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SPECIALE PIANO REGOLATORE


IN QUESTO NUMERO

l      I verdi ed il P.R.G.

Note dal diario di un viaggio durato 5 anni...

 

l      Un piano per salvare il nostro paesaggio.

“Obiettivo fondamentale ,,,,,assicurare tutte le azioni di tutela...

Pubblichiamo con molto piacere questi due articoli che, per il loro equilibrio, la ricchezza dei dati e delle idee riteniamo utili per mettere il lettore nelle condizioni di poter avere tutti gli strumenti per esprimere un sereno ed equilibrato giudizio riguardo ai risvolti connessi al Piano Strutturale. Allo stesso tempo completano quello che già sul numero 3 di questo giornale abbiamo detto su questo argomento.

Ci congratuliamo con Giovanni Dallai per le sue analisi competenti e rigorose, schive da riferimenti demagogici e caricate di una profonda semplicità e coscienza morale.

A noi piacciono le persone che vogliono ricercare la verità e auspichiamo quindi di ospitarlo ancora su queste pagine.   

I Comitati Coordinati di Balatro, Osteria Nuova, Bubè.


I Verdi ed il P.R.G                               di Giovanni Dallai


Queste note sono tratte dal diario di un viaggio durato 5 anni, finalizzato esclusivamente a visitare un sito, quello del P.R.G di Bagno a Ripoli ed a trovare il modo di leggerlo, studiarlo, attuarlo, adeguarlo, variarlo e ristrutturarlo.

Premetto ai lettori alcune frasi ricorrenti, sentite in questo viaggio, che potremmo definire slogan, del tipo: “Ma cosa vogliono questi Verdi”, “Non si cambia il cavallo in corsa”, “Non si possono tradire le aspettative”; tutte frasi che hanno come oggetto il P.R.G. e che appariranno sicuramente criptiche per i non addetti ai lavori. Cercherò tuttavia di spiegarne il significato per via indiretta, nel modo più semplice possibile e usando dati numerici e considerazioni personali collegate.

Verdi, in carrozza!  Si parte.

In tandem con i Democratici ci unimmo alla squadra di Centrosinistra che per la prima volta prendeva parte alla gara elettorale nel 1999; lungo il percorso abbiamo incontrato poche gioie e molti dolori il maggiore dei quali è stata la morte prematura del sindaco Giuliano Lastrucci. Dopo di lui siamo finiti in pratica fuori squadra perché considerati compagni scomodi, non più paritari nello scegliere i modi per centrare gli obbiettivi che la squadra, anzi il caposquadra, aveva fissati e che con la forza dei numeri, non con la forza delle idee, ha sempre voluto portare avanti, in pratica, unilateralmente.

Così oggi siamo considerati dai più una componente politica elitaria, scomoda, che, con un pizzico di presunzione, si ritiene portatrice di idee e di cultura e che ha sempre dimostrato un’onestà intellettuale che fino ad oggi tutti ci riconoscono e che sfidiamo chiunque a mettere in dubbio.

Nelle riunioni che teniamo settimanalmente ed alle quali tutti possono partecipare liberamente, ciascuno esprime le proprie idee e non è infrequente che differiscano non poco le une dalle altre, ma si accetta la tesi maggioritaria con la consapevolezza che, non esistendo alcuna censura verso l’esterno, tutte le opinioni, nessuna esclusa, verranno rese note a chiunque ne fosse interessato. Lo stesso non si può dire di ciò che avveniva

nelle riunioni di maggioranza dove vigeva la regola del silenzio “etico” verso l’esterno che a noi Verdi o più esattamente alla maggior parte di noi, è risultato sempre indigesto perché ci pare più corretto che i cittadini, elettori, siano messi nelle condizioni di conoscere, non solo la decisione finale di ogni dibattito interno alla maggioranza, che successivamente viene reso noto in Consiglio, ma anche il contenuto del dibattito stesso con tutti gli interventi, nessuno escluso, dei loro rappresentanti.

