La guerra civile nel PDL
Il bunker di Silvio
e la speranza di Gianfranco
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Tutti coloro che hanno a cuore la democrazia italiana ed in particolare tutti coloro che si riconoscono nella destra liberale e democratica devono guardare con molta attenzione alla guerra civile in atto nel PDL.
I contendenti sono, da una parte l'ormai impresentabile capo del governo Berlusconi, da anni al centro di vicende giudiziarie, di leggi approvate dalla sua maggioranza parlamentare (leggi ad-personam), di immorali presunte frequentazioni sui quali la magistratura sta indagando.
La sua enorme concentrazione di potere e di interessi è tale che da creare perenni conflitti di interessi pubblico-privato e che rappresenta una gigantesca contraddizione verso la "libertà" economica e di mercato, di cui Silvio si riempie sempre la bocca, ma che in realtà non sa nemmeno dove stia di casa, tradendo e deludendo nel corso del tempo, tutti coloro che speravano fosse giunto il momento anche in Italia di vedere governare la destra liberale, europea e moderata.
La sua snervante guerra con la magistratura (da lui difesa al tempo di mani pulite, ma poi attaccatta allorchè ha iniziato ad indagare sulle sue attività) che lo ha portato lontano anni luce dai principi della destra che invece è per la morale, per la legge e l'ordine.
Non parliamo della famiglia, una delle colonne portanti di ogni movimento conservatore : qui il disastro è totale.
Senza addentrarci nella "sua" politica estera, dove personaggi come il dittatore libico Gheddafi e il chiaccherato ex capo del KGB russo Putin sono attualmente i migliori amici del Nostro.
Un Berlusconi che ha come modello un Paese fatto di teledipendenti, di corsa al posto per diventare veline, di reality a rotazione, dell'apparire invece che dell'essere, di sondaggi continui per misurare il consenso e su questo governare, dei discorsi fiume senza interviste, della cultura delegata a uno come Bondi e dei parlamentari-avvocati-difensori.
Silvio, chiuso nel suo bunker catodico, parla di un Italia che non esiste : lui è ottimista, sorridente, si autoincensa, si nomina superman, racconta le mirabolanti imprese e azioni sue e del suo governo in Italia e in Europa, mentre il 25% delle persone non arriva a pagare le bollette a fine del mese, la cassa integrazione sta mettendo in ginocchio imprese e famiglie, il debito pubblico sale, i consumi crollano, i tagli alle forze dell'ordine e alla scuola sono senza precedenti e il PIL crolla ai minimi.
Contemporanemente nel mondo "libero" i media (a sentire lui ovviamente "deviati" dalla stampa italiana, a questo punto evidentemetne potentissima.
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) parlano di un Italia al 66° posto per la competività, al 73° per la libertà di stampa e di un Paese in declino continuo.
Con lui sono schierati esponenti politici berluscones) catapultati alla ribalta della seconda repubblica dopo l'avvento di "sua emittenza", i quali sparirebbero come neve al sole nel momento in cui Silvio dovesse lasciare il potere.
Sono per lo più persone che recitano a memoria il copione della difesa del loro capo dagli attacchi dei comunisti, delle toghe rosse, della stampa catto-comunista e via discorrendo.
Dall'altra parte del PDL c'è gente come Fini, una volta post-fascista che sembra avere compiuto nel corso degli anni una evoluzione "moderata e liberale", cosa che al direttore del quotidiano di famiglia non è evidentemente piaciuto e da bravo squadriasta ha manganellato l'ex leader di AN.
Da leader post-fascista di quel MSI sdoganato nel 1994 proprio da Berlusconi, Fini è diventato nel corso di tutti questi anni un politico moderato, laico, che ha saputo riposizionarsi in politica estera, che interpreta il ruolo istituzionale di Presidente della Camera veramente super-partes, non da tifoso del nenonato PDL e fautore della lotta contro il pensiero unico e il cesarismo berlusconiano, autentiche aberrazioni in un partito che porta la arola "libertà" nella propria ragione sociale.
Fini, all'opposto, non è chiuso in nessun bunker, ma è aperto alla società, alla discussione, al rivedere criticamente le posizioni che nel corso degli anni possono anche cambiare.
Per sperare in un post-berlusconi, ormai sempre più improrogabile, dobbiamo quindi sperare che gente come Fini riesca a coalizzare intorno a se un movimento capace di traguardare la destra al dopo Silvio.
La stampa inglese, qualche settimana fa, faceva il nome anche di Mario Draghi, attuale governatore della Banca d'Italia persona dalle riconosciute capacità professionali e morali, come possibile successore del sempre più imbarazzante attuale capo del governo.
Del resto le minacce al sultanato di Arcore non possono che avvenire dall'interno del PDL.
Infatti non possiamo guardare a sinistra, dove è inutile aspettare nel breve la chance del Partito Democratico (Partito dei Desaparecidos), bloccato dalla lotta interna per la segreteria, ma soprattutto alla ricerca dell'identità perduta dalle continue e pesanti sconfitte elettorali e dagli scandali per tangenti e dintorni che hanno interessato diversi amministratori locali.
Dal PD di problemi per Berlusconi non ne verranno e del resto chiunque vinca la segreteria, Bersani (cioè D'Alema) oppure Franceschini (cioè Veltroni), lascia poco spazio alle speranze di un vero rinnovamento.
Ecco perchè solo dalla parte moderata e liberale della destra (presente anche nel PDL) possono venire le uniche possibilità di scalzare Berlusconi e di guardare finalmente speranzosi alla fine della sua era.
12/9/2009