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Gli interessi anatocistici (anatocismo) duvuti alla capitalizzazione degli interessi passivi che le banche sono, come recita il codice civile, gli interessi sugli interessi scaduti, che, in mancanza di usi contrari possono a loro volta produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. Anatocismo

Anatocismo

Di saeguito riportiamo una serie di paragrafi dedicati all' anatocismo bancario

Panoramica generale sull' anatocismo

Con sentenza n.21095 del 4/11/04, le Sezioni Unite della Cassazione civile (il massimo organo collegiale della Corte Suprema) hanno sancito, una volta per tutte, l'illegittimita' dell' anatocismo bancario, gia' riconosciuta con diverse sentenze sezionali.
L'anatocismo bancario e' quel meccanismo perverso in base al quale le banche calcolavano gli interessi sugli interessi maturati nei trimestri precedenti: per es. se su una somma mutuata di 1.000, alla fine del I trimestre era maturato 10 di interessi, dal 1° aprile conteggiavano gli interessi non più su 1.000 bensì su 1.010; e così via, producendo un effetto “valanga”. Pare che circa 300.000 piccoli imprenditori siano falliti “grazie” a questo giochino. I correntisti bancari taglieggiati sono, invece, diversi milioni, chi per piccole somme, chi per somme consistenti o importanti. Il tutto, in aperto spregio al Codice Civile che vieta questa prassi.

Sentenze e giurisprudenza sull' anatocismo bancario

Cassazione S.U. - Sentenza tombale contro l' anatocismo.

Con la sentenza n° 21095 del 4 ottobre 2004, la Suprema Corte a sezioni riunite condanna definitivamente come illegittimo l' anatocismo (come anche sentenza Corte Costituzionale n. 425/2000 in data 17.10.2000 con la quale e' stata dichiara l'illegittimita' dell'art. 25 comma 3 del Dlgs 342/99, nonché Corte di cassazione sentenze n. 2374/99, n. 3096/99, n. 12507/99). Conseguentemente la trimestralizzazione degli interessi bancari e' illegittima fin dalla sua prima applicazione.
Quali conti sono interessati e per quale periodo? Se il conto e' stato estinto ?
I conti attivi non sono interessati, mentre si applica a tutti i conti che abbiano presentato saldi passivi per qualsivoglia motivo (affidati o in rosso senza affidamento). Il rimborso può essere preteso a partire dal 1952, comunque da quando il conto e' andata in rosso, purché si abbia in qualsiasi modo provare tale circostanza. E' anche possibile richiedere copia degli estratti conto, la banca deve conservarli per almeno 10 anni, ma dietro pagamento di un corrispettivo. Non si ha diritto al rimborso se il conto e' stato chiuso oltre 10 anni fa. Se il conto e' stato chiuso da non oltre 10 anni il diritto non e' prescritto.
Come calcolare esattamente l'entita' del rimborso ?
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Ancora sulla giurisprudenza inirente all' anatocismo


Roma: la Cassazione da' ragione ai consumatori sugli interessi bancari
Le banche italiane dovranno restituire probabilmente tra i 20 e i 30 miliardi di euro ai correntisti per aver praticato l' anatocismo (vietato dal codice civile e rinviata agli usi), ovvero la capitalizzazione trimestrale degli interessi sui prestiti annualizzando quella sui depositi, di fatto creando la figura del contraente debole e perciò lucrando ingiustamente. Lo dice la sentenza (la n. 21095 del 4 novembre) delle sezioni unite della Corte di Cassazione.
La sentenza ha effetto retroattivo, per cui a partire a ritroso dal 2000 sara' opportuno richiedere i risarcimenti.
La sentenza riguarda tutti i clienti bancari che hanno pagato interessi alla banca quando il proprio conto e' andato in rosso. Tali interessi fino al 2000 erano calcolati ogni tre mesi, mentre quelli a favore dei risparmiatori erano capitalizzati una volta l'anno (dal 2000 il problema e' stato rimosso e le banche devono calcolare gli interessi attivi e passivi con la stessa periodicita').
In primis occorre inviare una lettera raccomandata alla propria banca con la richiesta di rimborso delle somme indebitamente percepite fino al 22 aprile 2000 e relative alla citata ricapitalizzazione trimestrale, nonché alle altre spese collegate.
A fronte di un esito negativo di questa richiesta si fara' ricorso ai collegi legali dell'associazione e procedere attraverso il Giudice di Pace se la richiesta non supera i 2.500 euro, al Tribunale se e' superiore.
E' opportuno per cifre di grande rilevanza il ricorso una Consulenza tecnico contabile di parte sull'entita' delle somme richieste, realizzata da un esperto di fiducia sulla base di tutti gli estratti conto bancari. Il giudice potra' far eseguire una consulenza tecnico contabile d'ufficio.
La sentenza della Cassazione a Sezioni unite da' una maggiore certezza dell'accoglimento del ricorso. Il giudice potra' anche decidere una compensazione delle spese di lite.

