LE ORIGINI
E' impossibile precisare quando si sia cominciato ad usare questo cognome ma, la data piu' antica che ad esso possiamo assegnare su basi documentarie sicure, e' quella dell'anno 1130 senza esclusione di maggiore antichita'.
La storia del
cognome e' connessa con l'origine della famiglia; e' nel secolo XII
che diverse famiglie di origine aleramica assunsero un cognome: ed e' il secolo
XII l'eta' piu' antica
dove si trovano le tracce del patronimico Caramelli, unito ad uno dei nomi
storici fra gli aleramidi: quello di Ugo presente nell'Italia Veneto-Adriatica.
Di lui non si sa il luogo preciso di origine ma dalle ricerche compiute sul
materiale documentario, si deve credere che la sua presenza in quel luogo
fosse casuale, cosi' come non si puo' escludere il collegamento
alla famiglia Caramelli piemontese.
In quegli anni, i Comuni d'Italia si erano collegati contro l'imperatore
Barbarossa a Pontida (1167 Lega Lombarda). Potrebbe essere questa una ragione
sul come Ugo Caramelli, dalle rive del Tanaro, fosse potuto discendere fin
presso Venezia.
I documenti che lo ricordano vanno dall'anno 1170 all'anno 1178.
Verso
la fine del 1200 altri membri della famiglia Caramelli, Anselmo e Guglielmo,
fecero atto di fedelta' alla repubblica astese (14-6-1292). Sempre nel
1292, si ha memoria di Aycardo Caramelli in una causa di divisione di terreni.
Fra i 25 "Capita Domorum" che rappresentavano il comune di Montalto
di Mondovi', vi era appunto Aycardo Caramelli, probabile capostipite della
famiglia Caramelli di Cavallermaggiore. SECOLO
XIV
I
Catasti quattrocenteschi di Cavallermaggiore, rivestono un'importanza eccezionale.
In mancanza degli atti di battesimo e di morte la cui formazione ufficiale e'
posteriore al Concilio di Trento, (1545) č possibile nelle intestazioni delle
denunce catastali avere una cognizione sufficiente per la storia della famiglia;
A volte le relazioni di parentela ci sfuggono e sarebbe d'uopo lo studio sugli
atti notarili di compravendita o di successione testamentaria;atti nella massima
parte dispersi.
I
volumi dei catasti di Cavallermaggiore del secolo XVsono
4 e si riferiscono: al 1415, 1432, 1487, 1488. I primi due in parte furono rogati
da Bernardo; gli altri due dal Notaio Bartolomeo Caramelli; di quest'ultimo
non si conosce il rapporto di parentela col resto della famiglia. Si
sa per certo che i beni immobiliari dei Caramelli a Cavallermaggiore erano in
continuo aumento. Essi acquistarono beni e crearono nuove famiglie; verso la
meta' del 1400, sono non meno di dieci i Caramelli che come capi di famiglie
distinte, fanno denuncia sul Catasto dei loro beni. Gia' nella seconda redazione
del Catasto del 1432, vi e' una lista grandissima di possessi in mano agli eredi
di Stefano figlio di Antonio, per essersi gia' cumulati in essi, i beni di Antonio,
Bernardo e Stefano. Di Antonio si conoscono almeno tre figli: Stefano, (che
forse gli premori') Tommaso, i cui beni, alla sua morte, passarono ai nipoti,
Giovanni che non si sa se abbia lasciato discendenza, ma che per certo e' morto
fra il 1487 e il 1488 L'ultima
volta che i documenti lo ricordano e' nel novembre 1497, quando Don Rolando
Dentis di Caramagna mette in possesso della Commenda di Santa Maria della Pieve
a Cavallermaggiore, Don Bernardino Caramelli; fra i testimoni chiamati per la
rogazione dell'atto notarile, risulta anche Franceschino che non poteva mancare
alla presa di possesso del nipote all'esecutoria di un atto Papale concesso
in grazia del proprio figlio Giovanni, scrittore a Roma nella cancelleria Apostolica.