Crediamo nella cultura e nelle idee da qualsiasi parte esse provengano e non esclusivamente nella forza dei numeri.

Visita al P.R.G.: quanto costruire?

Parliamo ora del P.R.G. ed in particolare di quella parte che tratta della previsione di costruire nuovi edifici residenziali e degli interventi sul patrimonio edilizio esistente.  

Un primo obbiettivo del Piano è quello di prevedere la costruzione di nuove residenze per frenare l’esodo dei cittadini residenti e attrarne di nuovi stabilizzando nel 2006 il loro numero a 26.000, che l’Amministrazione reputa ottimale per consentire un rapporto costi/benefici accettabile nel campo dei servizi erogati ai cittadini.

Un secondo obbiettivo, non meno importante del primo, è quello di dare la possibilità ai giovani, ai “single” e a coloro che hanno possibilità economiche limitate, di poter acquistare una residenza sul territorio comunale ad un prezzo sostanzialmente inferiore a quello di mercato, quindi ad un prezzo opportunamente “convenzionato”.

Gli obbiettivi mancati

Purtroppo questi due obbiettivi non sono stati centrati in maniera soddisfacente.

Il primo perché, come il lettore potrà in seguito valutare, non è necessario costruire nuovi edifici per creare nuove opportunità in grado di attrarre nuovi abitanti.  E’ necessario invece  intervenire in maniera più convincente ed intelligente sul patrimonio edilizio esistente, incentivando maggiormente le operazioni di ristrutturazione urbanistica ed edilizia, i frazionamenti e concedendo incrementi volumetrici  maggiori, ma differenziati.

Il secondo perché i prezzi convenzionati praticati sono risultati eccessivamente elevati e le opportunità di acquisto non sono state opportunamente “pubblicizzate”, specialmente quelle a convenzione libera, riservandole in pratica a categorie di acquirenti “esclusivi o protetti”.

Noi, Verdi, non eravamo presenti in Consiglio Comunale nella passata legislatura e quindi non abbiamo avuto l’opportunità di partecipare al dibattito che ha portato, prima all’adozione del (19.11.98) e successivamente all’approvazione del P.R.G. vigente (15.04.99) che si compone del Piano Strutturale e del Regolamento Urbanistico, ai quali si unisce il Regolamento Edilizio, all’interno del quale si trovano le “originalità” maggiori che sono state la ragione del contendere.

Le osservazioni che presentammo come cittadini, tanto sul Piano Strutturale che sul Regolamento Urbanistico, non furono accolte perché portatrici di una diversa filosofia del Piano. Sul Regolamento Edilizio che contiene all’Art. 56 “un’interessante” modo per misurare le stanze e le “mezze stanze” non abbiamo potuto, al pari di tutti gli altri cittadini, dire niente, perché per legge non è soggetto alle osservazioni e quindi non c’è stato modo di proporre scritture alternative di quell’articolo, anche se possiamo con ragione pensare, sulla base di quello che è avvenuto in questi cinque anni, che sarebbero state sistematicamente non accolte.

Riprendiamo però a parlare dell’obbiettivo dei 26.000 abitanti nel 2006.

L’analisi dei dati

Nel 1961 erano residenti in Bagno a Ripoli 17.603 abitanti distribuiti su 4.105 famiglie  che mediamente si componevano di 4,3 persone.

Nel 2001 risultavano residenti 25.232 abitanti distribuiti su 9.506 famiglie che mediamente si componevano di 2,64 persone.

Facendo dei semplici rapporti si può evidenziare che dopo 40 anni, dal 1961 al 200, si è registrato un aumento: del 43% del numero degli abitanti residenti; del 131% del numero di famiglie ed una diminuzione del numero medio dei componenti il gruppo familiare del 63%.

Da rilevare quindi il forte aumento del numero di famiglie che indica la necessità di un elevato numero di alloggi e contemporaneamente una diminuzione del numero medio di componenti il gruppo familiare che indica come gli alloggi da realizzare dovranno essere più piccoli di quelli realizzati nel passato. Per avere un’idea del come è cambiato numericamente il nucleo familiare si osservi quello che è accaduto nel ventennio 1971 – 1991 e si consideri che successivamente il trend non si è invertito.        

