Se
c’è una cosa di cui il motociclista non può
fare a meno, questa è senza dubbio l’aderenza dei
pneumatici. Guidare è un gioco d’equilibrio, di forze
che la moto scambia con l’asfalto, unicamente attraverso
il grip concesso dalle gomme … Tutto qui?
Finché
c’è grip c’è speranza… Ogni volta
che mi sono “impiccato” in qualche arrembante manovra,
ho supplicato la Dea dell’aderenza… Chissà perché,
in quei frangenti, non vengono mai in mente né formule,
né tanto meno vettori, eppure di tempo ne passa prima
dello scampato pericolo! Prova ne sono i pensieri che ci colgono
in quei momenti, che scorrono via molto più rapidamente
del lento scivolamento da un lato dei pneumatici.
Passato il momentaccio però, è opportuno memorizzare
bene ciò che è capitato, cercando di comprenderne
le ragioni per farne tesoro. Potrebbe tornare utile “ripescare”
qualche vecchio libro in grado di svelare i “segreti”
della fisica, che misteri forse non sono (almeno per un equilibrista
delle due ruote…) ma serviranno in qualche modo a ripassare
le regole del gioco. Sì, perché a ben guardare,
non si trova poi molto di “commestibile” sull’argomento…
o meglio, o sei un ingegnere, un fisico, oppure rischi di “schiantarti”
contro un muro di formule per addetti ai lavori. Tuttavia, prima
di fare karakiri, facciamo quattro chiacchiere su questo spinoso
argomento, nella speranza che i puristi perdonino qualche “semplificazione”…
indispensabile per fare un po’ di luce sulla buia impronta
a terra del pneumatico in azione.
L’equilibrio
Per
nostra fortuna, appena riesce a guadagnare un po’ di velocità,
la moto si autostabilizza trovando un suo equilibrio… cioè,
non cade da un lato come quando sta ferma! Tutto merito dell’avancorsa (di cui abbiamo parlato sul n° 4 di Special)
e della coppia
raddrizzante
che essa determina, nonché dell’effetto giroscopico, che incrementa sempre più
la stabilità col crescere della velocità. Ovviamente
il bello viene in curva (se non ci fossero, non saremmo nemmeno
motociclisti!), perché la difficoltà sta tutta
nel trovare, anche in questo contesto, un equilibrio stabile
come quello in rettifilo. Questa condizione si verifica soltanto
se, la somma delle forze applicate al baricentro, viene a cadere sul terreno
lungo la retta che congiunge idealmente le due impronte a terra
dei pneumatici (disegno 1).
Le forze indicate con le frecce verde e blu (disegno 2), stanno
ad indicare rispettivamente il peso (massa per accelerazione
di gravità) del pilota, della moto e la forza centrifuga. Quest’ultima, non cresce
linearmente con la velocità (da notare che nella formula
compare al quadrato!) ed è determinata anche dal raggio
della curva da affrontare. Questo è il motivo per il quale
a bassa andatura si riesce a percorrere anche una curva molto
stretta, cosa impossibile, invece, se si supera una determinata
velocità. Ovviamente il peso moto/pilota resta sempre
lo stesso, mentre la forza
centrifuga
cresce a dismisura man mano che la velocità aumenta o
si restringe il raggio della curva. La somma di queste forze
dà luogo ad una risultante (freccia rossa) che, oltre
certi valori, non va più a cadere sulla retta gialla del
disegno 1. Insomma finché c’è la possibilità
di accentuare la piega della moto per ritrovare l’equilibrio,
siamo salvi, a condizione che ci sia il grip necessario a contrastare
questa azione! Ricapitoliamo: visto che la risultante delle forze
deve cadere in un punto stabilito, fintantoché incliniamo
la moto senza perdere aderenza, non rischiamo la caduta perché
il sistema è ancora in equilibrio. Detto così sembrerebbe
che, per non cadere affrontando una curva a folle velocità,
possa bastare inclinare la moto sempre di più. Invece,
per portare a casa le “penne”, è d’obbligo
che i pneumatici riescano ad opporsi efficacemente a questa spinta
(e lo possono fare soltanto finché c’è sufficiente
aderenza!). Come vedete ritorniamo al punto di partenza dell’articolo:
“finché c’è grip c’è speranza!”.
Ma cosa succede quando pneumatico e asfalto si scambiano le forze
sopra citate ?
L’aderenza
L’aderenza
offerta da un pneumatico aumenta man mano che su quest’ultimo
grava più peso. Ciò è vero fino ad un carico
limite, oltre il quale, questa condizione non si verifica più.
