COORDINAMENTO COMITATI CIVICI  BAGNO A RIPOLI

Tutela Civica ed Ambientale
 

Giugno 2005

Gino Bartali l’uomo, il campione

La sua semplicità e lealtà sono sempre state portate ad esempio da tutti e divenute ormai proverbiali fino ad essere assunto dallo stesso Paolo Conte come esempio impareggiabile di abnegazione totale nel dare tutto se stesso sempre e comunque con i sui occhi “allegri da italiano in gita”. Bartali è stato, l’alter ego di Coppi sulla strada e nella vita: “Gino il Pio” contro Coppi e la “Dama bianca”; gioviale, brontolone e fumino, quanto taciturno e calmo l’altro. Le sue imprese ci hanno consacrato un Campione della caparbietà una qualità che ha fatto, di molti toscani, dei grandi uomini irripetibili. Lui è uno di questi, irripetibile anche quando commentava il giro con De Zan o Zavoli, lapidario nelle sue dichiarazioni ci ha lasciato la famosa frase assunta ormai ad espressione nazionale “gl’è tutto sbagliato, gl’è tutto da rifare”, sempre critico verso quel mondo del ciclismo che stava già cambiando, anche se il bello doveva ancora venire, come quando il 6 giugno del ’99 Gianni Mura su Repubblica, parlando del caso Pantani, riportò una frase di Gino, di pochi giorni prima:..i ciclisti debbono uscire da soli dal fango, altrimenti finiscono o in galera o al cimitero. Questa apparente lapidaria sentenza, purtroppo per Pantani, si è tragicamente avverata.

FINALMENTE UN MUSEO

Abbiamo voluto ricordare Ginettaccio perché quest’anno è stato inaugurato un museo nel suo paese natale di Ponte a Ema che finalmente costituirà il “contenitore” di testimonianze materiali ed (on line) della memoria di tutto quello che fece parte dell’epopea sportiva di questo grande campione. Una bella realizzazione che colma definitivamente quel vuoto di memoria che non rendeva onore a colui che arrivò dal 14 luglio del’48 (giorno della presa della Bastiglia) in poi, ad oscurare i bagliori di una guerra civile con la sua vittoria al tour nella tappa Cannes-Briançon, ottenuta in concomitanza con l’attentato a Togliatti. A Ponte a Ema, solo il Bar L’intramontabile, fino a ieri, suscitava la curiosità del neofita sulla esistenza in questo paesino di qualcosa di veramente eccezionale. Oggi grazie a personaggi come Bresci, che imitando la tenacia di Bartali hanno lavorato a lungo affinché potesse essere realizzato questo Museo sarà chiaro a tutti che qui è nata una parte della leggenda del ciclismo. Il Museo ha unito in uno sforzo comune la Regione, la Provincia ed i Comuni di Firenze e Bagno a Ripoli. Riteniamo che questo monumento all’uomo e campione Bartali, omaggiato quest’anno dal transito anche del Giro d’Italia, potrebbe divenire un riferimento in grado di attrarre nelle nostre zone tutto quel mondo del ciclismo agonistico ed amatoriale, magari realizzando nel nostro Comune un circuito stabile, che utilizzi le strade secondarie esistenti, intitolato a Gino, un po’ come avviene per le moto nell’isola di Mann con il Tourist Trophy, che allo stesso tempo potrebbe costituire “campo scuola” e di allenamento per nuove leve e ciclisti amatoriali.

UNA STORIA CON FOTO D’ALTRI TEMPI

Silvano Andreini
Correva l’anno 1953, Bartali abitava in una residenza nella zona bene di Firenze in una traversa del San Gaggio a Porta Romana. A fine estate di quell’anno si era rivolto ad un negozio di via borgo degli Albizi che ancora vende antiche terrecotte artistiche ai turisti di tutto il mondo, per ordinare una serie completa di formelle rappresentanti le scene della via crucis, con figure smaltate in rilievo tipo “Della Robbia”. Dall’altra parte del banco il titolare, Silvano Andreini, trattandosi di un cliente così di riguardo, ovviamente consigliò il meglio che al  momento poteva disporre. Bartali era un devoto cattolico  e voleva dotare la piccola cappella della sua casa di campagna anche delle stazioni della via crucis. L’ordine venne perfezionato ed alla fine di ottobre le 14 “stazioni” erano in bottega per essere consegnate all’illustre personaggio. All’ora non c’era la televisione, ma dalla radio e leggendo i giornali, Silvano Andreini aveva appena appreso di un incidente stradale del quale Gino era rimasto vittima mentre si recava a Lugano per disputare il Gran Premio Vanini. Per questo incidente, alle soglie dei suoi 40 anni, si parlava ormai di un ritiro definitivo del Campione dalle competizioni, dopo più di vent’anni vissuti ai vertici del ciclismo, e delle montagne. Trascorsa qualche settimana, Andreini non perse l’occasione che gli si offriva per poter visitare il campione, cosa alla quale forse teneva più che concludere definitivamente l’affare, che tuttavia costituiva la scusa per andare a casa di Bartali, dove stava smaltendo la convalescenza. Così Andreini telefonò e prese accordi con la moglie per la consegna delle formelle. Una volta arrivato, fu naturale chiedere di salutare Gino, anche perché, essendo Andreini un grassinese,lo conosceva personalmente fin da quando scorrazzava in bicicletta nei dintorni di Ponte A Ema. La convalescenza di un campione del suo calibro, con un carattere gioviale come pochi, non era certo un ritiro lontano dal mondo, anzi, racconta Andreini, tanti erano gli amici, i giornalisti, i medici ed i fotografi intorno a Bartali che Silvano trovò naturale chiedere ad uno di loro di immortalarlo, insieme al mito della bicicletta, mentre stava forzatamente mordendo il freno, in un letto. Questa la storia di una foto d’altri tempi!

Mosè