"Quelle auto sono camere a gas

ne vanno ritirate quarantamila"

Torino, l'associazione "Altroconsumo" si rivolge al Tribunale. "Lancia Dedra, scarichi nell'abitacolo per un difetto di fabbricazione”

La denuncia di un ex funzionario Fiat malato di tumore. "Così mi sono avvelenato"

In una circolare del 1991 il riconoscimento dell'errore da parte dell'azienda

La spiegazione: l'inconveniente per l'eliminazione, in produzione, della sigillatura dell'unione parafango-fiancata posteriore Le due procedure: "Controlli sulle macchine invendute; per quelle in circolazione interventi solo dopo la segnalazione da parte del cliente"

Fiat:nessun rischio ricorso infondato

TORINO - Interpellata da "Repubblica", Fiat ha dichiarato: «Riteniamo infondata l'iniziativa assunta da "Altroconsumo". I test effettuati su vetture ancora in circolazione non hanno rivelato l'esistenza di rischi. Eventuali Infiltrazioni di gas di scarico nell'abitacolo sarebbero facilmente rilevate, data la toro immediata evidenza olfattiva, dalla clientela. Non risulta pendente alcun reclamo della clientela, sebbene il parco attualmente in circolazione sia prossimo alle 40 mila vetture, né vi sono segnalazioni della rete distributiva. I rischi di possibili infiltrazioni rilevati nel passato furono rimossi tempestivamente con specifici interventi. "Altroconsumo" non ha fornito alcuna evidenza tale da modificare la situazione. Ove qualsiasi attendibile elemento di rischio emergesse, Fiat Auto si attiverebbe immediatamente.

TORINO — In un angolo poco illuminato della quarta sezione del tribunale civile di Torino, Davide va chiedendo conto del comportamento di Golia. Davide si chiama «Altroconsumo», associazione di consumatori. Golia è Fiat Auto s.p.a. Ne va si sostiene  della salute di 40 mila proprietari di un vecchio e fortunato modello di Lancia Dedra a benzina. Davide ha scoperto che, dieci anni fa, una sciagurata scelta di produzione ha trasformato quelle 40 mila macchine ancora oggi marcianti in potenziali camere a gas. Privo di ostacoli fisici, il monossido di carbonio liberato dal tubo di scarico viene risucchiato attraverso il paraurti posteriore all'interno dell'abitacolo, dove avvelena silenziosamente chi è a bordo. Golia obietta: quelle 40mila auto sono sicure. Alla falla si pose tempestivo rimedio per iniziativa dell’azienda. Il difetto era circoscritto a modesta parte della produzione e tale che chiunque non se ne sia accorto fino ad oggi non può che possedere una macchina dall'abitacolo sicuro.Ridotta all'osso la storia è questa. E presto il tribunale di Torino ne scriverà l'epilogo. Se fosse Davide ad aver ragione, per la prima volta nella storia dell'automobile, Fiat auto sarà costretta per ordine di un magistrato a ritirare dalla circolazione, per sanarne il difetto di fabbricazione, 40 mila vecchie vetture, di cui per altro, su richiesta del tribunale, ha già depositato l'elenco completo di targhe e proprietari.

Negli Stati Uniti le chiamano «class action». E sono il martello impugnato dai consumatori per aggredire la cattiva coscienza delle multinazionali. Nello studio legale dell'avvocato milanese Paolo Martinello (che difende le ragioni di «Altroconsumo») il «caso Dedra», con un più di understatement, è rubricato alla voce «ricorsi d'urgenza». E la storia è tutta lì. In uno spesso faldone che racconta un'ostinazione.

Sergio Albrizio, classe 1945, ex funzionario Fiat, si scopre malato di carcinoma al rene. In vita sua non ha mai acceso una sigaretta. Ma ha percorso migliaia di chilometri su un'auto aziendale, una Lancia, che - ne è convinto - ha lentamente avvelenato il suo sangue, i suoi polmoni. Albrizio è un testardo. Vuole venire a capo di chi ha distrutto la sua salute. E ha un importante vantaggio. Negli anni, ha avuto accesso alla corrispondenza interna del gruppo Fiat-Lancia. Il 26 marzo scorso, interrogato dal tribunale di Torino, racconta: «Essendo funzionario, dal 1983 al 1996, ho utilizzato auto aziendali cambiandole ogni anno. Ho dunque utilizzato 2 Lancia delta, 5 Lancia Prisma, 2 Lancia Delta turbo diesel, cinque Lancia Dedra. Tutte presentavano come difetto di produzione l'infiltrazione di gas di scarico nell'abitacolo». 11 calvario medico di Albrizio è lungo e circostanziato, come del resto il suo solitario contenzioso con la Fiat per «malattia professionale» attualmente pendente di fronte a un giudice del lavoro di Napoli. Ma quel che importa per la nostra storia è che Albrizio consegna ai giudici di Torino e, prima di loro, ad Altroconsumo (cui è iscritto) un importante documento: una circolare della direzione area Lancia di Napoli del 10 aprile 1991.