Anche se l’impronta della gomma a terra cresce di dimensione,
non è questo il solo motivo per cui il grip cresce all’aumentare
del carico. Per averne un riscontro, basta fare una semplice
prova: prendete una gomma per cancellare, appoggiatela su un
tavolo e spingetela da un lato con un dito per spostarla. Si
muove facilmente, vero? Ripetete l’esperimento esercitando
contemporaneamente una forza dall’alto con un dito dell’altra
mano… Noterete all’istante che, maggiore è la
spinta che grava sulla gomma, più fatica farete a farla
scivolare. Estremizziamo il concetto: impugnandola come si fa
per cancellare, noterete che spingendo sempre con maggior vigore,
riuscirete lo stesso a muoverla, ma la gomma perderà dei
“pezzi”.
I riccioli che si staccano (gli stessi che troverete sui pneumatici
quando girate in pista), stanno ad indicare che siete ai limiti
dell’aderenza, cioè, siete arrivati a rompere i legami
molecolari della mescola che compone la gomma! Sfruttare tutto
il grip che le coperture possono offrire, comporta dunque, un
rapido degrado. Se passate una gomma da cancellare sul tavolo
ovviamente non rischiate di cadere, ma se cercate di sondare
il limite di un pneumatico, le cose potrebbero andare diversamente.
Quanto detto è riportato nel disegno 3; attenzione però,
la formula indica il coefficiente
di aderenza
tra due corpi solidi a contatto, mentre la gomma si comporta
in maniera un po’ diversa, anche se la sostanza del discorso
resta valida! Il suddetto coefficiente, al massimo può
arrivare a 0,8-0,9 (su un buon asfalto asciutto e con pneumatici
al top dell’efficienza), ma se il fondo è più
viscido, sdrucciolevole o bagnato, questo valore può scendere
a 0,3 o anche meno! Questa formula ci dice che (visto che il
peso moto/pilota resta costante), se il coefficiente di aderenza è
scarso, diminuiscono anche le forze che la gomma può scambiare
con il suolo. Se proviamo ad andare oltre il valore ammesso,
si manifesta la perdita di aderenza del pneumatico. Nella realtà,
però, il peso totale risulta distribuito sui due assi
in modo diverso…
Frenando andiamo a caricare maggiormente la ruota anteriore,
e questo ci permetterà di disporre di un po’ di aderenza
in più all’avantreno. Percorrendo una curva, invece,
se spostiamo il corpo all’interno della stessa, modifichiamo
la posizione del baricentro.
Questo stratagemma permette di inclinare meno la moto a tutto
vantaggio della regolarità dell’impronta a terra.
Abbassare il baricentro poi, è
cosa sempre gradita, perché esso è il punto di
applicazione delle forze in gioco…
Dunque anche sporgersi dalla moto permette di sfruttare meglio
il grip a disposizione. Prima di proseguire vorrei fare una precisazione:
il massimo coefficiente
di aderenza
possibile è normalmente uguale a 1! Tuttavia i pneumatici
“speciali” oltrepassano di parecchio questo valore,
fino ad oltre 1,5 in virtù di un’adesione simile
a quella della colla! Teoricamente dunque il limite è
pari ad 1, ma di fatto i pneumatici racing vanno ben oltre…
anche se il loro consumo è rapidissimo, tanto da arrivare
alla “frutta” addirittura prima del termine della gara.
Impronta a terra
Come noterete
dai disegni, l’impronta a terra del pneumatico (in marcia
a velocità costante) non forma un cerchio, bensì
un’ellisse. Ciò dovrebbe far intuire all’istante
che, le forze
longitudinali,
possono essere contrastate più efficacemente di quelle
trasversali… difatti,
in accelerazione ed in frenata, si può osare di più
di quanto sia possibile in curva. Ovviamente maggiore è
il carico che grava sulla ruota (e quindi l’impronta), migliore
sarà l’aderenza espressa dalla gomma. Frenando o
accelerando l’impronta a terra (disegno 4) assumerà
una forma diversa, più tozza, ma la zona rivolta verso
il senso di marcia (rossa) disporrà sempre di maggiore
aderenza rispetto a quella posteriore (gialla), in cui si presenta
un certo grado di scorrimento. Quest’ultimo
rappresenta lo slittamento della gomma, o se preferite la perdita
di aderenza (parziale o totale). La stessa situazione si presenta
in curva (disegno 5), soltanto che l’ellisse si deforma
in modo diverso. Nella zona gialla dell’impronta, infatti,
si verifica una torsione della mescola sottoposta all’azione
della forza laterale di deriva.