Componenti per Famiglia                           

     1

     2

   3-4            

  5-6           

  7

1971 Famiglie                     (22.067 abitanti)     

   352

1.110    

  2.923        

1.374      

 265

1991    Famiglie                

(27.081 abitanti)   

  1.347   

2.214    

  4.442        

1.029       

  71

Nel 1964 fu adottato il primo P.R.G. di Bagno a Ripoli, i progettisti furono gli architetti S.Sozzi e L.De Luigi. Si può considerare questo Piano lo strumento che ha costituito la base della pianificazione del nostro territorio comunale. I progettisti ipotizzarono un aumento della popolazione fino a 38.000 abitanti, ridotti a 36.214 nel 1968 in seguito a prescrizioni impartite dal Ministero dei LL.PP. La previsione era valida per 31 anni e cioè fino al 1995. Successivamente furono adottate e poi approvate (1979 – 1981) alcune varianti al suddetto Piano.

Seguì poi il P.A.U., Piano delle Aree Urbane, redatto dagli architetti R.Viviani, F.Rovero e S.Poggiali che interessava le grosse frazioni: Grassina e Ponte a Ema,  Antella e di Bagno a Ripoli Capoluogo; adottato nel 1990 fu approvato nel 1994.

Alcune varianti del ‘79 ed il P.A.U. del ‘90 aggiunsero, al P.R.G. del ’64, ulteriori incrementi alle previsioni di edificazione nel settore residenziale.

Si arriva così al P.R.G. vigente, che si compone del Piano Strutturale e del Regolamento Urbanistico ai quali viene unito il Regolamento Edilizio. Redatto dall’arch. A.Bartoli con la collaborazione degli archh. C. Zolezzi e P. Pinarelli, adottato alla fine del 1998, è stato approvato il 21 maggio 1999,  23 giorni prima dell’ultima consultazione elettorale.

Chi avesse interesse a capirci qualcosa dovrebbe leggere da pag. 24 a pag. 32 l’elaborato titolato: Piano strutturale – Progetto – 1 Lo Stato dei Luoghi disponibile assieme agli altri elaborati del Piano presso l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (U.R.P.). Apprenderebbe che, a conclusione di un complicato calcolo, il progettista conclude che per garantire nel 2006 una popolazione di 26.000 abitanti necessita prevedere la costruzione di altri 1.000 alloggi, della consistenza media di 3,5 vani ciascuno, 600 da costruire nelle zone di espansione e 400  da ricavare attraverso interventi sul patrimonio edilizio esistente. Questo sarebbe stato il fabbisogno per garantire l’accoglienza ad altri 2.200 abitanti residenti che così disporrebbero ciascuno di 1,59 vani.

A questo punto sorgono spontanei alcuni dubbi ed alcune domande che attendono risposte.

I dubbi e le domande

Come è possibile che al fabbisogno per 36.200 abitanti soddisfatto dal Piano del 1964 al quale si devono aggiungere le previsioni edificatorie delle varianti del ‘79 e del P.A.U. del ‘90, oggi necessiti ancora edificare 1.000 alloggi, di 3,5 vani ciascuno, per garantire nel 2006 una popolazione residente di 26.000 abitanti?

La casa è un bene durevole a differenza dell’abbigliamento, degli elettrodomestici e delle auto cha hanno una vita media ben più limitata che va da qualche mese a pochi anni, essa (la casa) si adegua, si restaura, si ristruttura ma raramente si demolisce. In verità, negli ultimi 40 anni, ho visto demolire ben poco del patrimonio edilizio esistente, anzi, posso dire di aver visto frequentemente trasformare case coloniche in ville sontuose ed annessi agricoli in amabili appartamenti.