Anatocismo bancario


Ritorniamo sull'anatocismo bancario per chiarire alcuni dubbi che abbiamo riscontrato sussistere tra operatori e addetti ai lavori.
Affrontiamo ora con ordine alcune questioni non chiare riguardanti l'anatocismo bancario che stanno creando confusione a coloro che devono confrontarsi con queste problematiche.
Cos'e' l'anatocismo bancario
L'anatocismo esprime un metodo di calcolo degli interessi per il quale gli interessi maturati secondo una certa periodicita', pattuita tra creditore e debitore, sono essi stessi produttivi di altri interessi, cioe' sono sommati al capitale dato in prestito (capitalizzati) in modo tale da contribuire (insieme al capitale) a maturare altri interessi nei periodi successivi. Questo metodo di calcolo favorisce il creditore a discapito del debitore.
Un esempio chiarira' meglio il concetto.
tasso d'interesse: 10%
capitale iniziale: euro 1.000,00
periodicita' di liquidazione degli interessi: trimestrale
quando non c'e' l'anatocismo si ha:
interesse trimestrale = (1.000,00 x 3 x 10)/1200 = euro 25,00
quindi, ogni trimestre i 1.000 euro di capitale fruttano sempre euro 25,00
con l'anatocismo:
interesse del primo trimestre = (1.000,00 x 3 x 10)/1200 = euro 25,00
interesse del secondo trimestre = [(1,000,00 + 25,00) x 3 x 10]/1200 = euro 25,625
interesse del terzo trimestre = [(1.025,00 + 25,625) x 3 x 10]/1200 = euro 26,265625
e così via per gli altri trimestri …
quindi, con l'anatocismo aumentano gli interessi da corrispondere al creditore
Questo fenomeno dell'anatocismo era proprio quello che accadeva alle liquidazioni degli interessi sui conti correnti bancari. Infatti, quasi tutte le Banche liquidavano gli interessi a debito del correntista con frequenza trimestrale, mentre liquidavano gli interessi a credito dello stesso solo con cadenza annuale. Ciò provocava un disallineamento nella maturazione degli interessi ed il conseguente fenomeno dell'anatocismo, perché venivano calcolati interessi su interessi.
La storia dell'anatocismo bancario
Il divieto dell'anatocismo (bancario e non) e' sempre esistito nel nostro ordinamento giuridico in virtù dell'art. 1283 del Codice Civile. Tuttavia le Banche agivano legittimamente quando applicavano la sopraesposta metodologia di calcolo degli interessi sui conti correnti, perché tale comportamento consuetudinario era stato ampiamente avallato dalla giurisprudenza, almeno fino al momento in cui ha preso il via tutto il processo di revisione interpretativa delle norme riguardanti la fattispecie dell'anatocismo. Processo di revisione culminato con la definitiva sentenza del 4 novembre 2004, n. 21095, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella quale in sostanza si afferma l'illegittimita', anche per il passato, degli addebiti bancari per anatocismo.
Prima di questa famosa sentenza c'era stato comunque l'art. 25 del Decreto Legislativo n. 342/1999, comma 2, che, introducendo un nuovo comma all'art. 120 del D. Lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario), ha previsto la possibilita' di stabilire, tramite un'apposita delibera del Cicr (Comitato Interministeriale per il Credito e Risparmio), le modalita' ed i criteri di produzione degli interessi sugli interessi (anatocismo), maturati nell'esercizio dell'attivita' bancaria, purché fosse rispettata la stessa periodicita' sia nel conteggio sui saldi passivi, sia su quelli attivi.
In sostanza, la volonta' legislativa, trasfusa nel TUB, e' nel senso della non illegittimita' del comportamento delle Banche qualora queste provvedano a liquidare periodicamente non solo gli interessi maturati a loro favore, ma anche quelli a credito del correntista. È sufficiente il riconoscimento di questa reciprocita' di trattamento e quindi la contabilizzazione sul conto corrente di eventuali interessi a credito della clientela, per essere in regola con le norme legislative disciplinanti il complesso fenomeno dell'anatocismo.
