Chi favorisce veramente la nascita dei partiti etnici/religiosi?
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Agli inizi di novembre in Spagna è nato il Prune, il primo Partito Islamico d'Europa.
Bacino potenziale di riferimento sono gli 1,3 milioni di musulmani residenti in Spagna, su una popolazione complessiva di poco oltre i 40 milioni di abitanti.
Non è assolutamente una bella notizia.
Non lo è perchè la nascita di questi movimenti, con una chiara connotazione religiosa (ma forse anche etnica), non favorisce certo l'integrazione tra le diverse componenti della società moderna.
Un domani potrebbe nascere un Partito dei Latinos e poi uno degli immigrati albanesi, rumeni.
E perchè no il movimento politico dei cinesi.
E questo non solo in Spagna, ma anche nel resto d'Europa, Italia compresa.
Se accettiamo supinamente e passivamente questo fenomeno, ovvero l'avvio dell'escalation dei partiti religiosi e/o etnici, per gli europei sarà una sfida persa in partenza.
In particolare per l'Italia, afflitta da una patologia che vede incrementare contemporaneamente il numero di stranieri in arrivo e l'età media della popolazione indigena.
Ed assisteremo all'incremento dei ghetti e delle divisioni nello stesso territorio tra più etnie.
Per fermare da subito questo fenomeno esiste una sola strada, la stessa che peraltro viene sempre indicata anche per cercare di governare (e quindi non subire) più in generale il fenomeno dell'immigrazione : l'integrazione.
Se le comunità di stranieri riuscissero ad avanzare le loro istanze attraverso i tradizionali canali politici (i partiti, i movimenti nazionali, le associazioni), ecco che verrebbe meno la necessità di fondare gruppi politici come quello spagonolo.
Chi si oppone all'integrazione e fomenta le divisioni è il vero complice della nascita dei partiti etnici e dimostra una pericolosa miopia.
Il diritto di voto agli stranieri (da valutare modalità e perimetro) è un tema su cui discutere, tenendo ad esempio in considerazione il principio del "no tax without rappresentation".
Gli stranieri ci sono già e ne arriveranno ancora di più.
E' il destino di un Paese come il nostro che, essendo agiato, ha necessità di carburante (la manodopera e il lavoro) per il proprio sviluppo e quindi per lo stesso benessere dei suoi abitanti.
Qualcuno ha sintetizzato la cosa con una significativa frase : "e' inutile lamentarsi dell'arrivo dei cinesi, forse dovremmo chiederci come vendere i nostri prodotti in Cina".
Occorre salvaguardare con decisione le nostre tradizioni, la cultura nazionale e quelle del territorio (il crocifisso c'è e resta dov'è), ma bisogna anche sapere accettare il confronto con le altre popolazioni, che peraltro sono spesso fonte di arricchimento culturale.
Il tutto, come sempre, nel rispetto delle regole e della legge.
Contemporaneamente all'immigrazione, occorre poi che i Paesi ricchi disincentivino alla fonte l'arrivo di immigrati attraverso il sostengo al terzo e quarto mondo con i capitali e la conoscenza.
E qui però il continuo fallimento della FAO (Fondo per l'alimentazione dell'ONU) non è certo un bel segnale.
28/11/2009