Pinoli,

raccolti qui e lì ma soprattutto di notte

Il terzo - Avere la tigre e il coniglio

 

Non è una bella storia. Però è una storia. E finirà bene

 

Comincia dove sarebbe dovuta finire, con una bimba deliziosa e imbronciata che gioca con un morbidissimo coniglio. Ci gioca perché è morbido e perché corre, e anche la bimba è morbida e corre, e le piace tenersi abbracciata questo morbidissimo coniglio e rincorrerlo dovunque quello decida di farsi rincorrere. e quando lo rincorre lei è agile e morbida e forte come una piccola tigre

Sono belli la bimba e il coniglio, e il coniglio è tutto bianco e la bimba è tutta nera. Parlando di peli e capelli, ovviamente, perché poi tutti e due negli occhi, nelle mani, nelle zampe e nella bocca hanno tutti i colori che ti va di immaginare. Ed anche qualcuno che non riesci a immaginare. Non puoi arrivare lontano come una bimba con un coniglio.

 

Ma il bello attira l'invidia e le cupidigie più inutili. Tanto che l'orchissimo plenipotenziario del villaggio si piglia di invidia e cupidigia. (Bambine e conigli vivono sempre nei villaggi, e i villaggi son piccoli e silenziosi, animati solo dai canti delle donne e dal vociare dei bimbi; ma poi lo sai che c'è sempre un orco peloso e bilioso che rompe gli incanti e i coglioni soprattutto nei villaggi più tranquilli e remoti).

 

Ci mette poco l'orchissimo plenipotenzario a terrorizzare la mamma della bimba, minacciandola di nuove tasse, di tagli agli aiuti economici, di sospendere la raccolta dei rifiuti, di far piovere nei giorni di raccolto (chennesà la povera mamma che son tutte fandonie e fanfaluche, e che quello non può mettere tasse ma neanche far venire giù una goccia di acqua se qualcuno più plenipotenziario di lui non decide in tal senso?) e riesce quindi a farsi consegnare bambina e coniglio.

 

E' alto e forte l'orchissimo tiranno, ha un alito tremendo e le sopracciglia folte. La bambina davanti a lui non solo sembra, ma si fa ancora più piccina. Allungando una mano pelosa come la sua coscienza, l'orchissimo ruba il coniglio alla bambina; e lo rinchiude in una gabbia arruginita e di nessun valore, in attesa di capire cosa se ne voglia davvero fare. Scaccia la bambina dal suo polveroso ma poderoso palazzo e poi con un rutto pessimamente superalcolico si mette a dormire.

 

Esce dal palazzo la bambina, ma non scappa. Un po' si allontana verso una casa che senza coniglio non le piacerà più. Un po' torna indietro, davanti alla porta del palazzaccio poderoso, e con tutte le forze pensa di entrare e riprendersi il coniglio. Ma la porta è chiusa. E' dura. Da sola non riuscirà.

 

E allora pensa: qui ci vuole un uomo grande e grosso, almeno grande e grosso quanto quel puzzolentissimo orco. Uno che non abbia paura.

 

Ma come trovarlo? Ce ne sono uomini grandi e grossi, ma sa la bambina che un editto orcale proibisce a chiunque di raccontare le nefandezze dell'orco. Del resto è lui quello che comanda, è lui quello che tiene insieme il villaggio e lo protegge dalle piene del fiume, dalle cavallette e dalla morìa delle vacche (così dice lui, ma nessuno conosce una storia diversa).

 

Non può quindi la bambina andare, come vorrebbe:

dal boscaiolo con la camicia a quadri e la scure affilata, per chiedergli di abbattere la porta;

dal cavaliere di ventura che ogni venerdì attraversa il villaggio su un cavallo nero come i pensieri più forti, per chiedergli di tagliare con la sua spada decorata di madreperle e di giade la testa dell'orchissimo plenipotenziario;

dal fabbro che le fiamme ed il fumo hanno temprato più forte dell'acciaio,per chiedergli di aprire la rugginosa gabbietta che tiene prigioniero il suo coniglietto spezzando il lucchetto con le sue mani di amianto;

dal mago del picco remoto, per chiedergli una magia che faccia sparire quel tempo così cattivo che è appena trascorso.

 

 Certo. Certo, lei non può parlare, raccontare, chiedere. Certo però che se qualcuno guardandola negli occhi indovinasse. Se qualcuno scoprisse. Se qualcuno dicesse a lei. Se qualcuno sapesse ascoltare il suo silenzio. Se qualcuno sapesse leggerle dentro la sua grande voglia di coniglio...