Leggiamo: «Commessa 2304 -Dedra benzina - Infiltrazioni gas di scarico nell'abitacolo - In relazione a casi segnalati di infiltrazioni di gas di scarico all'interno dell’abitacolo della vettura è stata avviata una specifica campagna di risanamento che prevede il montaggio di un codolino curvo da applicare, orientato verso il basso, sul terminale della tubazione di scarico. Evidenziamo che l'inconveniente può essere esaltato dal fatto che in produzione, su un'isola vetture comprese dal telaio 68285 al telaio 135605, è stata eliminata la sigillatura dell'unione parafango-fiancata posteriore». Il testo è chiaro. Nell'aprile del'91,la Lancia è consapevole che 70 mila dedra comprese tra i telai 68285 e 135605, hanno un pronunciato difetto di fabbricazione dovuto alla decisione di non sigillare il paraurti posteriore alla fiancata. In quello spazio si incanalano i gas di scarico, risucchiati dalla depressione che si produce all'interno dell'abitacolo viaggiando con i finestrini aperti.

Lancia decide di intervenire ma - ecco il punto - raccomandando, ce lo dice ancora la circolare dell'aprile '91 - due diverse procedure. Per le macchine ancora invendute, «controllo ed eventuale registrazione dell'ossido di carbonio, sostituzione del codolino della tubazione», eventuale «sigillatura dell'unione parafango posteriore-fiancata». Per le auto già in circolazione, «interventi come sopra, ma solo in caso di segnalazione da parte del cliente» e comunque non oltre il 31 dicembre '91.

Lancia, insomma, sceglie quella che, tecnicamente, viene definita una «campagna di risanamento». Una routine sostanzialmente diversa da una «campagna di ritiro». L'azienda interverrà soltanto su richiesta dei clienti e in un ristretto lasso di tempo (aprile-dicembre'91).

Per Altroconsumo ce ne sarebbe già abbastanza. Lancia, consapevole del vizio e delle sue conseguenze sulla salute dei consumatori, non si fece parte dirigente. O, almeno, non come avrebbe potuto (con una campagna di ritiro). Ma la crepa aperta dall'ostinato ex funzionario Lancia regala nuovi documenti e sollecita ulteriori testimonianze. In una nuova circolare interna del 6 marzo '92, la direzione Lancia dell'area di Napoli chiede ai suoi concessionari di «effettuare un ciclo di prova per valutare l'entrata di gas di scarico» all'interno di tutti i modelli Lancia (dunque anche Prisma e Delta). Ben oltre, insomma, le 70 mila auto oggetto della «campagna di risanamento». Ben oltre la soglia del 31 dicembre fissata dalla circolare dell'aprile '91. Il vizio sembra «sfuggito» al modesto lotto pro­duttivo individuato inizialmente e fronteggiarlo diventa affare sempre più serio. Al punto - è ancora Altroconsumo a documentarlo - che nel corso del 1991 e i primi mesi del '92, la sola concessionaria Lancia Stilcar di Bari accetta e riconosce 124 commesse di riparazione per «infiltrazioni di gas di scarico nell’abitacolo» di altrettante autovetture che solo in parte appartengono al lotto produttivo difettato.

Ma c'è almeno un'altra buona domanda che il Tribunale di Torino pone alle parti: gli interventi disposti da Lancia erano risolutivi? Racconta ai giudici Pietropaolo Berto, ex funzionario Fiat e già responsabile dell'area problemi tecnici della Lancia per le concessionarie della Puglia: «Effettuammo centinaia di interventi su Dedra ma anche su Delta. E sono sicuro che né la sola sigillatura delle lamiere, né il montaggio del codolino erano sufficienti a rimediare l'inconveniente». C'è di più. Lancia non aveva messo le concessionarie nella condizione di adempiere alle raccomandazioni che pure le aveva trasmesso. Ancora Berto: «La casa madre ci istruì di testare il livello di fumi nell'abitacolo, ma non ci fornì mai di misuratore di monossido di carbonio».

Per la Fiat auto il caso Dedra è «infondato». Meglio, non esiste. Interrogato il 26 marzo da Ombretta Salvetti, giudice istruttore del tribunale di Torino, l'avvocato Alfredo Mittone, rappresentante dell'azienda, giustifica le scelte di allora spiegando che «non vi fu alcuna necessità di chiamare i clienti, perché vennero da soli». Che la diversa e progressiva gradazione di interventi (applicazione del codolino e eventuale sigillatura delle lamiere) fu decisione verosimilmente presa «per evitare sprechi di manodopera e interventi inutili». Che il difetto venne sanato su almeno 5 mila vetture comprese nel lotto difettoso. Che oggi, di quel problema, nessuno dei possessori delle 40 mila Dedra ancora in circolazione ha avuto più a lamentarsi. O, almeno, quasi nessuno. Duilio Amico, dirigente Fiat e responsabile del «customer care», ha spiegato al tribunale che «soltanto due» risultano i reclami in tempi recenti. «Uno nel 1997 e uno nel '98». Abbastanza - chiosa l'avvocato Paolo Martinello - per ritenere che «il vizio di fabbricazione non sia stato sanato, che permanga il rischio per la salute, che Fiat si scusi pubblicamente e ripari con una capillare campagna di richiamo delle auto, eliminando a sue spese il difetto».