o la manifestazione
finale del Regno di Dio, Gesù invita alla pazienza e fiducia in Dio con
il racconto della parabola dell'agricoltore: Mc. 4, 26-29. 2)
GESU'
UOMO.
L'umanità di Gesù è il tratto più studiato di questo Vangelo. “Marco
indulge a registrare in Gesù sentimenti e atteggiamenti di un vero uomo,
in carne e ossa. Il suo corpo vibra nell'esprimere un'ampia gamma di
movimenti dello spirito: le sue mani abbracciano i bambini (9, 36; 10,
16), toccano la lingua del sordomuto (7, 33), mettono la saliva sugli
occhi del cieco (8, 22); nel suo sguardo si legge simpatia (10, 21),
delusione (10, 23), incoraggiamento (10, 27). Il Gesù di Marco non è però
un superman, ha anche dei limiti: a Nazaret non riesce a fare alcun
miracolo, se non qualche guarigione (6, 5); non conosce il giorno della
parusia
(13, 10); muore gridando: " Dio mio, Dio mio". (Lambiasi
Francesco). "Il Gesù di Marco ha una grande capacità di amare (Mc.
9, 36; 10, 16; 10, 21-22) e di soffrire non solo fisicamente ma anche
moralmente (Mc. 14, 32-42)" (C.I. Gonzales). Gesù è una figura dal
respiro universale, capace di aprirsi a tutti, anche alle persone che non
meritano come i peccatori e i pubblicani (Mc. 2, 15). 3)
GESU'
MAESTRO E CATECHETA.
A chiamarlo maestro (9, 17) è la gente comune, colpita dalla sua
autorevolezza: "li ammaestrava come uno che ha autorità" (1,
22). Un maestro che è anche catecheta perché non si dedica solamente ai
suoi discepoli ma anche all'insegnamento per la folla: "partito di là,
si avviò nelle zone della Giudea e oltre il Giordano, mentre di nuovo le
folle accorrevano a lui ed egli di nuovo, secondo il suo solito, le
istruiva" (Mc. 10, 1). 4)
GESU'
MISSIONARIO.
Per Marco Gesù è il missionario itinerante che vive per primo il comando
dell'invio e dell'andare. Anzi egli evangelizza, andando. Egli va oltre i
confini di Israele per portare la sua presenza di consolazione (Mc. 5, 1;
7, 24; 7, 32) e implicitamente l’annuncio del Regno. Destinatari di Gesù
sono le folle, i pagani e gli stessi discepoli. Anch'essi devono
convincersi di essere sempre nella condizione di persone da evangelizzare,
perché il cammino dietro a Gesù ha una data d'inizio, ma non quella di
conclusione. Infatti Gesù si rivolge ai discepoli con una punta di
rimprovero quando dice loro: "Ancora non capite e non comprendete ?
Avete il cuore indurito ?" (8, 17). 5)
GESU'
MESSIA.
Gesù si presenta come il Messia. Non vuole essere però identificato con
questo titolo in occasione dell'attività taumaturgica (1, 44),
soprattutto di esorcismi (1, 25) e dagli stessi discepoli (9, 9). Solo
verso la conclusione della sua vita, davanti al Sinedrio accetterà
l'identificazione con questo titolo Mc. 14, 61-62. Come mai Gesù non
accetta di venire identificato come Messia durante la sua vita (gli
studiosi hanno definito l'atteggiamento di Gesù con il termine segreto
Messianico) ? X. Leon Dufour, ha dato questa risposta: "Gesù non
poteva parlare chiaramente prima che la sua risurrezione avesse consacrato
la sua opera e la sua persona. La missione doveva essere condotta a
termine perché le sue parole e il suo comportamento potessero apparire in
piena luce. E infatti quando la sua ora è giunta lo vediamo affermarsi
con tutta chiarezza". 6)
GESU'
MESSIA POTENTE.
Una caratteristica del Messia doveva essere la potenza, la forza. Gesù è
presentato come il più forte da Giovanni Battista (1, 7). Gesù farà suo
questo ritratto nella parabola che lo vede in antagonismo a satana, pure
forte (3, 22-30). Questa potenza - forza s'irradia da Gesù attraverso i
miracoli da Lui compiuti. 7)
GESU'
MESSIA SOFFERENTE.
Al tempo di Gesù, il titolo di Messia era divenuto troppo politicizzato e
suscitava aspettative nazionalistiche che Gesù vuole tenere fuori dal suo
orizzonte. Egli concepisce il Messia come colui che fa la volontà di Dio
nella abnegazione e nella sofferenza. Per evitare confusioni, pur
accettando dagli altri il titolo di Messia, quando parla di sé preferisce
quello di Figlio dell'uomo. Gesù lo usa per affermare la sua superiorità
sul sabato: "Il Figlio dell'uomo è padrone anche del sabato"
(2, 28); per indicare il suo ruolo di giudice universale alla fine della
storia (Mc. 13, 26-27) ma anche per impersonare il servo sofferente.
Infatti troviamo il titolo, Figlio dell'uomo, nei tre annunci della
passione e risurrezione: 8, 31; 9,
31; 10, 33-34. Gesù ha chiara la coscienza di realizzare la sua missione
nella sofferenza, facendo suo il progetto del Servo profetizzato da Isaia.
La sofferenza rimane un male da combattere; tuttavia può essere causa di
un bene quando diventa espressione di amore. 8)
GESU'
FIGLIO DI DIO.
