Sezze,  15 marzo 2003 

Centro Caritas   ex Chiesa di Sant’Andrea
Ore 17.00

 

Centro CARITAS di Sezze

 

 

 

 

 

 

sabato 15 marzo 2003 ore 17.00 

presso il 

Centro Caritas di S.Andrea

COMUNITA' DI SANT'EGIDIO

"SCUOLA DEL VANGELO"

CARITAS CITTADINA INTERPARROCCHIALE

INCONTRO TESTIMONIANZA

 

 “IMMIGRATI...NOSTRI FRATELLI” 

 

 

 

 

 

Relazione incontro 

 

di Carlo Luigi ABBENDA  

 

Sabato 15 marzo u.s., presso il Centro Caritas di Sant'Andrea di Sezze si è svolto l'atteso incontro - testimonianza sul tema "Immigrati...nostri fratelli", appositamente organizzato da un gruppo di persone cattoliche legate al Gruppo Caritas di Santa Maria e dal neonato gruppo della "Scuola del Vangelo

( Comunità di Sant'Egidio ) ospitato dalla parrocchia di San Pietro.

Gli organizzatori  hanno voluto mettere in rilievo la particolare impronta di questo incontro, ideato  come una "testimonianza" diretta di persone immigrate a Sezze piuttosto che come un dibattito "istituzionale" sull'immigrazione: il lodevole intento è stato appunto quello di dare spazio e voce ai diretti interessati, le persone immigrate di Sezze, superando così l'impostazione del primo incontro di dicembre scorso in cui era stata privilegiata una riflessione più "politica"  di tale fenomeno, dibattuta da diversi esponenti politici locali e da diversi operatori sociali. 

 

                     

Dopo il rituale saluto di Gianni Ciarlo - operatore Caritas - ha preso la parola Francesca Balestra, appartenente al gruppo romano della Comunità di Sant'Egidio che tramite una testimonianza scritta ha illustrato le motivazioni di fondo che devono sostenere l'azione verso gli immigrati. Per offrire un contributo esperienziale "diretto" Francesca ha fatto proiettare una " video-testimonianza" di persone appartenenti a Genti di Pace un movimento pacifista internazionale formatosi dentro la comunità San'Egidio, personalmente rappresentato qui a Sezze dalla signora Zdravka Mincheva di nazionalità bulgara, che ha brevemente preso la parola per sollecitare la platea a sottoscrivere un manifesto integralmente riportato in altra pagina.

              Zdravka Mincheva e Francesca Balestra

Hanno quindi preso la parola Jason, un immigrato, ora setino, originario del Congo, che nel suo intervento, dopo aver descritto la sua drammatica esperienza, ha sottolineato l'enorme valore esistenziale della "diversità" umana, un'unica razza pensata e fortemente voluta da Dio come un composto di persone "diverse" innanzitutto per il colore della propria pelle. E'  poi intervenuto, per testimoniare "direttamente" la propria esperienza di immigrato, il giovane africano  Michel Rukundo, molto familiare alla gioventù di Sezze, che ha voluto testimoniare la pacifica accoglienza ricevuta da parte dei sezzesi che gli hanno manifestato sin dal suo arrivo a Sezze una calorosa simpatia e una spontanea amicizia.

Michel e Jason

 

Michel ha voluto quindi mettere in risalto il forte senso di "Accoglienza" ricevuto da parte di tutta la cittadinanza. A questo punto ha preso la parola Luisa Coluzzi, ispiratrice della  "Scuola del Vangelo" di Sant'Egidio da poco formatasi a Sezze. Luisa ha voluto far riflettere sull'esperienza della prima famiglia di "Nazareth", i cui membri più di ogni altro hanno forse vissuto l'essere "Estranei nella propria Comunità...", l'essere "stranieri" nella propria patria: Gesù, Maria e Giuseppe sono stati, esemplarmente per ogni uomo, gli "stranieri" più radicalmente rifiutati. 