Il sigillo ufficiale al suddetto nuovo corso in tema di calcolo degli interessi bancari e' stato poi apposto dalla sentenza del Cicr emanata il 9 febbraio 2000, la quale ha definitivamente fissato il momento di decorrenza dell'obbligo, a carico delle Banche, di riconoscere ai correntisti pari periodicita' nella liquidazione degli interessi. Questo momento e' venuto quindi a coincidere con la liquidazione del 30 giugno 2000 e vedremo quanto questa data sia di grandissima rilevanza ai fini del ricalcolo degli interessi anatocistici.
Aspetti pratici
Occupiamoci ora degli aspetti pratici che deve affrontare chi e' costretto a quantificare l'importo degli interessi anatocistici, allo scopo valutare la convenienza o meno di un'eventuale richiesta di rimborso.
Importantissima e' la determinazione del momento iniziale e finale del periodo incriminato (per il quale vanno fatti i calcoli). Il momento finale e' necessariamente quello sopra indicato della liquidazione di giugno 2000, perché da tale mese le Banche si sono adeguate alla normativa antianatocistica e pertanto da allora gli interessi maturati sui conti correnti sono per definizione legittimi. Di conseguenza qualsiasi ricalcolo degli interessi sugli interessi deve fermarsi agli interessi liquidati a marzo 2000, in quanto questi sono da considerarsi gli ultimi interessi anatocistici prodotti dal sistema bancario italiano. Tutto quello che e' successo sul conto corrente dopo il 31 marzo 2000 e' completamente irrilevante ai fini dell'anatocismo ed il periodo successivo (fino ad oggi ovvero fino all'estinzione del conto) e' da prendere in considerazione solo per la normale rivalutazione (in base ai tassi d'interesse) delle somme dovute risultanti dai nuovi conteggi effettuati.
Quanto detto comporta la necessaria conseguenza che i conti correnti aperti successivamente al 31 marzo 2000 sono completamente al di fuori della tematica anatocistica e pertanto nulla può essere reclamato alle Banche dai loro titolari.
Più controversa e' la determinazione del momento iniziale da prendere in considerazione per rifare i calcoli computistici dell'interesse sui conti correnti. Premettendo che il termine di prescrizione per richiedere eventuali somme pagate in più e' quello ordinario di 10 anni, la domanda che dobbiamo porci e' da quando partono questi 10 anni, in modo da risalire al momento iniziale del periodo che stiamo cercando. Qui sussistono due atteggiamenti giurisprudenziali decisamente diversi.
Da una parte, alcune sentenze sottolineano la rilevanza giuridica dei singoli atti di addebito periodico degli interessi e quindi la prescrizione decennale riguardera' i 10 anni antecedenti la data di presentazione della domanda giudiziale di rimborso degli interessi anatocistici. Ciò comporta, per esempio, che una domanda giudiziale di rimborso presentata nel 2005 dovra' riguardare solo i 10 anni antecedenti e pertanto non potra' andare oltre il 1995. Siccome il momento finale del nostro nuovo calcolo degli interessi e' stato sopra identificato con marzo 2000, sara' possibile contestare gli interessi maturati sul conto corrente solo per il periodo che va dal 1995 al 2000 (marzo).
Da un'altra parte, alcune sentenze dei Tribunali italiani evidenziano invece il carattere unitario del conto corrente,
e non i singoli movimenti di addebito degli interessi. Questo atteggiamento ha effetti più radicali perché porta ad
