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Scoperto il "collante" tra embrione ed utero
da repubblica.it del 17/1/2003 di CLAUDIA DI GIORGIO
Una ricerca Usa evidenzia il meccanismo che consente l'impianto nel
corpo materno e l'avvio concreto della gravidanza
E' una proteina il "collante" segreto che permette
all'embrione di aderire alle pareti dell'utero materno, costruendo così
il primo legame tra la madre e il bambino.
Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori dell'Università di
California a San Francisco diretto dalla dottoressa Susan Fisher,
dai cui studi potrebbero derivare importantissime conseguenze per la
lotta contro l'infertilità.
Quasi i tre quarti delle gravidanze che non riescono a superare
la ventesima settimana devono infatti il loro fallimento proprio
al
mancato impianto dell'embrione nell'utero.
Ma oltre a rappresentare una concreta speranza per migliorare i risultati
degli interventi di fecondazione assistita (il cui tasso di successi
si aggira attualmente intorno al 40 percento), la ricerca di
Susan Fisher e colleghi, pubblicata sul numero del 17/01/2003 della
rivista americana Science, getta nuova luce su una delle fasi
più critiche ed affascinanti della vita dell'embrione.
L'impianto nell'utero si verifica circa sei giorni dopo il concepimento,
quando le cellule si sono moltiplicate fino ad arrivare allo stadio
di blastocisti, una sfera di 64 cellule composta da uno
strato esterno da cui si formeranno la placenta e gli altri tessuti
(come l'amnio o il cordone ombelicale) necessari al feto
durante la vita nell'utero, ed una massa di cellule interne, da cui
si svilupperanno praticamente tutti gli altri tipi di cellule del corpo
umano.
Una sfera piccolissima, che vaga all'interno dell'utero, rotolando tra
le sue pareti "come una palla da tennis su una superficie ricoperta
di sciroppo" spiega Susan Fisher.
Ed è proprio durante questa fase di fluttuazione che tra l'embrione
e l'utero materno inizia una sorta di "conversazione".
Lo strato esterno della blastocisti emette una proteina chiamata L-selectina.
L'utero, a sua volta, comincia a produrre quantità più
elevate di carboidrati, che interagiscono con la proteina creando
una condizione di vischiosità.
L'embrione comincia quindi a staccarsi e riattaccarsi continuamente
all'utero, rallentando via via la sua "corsa", fino al momento
in cui si ferma del tutto, aderisce alla parete uterina e dà
il via al processo di annidamento, che si completa quando inizia
a ricevere l'alimentazione dal sangue materno attraverso la placenta.
Si tratta di un passaggio cruciale dello sviluppo dell'embrione.
Molti biologi sostengono addirittura che è possibile parlare
di embrione in senso stretto solo dopo che è avvenuto l'impianto,
quando è esclusa anche la possibilità che la blastocisti
si suddivida, dando origine a dei gemelli.
E si tratta di un passaggio finora poco conosciuto, tant'è vero
che la causa di gran parte dei disturbi dell'impianto embrionale
fino ad ora è rimasta ignota.
Secondo il gruppo della Fisher, tuttavia, il meccanismo usato dall'embrione
non è unico nell'organismo umano.
Lo stesso tipo di "conversazione molecolare" viene
utilizzato dal sistema immunitario, dove la L-selectina, assieme
ad altre proteine, serve a far aderire i linfociti alle zone colpite
da un'infiammazione.
da repubblica.it
del 17/1/2003 di CLAUDIA DI GIORGIO
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