Luisa ha poi parlato di una giovanissima immigrata albanese, la simpatica Richerda, di soli 14 anni, che, arrivata a Sezze nel 1994, si è gradualmente ambientata con tutta la propria famiglia, anche perché proprio qui ha potuto trovare tanta accoglienza, finanche  l'inserimento nella "fede cristiana" tramite il battesimo di rito cattolico. La giovane, con molta naturalezza, ha esternato un'intensa commozione, manifestatasi peraltro con qualche lacrima. Dopo tutti questi interventi fatti dal tavolo, il microfono è stato offerto alla platea dei presenti, dai quali si sono succedute altre persone a testimoniare episodi di immigrazione. Filomena Danieli ha ricordato di essere emigrata da Sezze con la propria famiglia e di aver vissuto da bambina "immigrata" in Belgio durante gli anni cinquanta. Dopo qualche anno è rientrata in Italia reinserendosi nel paese natale. Filomena ha voluto rimarcare proprio la sua difficoltà di reinserimento nel proprio paese, in cui ha dovuto affrontare difficoltà di apprendimento ( o di re-apprendimento) del proprio dialetto e le problematiche di socializzazione in età scolare. Facendo tesoro di tutta questa esperienza Filomena ha saputo ben predisporsi poi in ambito scolastico lavorativo ( è maestra elementare) una volta in contatto con tanti ragazzi immigrati. Gianni Ciarlo, che pareva dover solo guidare l’ordine del dibattito, ha sorprendentemente preso di nuovo la parola per comunicare una personale esperienza di immigrazione: nato in Australia da genitori sezzesi ha vissuto una parte della sua infanzia lontano da Sezze, in un paese ostile che rifiutava chiunque non volesse apprendere la propria lingua inglese ( suo padre fu "costretto" ad andare a scuola... per trovare accoglienza e posto di lavoro). 

 

Colpito da una particolare malattia lo stesso Gianni fu in qualche modo "soccorso" ed aiutato da una cittadina australiana che offrì - "da buona samaritana" - un farmaco liberatorio. Sull'onda di queste commoventi testimonianze è ulteriormente intervenuto, anch'egli a sorpresa e senza la sua veste "istituzionale", il ben noto padre Michele ( Che amministra le anime di San Pietro con i suoi confratelli del "Verbo Incarnato", comunità religiosa argentina di preti e di suore ). Anche p. Michele ha voluto ricordare i trascorsi dei suoi trisavoli liguri, emigrati in Argentina all'inizio del secolo scorso e che, vivendo da "immigrati", hanno saputo integrarsi perfettamente con i residenti locali. Lo stesso padre Michele, nato in Argentina e colà vissuto per circa 27 anni, ha lasciato il suo paese per sperimentare l' "immigrazione" in Italia ed in Sezze, dove ha trovato calorosa accoglienza sia come prete che come "oriundo" argentino. Se uno lascia la propria patria ed i propri affetti, secondo quanto recita il vangelo, troverà 100 volte quanto ha lasciato dietro di sé: è questa la morale da apprendere quando si sperimenta un distacco dalla propria patria ed una immigrazione dentro una comunità sociale che subito ti accoglie benevolmente, pur con tante difficoltà. 

Tornando al tema della "Pace" padre Michele ha ricordato come sono più "Beati" quelli che dimostrano di essere "Operatori di Pace", che mettono in atto e non solo "si riempiono" di parole di pace!  A questo punto è intervenuta la madre di Michel, Maria Teresa Mukamitsindo, che ha voluto sottolineare che nell'esperienza dell'immigrazione la difficoltà maggiore per una persona "straniera" è spesso non il colore della propria pelle bensì l'inserimento umano e la socializzazione con tutti i residenti del paese ospitante, molte volte "chiusi" nei propri egoismi. Molte volte infatti la persona che emigra da un contesto "internazionale" si ritrova in un posto angusto e riluttante ad instaurare contatti con persone estere: la persona immigrata quindi pur provando in sé quel sentimento che la fa essere "cittadina del mondo" in realtà si trova quindi ad essere isolata dal contesto sociale cui è inserita. Per favorire l'accoglienza e l'integrazione bisognerebbe, per Maria Teresa, riscoprire la bellezza di porre la persona umana al centro delle relazioni umane, senza alcune distinzioni razziali. 

 

E' opportuno anche mettersi "nei panni dell'altro", dell' "immigrato", per provare ad essere solidali con lui. Molte volte questo non succede e l'immigrato rifiutato veste la parte del "ribelle Caino"  di fronte al ruolo fortunato dell' "Abele" del paese ospitante. E' perciò più opportuno offrire gesti di concreto inserimento sociale che un generico atteggiamento di esteriore generosità e solidarietà. 

A seguito di tutte queste testimonianze è intervenuta infine Marina Gentili, del gruppo Caritas di San Pietro, per manifestare la forte emozione provata in questa occasione riempita di tutta quella gioia che "gli immigrati" sono capaci di donare, con la solo semplice presenza, a tutte le persone locali, residenti a Sezze dalla nascita. Il messaggio è che l''immigrato non è una sventura da temere e da respingere con forza ma un evento fortunato che reca gioia e felicità verso il paese che lo accoglie.

Sezze, 16 marzo 2003               Carlo Luigi ABBENDA