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MAREZZO

Aggotti, e già la barca si sbilancia

e il cristallo dell'acque si smeriglia.

S'è usciti da una grotta a questa rancia

marina che uno zefiro scompiglia.

 

Non ci turba, come anzi, nell'oscuro,

lo sciame che il crepuscolo sparpaglia,

dei pipistrelli; e il remo che scandaglia

l'ombra non urta più il roccioso muro.

 

Fuori è il sole: s'arresta

nel suo giro e fiammeggia.

Il cavo cielo se ne illustra ed estua,

vetro che non si scheggia.

 

Un pescatore da un canotto fila

la sua lenza nella corrente.

Guarda il mondo del fondo che si profila

come sformato da una lente.

 

Nel guscio esiguo che sciaborda,

abbandonati i remi agli scalmi,

fa che ricordo non ti rimorda

che torbi questi meriggi calmi.

 

Ci chiudono d'attorno sciami e svoli,

è l'aria un'ala morbida.

Dispaiono: la troppa luce intorbida.

Si struggono i pensieri troppo soli.

 

Tutto fra poco si farà più ruvido,

fiorirà l'onda di più cupe strisce.

Ora resta così, sotto il diluvio

del sole che finisce.

 

Un ondulamento sovverte

forme confini resi astratti:

ogni forza decisa già diverte

dal cammino. La vita cresce a scatti.

 

E' come un falò senza fuoco

che si preparava per chiari segni:

in questo lume il nostro si fa fioco,

in questa vampa ardono volti e impegni.

 

 Disciogli il cuore gonfio

nell'aprirsi dell'onda;

come una pietra di zavorra affonda

il tuo nome nell'acque con un tonfo!

 

Un astrale delirio si disfrena,

un male calmo e lucente.

Forse vedremo l'ora che rasserena

venirci incontro sulla spera ardente.

 

Digradano su noi pendici

di basse vigne a piane.

Quivi stornellano spigolatrici

con voci disumane.

 

Oh la vendemmia estiva,

la stortura nel corso

delle stelle! - e da queste in noi deriva

uno stupore tinto di rimorso.

 

Parli e non riconosci i tuoi accenti.

La memoria ti appare dilavata.

Sei passata e pur senti

la tua vita consumata.

 

Ora, che avviene?, tu riprovi il peso

di te, improvvise gravano

sui cardini le cose che oscillavano,

e l'incanto è sospeso.

 

Ah qui restiamo, non siamo diversi.

Immobili così. Nessuno ascolta

la nostra voce più. Così sommersi

in un gorgo d'azzurro che s'infolta.


 

 

 


cariglino@tiscali.it