Man mano che le forze in gioco aumentano (a causa della velocità,
oppure della diminuzione del raggio della curva), la zona di
scorrimento della gomma
si espande. Ciò determina inizialmente soltanto una leggera
divagazione (deriva) dalla traiettoria
impostata. Tuttavia i suoi effetti cresceranno sempre più,
rendendo impossibile la percorrenza della traiettoria voluta
o, insistendo nel tentativo di correggere questa tendenza, porteranno
ad una inevitabile caduta! Via, via che la zona gialla prende
il posto di quella rossa, ossia all’aumentare della zona
di scorrimento, la sensazione
di “alleggerimento” e scivolamento dell’avantreno
verso l’esterno della curva (in questa fase è il
pneumatico anteriore ad essere maggiormente sollecitato), fanno
sentire sempre più i loro effetti. Cercare di contrastare
questa tendenza, accentuando l’inclinazione non porta mai
buoni frutti! È più opportuno “allargare”
la traiettoria, riducendo l’inclinazione della moto (ammesso
che sia possibile!) e ricordarsi in futuro di affrontare quella
curva ad una velocità inferiore, senza la presunzione
di poter vincere le leggi della fisica…
Deformazione della carcassa
Ogni volta
che un pneumatico rotola, la forma del profilo della carcassa
subisce delle trasformazioni. Ciò è dovuto al fatto
che, nella zona dell’impronta a terra, il battistrada si
appiattisce perdendo la rotondità (cioè deve adattare
la sua forma tondeggiante ad una superficie piana!). È
per questo motivo che, nella zona di battistrada che sta per
entrare in contatto con il suolo, la mescola della gomma si compatta
formando delle grinze… viene dunque forzata a diminuire
“il raggio di rotolamento”. Dal lato opposto, nella
zona retrostante alla direzione di marcia, avviene il contrario:
la carcassa viene “stirata” (annullandone la rotondità
del profilo per un breve tratto), nonostante non sia cessato
il contatto con il suolo. Il disegno 6 mostra questo fenomeno,
che avviene sempre sia marciando in rettifilo, sia in curva.
Questo è il motivo per cui, in qualsiasi frangente, si
ha comunque un leggero grado di scorrimento della gomma.
Potete andare piano quanto volete: lo scorrimento (zona gialla delle impronte),
anche se modesto, c’è sempre; ed il consumo della
gomma (dovuto esclusivamente a questo fenomeno) è lì
a dimostrarlo! Ovviamente più mettete in crisi l’aderenza,
maggiore sarà l’entità dello scorrimento e l’usura del pneumatico.
Quando quest’ultimo rotola su un piano inclinato (cioè
in curva), l’aderenza viene sfruttata per contrastare l’azione
della forza centrifuga. Si può
scegliere di sfruttare tutto il grip in questo modo, oppure cercare
di impiegarne un po’ in maniera diversa. Ipotizzando 100
il valore di aderenza a budget, si può pensare di spenderne
il 50% in frenata ed il resto per fare la curva. Oppure l’80%
per girare ed il 20% per accelerare.
L’importante è che non si superari la cifra totale
“da sborsare”! L’accelerazione longitudinale (in
frenata o accelerazione) e quella trasversale (in curva) possono
essere attinte dal grip disponibile separatamente (cioè
sfruttandole al 100%) oppure congiuntamente, ma è necessario
che non si ecceda mai nel computo totale! Ecco perché,
prima di affrontare una curva, è possibile frenare intensamente
quando la moto è dritta; iniziare ad inclinarla diminuendo
sempre più l’azione sui freni mentre si accentua
la piega per poi lasciarla “scorrere”, al massimo dell’inclinazione,
al centro della curva. Per completare la fase successiva, le
azioni si ripetono a ruoli invertiti. Dalla massima piega, si
inizia a raddrizzare la moto man mano che si accelera, sfruttando
la massima spinta solo quando essa non è più inclinata.
scorrimento e deriva
Quando un pneumatico
rotola liberamente sull’asfalto, si ha solo un leggero grado
di scorrimento, destinato
a crescere se freniamo o acceleriamo. Ciò determina una
diversa velocità di rotazione, rispettivamente più
bassa o più alta. Se freniamo, ad esempio, il pneumatico
tende a incrementare il grado di scorrimento ed a “perdere
il passo”, cioè percorre meno strada di quella che
la sua circonferenza di rotolamento dovrebbe fare. Se il fondo
offre buona aderenza, con la complicità del trasferimento di carico dinamico,
la moto solleva la coda piuttosto che bloccare la ruota anteriore.
