LAZZARO (1928)
Il titolo - riferito chiaramente all'episodio evangelico
- esplicita immediatamente il tema religioso del dramma, affrontato
con sorpresa, e per la prima volta, dall'ateo Pirandello. Il tutto è
però inserito in una vicenda più ampia che già
il primo dei "miti" (questo è il secondo) aveva trattato,
e cioè il contrasto tra una civiltà della madre, vitalistica,
e una civiltà paterna, in questo frangente di tipo trascendentale,
religioso-dogmatico.
Diego e Sara, marito e moglie, si separano a seguito di numerose incomprensioni
sorte spesso riguardo al trattamento dei due figli, Lucio e Lia.
Lei si rifugia in una casa di campagna, scopre l'amore e inizia una
nuova vita, basata su di una morale di tipo, per così dire, naturale.
Lui, dogmatico difensore della religione, più che della fede,
rimane in città assieme ai figli, di cui diviene l'unico educatore.
Lucio e' mandato in seminario, mentre Lia, affidata alla cura delle
suore, diviene incapace di camminare.
La trama fin qui espressa è l'antefatto del dramma, dramma che
si apre col rifiuto della veste da parte di Lucio che scatena in Diego
una violenta reazione in seguito alla quale, accidentalmente, muore.
Riportato miracolosamente in vita dal dottore (di qui il titolo "Lazzaro"),
Diego rasenta la pazzia, cercando una nuova base per poter vivere, poichè
ormai, per lui, sono crollate tutte le certezze.
Sarà Lucio a salvare il padre e a riconciliare la sua intera
famiglia, riprendendo la veste e facendo il miracolo di guarire la sorella.
Pirandello stupì la critica, e stupisce anche
noi a dire il vero, addentrandosi in un argomento nuovo e tanto delicato
come quello religioso, ma ancora una volta il tutto è usato come
base per una profonda riflessione sulla vita, sulla realtà e
sulla comunicazione.
Assistiamo nel dramma a uno svolgimento che ci porta da una condizione
di assoluta immobilità (mancanza completa di comunicazione, di
comprensione e, in ultimo, di vita) a una situazione di evoluzione,
in cui sono gettati i germi per uno sviluppo positivo.
Già dalle prime battute (dall'entrata in scena di Diego Spina)
ci accorgiamo della staticità della situazione. Interessante
a questo riguardo l'atteggiamento di Diego nei confronti di un primo
miracolo, la resurrezione operata dal dottore della coniglietta bianca
di Lia.
Diego nega anche davanti a ciò che giace sotto i suoi occhi,
per non contraddire ciò su cui si è basata la sua vita:
se la coniglietta è viva, allora vuol dire che non era morta.
("Non è possibile ... Non può essere vero ...
E' segno che non doveva esser morta ... Io so che solo Dio può
, per un miracolo, richiamare da morte a vita ... se la riporti nel
suo laboratorio! ... )
Assistiamo quindi a un dogmatismo religioso che agisce come museruola
della comunicazione, assolutamente chiuso alla comprensione e al dialogo.
Diego, avendo scelto la via della religione e avendo fondato sui dogmi
di essa la propria vita, non può accettare che questa sia messa
in discussione: sarebbe come rinnegare la propria intera esistenza,
il senso stesso della propria vita.
Ma proprio questo elimina, o contribuisce a eliminare, buona parte della
possibilità di comunicare. Il suo fanatismo religioso lo isola,
poichè Diego non capisce gli altri, come gli altri d'altro canto
non capiscono Diego.
Egli si pone come su di un alto piedistallo, distaccato da tutto e da
tutti.
Inoltre questa visione trascendentale, spinta all'eccesso e assolutamente
chiusa in sè , toglie importanza alla vita stessa, poichè
tutto è incentrato sul dopo, non sull'adesso, e la vita deve
quasi portare alla sofferenza e alla catarsi dell'anima necessaria ad
"acquisire" la vita dopo la morte.
(LUCIO ... per non finire noi, annulliamo in nome di Dio la vita
... tu avevi chiuso gli occhi alla vita, credendo di dover vedere l'altra
di là ... )
Tutta questa statica chiusura alla vita pero' viene incrinata da due
eventi che, sebbene negativi, agiscono positivamente: Lucio rinuncia
alla veste, Diego muore e poi risuscita. Questi avvenimenti demoliscono
le certezze dogmatiche su cui si era fondata la vita di Diego Spina:
Diego non ricorda alcunchè della propria morte.
Nella e oltre la quale quindi non c'è nulla. Si cancella quella
visione soprannaturale che lo ha sempre guidato, e la stessa interiorità
dell'uomo si svuota.
E' questo vuoto, che deve essere riempito, che spinge Diego alla ricerca
di nuove sicurezze e quindi alla comunicazione, al rapporto produttivo
con gli altri.
Lucio è la sintesi tra il mondo della madre e il mondo del padre:
ha infatti vissuto secondo gli insegnamenti paterni, ma con una visione
critica che l'ha portato a cogliere di quel mondo solo gli elementi
positivi, a cui ha aggiunto l'amore per la vita presente nella concezione
materna.
E Lucio si fa tramite della comunicazione, da un lato ridando al padre
una base su cui fondare la propria rinascita (riprendendo la veste),
dall'altro spingendo la madre al rapporto col mondo esterno, che era
stato rifiutato con la chiusura in una realtà caratterizzata
da una morale "naturale", cioe' della terra (faticare, soffrire
e gioire della terra).
(SARA ... la vita, la vera vita che ha qui, fuori dalla città
maledetta, la terra; questa vita che ora sento, perchè le mie
mani l'aiutano a crescere, a fiorire, a fruttare ...)
Lucio, alienandosi e sacrificandosi, grazie a un vero sentimento religioso
di natura panteistica (probabilmente la religione a cui Pirandello maggiormente
inclinava), fornisce al padre, riprendendo la strada che da lui gli
era stata indicata, la convinzione di non avere sbagliato la sua intera
vita.
E riunisce in un unicum tutti i frammenti in cui si erano disgregate
le certezze del padre.
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