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Una banca dati del Dna per incastrare killer e ladri
da repubblica.it del 22/01/2003
di MARCO TRABUCCO
L'archivio genetico è previsto da una norma europea
Il modello è quello inglese dove da due anni vengono schedati anche
i neonati
TORINO - L'Italia deve creare una banca dati nazionale del Dna.
Un archivio che contenga l'impronta genetica di tutti noi.
E che permetterebbe alla magistratura e alle forze dell'ordine di svolgere
indagini più rapide, efficaci e meno dispendiose.
Lo chiede Serafino Liberati, generale comandante del Racis,
il Raggruppamento Carabinieri investigazioni scientifiche: "Consentirebbe
di ridurre di almeno il venti per cento la
quota di reati che rimangono senza colpevole, oggi la grande maggioranza"
dice.
Liberati il 21/01/2003 era a Torino per firmare la convenzione
tra i Carabinieri e l'Ateneo subalpino per una nuova laurea
specialistica, in Chimica clinica, forense ed dello sport.
Un corso in cui ufficiali dell'Arma saranno chiamati a insegnare su
temi come "la scena del reato" o "criminalistica".
E ha colto l'occasione per lanciare la proposta di una banca dati
genetica nazionale, proposta che i Carabinieri hanno studiato in
collaborazione con Pier Luigi Vigna e la Direzione nazionale
antimafia.
"In Europa - ha spiegato - solo l'Italia il Portogallo,
la Grecia e Malta non ha ancora creato un archivio
del Dna".
Per Liberati il modello da seguire è quello adottato in Gran
Bretagna: "Prima sono stati identificati geneticamente tutti
i carcerati. Poi, da circa due anni, il governo Blair ha dato
il via anche alla schedatura del Dna di tutti i neonati".
Un progetto colossale che ha fini medicoscientifici e non solo
di lotta alla criminalità.
"E che mi sembra il più efficace, perché nel giro
di poche decine di anni permetterebbe di avere l'impronta genetica di
tutta la popolazione".
Colossale, ma anche inquietante: "Ci sono ostacoli giuridici
che stanno ritardando la realizzazione della banca dati italiana, in
particolare per ciò che riguarda la tutela della privacy
- spiega l'ufficiale - Sono consapevole dei rischi che comporta.
Ma voglio anche sfatare le tante leggende metropolitane sul possibile
utilizzo distorto dei dati.
Paesi come la Germania, l'Inghilterra, la Francia che
hanno una tradizione democratica ben più lunga della nostra,
hanno creato la propria banca.
Lo possiamo fare anche noi, certo costituendo anche un'apposita authority
di controllo: sarebbe una garanzia anche per noi investigatori".
E i vantaggi?
"Potremmo ridurre del 20% i reati attribuiti ad ignoti.
E rendere meno dispendiose le indagini dal punto di vista economico.
Perché l'analisi del Dna non è utile solo per i delitti
più clamorosi.
Serve anche nelle indagini sui reati minori, come i furti negli appartamenti:
chiunque di noi, quando entra in un luogo, si muove, tocca cose o persone,
lascia una traccia.
Per evitare le impronte digitali bastano i guanti: ma
non possiamo controllare i capelli, i peli, la pelle, la saliva che
perdiamo.
E a noi basta pochissimo materiale per identificare il Dna.
Se avessimo la banca dati sarebbe più facile trovare i colpevoli.
Ladri e assassini non possono andare in giro chiusi in uno scafandro".
da repubblica.it del 22/01/2003
di MARCO TRABUCCO
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