La
famiglia dei Caramelli, la cui indubbia nobilta' e' determinata dall'esistenza
gia' in quei tempi dello stemma, dimoro' dal principio del secolo XIV
a Cavallermaggiore. L'
arme antica della famiglia era costituita da uno scudo spartito d'azzurro
e d'argento al capriolo dell 'uno all 'altro. Cosi' e' stato sicuramente lo
stemma fino al secolo XIV. Quando
l'imperatore Carlo V il
12-4-1524, creo' Conte Palatino del
S.R.I. Stefano Caramelli, titolo trasmissibile per linea retta mascolina,
venne aggiunto dallo stesso imperatore il Capo d 'oro caricato dell ' aquila
di sol capo spiegata di nero, linguata e diademata di rosso; il cimiero fu
la ninfa nascente tra un volo di nero. Il
problema piu' interessante, connesso con lo stemma, e' quello del cimiero
formato da una ninfa nascente fra un volo di nero.
Per
quale leggenda sia sorto il bellissimo cimiero della famiglia Caramelli, e'
difficile dirlo, non essendo stata conservata una tradizione in proposito; sebbene
risvegli per se' una folla di ricordi leggendari del basso medioevo del
ciclo franco-teutonico, quando nella vita dei rudi cavalieri chiusi nell'armatura
di ferro, che scendevano per la conquista in Italia, intervenivano il maraviglioso
delle fate, i sogni delle immense selve oscure che attraversavano, le memorie
tradizionalmente portentose ed ingenue delle loro razze di origine. Da
allora lo stemma non e' piu' cambiato ed e' il seguente: Partito
d'argento e d'azzurro allo scaglione dell'uno all'altro con il capo d'oro caricato
dell'aquila spiegata di nero, armata, linguata e diademata di rosso.
Fossano, fondata nel 1236, fin dal principio fu in guerra con Asti; e il 13-3-1240
si strinse in alleanza con Savigliano, Cuneo, Mondovi' per difendersi
dalle ostilita' del popolo astigiano che era loro continuamente addosso
con le armi; nel 1251 tratto' e concluse la pace con Asti. Fra gli uomini
di Fossano che in quella occasione giurarono fedelta' al comune di Asti,
vi furono anche tre membri della famiglia Caramelli: Giovanni, Giacomo ed un
terzo indicato con il semplice cognome.
Nel 1319, tra le molte genti riunite intorno al Principe d'Acaia troviamo Giovanni
di Aycardo Caramelli. Questi, dal conto in cui era tenuto, si ritiene fosse
al suo servizio da molto tempo ed e' da ritenersi che vi rimase a lungo.
Il Principe soggiorno' lungamente a Cavallermaggiore e ritenne che non
fosse utile ai suoi interessi inimicarsi gli abitanti del paese; addivenne quindi
ad un accomodamento con i 180 Capicasa.
E' questa la prima volta di cui si ha notizia sicura dell'esistenza della famiglia
Caramelli a Cavallermaggiore, Ivi recatasi tra la fine del 200 e gli inizi del
300; forse per opera di Aycardo da Mondovi'.
La famiglia sali' presto in considerazione infatti, gia' nel 1346
troviamo Giacomo Caramelli "Clavarius" del Comune. A Cavallermaggiore
egli teneva presso di se' tutto il denaro del Comune, esigeva le imposte,
sopprastava alle spese necessarie del paese. Appunto verso la meta' del
1300 vivevano in Cavallermaggiore i tre fratelli Giacomo Gabriele, Enrico; figli
di Giovanni che puo' essere identificato con quel Giovanni di Aycardo,
milite di Filippo d'Acaia. Verso la fine del secolo i tre fratelli erano Patroni
del beneficio dei S.S. Stefano e Giacomo; fondato nella Chiesa parrocchiale
della Pieve di Cavallermaggiore. Di essi solo Enrico sopravvisse, vecchissimo
per certo, fino al principio del 1400.
Eccezion fatta per Filippo, figlio di Giacomo, non si conosce la discendenza
dei tre fratelli.