L’arch. Marco Gamberoni, responsabile tecnico della pianificazione della Regione Toscana, nel rispondere al Sindaco (marzo 2003) che gli aveva posto domande inerenti l’urbanistica, ebbe a dire che, in base agli standard ancora vigenti (D.M. 2 aprile 1968), ad ogni abitante spettavano mediamente 80 mc di costruito che tradotti in superficie utile abitabile (S.U.A.) corrispondono a 20 mq circa.

La L.R. n. 96 – 20.12.1996 al punto C. definisce adeguato alle esigenze del nucleo familiare l’alloggio la cui superficie utile abitabile non sia inferiore a:

30 mq per 1 persona

34 mq per 2 persone

55 mq per 3 persone

65 mq per4 persone

75 mq per 5 persone

Nel dicembre 1999 l’arch. A.Bartoli, nel redigere le schede per i singoli interventi di espansione residenziale, indicava, in 22 mq, la superficie utile abitabile (S.U.A.) di una stanza comprensiva del 50% delle superficie afferente ai servizi ed al connettivo interni all’alloggio.

Se l’Amministrazione volesse veramente avere il quadro esatto della superficie utile residenziale esistente sul territorio potrebbe avvalersi dei dati derivanti dalla rilevazione effettuata negli anni 1992 -1993 per stabilire la tassa sulla rimozione dei rifiuti solidi urbani, quei dati potrebbero essere aggregati al numero di abitanti residenti in ciascun appartamento per avere una fotografia esatta della situazione. Si potrebbe così anche conoscere l’entità della superficie abitabile attualmente non utilizzata che risulta a disposizione dei proprietari, che mediante incentivi e disincentivi dovremmo cercare di far tornare sul mercato.  

Perché questa noiosa sequela di dati e di considerazioni. Perché ciascuno si renda conto che probabilmente per risolvere il problema e per dare risposta alle vere necessità occorrono poche nuove costruzioni ed un intelligente ed ampio intervento sul patrimonio edilizio esistente.

 

Quello che invece servirebbe

Quello che necessita invece nel settore residenziale, e non solo in quello, è migliorare la dotazione dei servizi, fare in modo che la rete di distribuzione dell’acqua potabile non perda per strada il 40% di quella immessa, realizzare parcheggi pertinenziali e scambiatori per attuare un servizio intermodale che permetta un servizio pubblico di mobilità non da terzo mondo, una rete fognaria che si completi con depuratori efficienti, una rete stradale sicura ed illuminata, piste ciclabili per percorsi brevi, incentivare la produzione di energie alternative, occorrerebbe inoltre ripristinare le vie vicinali che non dovrebbero sparire nella vegetazione e non essere sbarrate da catene e/o sorvegliate da cani mordaci, attrezzare il parco fluviale e non solo organizzare o patrocinare dotti convegni. Fare in modo che la vita sia migliore nelle grandi come nelle piccole frazioni e questo non si ottiene prevedendo di costruire solo nuove abitazioni.

Quando si progetta case nuove, quando siano veramente necessarie, si dovrebbe fare in modo di inserirle all’interno di piani particolareggiati al fine di conseguire una reale integrazione fra le parti esistenti e quelle che si vanno a realizzare e non un semplice accostamento che produce entità separate difficilmente integrabili, successivamente.

E quando si sia certi che qualcosa di nuovo necessiti costruire non si permettano ancora quelle abbuffate che l’articolo 56 del Regolamento edilizio consente con l’attuale definizione metrica del vano e del mezzo vano.

Si ricordi che sono vigenti norme igienico-sanitarie che definiscono abitabile una cucina con un minimo di 8 mq di superficie utile, una camera per un letto con 10 mq e una camera per due letti con 14 mq. Non si  continui a permettere un abuso così spudorato del territorio facilitato da una autonomia gestionale mal interpretata.

Verdi: Compagni di viaggio sgraditi

Queste sono alcune delle ragioni per le quali siamo stati definiti “scocciatori”, non graditi  come compagni di viaggio.