La vera identità di Gesù emerge quando si presenta come Figlio e parla
di Dio padre in modo nuovo ed unico. Gesù manifesta la consapevolezza di
essere il Figlio di Dio con il racconto della parabola dei vignaioli
omicidi (Mc. 12, 1-12) e quando interrogato dal sommo sacerdote: "Sei
tu, il Cristo, il Figlio di Dio Benedetto ?" risponde: "Io lo
sono" (Mc. 14, 61-62). Scrive J. Gnilka: "In quanto Figlio di
Dio, Gesù è il portatore dello Spirito (1, 11), il vincitore dei demoni
(3, 11; 5, 7), la rivelazione di Dio nella parola (9, 7) e
nell'azione." 9)
LA
COMUNITA' DI GESU'.
E' Gesù a scegliere i suoi discepoli e non viceversa. Dai suoi discepoli
Gesù pretende ciò che nessun rabbino osava chiedere: di rinunciare per
lui a tutto, a casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi
(10, 29). Il discepolo è innanzitutto colui che incontra Cristo e lo
segue (1, 17-20; 2, 14). Seguire Cristo ha un duplice obiettivo: stare con
lui e poi andare a predicare e scacciare i demoni (3, 14-15). All'interno
della cerchia dei discepoli si distinguono i 12 apostoli. I 12 sono
coinvolti da Gesù nell'opera messianica del vero pastore che sfama le
folle: devono ordinare la gente facendola sedere a gruppi di commensali
(6, 39) e ricevono i pani da Gesù per porgerli ai presenti (6,
41). 10)
LA
SALVEZZA NEL VANGELO DI MARCO.
L'obiettivo di Marco è quello di presentare Gesù come il Salvatore. E'
il Salvatore che perdona i peccati (2, 5-11) e ci riscatta: " il
Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire
e dare la propria vita in riscatto per molti"(Mc. 10,45). Nella
parola riscatto = lutron troviamo una chiara allusione alla teologia
dell'espiazione di Isaia 53 in generale e poi in particolare Isaia 52, 3:
"Senza prezzo foste venduti, e sarete riscattati senza denaro".
L'istituzione stessa dell'Eucarestia è narrata come il memoriale di un
sacrificio di riscatto che Gesù interpreta alla luce del servo
sofferente: "Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato
per molti" (14, 24). Ø
Per
il biblista Xabier Pikaza: ·
Marco
ha raccontato la storia di Gesù che è Figlio di Dio e Messia perché
spende la propria vita per gli altri, e non un glorioso essere divino, che
s'impone con potere e miracoli sugli altri. In tal modo si colloca nella
linea dell'inno prepaolino di Fil. 2, 6-11: Gesù poteva seguire un
cammino di trionfo, rivelando Dio per mezzo dei suoi gesti soprannaturali
di dominio sugli altri, ma non lo ha fatto. Gesù realizza la sua funzione
di Dio dando tutto se stesso; rivela la sua grandezza facendosi piccolo e
morendo per gli altri. ·
In
Marco Gesù appare come il creatore di una fraternità universale formata
da tutti coloro che nel loro ambiente osservano la volontà di Dio (3,
20-35). ·
Gesù
è il Messia del pane condiviso come indicano i segni delle
moltiplicazioni (6, 30-44; 8, 1-10). Gesù stesso appare espresso in quel pane offerto in aperta campagna a tutti i popoli della terra. ·
Gesù
è il Messia fatto parola. Tutto il Vangelo di Marco è un prodigio di
comunicazione: gli uomini e le donne di questo mondo tendono a
rinchiudersi nelle proprie ragioni, convertendo la parola in una forma di
dominio degli uni sugli altri; per Gesù invece la parola è trasparenza
di vita, espressa nel dono di sé in favore degli altri, per costruire il
Regno. Ø
Metodo
e contenuto della cristologia di Marco. Per
alcuni Marco non ha una propria concezione cristologica (R. Pesch; R.
Schnackenburg). Per altri si. Per questi il metodo per comprendere la
concezione cristologica di Marco è quello di giudicare il suo scritto
nella sua GLOBALITA'. A partire dal principio della Globalità sono
ravvisabili i poli entro cui leggere la persona di Gesù: uno è quello
espresso dalla sua potenza che si estrinseca attraverso i miracoli;
l'altro è quello della sofferenza e dell'umiliazione culminata nella
morte di croce. L'intreccio di questi poli fa emergere un Gesù potente (i
miracoli) e umiliato (crocifisso). Se poi si vuole costruire una
cristologia di Marco, a partire dai titoli di Gesù Cristo, si conviene
che i titoli tipici di Marco sono: il Nazareno - lo Sposo - Figlio di Dio.
Con il titolo di Nazareno dato a Gesù, Marco pone l'accento sul luogo
della provenienza geografico - sociale di Gesù. Nazareno è il nome della
concretezza storica, della normalità quotidiana. Il titolo di Sposo,
Marco lo ricava dallo stesso Gesù che parlando ai discepoli li presenta
come amici dello Sposo: Mc. 2, 19-20. Figlio di Dio: questo titolo
racchiude l'intero racconto: da una parte la voce di Dio nel battesimo al
Giordano (1, 11) dall'altra la confessione del centurione ai piedi della
Croce (15, 39). In Gesù, dichiarato Figlio, da Dio nel Battesimo, si
compendiano le caratteristiche dell'Antico Testamento: la messianicità -
l'amore del Padre - la funzione di Servo (Mc. 1, 11: cfr. Sal. 2, 7; Gen.
22, 2; Is. 42, 1).
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