Piero Santostefano

"L’isola della Chiesa e Treporti": un libro nato così…

pubblicato su <<Il Litorale>>, agosto-settembre 2002

Ringrazio innanzitutto la redazione de "Il Litorale" per l’opportunità di riprendere il discorso iniziato con la pubblicazione, per conto dell’Amministrazione comunale, del volume "L’isola della Chiesa e Treporti".
    Cercherò di presentare in maniera concisa il lavoro che precede la stampa di un libro che, per alcuni versi, è già da aggiornare, non tanto nella ricostruzione delle vicende, quanto nella mole di documenti che nel frattempo ho potuto ampliare.
    Il quadro generale è costituito da una ricerca che prosegue da qualche anno sulle vicende del territorio e della popolazione del nostro comune, con attenzione particolare per i secoli della Serenissima e con due linee prospettiche convergenti: leggere la storia locale solo riportandola all’interno di riferimenti costanti e puntuali alla storia di Venezia; differenziare e confrontare - e dunque arricchire, perché se ne evidenziano le peculiarità - gli itinerari sociali ed economici che hanno percorso le comunità che da un maggior numero di secoli costituiscono il nostro territorio.
    Dovrebbe essere patrimonio culturale generalmente acquisito che la storia di Cavallino non è la stessa delle isole treportine. Nel primo borgo i proprietari - foresti e per lo più stranieri - su ampi appezzamenti facevano coltivare soprattutto cereali; a Treporti esponenti della nobiltà veneziana erano affiancati da rappresentanti del ceto borghese della Dominante nel far condurre i campi ad ortaggi e vigne.
    Ecco allora la necessità di scrivere la storia di Treporti e la storia di Cavallino, utilizzando metodi di ricerca che devono prendere in considerazione gli elementi fondanti delle due località: i proprietari e gli abitanti che, fino alla fine del secolo XVIII, erano due classi sociali completamente separate, anche se all’interno del vasto popolo di vignaioli e boari esisteva una differenziazione economica e sociale che si manifestava nella possibilità di prendere in affitto le terre migliori o nel ricoprire quelle cariche che distinguevano chi vi era stato nominato: il gastaldo delle scuole devozionali, il meriga, ovvero una specie di messo comunale che al tempo della Serenissima intratteneva i rapporti con il podestà di Torcello.
    Ma nelle isole treportine, altre differenze esistono tra Saccagnana, isola della Chiesa, Portosecco (già Secco grosso), e non solo perché si formano, emergendo dalle acque, a distanza di secoli una dall’altra (a proposito, per il santo patrono del Comune si dovrà forse andare a cercare tra qualche santo o profeta salvato dalle acque…).
    Al riconoscimento delle peculiarità locali non ha contribuito l’uso indifferenziato del toponimo "3 porti" o "Tre porti" che era utilizzato nei documenti ufficiali della Serenissima per indicare indistintamente quelle che in realtà sono tre entità geografiche ben distinte: a)lo specchio d’acqua dove il mare si scioglieva nella laguna ad ovest dell’isola della Chiesa; b)le isole treportine; c) solo l’isola della Chiesa.
    Si aggiunga che con il termine Saccagnana ci si riferiva anche ai terreni compresi tra il canale omonimo e lo specchio d’acqua attualmente in proprietà alle "Valli Treportine" s.r.l. Specchio d’acqua già denominato, rectius, valle Saccagnana o valle Savina-Aipocher.
    Anche i cartografi veneziani ci misero del loro denominando nel 1799, in una bella mappa di Portosecco e di isola della Chiesa che non ho potuto pubblicare perché rinvenuta dopo la chiusura in tipografia del libro, la chiesa della Ss. Trinità come chiesa di Saccagnana.
    Scontata quindi la confusione nei primi tentativi di localizzare la prima chiesa intitolata alla Ss. Trinità (mi riferisco al volumetto L’isola di Tre Porti di G. Mazzega del 1868) che si credeva eretta in Saccagnana.
    A proposito della "Valli Treportine" non posso omettere di osservare come l’antico idronimo (la Fossa) avesse un’incisività che con una sola parola indicava origine e morfologia di un braccio di mare sottoposto a trasformazioni naturali e antropiche.
    Tornando al libro L’Isola della Chiesa e Treporti, è stato dunque un sentiero obbligato il cercare documenti riconducibili ai passaggi di proprietà dei terreni, compravendite e lasciti testamentari, per cercarvi informazioni che, forse ritenute trascurabili dagli estensori degli atti ufficiali, possono invece aiutare a comprendere le molte storie che si sono intrecciate in tempi e spazi così ristretti. Solo incardinando alla topografia e alla cronologia i molti fili dispersi tra le vecchie carte si è costruito un panorama di circa 450 anni, dai primi del 1500 al 1950 circa.
    Per risolvere il non semplice problema dell’individuazione del registro di scrittura più appropriato in base ai destinatari, si è scelto di mettere nelle note al testo tutta quelle indicazioni di carattere storico e archivistico che da una parte possono soddisfare alcune curiosità, ma dall’altra cercano anche di dar atto dei criteri scientifici di una ricerca dove le affermazioni sono tutte corroborate da documenti che spesso si sostengono e si confermano a vicenda.
    Nello specifico, la creazione nel mio computer di una cartella "Storia locale" ha preso avvio casualmente quando, anni or sono, nella fase di ricerca che precede ogni pubblicazione, compulsando le buste che costituiscono il fondo archivistico dell’ex monastero veneziano di Ognissanti (ora conservato all’Archivio di stato di Venezia) mi sono imbattuto nella copia dell’atto di compravendita con il quale il 26 luglio 1716 Alessandro di Vincenzo Bon Licini acquistava gran parte delle terre poste attorno al Prà di Saccagnana.
    Il fatto singolare è che su questa vendita - in comproprietà con Ognissanti figuravano anche i monasteri veneziani di S. Giuseppe di Castello, S. Maria Maggiore, SS. Biagio e Cataldo alla Giudecca - si innestò successivamente una corposissima lite giudiziaria intentata dall’ospedale di S. Giobbe che vantava diritti su Saccagnana e sull’isola della Chiesa a partire dal secolo XIV.
    Va da sé che con questi elementi in mano, e utilizzando come indizio la lapide posta sulla casa ricostruita in via del Traghetto vecchio dai Procuratori di San Marco de ultra nel 1706, è stato relativamente semplice indirizzare le ricerche e riuscire ad avere in mano materiale sufficientemente interessante per la storia locale.
    E da quella specie di indagine poliziesca - così almeno cerco di vedere in forma "leggera" il lavoro dello storico del territorio -, con il ricercatore negli abiti del detective e i documenti in quelli di "persone informate sui fatti" che devono essere trovate per essere interrogate, balzano fuori personaggi a tutto tondo che hanno popolato il microcosmo di Treporti: tutti a recitare, obtorto collo, con ruoli così simili ma così diversi sul quell’immenso palcoscenico che ci hanno insegnato a chiamare esistenza umana.