RESISTENZA PER LA COSTITUZIONE

Resistenza Partigiana e Costituzione ritengo rappresentino un binomio inscindibile. Difendendo la Costituzione penso si difenda anche la Resistenza e la sua memoria sempre più necessaria dopo la prevedibile mancanza di testimoni diretti, ormai ridotti solo a pochi giovanissimi di allora.

Sono passati infatti  60 anni ma si  assiste ancora, sempre più spesso, al tentativo di porre sullo stesso piano fascisti e antifascisti come se si fossero affrontati in una sorta di guerra civile che avrebbe diviso l’Italia dal 1943 al ’45 saltando tutto il resto del ventennio. Su queste basi, - da qualche anno - , si è sviluppata una «guerra della memoria», strumentalizzabile politicamente e della quale l’ultimo esempio - in ordine cronologico - è la proposta di legge Tofani che mira a equiparare ai partigiani, i fascisti, come «militari belligeranti» che hanno combattuto per la Repubblica di Salò.

Le ragioni alla base di questa riscrittura anche storica dei proponenti, sono state incoraggiate, secondo me, anche dall’atteggiamento di alcune parti dell’area storicamente antifascista, propense a riconoscere la «buona fede» di chi si è schierato – credendoci – sia da una parte che dall’altra per arrivare ad avere una memoria non lacerata del Paese che l’espressione «guerra civile» può dare. Insomma: l’antifascismo non sembra solo invecchiato anagraficamente ma anche entrato in “crisi” in alcune frange storiche della sinistra con il rischio che si possa arrivare a scrivere una memoria “patteggiata” - senza memoria o comunione della dimenticanza - come l’ha definita Sergio Luzzatto in un suo recente libro (La crisi dell’antifascismo).

Perché ciò non avvenga penso si debba fare marcia indietro e semmai rinnovare la spinta ideale della Resistenza a partire, appunto, dalla difesa della Costituzione di tutti. Sembrerà strano, ma in un mondo che cambia alla velocità della luce, la nostra Costituzione ancor oggi dimostra tutta la sua longevità e validità per le garanzie di democrazia per tutti. Nessuno è ancora riuscito a stravolgerla; neppure gli infelici tentativi di modifica del titolo V e altri in atto che sono sicuro si infrangeranno contro il referendum.

Certamente se questa Costituzione è giunta fino a noi intatta lo si deve anche ad una specie di riconoscimento reverenziale perché e evidente a tutti la sua grande levatura morale la distingue da qualsiasi altro testo, se pur bello, ma che esce da un’aula del parlamento; in essa si percepisce una nobile e profonda ispirazione ideale di un popolo, - unitaria come mai – come lo fu appunto la Resistenza.

 

Mi domando chi oggi possa avere l’autorevolezza di cambiare quella formidabile pietra miliare che è l’articolo 11 che esprime la rivolta contro la guerra e contro la violenza voluto dall’Assemblea costituente?

Chi potrebbe cambiare l’articolo 1 e successivi: “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro?”

Purtroppo, si assiste sempre più spesso ad una elusione - nei fatti - di questi e altri articoli costituzionali, tanto che l’Italia non ripudia più la guerra, come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, anzi, in qualche modo vi partecipa o la avalla.

Inoltre, chi direbbe oggi che la nostra Repubblica difende il lavoro, di fronte alla giungla della flessibilità che espone a vessazioni intere generazioni di giovani?

Ma questo cos’è se non una forma di Fascismo? Fascismo non è forse anche sfruttare le debolezze dei più deboli per arricchire chi lo è già e rendere più debole i deboli?

Perciò, affinché questa pratica di elusione non dilaghi, penso sia necessario alimentare innanzi tutto la coscienza critica dei giovani in merito a tutto quello che oggi viene loro imposto, non solo sul lavoro, affinchè le loro istanze acquistino la loro voce. Ma per fare questo abbiamo bisogno delle varie realtà culturali e soprattutto della scuola, che purtroppo, oggi è in preda ad un revisionismo culturale e di struttura devastanti, attuato attraverso la legge Moratti. Un rischio ulteriore, secondo me, deriva dal fatto che se non sarà cambiato il rapporto con i mezzi di informazione per arrivare ad interessare costruttivamente i giovani, si rischia che il nostro presente e futuro passi da un grande fratello ad un altro, non costruendo mai degli uomini, ma solo burattini.

 

In merito George Orwell aveva predetto, appena, si fa per dire, 57 anni fa, nel suo romanzo “1984”, uno stato in mano al Grande Fratello dove le persone venivano spiate e indottrinate dalla televisione su tutto quello che dovevano pensare e fare.

 

Penso quindi che - gli antifascisti -, tutti insieme, debbano coltivare, non a parole, la trasmissione della memoria della Resistenza, ma ad esempio attraverso forum permanenti e attività formative stabili che saranno ancor più indispensabili dopo che gli ultimi testimoni oculari della memoria, non ci saranno più a ricordarci cos’è stato veramente il Fascismo. 

 

Se non riusciremo a fare questo, il revisionismo serpeggiante ad ogni livello, sfocerà in un qualunquismo dilagante attraverso il quale, a partire dalla più significativa memoria scritta con il sangue di un popolo, com’è la Costituzione, sarà persa per sempre.

 

Concludendo, oggi stiamo purtroppo assistendo ad uno svuotamento culturale ed etico che potremo impedire solo attraverso il recupero di una coscienza critica sul consumo di tutto ciò che la società ci propone, per salvaguardare e tramandare quei valori che sono nella Costituzione e che provengono dalla Resistenza, che non hanno bandiera perchè sono solo un messaggio di fratellanza ed eguaglianza.

Certo fin tanto che la politica saprà parlare solo di affari e non dei veri bisogni della gente comune, tramandare tutto questo sarà impossibile, eppure coloro che hanno fatto la Resistenza erano - gente comune -.

Per loro che erano stati capaci di esprimere una Costituzione con una levatura morale in grado di tutelare anche chi era stato non loro avversario, ma nemico, invito tutti a votare no al referendum per abrogare la legge sulla “Devolution” che porterebbe a stravolgere la Costituzione in senso antidemocratico ed autoritario.

Sergio Morozzi