Il contenuto di quel “pacco” (P.R.G.) che ci fu “donato” dalla precedente Amministrazione avremmo voluto, assieme ai compagni di viaggio, leggerlo, studiarlo, migliorarlo modificarlo in corso d’opera, e non semplicemente attuarlo considerandolo come un dogma al quale si deve credere senza riserve, passandone infine la parte residua, inviolata, alla prossima Amministrazione come fosse il testimone che l’atleta consegna al compagno nelle corse a staffetta.

A questa nostra disponibilità, più volte dichiarata, le risposte negative erano sempre le stesse: “Non si cambia il cavallo in corsa”, “Non si possono tradire le aspettative”.

Noi abbiamo sempre sostenuto che il cavallo doveva essere cambiato, se per cavallo si intende il P:R.G,. già allo scadere del primo biennio e cioè nel maggio del 2001, come prevede lo strumento urbanistico vigente, e per quanto riguarda le “aspettative”, con il passare del tempo, ci siamo sempre più resi conto che da non tradire, fossero le aspettative degli intelligenti imprenditori e/o degli oculati presidenti di cooperative edilizie, che hanno centrati velocemente i loro obbiettivi realizzando e/o facendosi approvare interventi edilizi su ameni declivi collinari o su aree appetibili in prossimità dei maggiori centri urbani, dove  è stato permesso loro di costruire 2,8 volte il necessario, sempre che, ciò che il Piano prevede in fatto di espansione residenziale, sia veramente il necessario.  Non le aspettative dei giovani, dei single e dei meno abbienti che si sono visti, i più fortunati, dirottare (ghettizzare) sulle aree meno appetibili, subendo comunque prezzi di acquisto non proprio economici.

Un’ultima notazione. Dalle schede di valutazione economica preliminare degli interventi di espansione residenziale nelle quali la superficie utile di ogni vano e considerata di 22 mq     

(compreso servizi e accessori 50%), come già detto, il valore di mercato dei fabbricati calcolato sulla superficie utile abitabile oscilla fra i 5.000.000 £ /mq nelle zone più appetibili ai 4.340.000 £/mq nelle zone che lo sono meno. Detti valori sarebbero dovuti scendere  ulteriormente se l’arch. Bartoli, da navigato urbanista qual è, avesse considerato 36 mq la superficie utile di ogni stanza e non la molto più modesta superficie di 22 mq.

Il cittadino con limitate possibilità che desiderasse permanere sul territorio comunale, acquistando un alloggio, si chiederà che cosa ne è stato delle allettanti promesse, il perché si sia arrivati a questi risultati e perché le valutazioni economiche fatte si discostino così tanto dai prezzi praticati.

Si dovrà domandare allora perché i Verdi siano stati considerati sempre degli scocciatori, pessimi compagni di viaggio e potrà inoltre domandarsi quali siano i veri significati degli  slogan che sono apparsi più volte in queste note.

Le nostre richieste frutto di interminabili mediazioni sono sintetizzate in due documenti che ogni cittadino può liberamente visionare, essendo atti pubblici.

Il primo dei quali, in sette punti, è parte della relazione al bilancio di previsione del 2001; fu letto dal Sindaco a nome dell’intera Giunta, approvato dal Consiglio, ma mai attuato.

Il secondo è un ordine del giorno presentato da Vieri Da Fano, il consigliere dei Verdi i Democratici, che mi ha sostituito in Consiglio nel maggio del 2001, ripropone, precisa ed integra il documento del 1° febbraio 2001, approvato anch’esso dal Consiglio il 29 novembre 2002 e come il precedente documento non è  mai stato attuato, anzi per la precisione è stato attuato parzialmente con una inutile delibera d’intenti che presenta una proposta di riperimetrazione dei centri abitati.

Queste note di viaggio non sono esaustive, necessiterebbero, per essere comprese meglio,  di altre precisazione che per correttezza etica ritengo di non esplicitare in questo periodo pre-elettorale, dal momento che la componente Verdi-i Democratici, democraticamente eletta il 13 giugno 1999 fa ancora parte, al pari delle altre componenti, dell’attuale maggioranza di centrosinistra e non si è mai dimessa, come invece qualcuno vorrebbe far credere.