Il grip, in questo caso, è sufficiente a contrastare l’elevata
decelerazione. Se il coefficiente
di aderenza
è scarso, invece (come quando l’asfalto è
bagnato), la ruota smette di girare e scivola sull’asfalto.
Se fossimo a bordo di un’auto, continueremmo ad andare dritti…
invece siamo su una moto e cadiamo da un lato, per colpa dell’effetto giroscopico che non ci
assiste più! In curva, lo scorrimento determina
sia un rallentamento della velocità di rotolamento (ovviamente
se non stiamo accelerando!), sia uno scivolamento laterale.
È proprio il traslare lateralmente del pneumatico a darci
la sensazione della perdita di aderenza. In pratica ci accorgiamo
che, a causa dello scorrimento della gomma,
non riusciamo più a seguire la traiettoria desiderata
ma ne percorriamo una più larga (traiettoria di deriva)!
Se lo scorrimento è
modesto, basta inclinare (angolo
di deriva)
un po’ di più la moto, in modo da riportarla sulla
linea desiderata. Ma il semplice giochino non può essere
ripetuto all’infinito, perché stiamo torcendo la
porzione del battistrada a contatto con il suolo (disegno 7)
e quindi attingiamo sempre più alla porzione di aderenza
disponibile. Questa manovra, in pratica, aumenta il grado di
scorrimento e, come se
non bastasse, deforma la superficie dell’impronta a terra.
Non vorrei entrare troppo nel merito del profilo del battistrada,
ma sappiate che cambiando inclinazione alla moto, varia anche
la superficie (alcuni centimetri quadrati) di gomma che poggia
sull’asfalto. Insomma, è l’andamento del profilo
del pneumatico a stabilire se, piegando di più, l’impronta
a terra aumenta o diminuisce! Saranno poi sia la pressione di
gonfiaggio, sia la forza
centrifuga
a deformarne ulteriormente la sagoma.
Effetti speciali
Per cercare
di mantenere la traiettoria voluta, contrastando l’effetto
di deriva con un angolo di rollio sempre più
accentuato, mettiamo in atto una torsione dell’impronta
sempre maggiore. Avrete notato che, quando il grip a disposizione
è “terminato”, lo sterzo si chiude e la moto
cade! Tirando le somme i conti tornano: la porzione di gomma
dietro al pneumatico presenta il totale scorrimento, mentre la minuscola porzione
anteriore dell’impronta (che ancora riesce ad esprimere
un briciolo di aderenza) esercita una certa forza che fa ruotare
lo sterzo verso l’interno della curva. Questa torsione,
sull’impronta del battistrada già in piena crisi
(che dietro spinge verso l’esterno e davanti verso l’interno),
sfocia nella totale perdita di aderenza sull’avantreno,
preceduta appunto dalla chiusura dello sterzo!
Qualcosa di simile capita in curva, quando si frena con la moto
un po’ piegata e quest’ultima rifiuta d’inclinarsi
o addirittura si raddrizza! Ciò avviene perché
la forma che assume l’impronta a terra, favorisce questa
condizione. Essa si torce (indirizzando la sua sagoma nella stessa
direzione d’inerzia del veicolo) di modo che, i pneumatici,
non riescono più a rotolare su un piano inclinato. L’aderenza,
infatti, è garantita dalla porzione anteriore dell’impronta
a terra e ciò stabilisce, nostro malgrado, la direzione
da prendere! Avrete certamente notato che questo fenomeno non
capita sempre… La pressione di gonfiaggio del pneumatico
anteriore è importante; se è bassa, ad esempio,
l’effetto si amplifica. Ad ogni modo, ai fini dell’effetto
raddrizzante della moto in frenata, si rivelano decisivi sia
il profilo del pneumatico, sia la rigidità della sua carcassa.
Pneumatici caratterizzati da un profilo più piatto e progressivo
risentono maggiormente di questo inconveniente, mentre sagome
più “appuntite” rendono più rapida l’inclinazione
della moto (e quindi molto meno sensibile al fenomeno). In minima
parte fanno sentire i loro effetti anche le sospensioni e le
geometrie caratteristiche del mezzo… ma non ci pensate troppo,
l’evento è imputabile quasi esclusivamente alle gomme!
