In un Paese normale (o anche solo quasi) i cittadini prima di votare un candidato presidente di regione e il suo partito avrebbero tutto il diritto si conoscerne i programmi, le idee, sapere la storia professionale e umana di chi chiede il voto e al quale affidare l'amminstrazione di una Regione, ivi compresi i quattrini raccolti con le tasse pagate dai cittadini. Se io devo, per ipotesi, acquistare un'auto, è importante che possa conoscerne le caratteristiche nel dettaglio, il prezzo e al limite fare un giro di prova. Certo la politica non è come un'automobile, ma la conoscenza deve essere sempre alla base delle scelte, altrimenti si rischia di scegliere solo sulla base di ideologie (spesso superate), di simpatie televisive o peggio, di disinformazione. Ma l'Italia, purtroppo, di normale sembra ormai avere davvero poco. Quindi, oltre alla "par condicio", ecco che il Parlamento ha vietato i talk-show con i politici sulla RAI proprio a ridosso delle elezioni regionali di fine marzo. Una misura illiberale, antidemocratica che viola il diritto della gente a informarsi, tanto che il Tar del Lazio ha dato torto alla misura adottata. Da noi non è la TV che controlla la politica, ma l'opposto! Da sempre l'informazione è stata al centro della lotta tra i partiti, che da decenni si spartiscono le reti radio-televisive pubbliche e lottizzano le direzioni dei radio-tele giornali. Ma da 15 anni la situazione ha subito una forte regressione. La discesa in campo di Berlusconi, proprietario di 3 reti televisive, ha creato un grosso ed evidente problema di squilibrio informativo. La legge sulla par-condicio, voluta dall'allora Presidente della Repubblica Scalfaro, nacque proprio per arginare la situazione. La par-condicio prevede che in campagna elettorale i partiti siano trattati alla stessa stregua dall'informazione radio-televisiva. E' una brutta legge, che declassa i giornalisti televisi a cerimonieri pronti ad intervistare con il bilancino i vari rappresentanti dei partiti. Ma, per il problema sopra esposto, la par-condico è stata la medicina amara necessaria per tamponare il male. Adesso si è aggiunto, però anche il silenzio dei talk-show informativi. Spesso ridotti a pollai informativi, dove i politici si azzuffano e si "parlano addosso" impedendo al cittadino-elettore di capire bene le varie posizioni, le trasmissioni di approfondimento politico sono comunque, con tutti i loro limiti, uno dei pochi strumenti che i cittadini hanno per cercare di conoscere meglio i propri rappresentanti. Del resto il potere di influenza dei talk-show, come spiegato dagli esperti, è molto limitato : uno che è orientato a votare centro-sx guarda Annozero e i fan di Berlusconi difficilmente si sintonizzeranno su Santoro. Idem, e in maniera speculare, il discorso vale per Bruno Vespa, tradizionalmente vicino a B. Quindi si dirà che il bavaglio è solo virtuale, visto che i talk-show non cambiano le idee alla gente. Forse, tuttavia servono per riequilibrare il resto dell'informazione televisiva, quello dei telegiornali. Questi in effetti fanno la vera differenza e lo sanno bene i partiti, che consci del potere di influenza delle news, si azzuffano per piazzare i loro giornalisti di riferimento alle direzioni. Siamo perciò ridotti a rimpiangere la vecchia tribuna elettorale di Jader Jacobelli, in bianco nero, grigia, lenta, ma che dava modo ai partiti di esporre serenamente le proprie posizioni. A pochissimi giorni alle elezioni regionali non si parla di programmi, non si vedono i candidati e soprattutto l'informazione non può fare le pulci a chi dovrà gestire i miliardi delle tasse dei cittadini. Una roba assurda. Allora come fare per estendere la conoscenza e sentire voci alternative ai telegiornali lottizzati ?Certo, esiste Sky, che con le sue news (Sky TG24) è attualmente il canale informativo più equilibrato. Ma non tutti hanno il collegamento con il satellite. Un'altra alternativa (forse quella vera, quella su cui puntare per il futuro) è il web, la rete, dove non esiste legge-bavaglio che tenga. Sul web ha puntato Enrico Mentana, che dal sito del corriere. it va in onda con "mentama condicio" (sottotiolo emblematico, "vietati in tv, liberi sul web"), un talkshow con ospiti gli esponenti politici. Anche Reppublica TV (repubblica.it) sta diffondendo tramite la rete trasmissioni di apprfondimento giornalistico. Sul web, peraltro, da un anno e oltre trasmette anche Marco Travaglio con la sua rubrica settimanale "passaparola" ed anche Santoro (www.raiperunanotte.it) andrà in onda in rete pochi giorni prima delle elezioni regionali con una sua trasmissione. Restano infine due considerazioni e una speranza. Le considerazioni aiutano a comprendere come nel nostro Paese anche la Tv stia sempre più scadendo a livelli minimi:a) chi teme che la gente si informi ? perchè limitare il sacro santo diritto di informarsi da chi paga le tasse e mantiene la classe politica?b) i cittadini pagano il canone RAI per 12 mesi all'anno, compreso il periodo in cui ci sono le campagne elettorali. La speranza è che, anche da situazioni incredibili come questa, la rete sappia davvero travolgere questo modo vecchio e illiberale di intendere l'informazione, aiutando pealtro l'Italia a risalire dalla vergognosa posizione in coda alla classifica della libertà di informazione dei paesi occidentali (siamo tra le nazioni "partially-free", cioè non completamente liberi). Ma sta soprattutto a noi cittadini crederci, magari guardando meno TV e informandosi più in rete. |