Mi rendo conto che non è facile capire a pieno il problema e non è facile neanche per me renderlo di facile comprensione.

Spero che chi leggerà questo scritto sia in grado di farsi, sulla base dei dati oggettivi che vi sono contenuti, un’idea personale, la più obbiettiva possibile.

Ringrazio infine chi mi ha dato la possibilità di trasmettere pubblicamente queste note di viaggio di cui mi assumo la piena responsabilità e termino dicendo che rappresentare gli interessi di tutti i cittadini in Consiglio Comunale non è facile. Nel mio bilancio, le amarezze, per non aver potuto e/o saputo ottimizzare, nell’interesse di tutti i cittadini di questo Comune, lo strumento previsionale (P.R.G.) hanno prevalso sulle soddisfazioni.

 

Bagno a Ripoli, 12 maggio 2004       

 

 

(***) La divisione  in  paragrafi e la titolazione  sono opera della Redazione.           


UN PIANO DI EMERGENZA PER SALVARE IL NOSTRO PAESAGGIO  di Giorgio Signorini

"Obiettivo fondamentale ... è quello volto ad assicurare tutte le azioni di tutela, vincolo e incentivo che garantiscano il massimo possibile della conservazione dell’assetto ambientale, sociale, paesaggistico e di struttura del territorio in modo da tramandare intatte queste risorse alle future generazioni.".