 

E allora ci prova. Parlare con la bocca non si può, ma nessun editto malscritto impedisce... Raccontare quel che le preme non si può, ma si può raccontare tanto altro, per far venire la voglia di ascoltare. Dire "nascondo questo segreto" non si può, ma si può seminare il sentiero con tanti piccoli indizi. E soprattutto nessun editto malscritto  impedisce che gli occhi parlino. E allora la bambina comincia a guardare.

 

Diventa molto brava. Ma tanto brava che il boscaiolo, il fabbro, il cavaliere, e anche il mago stanno lì per ore a guardare lei che li guarda pensando: oh! devo essere un gran figo se questa bellissima bimba si mette qui di fronte a guardare proprio me, anche se son pieno di trucioli di legno; unto come un lombrico appena uscito da sotto terra; coperto di polvere; coi capelli e le ciglia bruciacchiate dal mio ultimo, fallito esperimento di magia....

 

Poi un giorno uno, uno qualsiasi dei quattro (ma pensiamo fosse il mago, per essere il più sciroccato di loro) preso da un rodimento interiore la scuote e le grida: e parla!

 

E lei parla, sperando che il rumore e la distanza siano tali da metterla al riparo dalle tirannie dell'editto. E in breve gli dice: non ho più il mio coniglio. Se almeno uno di voi superuomini da villaggio medievale di provincia avesse un briciolo di buon senso e di coraggio, andrebbe là e me lo riporterebbe.

 

L'uno dei quattro, (ma riteniamo fosse il mago, perché era il più lontano di tutti dalla porta del palazzaccio), comincia a schermirsi: oh, io lo farei, io andrei, non fosse per queste scarpe così pesanti, per questa strada così fangosa, per questa porta così stretta, per le altre cose che devo già fare...

 

Tremila scuse. La bambina non lo degna di risposta, ma prende manciate di fango e glie le dispone tutto intorno. Non glie le tira addosso, no: le mette lì per terra ed è chiaro che dica: vediamo se prima o poi lo capisci che è fango che tu ti stai tirando addosso, che io non ti ho chiesto in realtà un bel nulla.

 

L'uno dei quattro, (ma pensiamo fosse il mago perché era il meno concreto di tutti, solo con dei gran vasi di caramelle e sciroppi saporiti), è sciroccato ma non scemo; non del tutto. E' lento ma non fermo: e quindi dopo un po' capisce. E smette di raccontare scuse inutili. Chiude gli occhi. E sogna.

 

Sogna della bambina quando aveva il coniglio. Sogna dell'orco che le ruba il coniglio. Sogna il coniglio nella gabbia. E ci parla. E il coniglio gli dice che...

 

I conigli dei bambini non sono conigli come tutti gli altri. Son conigli saggi e previdenti. Per cui il coniglio gli rivela, in sogno, che prima di esser portato via ha nascosto un piccolissimo pezzetto di sé nell'orecchio della bambina. Ma così piccino che neanche la bambina potesse accorgersene, perché se no l'orchissimo plenipotenziario avrebbe voluto anche quello.

 

Ora quel piccolissimo pezzetto di coniglio è dentro la bambina, e pian piano ricresce. Lo sa ora il mago, e svegliandosi prende un largo pezzo di zucchero caramellato e lo mette di fronte alla bambina come uno specchio di ambra, uno spicchio di sole al tramonto, che da luce e lascia intravedere. Questa, nello zucchero si specchia e vede nei propri occhi qualcosa come l'ombra del nuovo coniglietto, del coniglietto segreto: invisibile a tutti, ma illuminato da quei mille e più ancora colori che neanche il dolore è riuscito a spegnerle dentro.

 

Sorride la bambina e dice al mago: bravo! Allora adesso tiralo fuori! Ho voglia di giocarci!

Ma il mago non può. Si può invero, ma non si può tirarlo fuori solo afferrandolo con dita o pinzette. C'è un altro modo. C'è solo un altro modo.

 

E il solo modo è quello di voler regalare questo coniglietto nuovo ad un altro bambino, che sia più piccino di lei; e a patto però che sia lei a volerlo davvero proteggere da tutti i puzzolentissimi orchi del mondo, facendosi tigre di nuovo.

 

La storia sarebbe in realtà più lunga. Non si parla ad esempio di come il mago raccogliesse interi vasi di parole della bimba, di come se ne appassionasse quasi fosse una sciarada donata ad un enigmista, di come la seguisse dappertutto aspettando che dalle mani o dalle tasche le cadesse finalmetne un pezzetto di quel segreto che lui intuiva e però non capiva...

 

Quel che conta però è che, racconta l'ultimo faggio, sicuramente la bambina lo farà.