Conclusioni
Le ultime osservazioni
aprono nuovi orizzonti di discussione: a decidere il “carattere
dinamico” della moto, oltre ad assetto e via dicendo, sono
le performance del pneumatico. Potrebbe sembrare un’affermazione
ovvia ma non lo è poi tanto, poiché mescole, profilo
e struttura della carcassa si sposano meglio con una certa moto
piuttosto che con un’altra! Pneumatici all’apparenza
simili per tipologie d’impiego, in realtà sono molto
diversi, anche al di là del profilo e della mescola perché,
sicuramente, sono realizzati con tele di materiali diversi, o
magari solamente intrecciati con un differente angolo di tessitura.
Tallone, strutture di rinforzo laterali e disegno del battistrada
(o semplicemente profondità della scolpitura), sono tutti
fattori che giocano il loro ruolo attivamente! Insomma, la gomma
migliore non esiste; esistono solo abbinamenti azzeccati o meno,
anche tenendo conto delle temperature dell’asfalto, delle
pressioni di gonfiaggio, delle regolazioni dell’assetto,
delle geometrie della ciclistica… nonché dello stile
di guida del pilota.
Ma allora, dirà qualcuno, cosa può fare un motociclista
per cercare di migliorare le performance della propria cavalcatura?
Semplice, capire quello che sta facendo: sia mentre guida, sia
quando apporta modifiche al mezzo meccanico! Soltanto un po’
di nozioni tecniche e d’esperienza in materia, aiutano a
trovare la giusta via da seguire per risolvere un problema…
oppure, se preferite, a capire che si è presa una direzione
sbagliata! Invece, la percezione di quello che sta capitando
tra battistrada ed asfalto, resta una pura questione di “sensori”
di cui “madre natura” ci ha dotato… anche se le
sensazioni che si provano nella guida possono essere affinate
con un po’ di metodo e soprattutto d’esperienza, non
passate troppo tempo a chiedervi perché un pilota va più
forte di un altro… non è detto che sia tutto merito
del set-up!
Dizionarietto
Didascalie
Disegno 1. Per mantenere in equilibrio la moto in curva,
la risultante delle forze applicate al baricentro (freccia rossa), deve cadere
sul suolo lungo la retta gialla che congiunge idealmente le due
impronte a terra dei pneumatici.
Disegno 2. Le forze
di reazione del pneumatico, per garantire l’equilibrio del
veicolo a due ruote, devono essere di natura uguale e contraria
a quelle che agiscono sulla moto. In sostanza le forze di reazione rappresentano
l’aderenza tra pneumatico e asfalto.
Disegno 3. Tanto più il peso grava sulla ruota,
tanto maggiore sarà l’aderenza che il pneumatico
riuscirà ad esprimere… almeno entro certi limiti.
La formula per ricavare il coefficiente
di aderenza
(o attrito), è riferita a due corpi solidi a contatto
e può essere considerata valida anche per la gomma ma
con alcune eccezioni! In questo caso, ad esempio, variando il
carico sul pneumatico, muta anche la sua dimensione dell’impronta
a terra.
Disegno 4. Guardando la moto da sotto, come se il suolo
fosse costituito da una lastra di vetro, è possibile vedere
come le impronte a terra lasciate dalle gomme cambiano dimensioni
e forma, sia in frenata, sia in accelerazione. Da notare che
la zona di scorrimento, in giallo,
è sempre presente nella porzione che si trova nella direzione
opposta al senso di marcia.
Disegno 5. Sempre osservando la moto da sotto, ma mentre
percorre una curva, si può notare la deformazione, in
direzione ortogonale al senso di marcia, causata dalla forza laterale che il suolo
esercita sul pneumatico. Quest’ultimo tuttavia scivola lateralmente,
dando luogo all’effetto deriva, che discosta
la traiettoria effettivamente percorsa dal veicolo da quella
voluta dal pilota.
Disegno 6. Il pneumatico mentre rotola sull’asfalto
si deforma contraendo e stirando la carcassa intorno alla zona
di contatto con il suolo. Quanto più è alta la
velocità della moto, tanto più si manifesterà
il fenomeno in maniera evidente… Un elevato codice di velocità
attribuito ad un pneumatico, comporta dunque un grande lavoro
di irrobustimento della sua struttura… che ne fa lievitare
il costo!
Disegno 7. Le forze che il pneumatico scambia con il terreno
in curva, causano sia la torsione dell’impronta a terra,
sia la deriva del veicolo
verso l’esterno della curva.
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