Suona quasi ironico, oggi, questo principio contenuto nel Piano Regolatore di Bagno a Ripoli. Come non essere d’accordo? Esso riflette un modo di sentire che negli ultimi tempi si è affermato tra i cittadini. Tutti, credo, siamo consapevoli che il territorio è un patrimonio della collettività ed insieme una sua risorsa. Un patrimonio fatto di ambiente naturale, paesaggi, sistemazioni agrarie, monumenti, edifici storici, testimonianze della civiltà locale - che la gente sente il dovere di difendere e mantenere così com’è per il suo valore intrinseco, come si fa con un’opera d’arte o un monumento. Ma è anche una risorsa, non rinnovabile, che può costituire per la comunità locale un’importante fonte di attività e di sostentamento.               Eppure, chi frequenta il nostro comune ha da tempo la netta sensazione che i responsabili del territorio si dimentichino troppo spesso di quel principio. Basta percorrere un tratto qualsiasi di strada per rendersi conto di quella che appare purtroppo come una lenta ma sistematica demolizione del paesaggio. E non mi riferisco soltanto ai cantieri per nuovi complessi abitativi che stanno devastando alcune tra le nostre più belle colline e il tessuto edilizio e sociale di tanti borghi minori. Non c’è un punto delle nostre campagne dove non si notino alberi abbattuti, sbancamenti di terra, recinzioni di campi e strade, demolizioni di muri e manufatti storici, ristrutturazioni selvagge, e naturalmente costruzioni e ampliamenti di edifici. Addirittura, a Scolivigne, recentemente, in un solo giorno è stata rasa al suolo un’antica e caratteristica casa colonica per far spazio ad un "edificio dirigenziale". Al di là del giudizio che se ne vuol dare, questo mosaico di interventi grandi e piccoli sta oggettivamente cambiando il volto delle nostre colline, e molto velocemente. Sono ferite non rimarginabili attraverso le quali stiamo dilapidando, pezzo a pezzo, il nostro patrimonio e la nostra risorsa. Ma a vantaggio di chi? Sappiamo che il paesaggio è di per sé un bene "fragile": così come basta un solo strumento stonato a rovinare un concerto, anche un intervento apparentemente limitato (ad esempio, un’opera in cemento armato, o il portare un’illuminazione pubblica di stile cittadino in una stradina rurale) può compromettere per sempre l’equilibrio di un ambiente e trasformare un angolo ameno di campagna, aperto e godibile da tutti, in un triste e squallido angolo di periferia. Con buona pace di chi ancora va predicando che il territorio non va "imbalsamato". Proviamo a chiedere a chi realizza libri e guide turistiche quanta parte del nostro paesaggio è ancora degno di essere fotografato! Molti di questi interventi, si ritiene, sono regolarmente autorizzati: allora si deve concludere che le norme urbanistico-edilizie sono sbagliate (cioè non sono coerenti con il principio richiamato all’inizio), oppure che i responsabili non le stanno applicando bene; altri costituiscono veri e propri abusi. In entrambi i casi, alla prova dei fatti, il ruolo di governo del territorio esercitato dalle istituzioni appare debole e inefficace; i controlli sono scarsi; le denunce di cittadini e associazioni non sempre hanno un seguito sufficiente; talvolta fanno scandalo sui giornali, ma comunque le ruspe continuano a lavorare, e alla fine l’italianissima tattica di creare il "fatto compiuto" risulta pagante. Figuriamoci poi in questo periodo di sanatorie e condoni generalizzati.    L’amministrazione pubblica ha anche un ruolo per così dire attivo nella trasformazione del territorio. Con proprie risorse, infatti, progetta ed esegue opere pubbliche, che vanno dalle grandi strutture (ad esempio strade, ponti, scuole, parcheggi), a opere minori, come segnaletica e illuminazione stradale. Anche in questo caso una malintesa valutazione delle necessità della gente (o, a volte, la cultura del costruire comunque) spinge spesso a portare l’urbanizzazione là dove essa non è affatto necessaria, e per contro ha un forte impatto negativo sul paesaggio. Si pensi all’inutile consumo di territorio continuamente riproposto per realizzare la circonvallazione di Grassina o alla scelta di costruire un nuovo edificio per la scuola di Croce a Varliano invece di restaurare quella esistente. In molti casi, purtroppo, non si può fare a meno di sospettare che certe scelte siano dettate, oltre che da scarsa consapevolezza del valore dei beni paesaggistici, anche dal desiderio di favorire alcuni interessi speculativi. Altro che "tramandare intatte queste risorse alle future generazioni"! Le trasformazioni, oggi, sono talmente diffuse e rapide che il territorio "aperto" e incontaminato si avvia a diventare un connettivo di dimensioni marginali nel nuovo tessuto urbanistico. L’amministrazione pubblica, quindi, se intende realmente onorare quei compiti di tutela che le sono stati affidati dalla comunità e che essa stessa ha riconosciuto come fondamentali, deve varare, prima che sia troppo tardi, un vero e proprio piano di emergenza per la salvaguardia del territorio e del paesaggio. In che senso? Bisogna innanzitutto riscrivere le regole che governano le trasformazioni del territorio, e far sì che esse contengano, oltre alle necessarie enunciazioni di principio, anche gli strumenti, semplici ed efficaci, per la loro realizzazione. Bisogna dotarsi di un apparato di controllo giusto ed efficiente che ristabilisca la certezza del diritto e dia ai cittadini la sensazione che ogni comportamento scorretto e furbesco verrà immediatamente e immancabilmente sanzionato. Bisogna, infine, porre a capo delle strutture politiche ed amministrative che governano il territorio delle personalità di alto rilievo professionale e personale, indipendenti da condizionamenti politici e clientelari, che diano una garanzia reale di rispetto degli interessi della collettività.        
Concluderò con un esempio che illustra bene le dimensioni dell'emergenza. Il Piano Regolatore di Bagno a Ripoli prevede nuove costruzioni, la maggior parte in zone di alto valore paesaggistico, per un totale di 2100 vani che secondo gli standard nazionali corrispondono a circa 35000 metri quadri. Un’oscura norma del regolamento edilizio comunale, che è stata riconosciuta illegittima dalla Regione e dal comune stesso, permette da cinque anni di costruire fino al doppio (una stanza può essere conteggiata per mezza), cosicché il valore lordo del costruito ai prezzi attuali di mercato è dell'ordine dei 700 miliardi di vecchie lire. Qualcuno riesce ad immaginare come mai, nonostante i ripetuti impegni, il comune non ha ancora abrogato quella norma?

 

Giorgio Signorini - Consigliere della Sezione di Firenze di "Italia Nostra"