LA FORZA DELL'INCONTRO CON DIO:

SALMO 23


Bruno Moriconi, ocd.
  

 

Con il "Miserere", il salmo 23 è sicuramente tra i più cantati. Più che una preghiera, è una dichiarazione di fede e di fiducia, condensata nel suo stupendo inizio: "Il Signore è il mio pastore". Talmente stupendo che il salmista sembra scadere di tono, quando, dall'immagine del pascolo, passa improvvisamente a quella del banchetto, con queste parole: "Davanti a me tu prepari una mensa" (v.5). Difficile, infatti, immaginare un pastore con tanto di bastone e di vincastro, mentre imbandisce un banchetto in veste di anfitrione. Non si può negare che la poesia ci perde.

Se le immagini del Signore fossero realmente due - quella del Pastore (vv. 1-4) e quella dell'Ospite (vv. 5-6) - il salmo dovrebbe essere diviso in due parti, animate da due pensieri distinti. In realtà, ciò che il salmista dichiara nella seconda parte (la sua partecipazione alla mensa del Signore), è il fondamento della certezza dichiarata nella prima. Sa che il Signore lo segue come un buon pastore, perché lo ha voluto ospite alla sua stessa tavola.

Può darsi che il salmista parli da pellegrino sulla sua via che, da Gerusalemme, lo riconduce a casa. In questo, il banchetto sarebbe quello cui ha partecipato da poco nel tempio della città santa. La via insidiosa su cui procede è, comunque, il simbolo della via tutta intera e, allora, anche il banchetto del suo Signore, più che il semplice rito di un sacrificio nel tempio, è l'incontro che egli sente di aver avuto con Lui. E' sicuro e non teme, perché sa di essere accompagnato dal suo Signore.

La fiducia del salmista poggia, cioè, sull'esperienza di un incontro forte con il suo Signore. Avendo la certezza di essere tra gli amici che il Signore invita alla sua mensa (v. 5a) - e lo hanno visto anche i nemici ( v.5b) - come potrebbe ancora temerli? Pur dovendo andare lontano e per vie insidiose, quell'incontro illumina tutta la durata dei giorni ed è come se abitasse, di fatto, nella casa del Signore (v. 6).
Il Signore è il suo pastore. Ha tutto ciò di cui ha bisogno, perché il Signore lo conduce per campi verdeggianti e a sorgenti di acqua dissetante (vv. 1-2) e, ogni volta che le sue forze vengono meno, lo rinfranca e lo guida per i giusti sentieri, come gli ha promesso (v. 3). "Non avrò paura neppure delle notti più profonde - dice al suo Dio - perché Tu sei con me. Mi guidano il Tuo bastone e il Tuo vincastro" (v.4).


La frase centrale è proprio questa: "Perché Tu sei con me". Qui il salmista si rivolge direttamente al Signore, dandoGli del tu e, sentendone la presenza amichevole, tutte le paure e le angosce fanno spazio alla pace interiore. Al di là delle immagini pastorali del bastone (lo "shebet", arma di difesa e simbolo di potere, allo stesso tempo) e del vincastro (strumento di appoggio - dalla radice "sh'n" - e di orientamento), che indicano la guida paterna di Dio, il salmista sa che il Signore è suo compagno di viaggio, perché Lo ha incontrato e continua ad incontrarLo dentro di sé. Se egli sperasse solo sulla base di semplici credenze, la sua fiducia non avrebbe un vero sostegno, ma c'è quest'incontro con il Signore nell'intimo ("Tu sei con me"), che fuga i nemici. Lo tradisce anche il possessivo con cui il salmo inizia: "Il Signore è il mio pastore".

Come si vede, questo salmo è un invito a passare dalla semplice religiosità alla fede che sradica il pessimismo, presente anche nel cuore di tanti cristiani. Il mondo continua ad essere falcidiato dalle guerre e dalle ingiustizie, è vero, ma il cristiano che incontra il suo Signore alla mensa del Suo pane e della Sua parola sa anche che il Cristo ha vinto e, facendosi Suo discepolo, può anche lui vincere il male e le ingiustizie.

Lo hanno fatto e continuano a farlo i santi che, pur essendo i più vicini alle miserie del mondo, non sono mai tristi, poiché incontrano Dio e, in Lui, ogni fratello. Quando il salmista dice: "Tu sei con me", il cristiano ricorda le parole di Gesù: "Io sono con voi sino alla fine del mondo" (Mt 28,20) e ne cerca l'incontro.

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