identificare la data da cui parte la prescrizione decennale con l'estinzione del conto corrente (quindi la data iniziale del periodo sarebbe quella calcolata andando 10 anni indietro rispetto al giorno d'estinzione del rapporto). Per esempio un conto corrente chiuso in febbraio 2003 avrebbe un periodo incriminato che andrebbe da febbraio 1993 a (sempre) marzo 2000. Inoltre, per effetto di questa interpretazione giurisprudenziale potrebbe verificarsi la fattispecie, di non poco rilevo, che per i conti correnti ancora in essere, non avendo essi un termine di decorrenza della prescrizione, si potrebbe richiedere il rimborso degli interessi pagati in più (per effetto dell'anatocismo) addirittura dalla loro costituzione, anche se questa risale alla notte dei tempi. Per esempio un conto corrente aperto nel 1974 ed ancora in essere presso l'Istituto di credito, darebbe diritto a richiedere il rimborso degli interessi anatocistici per il periodo 1974 – marzo 2000 (sempre questo).
Tuttavia ci sembra agevole dimostrare come questa seconda interpretazione dei giudici italiani sia nella pratica facilmente
riconducibile alla prima, cioe' a quella che vuole la prescrizione decennale decorrere dalla data di presentazione della
domanda giudiziale di rimborso, la quale tesi ci appare dunque l'unica soluzione materialmente percorribile.
Il motivo di questa conclusione e' oggettivamente indiscutibile, checché ne dica parte della giurisprudenza e anche della
dottrina: ad una domanda di rimborso che richiedesse la restituzione di interessi su interessi per un periodo superiore
ai 10 anni antecedenti la data odierna, le Banche risponderebbero semplicemente che, non avendo più a disposizione la documentazione relativa al periodo eccedente i 10 anni passati, non sarebbero in grado di fornire alcun dato, né di effettuare nessun tipo di conteggio. Infatti, le Banche, come tutte le altre Aziende, sono, per disposizione del codice civile, tenute a conservare tutta la documentazione delle operazioni effettuate “solo” per 10 anni, avendo poi la facolta' di stracciare tutto questo materiale di archivio. Quindi, tranne il caso puramente ipotetico del correntista che abbia conservato con cura per l'intero periodo tutti (nessuno escluso) gli estratti conto ed i conti scalari (questi ultimi sono i documenti da cui risultano tassi e condizioni), il ricalcolo degli interessi, per periodi maggiori di quello che parte da 10 anni fa ed arriva sempre a marzo 2000, e' praticamente impossibile.
Per concludere accenniamo alla questione della Commissione di Massimo Scoperto (CMS), che e' quella spesa che gli Istituti di credito fanno pagare sul massimo scoperto di conto del periodo interessato. Su questo aspetto c'e' da dire che nessuna norma si e' finora interessata della questione, avendo la legislazione anatocistica sempre riguardato l'illegittimita' dei soli interessi e non delle spese. È anche vero che modificandosi gli uni (gli interessi), si modifica (in peggio) anche l'altra (la CMS). Tuttavia il calcolo della nuova commissione (sui nuovi saldi) e' di estrema difficolta' e la sua domanda di rimborso non avrebbe allo stato, secondo alcuni, nessun fondamento normativo di giustificazione. Ci limitiamo pertanto a dire che, nel silenzio legislativo e giurisprudenziale, ogni conclusione in merito e' giusta e sbagliata al tempo stesso.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 425 del 17 ottobre 2000, ha dichiarato illegittimo l’art. 25, comma 3, del D.Lgs. n. 342 del 1999 (cd. decreto ‘salva interessi’). La problematica affrontata dalla Corte Costituzionale, attiene l’illegittimità delle modalità di calcolo degli interessi adottati dalle Banche per il passato. E’ noto infatti che fino alla recente Delibera C.I.C.R. del 9 febbraio 2000 (applicata dalle banche dal 1° luglio 2000), il comportamento delle Banche era quello di prevedere nei contratti bancari la capitalizzazione degli interessi a favore della banca ogni 3 mesi, e quelli a favore del cliente annualmente. Tale clausola risultava indubbio vessatoria, poiché squilibrata a favore della banca, e non trasparente poiché impediva al cliente di percepire l’effettivo tasso di interesse pagato annualmente. Per tali motivazioni le suddette clausole sono state dichiarate illegittime da una serie di sentenze della