Il signore delle impronte
Nella luce del cielo alle diciassette di quella sera
le cose erano erano stagliate così bene oh ci
fosse stato quel signore a vederle con lei le
cose stagliate dell'universo.
Invece non c'era quel signore a vederle? era anda-
to via?
Sì, le strade avevano rubato i suoi passi, messo le
sue impronte in fila con le punte girate in là.
Il signore andato via
Era un signore andato via.
A lei qui rimasta tantissimo mancava.
La traccia da lui lasciata segnava ovunque intorno
a lei l'aria.
Come un quadro spostato per sempre segna la pa-
rete.
La signora non gelosa
Una signora che stava diventando gelosa non lo
diventò.
Nemmeno un po'?
Sì un po' sì, ma pochissimo, come un solletico al
contrario che invece di far ridere manca poco
a piangere.
La signora dell'ultima volta
L'ultima volta che la vide non sapeva che era l'ul-
tima volta che la vedeva.
Perchè?
Perchè queste cose non si sanno mai.
Allora non fu gentile quell'ultima volta?
Sì, ma non a sufficienza per l'eternità.
P.S. Il bambino delle cantine
Avendo bevuto tanto vino era un bambino
ubriachino.
Allora barcollava?
No, ma dava baci a tutte le bambine, dietro
i barili, nelle cantine.
Eppure...
(è forse il caso di iniziare così a discutere di poesia?)
Eppure...
(o anche)
Forse...
(d'altro canto persino l'immenso genio di Montale amava molto queste
parole)
Eppure, leggendo il "Signore d'oro" di Vivian Lamarque pensavo
tra me e me che qualcosa mi aveva colpito profondamente in quelle pagine
- ottime pagine anche da un punto di vista strettamente materiale, d'altronde
la Crocetti fa sempre libri di ottima qualità, e sono sempre
stato dell'idea che sia davvero impossibile leggere un buon libro in
un'edizione non all'altezza...)
Pensavo che qualcosa, magari senza giungere a un livello pienamente
cosciente, emanava da una scrittura decisamente infantile per catturarmi,
quasi per irretirmi, ma, e questo è quello che mi ha colpito,
per parlarmi di me.
E' lo stesso fascino del Piccolo Principe, delle cose semplici, di un'alba
in un mattino di primavera.
Eppure...
Eppure la poesia di Vivian Lamarque non è semplice, piuttosto
immediata, questo sì: facile da comprendere, da empatizzare,
e al contempo poesia ricercata, tesa nell'inseguire il linguaggio "bambino".
(E perchè la decisione di parlare come i bambini? Forse perchè
la verità è più chiara agli occhi innocenti di
un bambino? Potrebbe essere un idea interessante...Oppure, non so se
ci avete mai pensato, perchè i sentimenti si esprimono sempre
con parole semplici, infantili, e la sofferenza e l'amore, tanto per
citarne due, trasformano sempre in bambini.)
Ma cos'altro mi ha colpito di questo libro, a parte questa freschezza
e questo linguaggio che avvicina la poesia a tutti, anche ai bambini,
finora tenuti a debita distanza da molte forme di letteratura, se si
escludono le fiabe (alcune tra l'altro bellissime)? Credo che ci siano
molti spunti interessanti, e che non sia il caso di discuterli tutti
in questo momento, e mi limito perciò a dare alcune idee, quelle
che mi stanno più a cuore....
Nelle pagine di Vivian Lamarque c'è la vita: l'uomo così
come è nella realtà, alle prese con le cose semplici dell'esistente,
cogli oggetti, coi sentimenti, spesso in modo ripetitivo (e anche la
scrittura di ogni poesia segue la stessa ripetitività)
Ed è bello pensare che anche se ognuno di noi è diverso
dagli altri, così come ogni signore nel libro è diverso
dagli altri, proprio perchè è identificato fortemente
da una sua peculiarità precisa (Il signore lontano, Il signore
naturale, Il signore del pergolato ...), è anche vero che ognuno
è il riflesso di tutti i signori, in un mix di peculiarità
che ci contraddistingue.
E per finire, volevo solo rispondere a chi si aggrappa a un'idea un
po' rigida della poesia, a chi paragona Vivian Lamarque a un bambino
delle elementari, denigrando una poesia che si spinge volontariamente
verso la semplicità, ma non verso la banalità, che la
poesia è emozionante anche perchè non la si può
definire...la poesia accade e basta, non è codificabile, comprende
molto, ed è accumunata solo dalla bellezza.
E a me pare che nelle poesie di Vivian Lamarque qualcosa accada.
A cura di Gianni Migliarese