In tutto il 1300, i grandi feudatari, avevano abbandonato, in parte, il mestiere
delle armi per l'esercizio dei commerci. Molte famiglie patrizie si dedicarono
quindi agli affari. Nel 1363 Bra, comune in pace, faceva il censo dei negozianti
e annotava, tra gli altri, due Caramelli: Guglielmo figlio di Giovanni e Lorenzo.
Nel 1393, tra i cittadini che si ritenevano fra i piu'cospiqui della
Villa si ponevano anche Gastaudo e Mondino Caramelli.
Nello stesso anno, essendovi in Piemonte un movimento nemico del Marchese di
Saluzzo, il principe Amedeo ed il generale Aimone di Savoia ordinarono fortificazioni,
guardie ai Comuni ed anche l'esercito. Il 27 aprile una "Grida" in
Bra ordinò ad una serie di cittadini di provvedere armi; fra essi troviamo
Obertino e Giacomo Caramelli. Fra i Caramelli di Bra e quelli di Cavallermaggiore,
si puo' credere, visto il tradizionalismo di quel tempo che vi fosse parentela,
infatti vi e' corrispondenza di alcuni nomi tra cui Giovanni padre di
Guglielmo.
Comunque a Cavallermaggiore, la famiglia Caramelli aveva messo le radici.
Nella seconda meta' del 1300, Filippo, figlio di Giacomo, possedeva case nel
quartiere della Pieve; uno dei suoi figli, Bernardino si dedicava all'arte notarile,
mentre un altro figlio di nome Antonio curava gli interessi familiari. E' certo
che Bernardo nel 1389 era gia' notaio imperiale.
L'ultima notizia di Bernardo e' del 1432; in quell'anno infatti, egli era ancora
iscritto nel Catasto.
Il catasto del 1415, ebbe due correzioni successive, di cui la seconda fu eseguita
tra il 1424 ed il 1432. In quest'ultimo anno, non e' piu'iscritto Domenico Caramelli
che certamente era ancora vivo nel 1424, anno in cui fu tra i componenti i due
ultimi capitoli da aggiungersi agli Statuti di Cavallermaggiore.
Il Comune aveva nominato nella Commissione straordinaria, oltre a Domenico,
anche Filippo e Nicolo'.
Dei tre solo Nicolo' sopravvisse oltre al 1445, anno in cui era sindaco; Domenico
e Filippo erano morti quando fu redatto il Catasto del 1432; anzi si parla gia'
degli eredi di Filippo.
Nella terza redazione del primo catasto, i beni di Domenico passarono ad Antonio
e quindi ai suoi eredi.
Fra i nove eletti nella Commissione catastale del 1432, si trova Antonio Caramelli.
Non e' possibile stabilire con sicurezza il numero degli anni trascorsi tra
la prima e la seconda redazione del registro, tuttavia, si nota che nella seconda
sono gia' iscritti gli eredi di suo figlio Stefano: Filippo Michele e Franceschino.
Nell'anno 1482, a Cavallermaggiore, infieriva la peste; il Nobile Signor Franceschino
Caramelli che apparteneva al Consiglio della sua terra, prese parte alle sedute
del consiglio e non si allontano' mai dal paese. In quell'anno, anche Robaudo
Caramelli, partecipo' come consigliere e per poco tempo, fece parte del consiglio
anche Stefano il giovanissimo figlio di Filippo, che l'imperatore Carlo V
fara' conte; di lui non abbiamo piu' alcun cenno per molto tempo e puo'
credersi che in questo periodo sia andato a Roma presso il papa Sisto IV
insieme al cugino Giovanni. In tal modo, si allontanava il giovane Stefano dal
paese, dove la pestilenza continuava ad infierire.
Fino al 1488, Franceschino si interesso' attivamente alle cose del Comune, uomo
ascoltato e prudente, il maggiore che allora vi fosse nel suo luogo nativo.
Motto: Spera in Deo et fac bonitatem. Lo scudo sara' per i maschi fregiato
di ornamenti Comitali col cercine e gli svolazzi d'oro, d'argento e d'azzurro
col cimiero di una ninfa nascente tra un volo di nero, e, per le femmine, degli
ornamenti speciali femminili e nobiliari.