Corte di Cassazione. Le sentenze anzidette sancivano la nullità delle clausole che rinviavano agli “usi su piazza” per affermare il principio che gli interessi debbono essere calcolati con la stessa periodicità sia a favore della banca che favore del cliente, rendendo così illegale il calcolo trimestrale e relativa capitalizzazione rispetto al calcolo annuo a favore del cliente. Con il cd. Decreto ‘truffa’ n. 342 del 1999, il Governo D’Alema - Amato aveva tentato di realizzare una sanatoria a beneficio del sistema bancario, contro le azioni giudiziarie promosse (o promuovibili) da parte dei clienti nei confronti delle banche sulla scorta delle sentenze rese dalla Corte di Cassazione. Tale Decreto (ora dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale) prevedeva che il diritto riconosciuto dalle sentenze della Corte di Cassazione, doveva valere per il futuro e non per il passato, rendendo di fatto impossibile recuperare gli interessi dovuti al calcolo trimestrale. La Sentenza n. 425 del 2000 della Corte Costituzionale, apre ora la via alle richieste di rimborso dei maggiori interessi passivi indebitamente corrisposti a beneficio del sistema bancario. Possono presentare istanza di rimborso tutti coloro (privati ed imprese), che intrattenendo (o avendo intrattenuto) con una banca un rapporto di conto corrente, un affidamento o un fido, hanno operato in maniera tale da far maturare interessi passivi a favore della banca. La richiesta di rimborso concerne sia i maggiori interessi passivi (cd. interessi anatocistici) che la maggiore commissione di massimo scoperto corrisposti per effetto della capitalizzazione trimestrale. La domanda interrompe il termine decennale di prescrizione e risulta possibile relativamente ai 10 anni anteriori, che decorrono dalla richiesta (cd. ‘messa in mora’) presentata alla banca, fino al 30 giugno 2000. L’istanza può essere avanzata direttamente dai clienti (siano essi privati, che imprese), senza ausilio di avvocato. Occorre inviare una raccomandata A/R alla propria banca, utilizzando il modello che proponiamo di seguito (come elaborato dalle Associazioni dei Consumatori più rappresentative). In caso di probabile non risposta da parte dell’Istituto di Credito, occorre avviare un procedimento giudiziario. In tal caso ci si può rivolgere al Giudice di Pace qualora la somma che si richiede sia inferiore a Lit. 5 milioni. Al riguardo si fa presente che per richieste fino a Lit. 1 milione si può stare in giudizio senza ausilio di alcun avvocato. Ci si rivolgerà al Pretore se la somma è tra i 5 milioni e i 50 milioni, ed infine al Tribunale se la somma è superiore ai 50 milioni. Si consiglia tuttavia, in questa prima fase, di limitarsi a presentare la raccomandata interruttiva dei termini prescrizionali, senza avviare nell’immediato procedure costose, attendendo l’evoluzione della problematica. Ciò in quanto: a) - l’incostituzionalità è basata su un vizio di forma (eccesso di delega): questo non esclude che non possa seguire un ulteriore intervento del Governo e del Parlamento data la rilevanza finanziaria del problema; b) - il ricorso presuppone una stima delle somme da richiedere è questo è possibile o con la richiesta di un estratto conto decennale alla banca (servizio non gratuito) o attraverso il calcolo di un esperto (ad esempio lo scrivente Studio), avendo a disposizione tutti gli estratti conto degli ultimi 10 anni. anatocismo anatocismo anatocismo anatocismo bancario anatocismo anatocismo anatocismo anatocismo anatocismo anatocismo bancario anatocismo anatocismo anatocismo anatocismo anatocismo anatocismo bancario anatocismo anatocismo anatocismo anatocismo anatocismo

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LEGGE 7 marzo 1996, n. 108. Pubblicata nella G.U. 8 marzo 1996, n. 58 Disposizioni in materia di usura.

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